giovedì 27 giugno 2013

UN SISMA "RIVOLUZIONARIO": IL TERREMOTO DI LISBONA DEL 1755

Immaginate di recarvi (con la mente) indietro nel tempo sino ad arrivare al 1° novembre 1755 e viaggiare nello spazio fino a Lisbona, capitale del Portogallo.
A quell'epoca Lisbona era nientemeno che la quarta città più grande d'Europa.
La popolazione era però totalmente ignara che, al largo del Portogallo, intricati sistemi di faglie si intersecano in una zona tettonicamente alquanto complessa ed instabile.
Appunto, il 1° novembre del 1755, il giorno della festa di Ognissanti, precisamente tra le 9:30 e le 9:50 di mattina, il movimento improvviso di una faglia a un centinaio di chilometri dalla costa generò un terremoto di magnitudo stimata tra 8,4 e 9 della scala Richter.

























La prima micidiale scossa fece oscillare la terra per quasi 3 minuti, comportando il crollo di numerose chiese e palazzi, come si può appurare nella drammatica testimonianza di un chirurgo inglese di nome Richard Wolsall, in una lettera scritta alla Royal Society di Londra:

"...in pochi secondi vennero giù tutte le chiese e i conventi della città, insieme al palazzo del re e al magnifico teatro dell'opera...nessun palazzo si salvò...la visione orripilante dei morti, insieme alle grida di coloro che erano per metà sepolti sotto le macerie eccede ogni mia possibile descrizione...perfino la persona più risoluta non osava stare neppure un momento a rimuovere le pietre dal volto dell'amico più caro, sebbene molti sarebbero potuti essere salvati in questo modo: ma nessuno pensava a null'altro se non alla propria salvezza; raggiungere luoghi all'aperto e in mezzo ad ampie strade era la sicurezza più probabile."

Tra l'altro, essendo il giorno di Ognissanti, all'ora in cui avvenne il sisma le chiese erano gremite di persone.
Se il terremoto fosse avvenuto in un giorno diverso, allora le persone sarebbero state sorprese in casa e forse avrebbero avuto un pizzico di possibilità in più di salvezza.
Questo perché le case sono più piccole delle chiese, le macerie derivanti meno voluminose, più bassi i tetti (anche se, a dir la verità, a Lisbona c'erano pure abitazioni alte).
Per farsi un'idea, questa era la Lisbona prima del catastrofico evento:



Le chiese affollate, invece, con i loro pesanti tetti si trasformano ancor più facilmente in trappole mortali.
Ma il disastro non si concluse qui.
Meno di un'ora più tardi si scatenò una seconda scossa, più breve ma maggiormente intensa.
La gente sopravvissuta fino a quel momento cominciò a pensare che fosse arrivato il giorno del Giudizio, mettendosi dunque disperatamente a pregare.
Molti però si precipitarono sulla riva del mare, come se quello fosse un luogo perfetto dove rimanere al sicuro; purtroppo era l'esatto opposto.
Infatti, quasi un'ora e mezza dopo la scossa principale uno tsunami di altezza stimata tra i 6 e i 15 metri flagellò ancor più la città.
L'onda anomala non colpì solamente Lisbona, ma si abbatté sull'intera costa del Portogallo, sull'Africa nordoccidentale e non solo.
Lo tsunami si diresse infatti anche ad Ovest e praticamente attraversò tutto l’Atlantico.
L’arcipelago di Madera venne raggiunto dalle onde dopo circa un'ora e mezza dal terremoto: Funchal (capoluogo della Regione autonoma di Madera) fu allagata dal mare che dapprima si ritirò e poi entrò sul litorale per alcune centinaia di metri, con onde tra i 2 ed i 4 metri d'altezza, danneggiando porto, barche ed edifici.
Svariate navi vennero distrutte anche alle Azzorre e nel pomeriggio, dopo aver viaggiato per almeno 5-6 ore, le onde colpirono il continente americano.
Le prime terre ad essere aggredite furono le Piccole Antille: Barbados, Antigua, Martinica, Guadalupa, Dominica videro le loro spiagge paradisiache (oggi famose mete turistiche) invase dalle onde che, sia pure di solo 2-3 metri d'altezza, sconvolsero porti e cittadine anche per l’inaspettata novità rappresentata da un fenomeno naturale così devastante ed anomalo.
Dopo circa un’ora ancora, lo tsunami, con altezze comunque intorno al metro, giunse anche in Brasile e sulle coste del nord-America dove però non si registrarono danni particolari.

Tempi di propagazione dello tsunami. I numeri indicano le ore trascorse




































Ecco come descrisse l'inquietante scena un mercante inglese:

"Dovevo ora attraversare una via lunga e stretta fiancheggiata su entrambi i lati da case alte 4 o 5 piani, tutte molto vecchie, la maggior parte crollate, alcune pericolanti che minacciavano i passanti con morte sicura a ogni passo; molti erano già morti e giacevano a terra di fronte a me; alcuni, cosa che io trovavo ancora peggiore, erano feriti così gravemente che non riuscivano ad alzarsi...All'improvviso udii un grido diffondersi tra la folla. Il mare sta venendo verso di noi, moriremo tutti. In quel momento mi girai a guardare verso il fiume che in quel punto è largo 4 miglia e mi accorsi che si stava innalzando e ingrossando in modo incomprensibile, dato che non c'era vento che lo potesse agitare. In un attimo apparve poco distante una grande massa d'acqua che si innalzava come una montagna, si avvicinava schiumando e con un profondo fragore, si abbatté sulla riva con tanto impeto che anche se noi tutti fuggimmo per metterci in salvo il più velocemente possibile, molti furono spazzati via."

Inoltre, nelle città colpite (e specialmente a Lisbona) le candele accese per la festa religiosa causarono svariati incendi che molti commentatori considerarono persino come una benedizione contro un'epidemia!
In realtà, gli incendi completarono l'opera di distruzione tanto che alla fine solo circa un quarto degli edifici rimase ancora in piedi (ci vollero ben 5 giorni per spegnerli tutti).
E non è ancora finita!
Sopraggiunse una terza scossa, questa volta con epicentro non al largo del Portogallo, bensì in Marocco.
Gli abitanti di Fez subirono immediatamente la medesima sorte toccata ai portoghesi.
Pure Algeri e Tangeri vennero colpite seriamente dalla calamità naturale.
Centinaia di scosse di assestamento colpirono Lisbona per circa 6 mesi, scosse che furono avvertite in tutto il Portogallo, la Spagna e l'Africa nordoccidentale.
Il bilancio dei morti è drammatico: tra i 60.000 e i 90.000 (a seconda delle fonti) su una popolazione (quella di Lisbona) stimata in 275.000 abitanti, a cui si devono aggiungere le 10.000 vittime in Marocco.
Le notizie del cataclisma si diffusero in tutto il mondo per mezzo di corrieri a cavallo e in barca.
Il disastro diventò un evento mediatico, ma si distingueva dagli altri che ebbero luogo dopo l'invenzione del telegrafo per un particolare: gli eventi impiegarono parecchie settimane per divenire notizie.
Occorsero infatti 7-10 giorni affinché la notizia fosse diffusa in Spagna e nell'area mediterranea, e ci vollero ben 4 settimane perché raggiungesse Amburgo.
Nelle colonie britanniche in America la notizia arrivò addirittura l'8 dicembre, giorno in cui le tragiche news pervennero pure in Scandinavia. 
Bisogna poi specificare che questo non fu il primo grande terremoto che flagellò Lisbona.
Infatti, un sisma nel 1531 determinò la stessa quantità di danni alla città, ma non abbiamo informazioni sul numero di morti.
La ricostruzione dopo la catastrofe del 1531 costò così tanto che il Portogallo fu obbligato ad abbandonare numerose colonie nel Nord Africa.
Ma mentre il sisma del 1531 comportò, come ogni violenta scossa, soltanto danni e morti, quello del 1755 fu in un qualche modo "rivoluzionario".
Per quale motivo?

sabato 22 giugno 2013

SOLUZIONE ALTERNATIVA AL QUESITO N.8 DELLA PROVA DI MATEMATICA P.N.I. DELL'ESAME DI STATO 2013

In questo post osserveremo una soluzione alternativa, rispetto a quelle diffuse nel web, del quesito n.8 della prova di matematica P.N.I. dell'esame di stato 2013.
Innanzitutto, ecco la traccia dell'esercizio:






Se ricordate, lo scorso anno avevamo risolto un quesito dell'esame che si basava proprio sul teorema del marchese de l'Hôpital (cliccate qui per rivedere quel post).
Quest'anno c'è stato un quesito simile, in cui, però, si richiede esplicitamente di non utilizzare il suddetto teorema.
Come si risolve allora il limite sopra riportato?
Sussistono diverse strade.
Come potete verificare qui, si può far ricorso alla definizione di derivata, oppure attuare una semplice sostituzione e sfruttare i limiti notevoli.
Esiste però un'ulteriore via di risoluzione, che non necessita di derivate, né (all'atto pratico) di limiti notevoli.
Ed è proprio quest'ultima che andremo ad illustrare.

lunedì 17 giugno 2013

VAN 'T HOFF E LA CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE

Nel post "La catalisi e la sua storia" abbiamo parlato di sostanze in grado di accelerare le reazioni chimiche, i catalizzatori, soffermandoci poi sulla loro storia.
Ora scopriremo invece, in modo più approfondito, il concetto di velocità di una reazione chimica, indagando in particolare sulle leggi cinetiche descriventi l'andamento della velocità di reazione in funzione delle concentrazioni dei suoi reagenti e dei suoi prodotti.
Scopriremo inoltre il personaggio che gettò le basi matematiche della cinetica chimica: il chimico olandese van 't Hoff.
Incominciamo ricordando che avevamo definito la velocità media di reazione come:




ovvero come il rapporto tra la variazione della concentrazione e l'intervallo di tempo in cui questa variazione si manifesta.
Cosa possiamo dire invece della velocità istantanea di reazione?
In Fisica, come abbiamo già visto numerose volte, la velocità istantanea di un corpo è la derivata della posizione rispetto al tempo, ossia il limite della velocità media quando l'intervallo di tempo diventa infinitesimale:





Come si traduce tutto ciò nel contesto della cinetica chimica?
Prendiamo una generica reazione chimica



dove le lettere minuscole indicano i coefficienti stechiometrici (ossia i numeri che specificano quante molecole di ciascuna specie partecipano alla reazione), mentre le lettere maiuscole designano le varie molecole presenti nella reazione.
Ebbene, la velocità della suddetta reazione, a un certo tempo t, viene espressa, indifferentemente, dalla derivata della concentrazione rispetto al tempo di uno qualunque dei reagenti o dei prodotti di reazione.
In simboli:




Specifichiamo 2 cose importanti:

1) la scrittura [A] significa concentrazione di A, così come [B] significa concentrazione di B, e così via;
2) Il segno negativo (-) anteposto alle prime 2 derivate è dovuto al fatto che la velocità con cui varia la concentrazione di un reagente (cioè A oppure B) è negativa, dato che avviene una diminuzione di concentrazione di quella specie chimica. Analogamente, il segno diventa positivo (+) nel caso dei prodotti (C e D) di reazione, in quanto la velocità con cui varia (o meglio, aumenta) la loro concentrazione è positiva.

Facciamo ora un esempio concreto.
Consideriamo la seguente reazione chimica:




ove (g) specifica il fatto che i reagenti e i prodotti di reazione sono gas.
La sua velocità, tenendo in considerazione quanto affermato poco fa, è:





Qualcuno dei lettori forse starà pensando: "Certo, è un esempio concreto, ma perché non è stato fornito un valore numerico preciso della velocità?".
Perché non è possibile arrivarci solamente per via teorica.
Quella che abbiamo osservato è appunto la visione dal punto di vista teorico della velocità di una reazione chimica.
Tuttavia, per conoscere i valori numerici delle velocità di reazione bisogna procedere per via sperimentale.
D'altronde possiamo sì immaginare la concentrazione (ad esempio) di un reagente alla stregua di una funzione che decresce col passare del tempo, ma non sappiamo come decresce, questo è il problema!
Vi faccio un esempio di Fisica.
Consideriamo un corpo che si muove seguendo la legge oraria:




Per ottenere la velocità, dobbiamo ovviamente procedere con la derivazione rispetto al tempo.
Le derivate sono:





Specifico che per ottenerle era necessario applicare la regola della catena, in quanto si trattava di derivate composte, dato che il seno e il coseno contenevano nell'argomento ω (ossia la velocità angolare).
Dunque abbiamo trovato, mediante la derivazione, le 2 componenti del vettore velocità.
Il modulo di questo vettore non è altro che la radice quadrata della somma dei quadrati delle componenti:




Come potete vedere, in questo caso (moto circolare uniforme) siamo giunti ad un risultato numerico preciso, cosa che non possiamo invece ottenere nel caso delle concentrazioni, poiché non possediamo le leggi che descrivono come esse variano in funzione del tempo.
D'altronde, se non abbiamo la legge (o, se preferite, la funzione), non possiamo procedere col calcolo della derivata!
Se non calcoliamo la derivata, non troviamo la velocità!
Si arriva alla chiara conclusione che questo problema di natura chimica si può pertanto risolvere solo sperimentalmente.
Si utilizzano infatti i più disparati metodi sperimentali per determinare la velocità di una reazione.
Ad esempio:
  • se una reazione consuma (o produce) gas, allora si può seguire la variazione del volume di questo in funzione del tempo;
  • se una reazione in soluzione acquosa consuma (o produce) ioni, allora si può seguire la conducibilità in funzione del tempo;
  • se in una reazione in fase gassosa o in soluzione si generano o scompaiono specie chimiche di cui sia noto lo spettro, allora si può seguire la variazione di concentrazione di esse nel tempo mediante misure spettrofotoniche, ecc.
Vediamo un esempio di come si possa, attraverso i dati sperimentali, ricavare l'effettiva relazione sussistente tra velocità di reazione e concentrazione dei reagenti.

venerdì 7 giugno 2013

UN GENIO DELLA MATEMATICA E DELL'INSEGNAMENTO: KARL WEIERSTRASS

Ci siamo già imbattuti, all'interno di diversi post, in personaggi che hanno rivoluzionato quella branca della Matematica nota come analisi matematica.
Ad esempio, abbiamo osservato la vita e le scoperte del più grande matematico italiano del XVIII secolo, Lagrange, abbiamo scoperto curiosità relative al "Don Chisciotte" della Matematica, Cauchy, abbiamo ammirato la serie di Fourier assieme alla singolare biografia del suo scopritore, abbiamo conosciuto il più grande matematico dilettante della storia, Fermat.
Ora ci accingiamo a indagare meglio su colui che viene generalmente denominato "padre dell'analisi moderna": Weierstrass.



















Karl Theodor Wilhelm Weierstrass (o Weierstraß) nacque il 31 ottobre 1815 (l'anno della battaglia di Waterloo) a Ostenfelde, nel distretto di Münster, in Germania.
Karl era il maggiore dei 4 figli (Karl appunto, Peter, Klara e Elise) di Wilhelm Weierstrass, un funzionario di dogana al servizio dei francesi, e Theodora Vonderforst.
La famiglia Weierstrass era cattolica liberale praticante; in particolare, il padre aveva abiurato il protestantesimo probabilmente nel periodo delle sue nozze.
La madre Theodora perse la vita nel 1826, poco dopo la nascita dell'ultima figlia Elise.
Il padre si risposò allora l'anno successivo con una massaia tedesca, una donna che non ebbe alcuna influenza sullo sviluppo culturale ed intellettuale dei figliastri.
Al contrario, il padre era un uomo che poteva vantare una gran cultura e che addirittura, in gioventù, era stato insegnante.
Tuttavia, costui aveva un atteggiamento che si potrebbe definire tirannico nei confronti dei figli, specialmente verso Peter, incessantemente preso di mira dal padre mediante pungenti prediche e intromissioni nella vita privata, anche quando costui aveva raggiunto l'età adulta.
Ma Karl non mostrava il medesimo atteggiamento remissivo del fratello, tanto da "combattere" il padre sabotando la strada che costui aveva deciso prepotentemente per lui.
Comunque, facendo luce sulla formazione del giovane Karl, egli frequentò il Ginnasio Cattolico a Paderborn, luogo in cui incominciò a nutrire interesse per la matematica.
Karl si affezionò molto a tale scuola, tanto che i suoi maestri divennero perfino suoi amici.
Completò il ginnasio a 19 anni (in netto anticipo rispetto alla normale tempistica), dopo aver brillato negli studi e aver ricevuto svariati premi (un anno ne ricevette addirittura 7) per il tedesco, il latino, il greco e (ovviamente) la matematica.
Paradossalmente, non venne mai insignito di premi per la calligrafia, sebbene fosse destinato a trascorrere diversi anni della sua vita insegnando a scrivere ai fanciulli.
Aspetto strambo della sua personalità è il fatto che Weierstrass non mostrava alcun interesse per la musica di qualsivoglia genere, tanto che, da adulto, spesso soleva entrare nel mondo dei sogni durante un concerto o un'opera lirica!
Forse anche Weierstrass avrebbe mostrato un minimo interesse per il video che segue, nel quale ascolterete e visionerete la straordinaria, superlativa, mostruosa, "aliena" pianista ucraina Valentina Lisitsa mentre esegue (al solo piano) il 1° movimento del Concerto per Pianoforte e Orchestra n.3 di Rachmaninov (forse la composizione più complicata in assoluto scritta da tale autore; un vero capolavoro):



Ritornando alla nostra biografia, a 15 anni Karl lavorava per mezza giornata alla stregua di contabile presso una donna che aveva un fruttuoso commercio di burro e prosciutto.
Padroneggiava così bene i numeri che il dispostico padre pensò di farne un contabile governativo.
Ed è per questo motivo che egli lo esortò affinché studiasse, all'Università di Bonn, legge, contabilità e finanza (che barba, che noia!).



Ma, come sappiamo, Karl era interessato a ben altro: era la matematica astratta la sua grande passione.
Le materie che questi era obbligato a studiare lo annoiavano profondamente; ergo trascorreva il suo tempo libero studiando matematica da autodidatta oppure tirando di scherma o bevendo birra con gli amici.
Forse potrebbe sorprendere appurare che Weierstrass era un abile schermidore (si narra che egli non avesse mai perso nemmeno un incontro; anzi sembra che egli non venne mai toccato e non perse alcuna goccia di sangue nei duelli!), ma bisogna tener presente che costui era un giovane di possente corporatura ed era assai rapido e agile nei movimenti.
Dalle esperienze di Bonn Weierstrass ricavò 3 benefici fondamentali:

1) si liberò, come abbiamo accennato, dell'idea fissa del padre, a differenza del fratello Peter;
2) acquisì la capacità di capire le vaghe speranze e le aspirazioni di altri individui meno dotati di lui, ovvero i suoi allievi (o meglio, la maggior parte), cosa che contribuì notevolmente al suo successo come professore di matematica (uno dei più bravi e importanti di tutti i tempi; sicuramente il migliore della sua generazione);
3) non abbandonò mai l'allegria ricca di umorismo della sua giovinezza, la quale divenne in lui una sorta di seconda natura.

Se dalla prospettiva dei familiari osserviamo un Karl che ha letteralmente sperperato gli anni trascorsi (insieme ad una significativa quantità delle limitate risorse economiche familiari) a Bonn (non conseguì infatti alcuna laurea!), dal proprio punto di vista quegli anni, come appena detto, furono densi di esperienze e spunti importantissimi. 
I familiari, al suo ritorno dopo 4 anni, lo rimproverarono continuamente di essere "malato di corpo e di spirito" e organizzarono una sorta di consiglio di famiglia in sua presenza, nel quale si misero a parlare di lui come se fosse deceduto!





   










 


D'altronde, vedere che il figlio più intelligente, quello che aveva avuto maggiori chance di intraprendere una carriera remunerativa e di successo, aveva passato 4 anni della sua esistenza senza concludere nulla di buono fu un duro colpo da sopportare.   
Inoltre, per quanto significativa l'esperienza a Bonn, tale città non era certamente un centro di spicco per la matematica: infatti, questa facoltà praticamente non esisteva lì e l'unico professore di un certo spessore, Julius Plücker, era talmente preso dalle sue svariate funzioni da non poter dedicare parte del suo tempo ai singoli allievi.
Pertanto, Weierstrass non apprese assolutamente nulla di proficuo da costui.
Ma, studiando da autodidatta, aveva scoperto e ammirato le opere dei grandi maestri, con particolare riferimento alla Meccanica celeste di Laplace, testo che aveva assorbito tra un colpo di spada e una bevuta!
Dopo molte settimane trascorse dal suo ritorno in famiglia (che abitava a Westernkotten, in Vestfalia), un amico propose una buona soluzione per districare la delicata situazione della famiglia Weierstrass: egli propose a Karl di studiare per diventare un insegnante scolastico.
Weierstrass avrebbe potuto quindi prepararsi da solo al fine di sostenere l'esame di ammissione al corso d'insegnante statale presso la vicina Accademia di Münster.
Non gli restava che implorare il padre a concedergli un'ulteriore possibilità, ottenendo una risposta positiva.
Dunque, Karl si iscrisse all'Accademia e cominciò la preparazione necessaria per il superamento del suddetto esame.
Certo, con tali studi Weierstrass non avrebbe ottenuto un dottorato, ma le sue occupazioni gli avrebbero poi consentito di dedicarsi la sera totalmente alla matematica.
In particolare, egli fu immatricolato all'Accademia di Münster il 22 maggio 1839.
Proprio qui a Münster, Weierstrass ebbe la fortuna di conoscere Christof Gudermann (1798-1852) e di poterne seguire i corsi di matematica.