sabato 11 novembre 2023

PLUTO, L'ODIO-AMORE E L'EFFETTO PELTIER

Dopo Berserk e Banana Fish, ritorniamo nel mondo degli anime con un'analisi di alcuni dei temi presenti nell'opera in 8 episodi intitolata Pluto (di recente pubblicata su Netflix), tratta dall'omonimo manga di Naoki Urasawa (autore di altri capolavori fumettistici tra cui Monster), a sua volta ispirato da un altro celebre manga di Osamu Tezuka, ovvero Astro Boy.




















Infatti Urasawa riprende una porzione della storia creata dal collega per narrarla come se fosse un intenso thriller (un marchio di fabbrica delle sue produzioni).
Una caratteristica particolare che sin da subito si può constatare riguardo all'anime Pluto è la durata degli episodi: non hanno il caratteristico minutaggio di poco più di 20 minuti, ma arrivano a durare intorno ad un'ora ciascuno.
Nonostante ciò, la narrazione scorre piuttosto bene, con svariati picchi di pathos nel corso dell'arco narrativo.
Ad una lettura semplicistica Pluto potrebbe sembrare semplicemente un thriller ambientato in un mondo dove coesistono umani e robot. Beh, è molto di più!
Un po' come accade più in breve nel meraviglioso film del 1999 L'uomo Bicentenario (interpretato dal mitico Robin Williams e tratto dall'omonimo racconto di Isaac Asimov), il tema principale non è tanto lo sviluppo incredibile del mondo della robotica (comunque ovviamente presente), ma una riflessione sul concetto di umanità, nel senso più profondo possibile della parola.
Cercheremo dunque, riducendo al minimo i possibili spoiler, di analizzare alcune delle tematiche presenti (mi concederò delle considerazioni personali, che potete condividere o meno, ma che spero vi invitino a riflettere seriamente sulle tematiche affrontate) e nel finale del post osserveremo anche come la fisica e la matematica facciano capolino all'interno del suddetto anime. 
Iniziamo sottolineando come un termine che sentirete/avete sentito ripetuto molte molte volte nel corso degli 8 episodi è "odio".
L'odio è un sentimento tipico degli esseri umani. Tutti prima o poi tendiamo a provarlo in maniera più o meno grande.
Possiamo "odiare" delle cose stupide, come per esempio una giornata di pioggia, un esame andato non come volevamo, una disconnessione durante una partita di un videogame online, il grosso ritardo di un mezzo di trasporto e così via.
Incrementando il grado di intensità di questo "odio", si potrebbe odiare la rottura di una relazione amorosa, la comparsa improvvisa di una grave malattia, la perdita del lavoro o in generale un serio evento spiacevole nella propria vita.
Ma ancora non ci siamo; l'odio profondo di cui narra Pluto è quello che nasce nei confronti dell'altro, verso il diverso (in questo caso i robot), verso ciò che non capiamo, o da una rabbia così divampante che offusca ogni tipo di razionalità e sensibilità, un odio spesso dettato da pregiudizi dannatamente ancorati, quello stesso odio che, nel caso più estremo, contribuisce a scatenare guerre, a scapito degli innocenti civili.
La seguente scena di circa 30 secondi sintetizza in pieno questo scomodo argomento.


Bastano infatti questi 30 secondi per richiamare immediatamente alla nostra mente l'attuale situazione di guerra, devastazione e sofferenza tra Israele e la Palestina, drammatico scenario in cui si aprono distanti e comode tifoserie sui media, come se stessimo assistendo ad una partita di calcio tra due squadre contrapposte, ma dove nel mezzo invece muoiono civili da ambo le parti, inclusi tanti bambini.
In guerra alla fine non vince mai veramente nessuno, sono solo tanti a perdere, è solo tanto il dolore che si accumula giorno dopo giorno. Sarebbe auspicabile che se proprio una parte dell'umanità non riuscisse a fare a meno di farsi la guerra, se la facesse sui videogame, non a scapito spesso di innocenti!   
Un tema questo che ritroviamo anche nella famosissima serie anime (in particolare nella quarta stagione) di Hajime Isayama L'attacco dei giganti (titolo originale Shingeki no kyojin, anche noto col titolo inglese Attack on Titan), ove c'è una stupida e radicata demonizzazione di popoli basata su atti compiuti in un remoto passato e spesso su pregiudizi scambiati ed inculcati per generazioni come certezze indiscutibili.
Riporto di seguito una citazione molto significativa da Attack on Titan in tal prospettiva.





 









E tornando nel concreto, è sufficiente spingersi indietro di circa un secolo per ritrovare nella nostra storia il culmine di questo odio accecante con l'avvento del nazifascismo.
Ogni categoria di persona, come ebrei, omosessuali, disabili (emblematica e dilaniante la scena, dal film Il pianista, dove un anziano sulla sedia a rotelle, impossibilitato ad alzarsi in piedi all'arrivo degli ufficiali tedeschi, viene gettato direttamente e freddamente fuori dalla finestra della sua abitazione). ecc. da ritenere inferiore, su cui scatenare l'odio sociale, su cui perpetrare le peggiori torture o uccidere senza alcun rimorso veniva contraddistinta da uno specifico simbolo (si trova qualcosa di simile pure nell'Attacco dei Giganti) all'interno dei campi di concentramento (cliccate qui per vedere la lista dei simboli dell'orrore nello specifico).

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Notiamo dunque che talvolta è sufficiente una semplice diversità (caratteristica intrinseca non solo dell'essere umano, ma della natura stessa) a innescare la discriminazione e l'odio, che sia per ragioni religiose, razziali, di cultura, di orientamento sessuale o altro non importa, la non contemplazione della diversità è uno dei meccanismi che innescano la propagazione dell'odio negli esseri umani.
Tutto ciò non è mai scomparso (e probabilmente mai scomparirà), anzi persino oggi certi personaggi pubblici si arrogano il "diritto di odiare", più precisamente di diffondere gratuitamente odio sociale, giustificandosi con considerazioni a loro parere "logiche", "statistiche" e "naturali" (come il fatto che una "minoranza", in quanto tale, non debba godere degli stessi diritti di una "maggioranza"), ma spesso fondate sulla più totale ignoranza e su una visione fredda e cinica della realtà.
A questi personaggi risponde indirettamente la splendida canzone di Brandi Carlile intitolata The Joke, che poi è anche parte della colonna sonora del film Joe Bell, tratto da una tragica storia vera di bullismo ed omofobia (leggete qui). 


 

Rilevante in tale direzione è anche una lucida citazione di Aldous Huxley, che riporto di seguito accompagnata dal suggestivo dipinto Inferno realizzato dalla Prof.ssa Annarita Ruberto, aka Nereide.


Riprendendo come esempio i robot, immaginate che noiosa sarebbe la società umana se fossimo tutti delle macchine fotocopia delle altre, senza alcuna diversità caratteristica (o comunque con una gamma ristretta di differenze), qualcosa che ci fa riconoscere, nel bene e nel male, immediatamente per quel che siamo.
Pensate a quanto la diversità sia per esempio essenziale in ambito musicale. Ogni strumento musicale ha il suo timbro caratteristico, che ci permette di riconoscere un pianoforte da un violino e da un sassofono, per non parlare della voce umana, che è ancora più variegata nelle sue sfumature.
E proprio con la musica al centro dell'attenzione parte Pluto!
Nella primissima puntata vengono infatti dedicati molti minuti all'interazione tra un eccezionale compositore anziano ed ormai cieco, Paul Duncan, e un robot denominato North No.2.
Il primo compie una riflessione sul fatto che tutta la tecnologia avanzata, alla fine, non può arrivare a produrre la vera musica, quella in grado di trascinarci in un mondo di intense emozioni che solo un umano può provare, mentre il secondo cerca di soffocare gli orrori vissuti in una guerra (dove è stato costretto ad eliminare un numero sterminato di suoi simili) manifestando la volontà di suonare e compiendo pertanto un percorso di umanizzazione.
Il risultato della suddetta interazione è il seguente struggente brano, Cherished Memories, facente parte della colonna sonora di Pluto e di cui riportiamo l'interpretazione al piano effettuata da KimBoCrash.


E tutto questo potrebbe portare lo spettatore sin da subito a riflettere su quanto avanti lo sviluppo dell'intelligenza artificiale nella realtà possa spingersi, dati i già sorprendenti risultati di sistemi recenti come ChatGPT. Si legga a tal proposito, cliccando qui, un interessante articolo di Gilbert Wong.
Nel corso delle puntate di Pluto viene approfondita, assieme al già ampiamente menzionato tema dell'odio, la tematica di cosa significhi essere umani.
Significativi sono i punti ove giungiamo ad osservare dei robot piangere, cercando di emulare il dolore inarrestabile che un uomo può provare per esempio dinanzi alla perdita delle persone amate.
L'essere umano è infatti quella creatura che allo stesso tempo può compiere le peggiori atrocità che si possano immaginare (concetto che traspare in modo netto nel già menzionato Monster di Urasawa; i veri mostri non sono infatti esseri soprannaturali quali vampiri, mummie, zombie, ecc., protagonisti dei film horror, il mostro è l'uomo che risulta totalmente indifferente nei confronti dell'umano, come mostra senza filtri pure Pasolini nel film del 1975 a dir poco disturbante ed agghiacciante Salò o le 120 giornate di Sodoma), ma è anche quella che, quando riesce a scrutare oltre al proprio egoismo e ai propri pregiudizi, può mostrare sincera empatia nei confronti delle difficoltà del prossimo.

Scena tratta da Pluto





L'essere umano sa talvolta prendersi carico persino del dolore, della sofferenza e trasformare tali sensazioni in arte, musica, poesia, cinema, ecc., non confinandole quindi necessariamente nella propria mente e corpo, ma donando agli altri una parte delle proprie emozioni o cercando di immedesimarsi esso stesso nelle emozioni provate dalle altre persone.
Trovo particolarmente significativa a tal proposito la poesia Rinascita scritta da Lorenzo Bastelli, un ragazzino di 14 anni morto nel 2022 per via del sarcoma di Ewing, poesia che riporto qui di seguito:

“Io sono stato
fiammifero decapitato
I ricordi
torturavano il cuore
Le mani
convulse tra loro
lottavano
MA
Io sono
una farfalla
a fatica rinata
Respiro
finalmente
l’azzurro
Posso
dormire sereno
nella mia culla”

E che dire poi dell'interpretazione della canzone Voilà (originariamente scritta da Barbara Pravi) da parte di una giovane promessa quindicenne della musica, Emma Kok, che è riuscita ad incanalare tutte le pesanti emozioni provate nella sua vita a causa della propria malattia (gastroparesi) nel testo della suddetta canzone, donando un'interpretazione vocale (accompagnata dalla saggia direzione di André Rieu) in grado di emozionare un'ampia platea di spettatori! 

 
Un tripudio di emozioni che ritroviamo anche nella scena (che valse l'Oscar nel 1994 a Tom Hanks) del film Philadelphia, dove un avvocato omosessuale malato di AIDS (interpretato appunto da Tom Hanks) analizza di fronte al suo collega (interpretato da Denzel Washington), agli inizi del film caratterizzato da un atteggiamento abbastanza omofobo, la meravigliosa aria La mamma morta, tratta dall'opera Andrea Chénier (datata 1896) di Umberto Giordano, ed eseguita dall'immensa Maria Callas.
   
     
L'espressione di Washington, zitto per quasi tutta la durata della scena, cambia radicalmente dall'inizio, ove risulta disinteressato, quasi irritato per la potenziale perdita di tempo ("Non ho molta familiarità con l'opera" afferma, dopodiché osserva con un po' di stizza l'orologio). 
Passano i secondi, il racconto di Tom Hanks e l'intensità dell'interpretazione vocale della Callas prendono il sopravvento, aspetti ulteriormente potenziati da un gioco di luci a dir poco fantastico.
Dinanzi agli occhi di Washington non c'è più chi considerava "deviato", "invertito", "anormale", "contro natura" (su tale questione si legga, cliccando qui, il recente articolo pubblicato su Nature Communications) scarto della società e motivo di sberleffo per essere (possibilmente) nato (si legga, cliccando qui, questo interessante paper pubblicato nel 2022 su EMBO reports) con un tratto caratteristico che non si confà ai dettami tradizionali della suddetta.
Dinanzi a lui c'è semplicemente un uomo proprio come lui, che prova dolore, che comprende la pura essenza dell'amore e ha paura di morire.
Insomma è stupefacente constatare come siamo passati nel brevissimo dal parlare di odio puro, di orrori inenarrabili alle più profonde forme di empatia ed amore. Ma questo dell'amore/odio è proprio uno dei paradossi più caratteristici dell'essere umano.
Non mi attribuisco certo la scoperta filosofica di questo concetto! Già infatti Empedocle sosteneva che i 4 elementi fondamentali della natura (fuoco, acqua, aria, terra) venissero ordinati da 2 "forze divine" opposte, l'amore e l'odio, e la lotta tra queste due andasse a generare il cosiddetto ciclo cosmico.
E poi ci fu Catullo. Egli riuscì a sviluppare in poesia la dualità odio/amore nel celebre incipit del Carme 85:

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

(Ti odio e ti amo. Ti domanderai come sia possibile. 
Non lo so, ma lo sento e ne soffro.)

Un altro dei temi con riferimenti sempre attuali che ritroviamo in Pluto, specialmente nella figura del robot ad "energia fotonica" Epsilon, ma non solo, è la riflessione sul tema della famiglia e delle adozioni.
Ci si domanda infatti se un singolo robot o una coppia di robot possa essere adatta a crescere dei bambini, a donar loro amore e possibilità di crescere in modo sereno.
Decisamente significativo è il seguente scambio di battute. 




 






















Il discorso si potrebbe immediatamente traslare nella nostra realtà se pensiamo al tema delle adozioni per genitori single o coppie omogenitoriali. 
Spesso si sente gridare da politici (e non solo), senza alcuna riflessione razionale, che un bambino avrebbe sempre bisogno di una mamma ed un papà e che la società moderna vorrebbe distruggere la cosiddetta "famiglia tradizionale".
Innanzitutto per capire come la "famiglia tradizionale" sia una mera comodità sociale degli ultimissimi secoli, non un concetto molto antico come molti potrebbero ingenuamente pensare, vi invito a leggere, cliccando qui, l'interessantissimo articolo Parentele illecite di Mariano Croce. 
La questione che Pluto mette in evidenza, traslando la questione sulla piramide sociale costituita in alto dagli umani e in basso dai robot, è che non è assolutamente detto che la condizione tradizionale (crescere con gli umani nel caso dell'anime, crescere con una mamma e un papà nel mondo reale) sia sempre quella ideale per il bambino, mentre quella ritenuta "anormale" (crescere con dei robot, crescere con un singolo genitore o con una coppia omogenitoriale) sia a priori sbagliata.
Prendiamo un caso reale: la tragica storia del piccolo Gabriel Fernandez.
Morto a soli 8 anni il 24 maggio 2013 in California, per svariati mesi venne abusato e torturato da sua madre e dal suo compagno dopo che inizialmente era stato affidato alle cure del prozio, a cui poi venne tolto l'affidamento solo perché omosessuale.
Ovviamente nessuno ci assicura che il piccolo Gabriel se fosse rimasto col prozio avrebbe vissuto una vita piena e felice (casi di abusi su bambini si ritrovano naturalmente anche tra le coppie omogenitoriali), ma allo stesso tempo non si potrà mai avere la certezza che il crescere con la presenza di un uomo ed una donna sia automaticamente la condizione perfetta per un essere umano, da celebrare in modo totalmente acritico.
Il problema alla fine è semplicemente l'immediato e stupido pregiudizio di superiorità morale di una "maggioranza" su una "minoranza". Un'interessante rappresentazione di tale spinoso dilemma la potete trovare per esempio nel bel film thailandese Fathers, che riporto interamente qui di seguito.
       

Tra gli altri temi interessanti toccati in Pluto vi è sicuramente il ruolo della scienza nelle questioni sociali globali, tema che avevamo già avuto modo di accennare nella nostra analisi circa Banana Fish e che più recentemente ritroviamo nel colossal di Christopher Nolan Oppenheimer.
La scienza, che nella sua visione più pura, dovrebbe aiutarci a scoprire le meraviglie dell'universo, ben al di là delle possibilità di percezione sensoriale della realtà di cui è dotato l'uomo, scienza che spesso coinvolge applicazioni pratiche che consentono di migliorare le nostre condizioni di vita, curare malattie, ecc., allo stesso tempo può costituire uno dei mezzi essenziali per spargere l'odio e la devastazione di cui abbiamo parlato all'inizio del post.
Non voglio spoilerare troppo, ma ad un certo punto, in Pluto, ci ritroviamo persino dentro una stanza le cui pareti vengono letteralmente tappezzate da equazioni. Di seguito alcuni frammenti di tali illustrazioni.


  









































































I lettori più esperti potranno riconoscere la presenza di esponenziali, coseni iperbolici, spin di particelle, operatori di creazione e di distruzione, diagrammi di Feynman, elementi di matrice relativi ad hamiltoniane, ecc.
Ed è in questo contesto che viene ad un certo punto citato esplicitamente un importante concetto della fisica: l'effetto Peltier.
Ci proponiamo in questo finale del post di provare a spiegarlo in una maniera comprensibile anche ad un lettore a digiuno di fisica avanzata.
Prima, tuttavia, vi consiglio di recuperare a mo' di premessa, cliccando qui, il post divulgativo sul modello di Drude che abbiamo pubblicato recentemente.
La prima cosa da dire è che l'effetto Peltier, scoperto dal fisico francese Jean Peltier nel 1834, è un fenomeno termoelettrico, cioè un fenomeno che coinvolge sia la corrente elettrica che un flusso di calore.
Consideriamo ora un metallo.
È noto che tra due punti di una barra metallica a diversa temperatura, a circuito aperto (ovvero in assenza di passaggio di corrente elettrica indipendentemente dalla tensione applicata ai termini del circuito), sussiste una certa differenza di potenziale (il cosiddetto potenziale termoelettrico) dipendente dalle peculiarità intime del metallo stesso, ossia dalla sua struttura elettronica.
Questo effetto per cui una differenza di temperatura in circuiti formati da conduttori metallici (o volendo anche semiconduttori) va ad innescare una differenza di potenziale elettrico è chiamato effetto Seebeck, in quanto venne riscoperto dal fisico estone Thomas Johann Seebeck nel 1821, ma in realtà era già stato scoperto precedentemente da Alessandro Volta nel 1787.
Se avete capito cos'è l'effetto Seebeck, allora è immediato comprendere l'effetto Peltier, che altro non è che il suo opposto! 
Insomma esso è il fenomeno per cui una corrente elettrica che scorre tra metalli (o semiconduttori) in contatto (la cosiddetta giunzione Peltier) va a generare un flusso di calore!
Attenzione alla direzione della corrente elettrica! Infatti la diversa direzione va a stabilire se la suddetta giunzione andrà ad emettere oppure assorbire calore, dando vita pertanto ad un dispositivo (detto cella di Peltier) rispettivamente riscaldante o raffreddante. 
Ciò differisce profondamente dal più famoso effetto Joule (fenomeno per cui il passaggio di corrente elettrica in un conduttore produce calore), che risulta totalmente indipendente dalla direzione della corrente.
L'effetto di raffreddamento Peltier è stato sfruttato per esempio in aree come la progettazione di rilevatori ad infrarossi, dispositivi di raffreddamento per CPU, ecc. 
Sia l'effetto Seebeck che quello Peltier sono caratterizzati, dal punto di vista matematico, dalla presenza di specifici coefficienti, rispettivamente il coefficiente di Seebeck e il coefficiente di Peltier, i quali servono a indicare rigorosamente la propensione di un materiale a manifestare il corrispettivo fenomeno termoelettrico.
Infatti consideriamo, in condizioni isotermiche (cioè senza variazioni di temperatura), il seguente circuito costituito da 2 metalli, tratto dal testo Solid State Physics di Grosso e Parravicini.












Immaginiamo che attraverso il circuito scorra (dal metallo A verso quello B) una densità di corrente elettrica $J$.
Si potrebbe allora stimare il tasso di calore reversibile (che denotiamo con $\delta Q/dt$) che viene rilasciato oppure assorbito come:







dove $\Sigma_0$ è naturalmente l'area della sezione del conduttore, mentre $\Pi_{AB}$ è il coefficiente di Peltier.
Esiste una precisa e semplicissima relazione tra il coefficiente di Peltier $\Pi$ e quello di Seebeck $S$:

$\Pi = T \, S$,

ove $T$ denota ovviamente la temperatura costante.
Per chi volesse approfondire un pochino la questione degli effetti termoelettrici, lascio di seguito un buon video tratto dal canale VirtualBrain[IT].
 
 
 
Tirando le fila del discorso, spero che questo post, oltre a suscitarvi l'interesse di recuperare, nel caso non l'abbiate ancora visto, il meritevole Pluto (e magari anche le varie segnalazioni fatte a contorno nella discussione) e fornirvi una comprensione basilare inerente agli effetti termoelettrici, vi abbia condotti ad una riflessione scevra da pregiudizi sugli importanti e sempre attuali temi sociali menzionati.

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