martedì 27 luglio 2010

LE EQUAZIONI: EMBLEMI DELLA CONOSCENZA

Gli elementi che più di tutti rappresentano i simboli della matematica, della fisica e delle scienze in generale sono sicuramente le equazioni.
Esse sono delle uguaglianze di tipo algebrico, che nel particolare contesto della fisica, riescono a descrivere con semplicità il mondo che ci circonda e i suoi segreti nascosti.
Per far percepire quanto una singola equazione possa far scaturire assoluto stupore, possiamo far riferimento alla più nota tra le equazioni della fisica: E = mc².
Essa è nota anche ai bambini e alle persone che dicono di non saper nulla di matematica e di fisica!
Ebbene, la famigerata equazione di Albert Einstein, attraverso soltanto 3 lettere, ossia:
  • E che sta per energia;
  • m che sta per massa;
  • c che sta per velocità della luce nel vuoto (299.792.458 m/s)
con l'aggiunta di un semplice esponente, cioè il quadrato della velocità della luce, riesce a spiegare il fenomeno complesso delle reazioni nucleari, ossia di come una piccola quantità di materiale stellare riesca a diventare "magicamente" un'immane quantità di energia.
È incredibilmente difficile riuscire a trovare un linguaggio più sintetico di quello matematico, che con pochi simboli arriva a descrivere dei fenomeni che per illustrarli a parole, in senso letterario, ce ne vorrebbe una quantità molto molto superiore.
Forse esiste un linguaggio che può avvicinarsi alla sinteticità della matematica: la poesia.
Un magnifico esempio è dato dalla poesia "Mattina" di Giuseppe Ungaretti del 1917, nella quale sono presenti soltanto 4 parole: "M'illumino d'immenso".
Tra le 4 parole troviamo la presenza di 2 monosillabi, che, compenetrandosi con il termine che segue attraverso l'apostrofo, danno luogo a 2 sole emissioni di voce.
Eppure, l'apparente semplicità della lirica, nasconde in realtà innumerevoli significati nascosti.
Nella brevissima sequenza, la presenza del poeta (M') appare investita da una luce violenta (illumino), che riverbera dall'intera estensione dello spazio.
In questo modo l'individuo partecipa della vita del tutto, il relativo si identifica con l'infinito e l'eterno.
Ungaretti traduce così il linguaggio dell'ineffabile, la sensazione di una pienezza quasi soprannaturale che non può essere definita in termini concettuali.
Stiamo di fronte a una sensazione di totalità, di pienezza della vita che rappresenta uno stato di beatitudine e di grazia paradisiache.
Il titolo "Mattina", anch'esso estremamente sintetico, indica il momento contingente di una miracolosa comunicazione con l'infinito.
Pertanto, abbiamo notato che esistono anche altri linguaggi molto sintetici, che però riescono a esprimere un'enormità di concetti.
Tuttavia, la matematica è una forza ancor più grande della poesia, poiché riesce veramente ad illustrarci l'Universo e ci permette anche di sfruttarlo per migliorarci tecnologicamente.
Inoltre, mentre un qualsiasi linguaggio, poetico o non, non può essere compreso da tutti, ad esempio un arabo può non sapere l'italiano, la matematica, invece, è uguale in tutte le parti del mondo e forse, se ci fossere veramente degli extraterrestri intelligenti o addirittura dotati di tecnologie più avanzate della nostra, essi userebbero il linguaggio matematico per progredire sempre di più!
A questo proposito Galileo diceva ne Il Saggiatore che la natura è un libro scritto in caratteri matematici.
Per questo motivo vorrei illustrare una sorta di "galleria" di alcune tra le equazioni più importanti della fisica e anche di alcune equazioni fondamentali della matematica intesa come disciplina in sè e non solo come linguaggio che serve alla fisica per svilupparsi.
Inoltre, ogni equazione sarà accompagnata da un brano musicale che si avvicina alle sue caratteristiche intrinseche:

FISICA:

LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE

Questa è sicuramente una delle prime e più importanti equazioni della fisica.
La formula è: F = G(m1m2)/d2, dove
  • F = forza di gravità;
  • m1m2 = masse dei corpi che si attraggono;
  • d² = quadrato della distanza tra i 2 corpi;
  • G = costante di gravitazione universale. Essa, calcolata precisamente dallo scienziato inglese Henry Cavendish nel 1798, vale 6,67 x 10-¹¹ N · m²/kg².
Questa legge, elaborata da Isaac Newton nel XVII secolo è uno dei primi importanti passi in avanti compiuti dalla scienza per scoprire come funziona il nostro Universo.
La leggenda vuole che a Newton fosse caduta una mela in testa da un albero e da quel momento avesse capito che la forza che fa cadere quella mela dall'albero è la stessa che fa orbitare la Luna intorno alla Terra.
È sicuramente un'intuizione geniale, che porterà così tanta fama a Newton, tanto da considerare le sue leggi inconfutabili e perfette, fino a quando non arrivò Albert Einstein nel XX secolo.
Comunque, bisogna affermare che Newton non conosceva la vera natura della gravità, ma riuscì soltanto a spiegare la correlazione tra i fenomeni che accadevano sulla Terra e quelli celesti.
La natura della gravità verra affrontata, come già detto, da Einstein, che la descriverà nella sua Relatività Generale come curvatura dello spazio-tempo.
E comunque, nella scienza moderna, la gravità è quella forza, che pur essendo la più comune, darà moltissimi problemi agli scienziati che si metteranno alla ricerca della fantomatica Teoria del Tutto.
Ritornando alla legge di Newton, essa riesce a dare una spiegazione coerente alle 3 leggi di Keplero:

1) i pianeti percorrono orbite ellittiche intorno al Sole, che rappresenta uno dei fuochi;
2) il raggio vettore Sole-pianeta spazza aree uguali in tempi uguali;
3) i quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle loro orbite.

Infatti, la forza che fa girare i pianeti intorno al Sole è la gravità, che per Newton è una forza istantanea, come una corda immaginaria che lega i pianeti al Sole.
Sul piano strutturale, possiamo notare che la Legge di Gravitazione Universale è un'equazione molto semplice, costituita da 4 lettere (la "m" è ripetuta), con alcune accompagnate da esponenti e pedici ed inoltre, una di esse, la "G" è una costante fondamentale della natura.
Pertanto, è una semplicissima eguaglianza, che però descrive un fenomeno molto profondo come l'attrazione gravitazionale tra 2 corpi.
Un brano musicale attinente a questa equazione è rappresentato da "Missing Theme" di Vangelis, una melodia molto semplice ma che tocca letteralmente il cuore!



IL SECONDO PRINCIPIO DELLA DINAMICA

Questa equazione è ancor più semplice della precedente.
La formula è: F = ma.
È composta da soltanto 3 lettere, che rappresentano la forza, la massa e l'accelerazione.
Essa non è altro che il secondo principio della dinamica, illustrato da Newton nei suoi Philosophiae Naturalis Principia Mathematica.
La legge ci dice sostanzialmente che la forza è data dal prodotto della massa per l'accelerazione.
Possiamo notare che la massa può essere definita massa inerziale, visto che si oppone al movimento.
Applicando le regole basilari delle equazioni, possiamo trovare che: a = F/m, ossia che più aumenta la massa del corpo, più sarà piccola l'accelerazione.
Un esempio pratico di come agisce questa massa inerziale è dato dal carrello che usiamo per fare la spesa.
Quando lo prendiamo che è vuoto, il carrello ha una massa ridotta, più precisamente un peso ridotto ( il peso è uguale a: P = mg, ossia al prodotto tra la massa e l'accelerazione di gravità sulla Terra, che vale in media 9,8 m/s² ) e quindi riusciamo a spingerlo con più facilità.
Tuttavia, quando riempiamo il carrello di roba, in quel caso il peso aumenta e facciamo molta più difficoltà a spingerlo, ossia dobbiamo mettere una maggior quantità di forza per riuscire a trascinarlo.
Dunque l'inerzia è la resistenza di un corpo al fatto di essere accelerato.
A questa equazione si collega bene la celebre danza greca, il sirtaki eseguita dal maestro Andrè Rieu insieme alla sua Johann Strauss Orchestra.
Questo pezzo, come il secondo principio della dinamica, ha una struttura molto semplice ma ci illustra bene il fenomeno dell'accelerazione in musica!



IL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELL'ENERGIA E IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

Un principio fondamentale che governa l'Universo è, come diceva Lavoisier, che "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma".
Su questa affermazione si basa il principio di conservazione dell'energia, che ci dice che essa non si distrugge mai, ma cambia sempre la sua forma, cioè passa da energia cinetica ad energia potenziale, oppure energia termica, ecc.
Infatti, se consideriamo il fenomeno del Big Bang, si può credere che da quel momento in poi si sia creata energia.
In realtà, l'energia che prima era concentrata in uno spazio più piccolo di un atomo, poi si è espansa in tutte le direzioni durante l'inflazione cosmica che ha portato il nostro Universo piano piano ad essere gigantesco.
Dunque, non si è creata energia, ma è cambiata soltanto la densità di energia, con l'espandersi del volume dell'Universo.
Un importante principio di conservazione di energia è costituito dalla prima legge della termodinamica: ΔU = Q - W, o in termini differenziali dU = đQ - đW, dove
  • dove ΔU o dU è la variazione dell'energia interna di un sistema considerato
  • Q = calore. Il calore è definito come Q = cmΔT, ossia il prodotto del calore specifico della sostanza (in genere un gas) considerata con la sua massa e con la variazione della temperatura;
  • W = lavoro termodinamico. È definito in generale come il prodotto tra la pressione e la variazione di volume del gas considerato.
Il brano associato al principio di conservazione dell'energia è la Meditazione di Thais di Massenet eseguita da Andrè Rieu, che mette in uno stato di "meditazione", pertanto di una sorta di "raccoglimento spirituale" dell'energia:



LA LEGGE DI SNELL-DESCARTES

Alcuni fenomeni ottici particolari come il fatto di vedere una cannuccia in un bicchiere d'acqua che sembra spezzata oppure quello di vedere, in una piscina, le persone che sembrano avere le gambe più corte del normale, sono spiegati da questa legge, elaborata dal matematico olandese Willebrord Snellius, ma pubblicata soltanto da Cartesio, ossia René Descartes.
L'equazione in questione è: sen î/sen ȓ = n₂/n₁, dove:
  • î = angolo di incidenza;
  • ȓ = angolo di rifrazione;
  • n₂ = indice di rifrazione del mezzo numero 2;
  • n₁ = indice di rifrazione del mezzo numero 1.
Dobbiamo definire l'indice di rifrazione n, come il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e la velocità della luce nel mezzo considerato, in simboli: n = c/v.
Se non consideriamo il mezzo stesso il vuoto, per cui il valore di n sarà uguale precisamente a 1 (n=1), allora tutti gli altri valori di n, siccome non esiste un altro mezzo in cui la luce viaggia più velocemente che nel vuoto, saranno maggiori di 1 (n>1).
L'unico elemento che rende questa equazione un po' differente, sul piano strutturale, da quelle descritte in precedenza, è la presenza dell'elemento goniometrico "seno", il quale certamente non può essere considerato un qualcosa di veramente complicato.
Dunque, la legge di Snell-Descartes, non è un'equazione banale come per esempio, F = ma, ma non è nemmeno un equazione piena di tecnicismi matematici.
Il pezzo musicale che si può associare, visto che stiamo parlando di un principio dell'ottica, è "Night and Day" di Cole Porter, cantata da Frank Sinatra accompagnato da Tommy Dorsey e la sua Orchestra:



LE EQUAZIONI DI MAXWELL

Le equazioni di Maxwell rappresentano una delle più importanti conquiste scientifiche di tutti i tempi, poichè riescono a descrivere l'elettromagnetismo, ossia sono riuscite ad unificare i fenomeni elettrici e magnetici, che erano considerati in passato aspetti differenti della realtà che ci circonda.
Le 4 equazioni di Maxwell sono un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali, pertanto il livello di tecnicismo matematico si eleva esponenzialmente rispetto alle equazioni fino ad adesso descritte.
Le 4 equazioni sono:



La prima equazione è la legge di Gauss, così denominata in onore di Carl Friedrich Gauss, il "princeps mathematicorum" che descrisse la forma e l'intensità del campo elettrico generato da un corpo carico.
La seconda equazione è denominata spesso legge di Faraday: esprime il concetto che la variazione di un campo magnetico può indurre un campo elettrico, il quale, a sua volta, può far muovere delle cariche elettriche.
La terza equazione ci spiega in che modo una corrente variabile produce un campo magnetico.
La quarta equazione, denominata legge di Ampère, descrive la forma e l'intensità del campo magnetico, ossia l'andamento delle linee di campo magnetico, attorno a un magnete.
Quest'ultima, inoltre, afferma che tali linee sono sempre anelli chiusi diretti dal polo nord al polo sud.
Pertanto, ogni magnete deve possedere sia un polo nord che un polo sud.
Non si è mai riusciti ad osservare monopoli magnetici, tuttavia ciò non ne esclude l'esistenza, almeno in linea teorica.
Infatti, nel 1931, Paul Dirac, riuscì a fornire una ragione molto convicente della loro esistenza, attraverso l'unione delle equazioni di Maxwell con la teoria dei quanti.
Dirac dedusse che l'esistenza di un monopolo, anche se fosse l'unico, spiegherebbe la quantizzazione della carica elettrica che si osserva in natura: tutte le particelle libere presenti in natura, infatti, possiedono cariche elettriche che corrispondo a multipli interi della carica di un elettrone.
Ritornando alle equazioni di Maxwell, esse per quanto complesse, poiché presuppongono un'approfondita conoscenza del calcolo infinetesimale, comunque sono sbalorditive: come si potrebbe, in un altro linguaggio che non fosse la matematica, descrivere l'intero elettromagnetismo con 4 righe di simboli!
Il brano musicale associato a queste equazioni è la Rapsodia Ungherese n.2 di Franz Listz eseguita da Carmen Cavallaro:



L'EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER

La famosa equazione di Schrödinger, scritta dal fisico austriaco Erwin Schrödinger nel 1926, ci permette di determinare qual è la probabilità che una particella si trovi in un certo luogo pur comportandosi come un'onda (dualismo onda-corpuscolo).
L'equazione in questione è:



dove:
  • i rappresenta l'unità immaginaria, cioè facente parte di quella particolare categoria di numeri introdotta dai matematici nel XVI-XVII secolo, che risolve incovenienti come equazioni di questo tipo: x² = -1, che danno origine a un risultato pari a: x = ± √-1: nel insieme dei numeri reali diremmo che l'equazione è impossibile. Invece, considerando un numero immaginario i² = -1, il problema viene aggirato;
  • h = costante di Planck;
  • ∂/∂t è la notazione per indicare la derivata parziale;
  • Ψ(r;t) = funzione d'onda;
  • Ĥ = operatore Hamiltoniano: operatore che rappresenta la somma di tutta l'energia cinetica e di tutta l'energia potenziale del sistema considerato.
Anche questa non è un'equazione semplicissima, ma sta alla base della Meccanica Quantistica, che ci descrive in maniera dettagliata i fenomeni che avvengono nel mondo atomico e subatomico, insieme al forse ancor più celebre principio di indeterminazione di Heisenberg.
Quindi la formula di Schrödinger è stata di estrema importanza per lo sviluppo della fisica moderna e può essere rappresentata musicalmente sotto forma di uno splendido duetto, visto che stiamo parlando del dualismo onda-corpuscolo delle particelle.
Il duetto in questione è "I Hate you then I love you" di Celine Dion & Luciano Pavarotti:



MATEMATICA:

IL TEOREMA DI PITAGORA E IL TEOREMA DI CARNOT

Abbiamo visto come la matematica svolge un ruolo fondamentale nella descrizione dei fenomeni fisici.
Però, tra le equazioni più famose, che appartengono al mondo prettamente matematico (anche se poi sono fondamentali anche per la fisica), non si può non citare il teorema di Pitagora.
Ebbene, esso che di norma si attribuisce ad uno dei primi geni dell'antichità, una figura misteriosa, a capo di una setta di fedeli, venerato come un dio in Terra, fautore della metempsicosi ( trasmissione dell'anima, dopo la morte di un individuo, da un corpo ad un altro), ossia Pitagora di Samo.
Per Pitagora i numeri erano tutto, erano l'essenza stessa dell'Universo.
Il teorema di pitagora si presenta in questa forma: a² = b² + c², ossia, considerando un triangolo rettangolo, il quadrato dell'ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati dei 2 cateti.
Tuttavia, questa formula non è altro che un caso particolare di un teorema più onnicomprensivo, ossia il teorema del coseno o teorema di Carnot: a² = b² + c² -2bc cosα, ossia che in un triangolo qualunque il quadrato di un lato è uguale alla somma dei quadrati degli altri 2 lati meno 2 volte il prodotto tra di loro moltiplicato per il coseno dell'angolo tra loro compreso.
Prendiamo che l'angolo α considerato sia uguale a 90°, ossia considerando il caso di un triangolo rettangolo, allora siccome il coseno di 90° = 0, la formula si trasforma per magia esattamente nel teorema di pitagora!
Proprio per questo motivo il teorema di Carnot è anche chiamato teorema di Pitagora generalizzato.
Il pezzo musicale associato a questi 2 teoremi geometrici è "Fly me to the Moon & You make me feel so young" di Kenny G, il quale riesce a combinare armoniosamente, con la sua straordinaria abilità al sassofono, questi 2 pezzi differenti, così come il teorema di Pitagora e il teorema di Carnot, pure essendo all'apparenza diversi, combaciano perfettamente quando si considera l'angolo di 90°:




L'ULTIMO TEOREMA DI FERMAT

L'Ultimo Teorema di Fermat è stato il problema che ha tenuto sulle spine i matematici per oltre 3 secoli, tanto da essere quasi considerato irrisolvibile.
Il fatto buffo è che l'equazione che rappresenta questo teorema è di una semplicità più unica che rara, tanto che un bambino di 10 anni, Andrew Wiles, leggendo un giorno questo teorema su un libro di matematica, in una biblioteca, ne era rimasto affascinato.
La formula in questione è:



Occorreva dimostrare che questa equazione fosse valida solo fino al valore n=2.
Dunque, per n>2 l'equazione avrebbe perso significato.
Purtroppo, dietro a una formulazione matematica così banale, si nasconde una dimostrazione estremamente complicata, anche per le più brillanti menti matematiche.
Questo teorema è stato formulato dal matematico Pierre de Fermat nel XVII secolo, che a dire il vero non era un matematico di professione, ma in realtà un giudice.
Nonostante ciò, era considerato il "principe dei dilettanti" sul campo della matematica.
Ha fornito importantissimi contributi al calcolo infinetesimale, alla teoria della probabilità, ma soprattutto alla teoria dei numeri, ossia quella branca della matematica che si occupa dei numeri interi.
L'edizione delle opere di Fermat che ci è pervenuta è quella pubblicata dal figlio, Clément Samuel, ed è proprio grazie ad essa che siamo a conoscenza dell'Ultimo Teorema di Fermat.
In particolare, il figlio di Fermat si era reso conto dell'importanza di quel teorema, che stava annotato a margine di un'edizione dell'Arithmetica di Diofanto, e quindi si prese la cura di ripubblicarla.
Le parole di questa famosa annotazione, datata intorno al 1637, scritta da Fermat in latino, sono:

"D'altra parte non è possibile scomporre un cubo in due cubi, un biquadrato in due biquadrati o in generale ogni potenza, eccetto il quadrato, in due potenze con lo stesso esponente. Di ciò ho scoperto una dimostrazione veramente meravigliosa. Tuttavia la ristrettezza del margine non basterebbe a contenerla".

Una citazione certamente emblematica, che però non ci può assicurare che Fermat abbia veramente dimostrato questo teorema, visto che non è mai stata ritrovata la sua dimostrazione.
Dunque, per 3 secoli questo problema è rimasto irrisolto, fino a quando quel bambino di 10 anni, Andrew Wiles, ossessionato da quel teorema, riuscì a dimostrarlo nel 1994 sfruttando una particolare congettura ( la congettura di Taniyama-Shimura ), dopo essere divenuto un matematico professionista.
Bisogna però dire che Wiles aveva annunciato la dimostrazione del problema già il 23 giugno del 1993 ad un seminario al Newton Institute dell'Università di Cambridge.
Tuttavia, si scoprì che la dimostrazione fornita da Wiles conteneva un'inesattezza.
Allora Wiles si ritirò in isolamento a lavorare incessantemente sul problema e alla fine, con l'aiuto dei colleghi, riuscì ad eliminare l'errore e a sostituirlo con un ragionamento corretto.
La dimostrazione corretta fu pubblicata nel 1995 sulla rivista Annals of mathematics.
Abbiamo quindi osservato come, a volte, i problemi che sembrano i più semplici, sono quelli più subdoli e spietati, che ossessionano la mente dei matematici, i quali, per loro natura, desiderano a tutti i costi risolverli.
Per fortuna, a volte ci riescono, anche se ci vogliono più di 300 anni per farlo!
Il brano associato all'Ultimo Teorema di Fermat è il Bolero di Ravel, ossia un pezzo dalla melodia identica che si ripete per molti minuti con intensità sempre maggiore.
L'analogia con il teorema sta, prima di tutto, nella semplicità apparente, e poi nel fatto che tutto il brano musicale può ricollegarsi alla faticosa "scalata" che i matematici hanno dovuto affrontare per dimostrare il teorema:



Leonardo Petrillo