sabato 26 maggio 2012

VITA E SCOPERTE DI UN GRANDE PREMIO NOBEL: NIELS BOHR

"La sua influenza sull'attuale ricerca teorica e sperimentale è superiore a quella di chiunque altro fisico".
Queste sono le parole che Werner Heisenberg usa per ricordare Niels Bohr nel momento della sua commemorazione funebre.
Tale asserzione potrebbe sembrare gonfiata di proposito, dato che espressa in occasione di un funerale, ma non è così: Heisenberg non era solito far uso di esagerazioni; ciò che aveva asserito lo pensava veramente.
D'altronde, Niels Bohr è stato uno dei fisici più importanti e straordinari della prima metà del XX secolo.

Certamente, al grande pubblico, la figura di Einstein è più nota e, a quest'ultimo, vengono riconosciute scoperte sensazionali, rivoluzionarie, ma Bohr non è assolutamente da meno.
Ripercorriamo la vita e le scoperte principali del grande fisico danese, uno dei padri della Meccanica Quantistica.
Niels Henrik David Bohr nacque il 7 ottobre 1885 in Ved Stranden 14, una delle residenze più sontuose di Copenaghen.
Il padre, Christian Bohr, era l'autorevole professore di fisiologia (candidato pure al Nobel per le sue ricerche sulla respirazione) all'Università di Copenaghen, di cui fu persino rettore nel biennio 1905-06; la madre, Ellen Adler, proveniva da una famiglia di ricchi banchieri ebrei.
Sintetizzando, Bohr era membro di una famiglia di alto rango sociale.
Niels non era figlio unico: infatti, aveva una sorella maggiore di nome Jenny e un fratello minore, Harald, destinato a diventare un grande matematico.
Poco tempo dopo che Niels venne messo alla luce, la famiglia decise di trasferirsi in un appartamento dell'Università in Bredgade 62, ove egli avrebbe vissuto fino all'età della laurea.
Da ragazzo, Niels era molto alto, forte e un po' attaccabrighe (in qualche occasione prese a botte i compagni di scuola!).
Volete sapere come andava a scuola?
Nei primi annimanteneva un buon profitto, ma non era un secchione (in particolare, le lingue non erano il suo forte)!
Tuttavia, sin da piccolo, mostrava una predisposizione per le materie scientifiche.
I fratelli Bohr cominciarono realmente a farsi notare alla scuola media e, nel 1904, quando Niels aveva 19 anni e Harald 17, un loro compagno di scuola li designò come "geni".
Niels era molto bravo anche nello sport e, in particolar modo, nel calcio (il fratello era perfino più talentuoso ed era divenuto famosissimo come calciatore)!
Appassionati di calcio (e non solo), le prossime righe vi piaceranno sicuramente!
Sussiste infatti una simpatica storiella su Niels Bohr e il calcio.
Mettetevi comodi!













A seguito della nomina come professore a Copenhagen, Bohr, accondiscendendo alle usanze tipiche danesi, si presentò a un'udienza pubblica del Re, con indosso tight e guanti bianchi, da non togliere nel momento di stringere la mano al sovrano.
Immaginatevi la scena: Bohr, vestito di tutto punto, incontra il monarca Cristiano X, avente un'aria militaresca e piuttosto rigida.
Le cose proseguirono in tal modo: dopo le doverose presentazioni, il Re affermò di essere compiaciuto di incontrare il celebre calciatore Bohr.
A tale asserzione, Bohr rispose con un'affermazione di questo genere: "Mi spiace, ma temo che Vostra Maestà si riferisca a mio fratello".
Il Re non prese molto bene queste parole, in quanto le regole prevedevano che nessuno potesse in alcun modo contraddire il sovrano durante una pubblica udienza.
Pertanto, Cristiano X riformulò nuovamente la sua frase, asserendo quanto fosse compiaciuto e così via.
Bohr, come d'altronde chiunque si fosse trovato in una situazione così grottesca, iniziò a sentirsi in grande disagio; sicché egli rispose di essere effettivamente un calciatore, ma di avere un fratello che, invece, era il famoso calciatore.
Al che, il Re disse: "Audiensen er forbi", ovvero "l'udienza è conclusa".
Alla fine, Bohr cominciò a congerdarsi - pensate un po' - camminando all'indietro alla stregua di un gambero, per rispettare l'etichetta!!!!
Ritorniamo al nostro racconto biografico.
Nel 1903, Bohr andò all'Università di Copenaghen, scelse Fisica come disciplina principale, Astronomia, Chimica e Matematica come materie secondarie, ed ebbe come mentore il professor Christian Christiansen (1843-1917), il più eminente fisico danese del tempo.
Una simpatica curiosità: il suo professore di Chimica riferisce che Bohr non era secondo a nessuno nel fare a pezzi i contenitori di vetro.
"Oh, dev'essere Bohr" sembra abbia esclamato un giorno in cui il laboratorio fu scosso da esplosioni!
Dal faceto torniamo al serio!
Bohr compì diverse esperimenti nel laboratorio del padre (d'altronde l'Università non disponeva di laboratori di Fisica) relativi ad alcune proprietà dei fluidi, fra cui la tensione superficiale (per spiegazioni in merito alla Meccanica dei Fluidi si veda l'articolo "Meccanica dei fluidi: le bolle di sapone"), al fine di partecipare a un concorso su tale tematica proposto dall'Accademia delle Scienze danese, nel 1905.
L'articolo che ne risultò (e che gli valse il premio) venne dettato a Harald, primo esempio di una consuetudine che il fisico avrebbe mantenuto per tutta la sua esistenza, ossia svolgere il lavoro in prima persona lasciando tuttavia l'onere della scrittura ad altri!
Negli anni successivi Bohr abbandonò la fisica sperimentale per concentrarsi su quella teorica.
Nel 1910 conseguì la laurea specialistica; nel maggio 1911 discusse la tesi di dottorato e, pensate un po', un giornale rilevò che l'uditorio era costituito in gran parte da calciatori!
Il titolo della tesi era "Studi sulla teoria elettronica dei metalli", ed essa designava un'estensione della teoria classica di cui Hendrik Antoon Lorentz era stato il pioniere.
Molto interessante è la seguente affermazione di Bohr presente all'interno della sua tesi:

"Non pare possibile, allo stadio attuale di sviluppo della teoria elettronica, spiegare, a partire da questa teoria, le proprietà magnetiche dei corpi."

In tal passo, Bohr allude all'impossibilità di spiegare in termini classici alcuni paradossi collegati al cosiddetto effetto Hall, dal nome del fisico statunitense Edwin Hall (1855-1938), che lo scoprì nel 1879.
Riporto la descrizione di un altro Premio Nobel, Richard Feynman (che lo ottenne nel 1965), concernente l'effetto Hall:

"Senza dubbio, è una cosa piuttosto strana che in una sostanza, in cui gli unici oggetti relativamente liberi sono degli elettroni, ci sia una corrente elettrica dovuta a delle lacune che si comportano come delle particelle positive. Vogliamo perciò descrivere un esperimento che mostra in modo piuttosto chiaro e definitivo che il segno dei portatori di corrente elettrica è positivo. Supponiamo d'avere un blocco di materiale semiconduttore (andrebbe bene anche un metallo) e di sottoporlo a un campo elettrico in modo da far scorrere una corrente in una qualche direzione, per esempio quella orizzontale, com'è disegnato in figura. 










Supponiamo, inoltre, di porre il blocco in un campo magnetico ortogonale alla corrente, tale che il campo entra nel piano della figura. I portatori in movimento saranno sottoposti a una forza magnetica q(v × B). Poiché la velocità media di deriva è diretta verso destra o verso sinistra a seconda del segno della carica dei portatori, la forza magnetica media nei portatori potrà essere diretta sia verso l'alto sia verso il basso. Errore! Se infatti la corrente e il campo magnetico sono diretti come abbiamo assunto in partenza, la forza magnetica sulle cariche in moto sarà sempre diretta verso l'alto. Cariche positive che si muovano nella direzione di j (verso destra) subiranno una forza diretta verso l'alto. Se invece la corrente è dovuta al moto di cariche negative, quest'ultime si spostano verso sinistra (fissato il segno della corrente di conduzione) e subiscono di conseguenza ancora una forza diretta verso l'alto. In condizioni stazionarie [ossia quando le grandezze in gioco non dipendono dal tempo], tuttavia, non c'è alcun moto verso l'alto delle cariche, perché la corrente può fluire solo da sinistra a destra. Quel che succede è che un piccolo numero di cariche fluisce inizialmente verso l'alto, dando luogo a una densità superficiale di carica lungo la faccia superiore del semiconduttore, mentre una densità superficiale uguale e opposta si forma sulla faccia inferiore. Le cariche si accumulano sulle superfici superiore e inferiore finché le forze elettriche, che esse producono sulle cariche in movimento, cancellano esattamente (in media) la forza magnetica, e la corrente stazionaria continua a scorrere orizzontalmente. Le cariche che stanno sopra e sotto il cristallo producono una differenza di potenziale verticale lungo quest'ultimo, che può essere misurata con un voltmetro ad alta resistenza. Il segno della differenza di potenziale rivelata dal voltmetro dipenderà dal segno dei portatori responsabili della corrente.

  









La prima volta che esperimenti di questo tipo vennero effettuati ci si aspettava che la differenza di potenziale risultasse negativa, come dovrebbe essere se la conduzione fosse dovuta agli elettroni negativi. Perciò, tutti rimasero profondamente sorpresi nel trovare che alcuni materiali presentavano un segno opposto per la differenza di potenziale. Sembrava che il portatore di corrente fosse una particella carica positivamente...In origine, la scoperta del segno anomalo della differenza di potenziale nell'effetto Hall fu fatta non in un semiconduttore, ma in un metallo. Si era sempre supposto che nei metalli la conduzione fosse causata dagli elettroni: ma si trovò, invece, che per il berillio la differenza di potenziale aveva il segno sbagliato."

Dopo questa brillante descrizione di Feynman sull'effetto Hall, dovreste aver capito perché Bohr avesse scritto quell'asserzione nella sua tesi di dottorato.
La suddetta tesi rappresenta probabilmente il preludio di Bohr al forte interessamento nei confronti della Meccanica Quantistica, a cui aveva dato il via Max Planck nel 1900.
La cosa che potrà sorprendere molti è che il fratello Harald era ritenuto da molti intellettualmente più dotato, tanto che egli conseguì il dottorato in Matematica un anno prima che Niels ottenne quello in Fisica, pur essendo quest'ultimo più grande di 2 anni!
Nel frattempo, nel 1909 era occorso un importante evento nella vita privata di Bohr: in quell'anno aveva incontrato per la prima volta colei che diventerà la futura moglie: Margrethe Nørlund, sorella del matematico Niels Erik Nørlund.
Le loro nozze si celebrarono il 1° agosto del 1912.
Sussiste un bel commento di Richard Courant inerente al rapporto tra Niels e Margrethe:

"Qualcuno si è chiesto quali fortunate circostanze abbiano contribuito a rendere la vita di Niels così ricca di successi. Credo che nessuna componente della sua vita sia stata determinata dalla fortuna, ma fosse profondamente radicata nella sua personalità...Non la fortuna, ma la profondità del suo acume, gli permisero negli anni giovanili di scoprire sua moglie che ebbe un ruolo decisivo nel rendere possibile tutta la sua attività, personale e scientifica."

Nel settembre 1911 Bohr giunse in Inghilterra e, in particolare, si recò al Laboratorio Cavendish di Cambridge, con la speranza di lavorare sotto la guida dello scienziato Premio Nobel nel 1906 per la scoperta dell'elettrone, non altri che Joseph John Thomson.
Sembra che il loro primo incontro sia avvenuto in cotale maniera: Bohr entra nell'ufficio di Thomson, apre il libro "Conduzione dell'elettricità attraverso i gas" (scritto proprio da Thomson), indica col dito una certa formula e asserisce, mantenendo un tono cortese: "Questa è sbagliata"!
Alcuni anni dopo, ripensando al suddetto episodio, Bohr affermò:

"Fu una delusione constatare che a Thomson non interessava affatto scoprire che i suoi calcoli erano errati. Fu anche colpa mia. Non parlavo molto bene l'inglese e perciò non sapevo come esprimermi. Riuscii soltanto a dire: "Questo è sbagliato". Ma lui non era interessato a questa accusa...Thomson era un genio, che mostrò a tutti la giusta via. Quindi, un certo giovanotto avrebbe potuto comportarsi un po' meglio."   

L'evento di questo periodo che scosse profondamente la vita di Bohr fu sicuramente l'incontro, nel marzo 1912 a Manchester, con un'altra eminente figura, insignita nel 1908 del Nobel (anche se per la Chimica), trattasi di Ernest Rutherford.
Rutherford rappresentò infatti la figura scientifica più importante nella vita di Bohr, non solo perché, con la scoperta del nucleo atomico, spianò la strada alle fondamentali ricerche di Bohr, ma pure perché lo stile personale e scientifico di Rutherford lo influenzarono profondamente, tanto che una volta avrebbe asserito: "Per me è stato quasi come un secondo padre".
Proprio nel laboratorio di Rutherford, a Manchester, Bohr cominciò quella serie di ricerche che lo avrebbero condotto alla fama mondiale.
Innanzitutto, elenchiamo quali sono i punti chiave del modello atomico di Rutherford, che Bohr prenderà come punto di partenza per pervenire a una nuova e rivoluzionaria teoria atomica:
  • gli atomi sono costituiti per la maggior parte da vuoto;
  • l'atomo possiede un nucleo decisamente piccolo e compatto, carico positivamente, avente un ordine di grandezza di 10−15 m;
  • gli elettroni, situati alla periferia dell'atomo, ruotano liberamente intorno al nucleo a determinate distanze da esso. La forza centripeta necessaria a un simile moto è ovviamente rappresentata dall'attrazione elettrostatica sussistente tra nucleo ed elettrone. Spostandoci nella prospettiva dell'elettrone, la forza centrifuga provocata dalla sua velocità è uguale e opposta all'attrazione del nucleo.
Il suddetto modello vi fa pervenire alla mente qualcosa?
Direi che è facile notare come sia analogo al modello dei pianeti che girano intorno al Sole; ecco il motivo per cui il modello atomico di Rutherford è anche chiamato modello planetario.
Cerchiamo di esprimere in formule ciò che abbiamo appena detto.
In primis, sappiamo che nel modello di Rutherford vale la seguente fondamentale relazione:




Bene, come abbiamo fatto già diverse altre volte, dobbiamo cercare di trasformare questa espressione generale in una più specifica.
Come procediamo?
È molto semplice!
Sappiamo intanto che la forza elettrica è fornita dalla nota legge di Coulomb:




Nel caso non sapeste come esprimere la forza centrifuga, proviamo ad arrivarci!
Sappiamo che il secondo principio della dinamica ci dice che F = ma.
Dunque, una forza è espressa dalla relazione appena scritta.
Per ricavare una relazione migliore, dobbiamo stabilire un'espressione più precisa dell'accelerazione con cui abbiamo a che fare.
Supponiamo che gli elettroni percorrano orbite circolari (d'altronde è ciò che afferma il modello di Rutherford).
Prendete a riferimento la seguente immagine.
 














Dovreste percepire che un moto circolare è bidimensionale, ovvero abbiamo bisogno, per descrivere la posizione di una particella che si muove su una circonferenza (attraverso delle leggi orarie), delle componenti x e y in funzione del tempo: x(t) e y(t).
Chiamiamo φ l'angolo compreso tra il vettore posizione (cioè quello che ci fornisce appunto la posizione del corpo unidimensionale percorrente la circonferenza, in funzione del tempo, e che equivale, in modulo, al raggio R della circonferenza) P(t) - O e l'asse x.
Allora possiamo scrivere le leggi orarie in tal modo:




 Se il moto è uniforme, allora vale la seguente relazione lineare:




ove:

- ω è la cosiddetta velocità angolare, definita come ω = 2π/T, dove T = periodo (tempo che impiega la particella a compiere un giro completo);
- α designa il valore iniziale dell'angolo, cioè φ(0).

Possiamo allora riscrivere le leggi orarie nel seguente modo:



Quello che interessa a noi è l'accelerazione; pertanto, dobbiamo derivare (sfruttando la regola della catena) 2 volte le precedenti espressioni.
In primo luogo, la velocità sarà data da:







Se volessimo calcolare il modulo del vettore velocità, dovremmo semplicemente fare la somma dei quadrati delle 2 componenti della velocità, il tutto sotto radice quadrata:




Dovreste sapere che, in una circonferenza con centro nell'origine, x² + y² = R².
Ergo, possiamo riscrivere l'espressione precedente come:



Ora deriviamo le componenti della velocità al fine di rinvenire quelle dell'accelerazione:





 Come fatto prima, andiamo a calcolarci il modulo dell'accelerazione:






Sfruttando il fatto che





e sostituendo questa espressione della velocità angolare nell'equazione illustrante il modulo dell'accelerazione, otteniamo che:





Ecco, per definire la forza centrifuga ci basta prendere la formula F = ma e sostituire il termine generico di accelerazione con l'espressione scritta sopra:





Bene, abbiamo finalmente definito la relazione che esprime la forza centrifuga!
Ne consegue che la condizione di equilibrio alla base del modello atomico di Rutherford è la seguente:





C'erano però dei grossi problemi alla base della teoria di Rutherford.
Il modello era decisamente incompatibile con la fisica classica, in quanto, secondo le leggi dell'elettrodinamica, l'elettrone sarebbe dovuto cadere nel nucleo.
Lo stesso Rutherford più volte aveva menzionato il problema della stabilità del suo modello.
Peraltro, era noto che gli atomi avevano tutti la medesima dimensione e non sussisteva niente all'interno delle idee di Rutherford in grado di spiegare tutto ciò.
Le prime riflessioni di Bohr concernenti tale argomento sono contenute in un memorandum inviato a Rutherford il 6 luglio 1912: in esso, Bohr sottolinea che, per ovviare ai paradossi che tale modello atomico comportava, non bisognava poggiarsi sulla fisica classica, bensì cercare un sostegno nella giovane teoria dei quanti.
Già alcuni giorni prima, precisamente mercoledì 19 giugno 1912, Bohr scrisse al fratello: "Caro Harald, forse ho scoperto qualcosa sulla struttura degli atomi. Non parlarne con nessuno".
Da precisare che le ipotesi di Bohr non erano originali, a differenza di quelle di Planck, che non ha avuto alcun antesignano: infatti, il fisico Arthur Erich Haas, il matematico John William Nicholson e il chimico Niels Bjerrum avevano avuto l'idea di introdurre il quanto di azione nei modelli atomici, tuttavia senza grandi risultati.
Nel febbraio 1913, Bohr capì che, per raggiungere gli obiettivi prefissati, gli occorrevano i dati spettroscopici.
Ne conseguì un articolo, pubblicato nel luglio 1913, che segnò l'inizio della dinamica quantistica.
L'informazione fondamentale di cui era in possesso era la magnifica congettura formulata da Johann Balmer, un insegnante svizzero, il quale, nel 1885, aveva trovato che le frequenze dello spettro dell'idrogeno rispondono alla seguente formula:





dove:
  • n = 1,2,3....(numero intero);
  • m = numero intero maggiore di n;
  • R = costante di Rydberg = 3,2916 × 10-15 sˉ¹.
Torniamo all'articolo di Bohr e scopriamo i suoi 3 postulati fondamentali.

1° POSTULATO

Nell'atomo, un elettrone che gira attorno al nucleo positivo può occupare solamente determinate traiettorie discrete di energia En (con n=1,2,3...).
Tali traiettorie sono chiamate stati stazionari.

2° POSTULATO

Nell'atomo, gli elettroni che si muovono lungo gli stati stazionari non emettono radiazione.
Nel caso ci fosse il passaggio di un elettrone da un livello energetico n a un altro livello m inferiore, viene emessa dell'energia sotto forma di un fotone, equivalente a:


 

ove:

- Em = livello energetico m;
- En = livello energetico n;
- h = costante di Planck = 6,6262 × 10-34 J ∙ s;
- Δν = frequenza del quanto di luce emesso dall'elettrone durante il salto da un livello all'altro.

Equivalentemente, per portare un elettrone dal proprio livello energetico a un livello superiore, viene assorbito un fotone di energia ΔE.
L'atomo non è quindi costretto a emettere in continuazione energia a causa dell'accelerazione radiale dei suoi elettroni; l'energia viene rilasciata soltanto nel caso di un passaggio dell'elettrone dal proprio livello ad uno più basso.

3° POSTULATO

Il momento della quantità di moto (o momento angolare) di un elettrone, definito come il prodotto della quantità di moto mv per il raggio R, può assumere nell'atomo solamente valori discreti.
In altre parole, esso risulta quantizzato ed è un multiplo della costante di Planck diviso per 2π.
Detto in altri termini, il momento angolare è un multiplo della costante di Planck ridotta




Scriviamo dunque l'espressione descrivente il momento angolare dell'elettrone:





dove n è un numero intero, rappresentante il cosiddetto primo numero quantico.
Abbiamo visto che gli elettroni possono ruotare attorno al nucleo solo in determinate orbite e con determinati valori del momento angolare.
Pertanto, sia il raggio dell'orbita che il momento della quantità di moto risultano quantizzati.
Bohr applicò questi suoi postulati sul più semplice atomo possibile: l'idrogeno semplice o prozio.
Il suddetto atomo ha la particolarità di possedere un singolo protone, intorno a cui gira un elettrone.
Come ben noto, queste particelle elementari hanno cariche uguali e opposte:

- il protone possiede carica positiva;
- l'elettrone ha invece carica negativa.

Questa carica fondamentale si indica con e, il cui valore è approssimativamente:



Ne consegue che l'elettrone avrà carica -e, mentre il protone sarà dotato di carica +e.
Ora riprendiamo la condizione di uguaglianza tra forza elettrica e forza centrifuga:





Possiamo adesso andare a sostituire alle 2 cariche generiche (q1 e q2) la carica fondamentale e del protone e dell'elettrone:





Ricordiamo che R è il raggio dell'orbita, m è la massa dell'elettrone, mentre v è la sua velocità.
Ora, facendo una serie di manipolazioni sulla formula precedente, possiamo ricavarci anche l'energia cinetica (ricordo che è definita come Ec = 1/2 mv²):





Possiamo scrivere l'energia cinetica anche in un altro modo, tenendo conto della definizione di energia potenziale elettrostatica U(r), che è:





Ergo, l'energia totale dell'elettrone sarà:




Dunque, ogni variazione di energia totale ΔE comporta una variazione di energia potenziale (ΔE = ΔU/2) e perciò anche una variazione del raggio dell'orbita.
Tenendo conto dei postulati di Bohr, possiamo esprimere le relazioni concernenti l'equilibrio tra forza centrifuga ed elettrica, e l'energia totale dell'elettrone nei seguenti modi.
Partiamo dalla condizione di equilibrio:





Ho rinominato il raggio rn per far capire che dipenderà dal numero quantico n.
Anzi, a dir la verità, quello che vogliamo trovare, mediante i seguenti passaggi, è proprio il raggio.
Sappiamo innanzitutto che:



Ricaviamoci la velocità, in modo da andarla a sostituire nella condizione di equilibrio:
















Dopo tutti questi passaggi, abbiamo che:




Nel caso n = 1 (ovvero nel caso sussista la più piccola distanza dell'elettrone dal nucleo dell'atomo di idrogeno), allora il raggio avrà valore:




Tale minuscola distanza viene comunemente designata come raggio di Bohr.
Se andiamo a sostituire l'espressione ricavata del raggio nella seguente formula, descrivente l'energia totale dell'elettrone:






otteniamo:





Perciò, anche l'energia è quantizzata e dipendente da n!
Il suo valore minimo si ha ovviamente quando n = 1 ed è Etot = -13,6 eV (elettronvolt).
Il modello atomico di Bohr fu discusso pubblicamente per la prima volta il 12 settembre 1913 alla 83° riunione annuale della British Association for the Advancement of Science (BAAS), tenuta quell'anno a Birmingham.
Bohr era uno degli spettatori, assieme a J.J. Thomson, Rutherford, Lorentz, Curie e molti altri.
In particolare, Thomson non accettava la quantizzazione dell'atomo, ritenendola non necessaria.
James Jeans, eminente fisico dell'epoca, che scrisse [non posso esimermi dal riportare tale informazione] peraltro nel 1937 un'opera intitolata "Scienza e Musica", manifestava apertamente il suo dissenso verso la teoria di Bohr: in un intervento davanti all'affollata sala, evidenziò che l'unica giustificazione di cui il modello di Bohr aveva bisogno era "quella decisiva del successo".
Nel resto d'Europa, la visione quantistica dell'atomo fu accolta con scetticismo.
Ad esempio, Max von Laue, durante un'accesa discussione, affermò fermamente: "È una totale assurdità! Le equazioni di Maxwell sono valide in tutte le circostanze. Un elettrone su un'orbita circolare deve emettere radiazione."
Addirittura, Paul Ehrenfest confessò a Lorentz che l'atomo di Bohr lo aveva "ridotto alla disperazione"!
Questi asserì anche che "se questa è la via per raggiungere la meta, devo rinunciare a fare fisica".
Nonostante questo, la pubblicazione della rivoluzionaria opera da parte di Bohr diede nuova linfa vitale allo sviluppo della teoria quantistica, tanto che Rutherford scrisse: "l'intero settore che versava in uno stato di totale abbandono, ora è disperatamente affollato".
Ecco un piccolo elenco di quello che Bohr fece negli anni successivi:
  • formulò il principio di corrispondenza: in poche parole, esso ci dice che per grandi lunghezze d'onda la sua teoria risulta in accordo con la meccanica classica e l'elettrodinamica;
  • riuscì a prevedere il rapporto fra le costanti di Rydberg dell'elio e dell'idrogeno ionizzati singolarmente, valore consonante con gli esperimenti fino a 5 cifre significative;
  • descrisse le regole di selezione per transizioni elettriche dipolari;
  • dimostrò (cosa molto importante) che le proprietà chimiche degli elementi risultano fortemente determinate dalla configurazione del guscio di elettroni più esterno, scoperta che lo fece diventare il fondatore della chimica quantistica.
Bohr mantenne l'incarico a Manchester sino al 1916, quando fu richiamato in patria, a Copenaghen, allo scopo di fargli occupare la cattedra di Fisica teorica.
La fama di Bohr si diffuse sempre più rapidamente: nel 1920 fu invitato in Germania, dove conobbe personalità del calibro di Planck e Einstein.
Intanto, la sua attività scientifica assumeva conformazioni sempre più particolari: la sua modalità di lavoro consisteva spesso nel compiere interminabili discussioni in cui si necessitava un interlocutore.
Si trattava di una sorta di metodo socratico in cui Bohr sviluppava le sue idee durante il dialogo.
Tra i vari interlocutori di Bohr, citiamo:

- Paul Dirac;
- Wolfgang Pauli;
- Werner Heisenberg;
- George Gamow;
- Lev Landau;
- Oscar Klein.

Non so se vi rendete conto, ma gli interlocutori di Bohr che ho citato sarebbero quasi tutti divenuti Nobel per la Fisica, o comunque, avrebbero effettuato scoperte fondamentali in ambito scientifico. 
Tra l'altro, il 3 marzo 1921 fu formalmente inaugurato a Copenaghen il suo Istituto di Fisica teorica (in seguito Istituto Niels Bohr), che aveva come sommo obiettivo quello di formare i giovani, sia per quanto concerne i metodi e i risultati della scienza, sia sul piano prettamente sperimentale.
Uno degli eventi più importanti nella vita di Bohr è ovviamente dato dalla vincita (pienamente meritata) del Nobel, avvenuta nel 1922.
Ma, nel marzo 1927 ci fu uno scossone per le fondamenta della Fisica: Heisenberg aveva enunciato il principio di indeterminazione, che aveva dato una bella mazzata al determinismo della fisica classica.
Nello stesso anno e precisamente il 16 settembre 1927, al congresso internazionale di Como in onore di Alessandro Volta, Bohr enunciò per la prima volta l'importante principio di complementarità, il quale afferma che, durante un esperimento, non è mai possibile riscontrare contemporaneamente l'aspetto ondulatorio e corpuscolare di una particella elementare.
Riflettete un po': il principio di complementarità è alquanto paradossale.
Un fisico classico avrebbe asserito che se una particella si comporta, in un esperiemento, alla stregua di un'onda, allora è escluso che possa essere anche un corpuscolo, e viceversa.
Per un teorico dei quanti, al contrario, il dualismo onda-corpuscolo è totalmente lecito; quando eseguiamo un esperimento, magari, vediamo l'aspetto ondulatorio, mentre, con un esperimento differente, potremmo scrutare l'aspetto corpuscolare: le 2 concezioni non si escludono a vicenda!
Si può asserire che, con l'intervento del 1927 di Bohr, la logica della fisica quantistica così come la conosciamo oggi è giunta a compimento.
Fu poi Heisenberg che coniò il termine "der Kopenhagener Geist", lo spirito di Copenaghen, per designare quella che diventerà l'interpretazione più famosa della Meccanica Quantistica.
Un mese dopo l'evento occorso a Como, Bohr prese parte al congresso Solvay di Bruxelles.
Questa fu l'occasione in cui Einstein iniziò a manifestare delle profonde perplessità nei confronti della teoria quantistica, note al grande pubblico specialmente attraverso l'emblematica frase: "Dio non gioca a dadi!".
Proporrei adesso, per concludere la trattazione, di andare a scoprire brevemente gli ultimi anni della vita di Bohr.
Possiamo intanto affermare che all'età di 60 anni era ancora in piena forma, tanto che riusciva a salire le scale 2 gradini alla volta!
Inoltre, raggiunse un ruolo di spicco all'interno della società: lui e Margrethe vengono frequentemente indicati addirittura come la seconda famiglia reale danese.
Il giorno del suo settantesimo compleanno (1955) persino il Re e la Regina si recano a porgergli i loro auguri, e il Primo Ministro tiene un discorso encomiastico sul fisico alla nazione.
Gli ultimi anni, Bohr li passò continuando a scrivere sulla complementarità, tenendo svariati interventi pubblici e viaggiando spesso.
Domenica 18 novembre 1962, Niels Bohr esalò l'ultimo respiro, a causa di un attacco cardiaco nella propria residenza di Carlsberg.
Le ceneri di Bohr vennero sepolte nel sepolcro di famiglia del cimitero Assistens Kirkegaard a Copenaghen.
Vorrei porre fine al suddetto articolo, riportando uno splendido passo dal libro Faust a Copenaghen di Gino Segrè:

"Bohr fu il più amato fisico teorico del XX secolo. Sì, amato. Rispetto e ammirazione erano sentimenti che i giovani fisici avevano per tutte queste grandi figure, ma l'amore è differente. Il termine appare costantemente nelle biografie che parlano di Bohr...Uno dei fattori che contribuirono a sviluppare questo sentimento era la sua assoluta mancanza di presunzione o arroganza. Non vi era traccia in lui di ambizione personale o professionale, per quanto, forse, nessuno di loro ne avesse davvero bisogno. Erano tutti consapevoli della propria statura intellettuale, ma Bohr mostrava più degli altri un'innocenza quasi infantile. Inoltre, Bohr contribuì senza riserve ad aiutare i suoi colleghi nel lavoro e nella vita. Sono innumerevoli gli esempi di persone che devono a lui la propria posizione, la propria carriera e, a volte, perfino la propria sopravvivenza. Aveva una sensibilità particolare nel comprendere le difficoltà altrui, nel sapere come e quando intervenire, e soprattutto come trovare una soluzione...Il bisogno di socialità che caratterizzava Bohr era evidente anche nei momenti di riposo, durante le sciate, le uscite in barca, una semplice passeggiata, nel giocare o andare al cinema. Bohr faceva sentire gli altri desiderati, perché aveva effettivamente bisogno della loro compagnia. Bohr fu certamente un grande uomo e non aveva secondi fini, ma fu il coinvolgimento costante di coloro che gli erano attorno il fattore principale dell'amore che queste persone provavano nei suoi confronti."   



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Fonti principali (rappresentanti delle letture caldamente consigliate):

- Ritratti di scienziati geniali di Abraham Pais;
- Personaggi e scoperte della Fisica di Emilio Segrè;
- Quantum di Manjit Kumar;
- Faust a Copenaghen di Gino Segrè;
- Entanglement di Amir D. Aczel;
- Il bizzarro mondo dei quanti di Silvia Arroyo Camejo;
- La Fisica di Feynman, 3° volume (Meccanica Quantistica).

mercoledì 23 maggio 2012

CARNEVALE DELLA CHIMICA #17 - STORIA, STORIE E PERSONAGGI DELLA CHIMICA

Benvenuti alla 17° edizione del Carnevale della Chimica!











La tematica di questo mese è "Storia, storie e personaggi della Chimica".
Cosa si può dire a proposito di tale argomento? Sicuramente di tutto e di più, dato che la storia della Chimica è ricca di scoperte e singolari vicende.
La Chimica, come sappiamo, è quella disciplina che si occupa, in primo luogo, di studiare le trasformazioni che interessano atomi e molecole; queste ultime sono costituite da atomi di vari elementi chimici, quelli della famosa tavola di Mendeleev.


















Tuttavia, quella che ho fornito è una definizione meramente approssimativa, visto che la Chimica si sviluppa in tanti rami particolari, ognuno dei quali si occupa di svariate interessanti questioni.
Ma quando è nata la Chimica? Come si è sviluppata?
La storia di tale splendida disciplina inizia con la scoperta del fuoco, poiché, sfruttando esso si potevano fondere i metalli per forgiare strumenti ed utensili, e cuocere l'argilla per progettare mattoni e recipienti.
A sottolineare ancor più l'importanza dei metalli per l'uomo preistorico, notiamo che la suddivisione dei periodi iniziali dello sviluppo dell'umanità prende spunto proprio da essi.
Si pensi infatti all'età della pietra, del rame, del bronzo o del ferro.
Il commercio dei metalli diventò, peraltro, un fattore di ricchezza per le zone che disponevano di giacimenti importanti.
Ad esempio, depositi di rame resero ricca l'isola di Cipro verso il 3000 a.C.
Tra l'altro, il nome latino del rame, ovvero cuprum, deriva proprio da una corruzione del nome dell'isola Cypros.
Un altro materiale che richiedeva l'utilizzo del fuoco era il vetro, che, a detta di Plinio il Vecchio, fu scoperto dai mercanti fenici, i quali, accendendo appunto il fuoco, avevano fuso la sabbia.
Tuttavia, già nel 3000 a.C., in Egitto, si fabbricavano oggetti di vetro fondendo la sabbia con della soda (o carbonato di sodio, Na2CO3).
Il vetro ottenuto in cotale maniera si presentava con una tipica colorazione verdastra dovuta agli ossidi di ferro e ad altre impurità presenti.
Come potete constatare, stiamo parlando della nascita della Chimica da un punto di vista pratico-materiale; ma cosa possiamo asserire sugli aspetti teorici?
Alcuni basilari concetti teorici della Chimica risalgono ai tempi degli antichi Greci, in cui i filosofi elaboravano teorie concernenti i costituenti fondamentali della materia.
Nello specifico, ciascun filosofo greco indicava una causa, un principio originario, l'arché (termine introdotto da Anassimandro), da cui derivano tutte le cose.
Ad esempio, per Talete l'arché era rappresentato dall'acqua, mentre per Anassimene dall'aria.
Colui che invece aveva elaborato una teoria che, millenni dopo, avrebbe rappresentato la base della scienza moderna, era un certo Democrito di Abdera.
Egli asseriva che l'Universo fosse costituito da piccolissime particelle indivisibili, dette atomi, dal greco á-tomos, significante "non divisibile", "privo di parti".
Sembra incredibile, ma il concetto di atomo, il quale non fu accettato all'unanimità dalla scienza moderna, se non nel XX secolo, risale addirittura al 400 a.C. circa (se vogliamo essere pignoli, le prime teorizzazioni sull'atomo si devono a Leucippo, maestro di Democrito)!
Ergo, la base su cui poggia l'intera disciplina che noi chiamiamo Chimica è una nozione estremamente antica.
Scopriamo intanto un po' meglio la teoria atomica di Democrito.
Gli atomi di Democrito risultano identici fra loro sotto una prospettiva qualitativa (sono fatti tutti della medesima "materia"), ma differiscono per quanto concerne gli aspetti quantitativi (forma, dimensione e posizione).
La nascita e la morte di ogni cosa dipendono dalla loro aggregazione e disgregazione.
Inoltre, il fatto che i fenomeni in natura siano cosi differenti e mutevoli è conseguenza della posizione e dell'ordine che gli atomi assumono nell'aggregato.
A detta del filosofo greco, gli atomi designano il "pieno assoluto", la materia; essi, peraltro, si muovono, incorrendo in svariati scontri ed urti, nel vuoto!
Altro che "horror vacui" aristotelico, Democrito congettura propria l'esistenza del vuoto!
In realtà, quello che non poteva sapere il filosofo è che l'atomo, così come lo conosciamo oggi, rappresenta un oggetto formato per il 99,9% da vuoto.
Le idee di Democrito, riprese anche dal filosofo Epicuro, furono esaltate in un noto poema letterario, il De rerum natura del poeta Tito Lucrezio Caro (98-55 a.C.).
Lucrezio descriveva i fenomeni naturali da una prospettiva prettamente fisica e biologica, assumendo che ciascuna specie vivente veniva generata non a causa di interventi divini, bensì per mezzo del calore e dell'umidità della Terra.
Lucrezio, inoltre, portava avanti l'idea di un universo che si estende all'infinito, e che consiste solamente di materia (fatta di atomi eterni, indistruttibili e infiniti in numero) e vuoto.
Tale posizione materialistica, supportata da Lucrezio, è stata percepita, dai Padri della Chiesa e dai teologi cristiani dei secoli successivi, alla stregua di una prova di ateismo, associata probabilmente a una forma di follia delirante.
Questa considerazione totalmente negativa sulla figura di Lucrezio venne proiettata anche sulla teoria atomica, la quale, nel mondo medievale cristiano, era ritenuta addirittura blasfema e demoniaca!
Un'importante fase di transizione tra il mondo antico (ove la Chimica era presente, come abbiamo appena constatato, soltanto sotto una primordiale forma filosofica e pratica) e la Chimica moderna, è sicuramente rappresentata dall'alchimia (dall'arabo al-kîmîya).

Secondo gli alchimisti occidentali la culla dell'alchimia fu l'antico Egitto.
Si narra che il fondatore di tale disciplina esoterica sia stato un certo Ermete Trismegisto (ossia "tre volte grande"), discendente di Thot, dio egiziano delle scienze e della matematica, il cui figlio, Agathodemon, avrebbe dato luce a un individuo di nome Ermete.
Secondo la tradizione, quest'ultimo, celebrato per la sua grande saggezza, avrebbe scritto la Tabula smaragdina (Tavola di smeraldo), uno dei più antichi documenti di natura alchemica.
Un'altra importante figura, Bolo di Mendes (Bolo Democrito), vissuto fra III e II secolo a.C., fu tra i primi alchimisti egiziani a descrivere le tecniche degli artigiani egiziani, persiani, babilonesi e siriani in un testo in 4 libri dal titolo Physiká
Al contrario degli altri alchimisti, costui era interessato alle trasformazioni della materia, che riteneva corrispondessero ai mutamenti di colore dei metalli nella preparazione di leghe.
La sua ambizione principale era quella di trovare ricette per fare in modo che un semplice metallo prendesse le sembianze del prezioso oro.
Le suddette congetture designarono la nascita dell'idea di rinvenire la fantomatica pietra filosofale, sogno di tutti gli alchimisti.
L'alchimia raggiunse il mondo occidentale solamente nell'XI secolo, durante il quale si diffusero le prime traduzioni delle opere di autori arabi.
Uno dei primi traduttori fu lo scozzese Roberto di Chester, arcidiacono a Pamplona, il quale, nel 1144 si dedicò alla traduzione del Libro della composizione di alchimia, detto Testamento di Morieno, oltre che a quella dell'Algebra di Al-Khwārizmī.
Attraverso le traduzioni degli amanuensi, diverse parole arabe furono latinizzate e divennero parte integrante del lessico dell'alchimia e poi della Chimica, tra cui:
  • al-qalī (alcali);
  • al-kuhl (alcol);
  • al-iksīr (elisir);
  • natrum (sodio), ecc.
Durante il XIII secolo crebbe di gran lunga l'ostilità delle autorità religiose nei confronti dell'alchimia, ostilità culminata nella denuncia Contra alchymistas redatta dall'inquisitore Nicholas Eymerich nel 1396.
Da precisare, però, che l'alchimia non era ritenuta un'attività illecita e immorale, tranne se dedicata alla falsificazione dei metalli a scopo di lucro.
Infatti, i teologi, in generale, consideravano l'alchimia una scienza falsa ma non magica o diabolica, mentre i giuristi asserivano che essa era del tutto lecita.
Malgrado i giudizi, di certo non positivi, da parte della Chiesa verso questa materia esoterica, il XIV e XV secolo videro una grande espansione dell'alchimia in Europa.
Un evento decisamente importante accadde nel 1460: il monaco Leonardo da Pistoia, di ritorno dalla Macedonia, consegnò alla corte di Cosimo de' Medici un corpus di 15 manoscritti in greco.
Il signore di Firenze chiese a Marsilio Ficino di tradurre il nuovo testo, traduzione in latino che l'umanista completò nel 1463.
Il Corpus, una collezione di scritti dell'antichità attribuiti a Ermete Trismegisto, designò la fonte di ispirazione del pensiero ermetico e neoplatonico rinascimentale, influenzando notevolmente la rinascita della magia naturale, dell'astrologia e dell'alchimia mistica.
Grazie a cotale opera, nel XV e XVI secolo ci fu un progressivo interesse per l'alchimia di tipo mistico ed ermetico, interesse che raggiunse l'apice alla metà del XVII secolo per poi scemare.
Tra gli alchimisti della fine del XIV e quelli del XV secolo, troviamo i ciarlatani, gli imbroglioni, e poi anche coloro che dilapidavano patrimoni interi pur di rinvenire la pietra filosofale o produrre strani elisir.
In mezzo a questi strambi personaggi compare persino il francese Nicolas Flamel (1330-1418), citato pure nella saga di Harry Potter come il creatore della misteriosa pietra. 
Lo sviluppo dell'alchimia mistica comportò un sempre minor interesse per le pratiche di laboratorio, da parte degli adepti, i quali le ritenevano attività di livello inferiore, comparate con i problemi del divino e del magico.
Ne conseguì un maggiore interesse per le pratiche di tipo chimico fra medici e speziali, i quali necessitavano di sostanze chimiche e particolari tecniche analitiche per la diagnosi e la cura delle patologie.
I medici erano, peraltro, più scrupolosi degli alchimisti: infatti, sfruttavano i composti chimici per fini pratici sulla base della tradizione galenica, conservando in ricettari le loro conoscenze.
Durante il Medioevo si ebbe una grande diffusione in Europa di queste raccolte di prescrizioni, riguardanti soprattutto l'uso di rimedi naturali, ma che includevano pure il ricorso a pozioni magiche, talismani, incantensimi, amuleti, preghiere, benedizioni e chi più ne ha più ne metta!
Venivano usate, alla stregua di medicinali, le seguenti sostanze:
  • minerali (solfato di ferro, borato, mercurio e suoi derivati, oro in polvere ecc.);
  • vegetali (rosa, cannella, anice, zucca, noce moscata, oppio, mandragora, ecc.)
La medicina medievale era basata specialmente sulle dottrine di Ippocrate e Galeno dei 4 umori (sangue, flegma, bile gialla, bile nera), corrispondenti a 4 qualità (caldo, secco, freddo, umido).
Essere malato significava avere un'alterazione dell'equilibrio tra questi 4 umori.
Per fortuna, fra XVI e XVII secolo, la disciplina medica migliorò di gran lunga.
I medici capirono che risultava utile ricorrere spesso a tecniche e competenze raccolte nei libri di alchimia.
Ecco dunque la nascita della cosiddetta iatrochimica, fondata dallo svizzero tedesco Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim (1493-1541), meglio noto come Paracelso, una delle figure più eccentriche e singolari del XVI secolo.

La iatrochimica può esser vista come un incrocio tra la medicina tradizionale e l'alchimia-chimica.
Essa attribuiva la dovuta importanza ai processi chimici che avvengono nel nostro organismo e assegnava a sostanze minerali il compito di porre rimedio agli squilibri che le patologie comportavano nel corpo umano.
Si narra che Paracelso riuscì a scoprire delle pillole a base di mercurio per curare la scabbia, la lebbra, la gotta e persino la sifilide!
Paracelso sosteneva che l'alchimia dovesse abbandonare la ricerca della pietra filosofale per occuparsi della preparazione di sostanze curative, allo scopo di aiutare l'intera umanità.
Il periodo alchimistico terminò nel XVII secolo, durante il quale si iniziò a sviluppare una nuova scienza, la Chimica, che cominciò ad essere insegnata in numerose università, in particolare nelle facoltà di medicina.
Uno dei primi importanti professori di Chimica fu il tedesco Johann Becher (1653-1682), personaggio eclettico e inquieto, seguace di Paracelso.
Questi diede vita a una nuova forma di alchimia, da cui nacque poi la teoria del flogisto, termine derivato da Aristotele, nel senso di "principio di infiammabilità".
Colui che rese il flogisto un concetto ancor più importante è stato sicuramente George Ernst Stahl (1660-1734).
Nessuno, fino a quel momento, era riuscito a risolvere alcuni misteri che circondavano il fenomeno della combustione.
Per esempio, l'osservazione che durante il processo di fusione dei metalli all'aria una parte di essi brucia, trasformandosi in scoria simile a calce, e aumentando di peso non trovava spiegazione.
Allo stesso modo, non sussistevano chiarimenti sul fatto che le scorie (calci), scaldate con carbone, ripristinassero il metallo di partenza, perdendo peso.
Ci si chiedeva giustamente: c'è forse qualcosa che durante la fusione abbandona i metalli?
Inoltre, se così fosse, questo qualcosa dovrebbe essere allora un fluido molto particolare, possedente la proprietà di togliere peso ai corpi nei quali è situato e di uscire da questi per entrare in altri corpi.
Appunto Stahl, intorno al 1715, asserì che tale fluido esistesse, denominandolo flogisto.
A detta di Stahl, le sostanze ricche di flogisto erano i metalli, il carbone, lo zolfo, i grassi e tutte le sostanze combustibili, mentre quelle che ne risultavano prive erano le calci.
Stahl illustrava il modello di calcinazione nel seguente modo:

metallo - flogisto = calce

mentre la rigenerazione era data dall'espressione:

calce + flogisto = metallo.   

Sebbene la teoria di Stahl si diffuse ampiamente in Europa, tuttavia, cominciarono a sorgere critiche serie alla teoria del flogisto, critiche che ponevano sempre più in evidenza le incongruenze delle idee del chimico, con particolare riferimento a quella che il flogisto non avesse peso o addirittura fosse dotato di peso negativo.
Da sottolineare che, già nel 1590, Galileo aveva mostrato che tutti i corpi hanno un peso e che quindi non era possibile, come ritenevano gli aristotelici, che il fuoco non avesse peso.
Colui che diede il colpo di grazia alla teoria del flogisto fu Antoine-Laurent Lavoisier (1743-1794), lo scienziato che spesso viene indicato come "Il padre della Chimica moderna".

Oltre a compiere diverse importanti scoperte in campo chimico (ad esempio, dimostrò il ruolo dell'ossigeno nella respirazione di piante ed animali, così come nell'arruginimento dei metalli; provò che, durante una reazione chimica, anche se la materia assume stati diversi, la quantità di materia all'inizio e alla fine della trasformazione è esattamente la stessa, ecc.), sviluppò la cosiddetta teoria del calorico, atta a sostituire il flogisto.
Lavoisier stabilì che nei processi di combustione, ossidazione e respirazione avviene un fenomeno che coinvolge l'ossigeno dell'aria e non una fuoriuscita di materia.
Tuttavia, egli ritenne opportuno supporre l'esistenza di un altro particolare fluido, appunto il calorico, straordinariamente elastico, indistruttibile ed estremamente sottile per poter penetrare nei corpi quando venivano riscaldati e uscirne se raffreddati.
Pertanto, la nuova relazione introdotta da Lavoisier è la seguente:

metallo + ossigeno = calce.

Dobbiamo aggiungere che nel 1789, l'anno della Rivoluzione francese, Lavoisier scrisse una magistrale opera, un vero "classico della scienza", dal titolo Trattato elementare di chimica.
A proposito dell'acqua, la molecola fondamentale della vita, il chimico scrisse nell'opera le seguenti considerazioni:

"L'acqua sino a questi ultimi tempi erasi riguardata come una sostanza semplice, e gli antichi non avevano fatto difficoltà alcuna a qualificarla col nome di elemento. Questa era certamente per loro una sostanza elementare, poiché non erano giunti a decomporla, o almeno perché le decomposizioni dell'acqua che giornalmente si facevano sotto ai loro occhi, erano fuggite alle loro osservazioni; ma non si tarderà a vedere che l'acqua non è più per noi un elemento".

La vita di Lavoisier finì in modo tragico: venne ghigliottinato l'8 maggio 1794, assieme ad altri 28 condannati, accusati di cospirazione contro il popolo francese.
Ritornando a una prospettiva generale, nel XVIII secolo la nozione di atomo restava ancora vaga e manteneva un approccio metafisico che la rendeva accettabile sul piano filosofico, ma inutile su quello pratico di laboratorio.
Ogni pensatore aveva una propria idea delle particelle ultime che avrebbero formato la materia.
Era però chiaro che i corpuscoli costituenti la materia erano differenti per dimensione: più piccoli nei gas, più grandi nei liquidi e ancora più grandi nei solidi.
Una questione fondamentale era quella della valutazione quantitativa della composizione delle sostanze chimiche.
Nonostante la maggior parte dei chimici era convinta che i composti fossero formati da più elementi, non risultava chiaro se le proporzioni di tali elementi nei composti fossero fisse o variabili.
Si sapeva, ad esempio, che se si mischiava un acido con una base si otteneva un sale, ma non era chiaro quanto acido fosse necessario per combinarsi con una data quantità di base, ovvero per neutralizzarla.
Proprio mediante lo studio delle reazioni di neutralizzazione, il termine "stechiometria", inventato dal tedesco Jeremias Benjamin Richter (1762-1807), entrò a far parte del vocabolario chimico per indicare la parte della Chimica atta a descrivere le leggi seconde le quali le sostanze si fondono per generare i composti.
Si può asserire che, tra fine XVIII e XIX secolo, la stechiometria rappresentò il problema principale della ricerca chimica.
Nella stessa direzione di Richter si avviò pochi anni dopo il chimico francese Joseph Louis Proust (1754-1826), noto per aver scoperto la legge delle proporzioni definite, che dunque fissava in modo rigoroso la costanza della composizione ponderale dei composti chimici.
Chiarito questo, risultava inevitabile svelare il mistero sui rapporti quantitativi, in termini di teoria atomica.
Se le sostanze sono fatte di molecole e le molecole di atomi, la legge delle proporzioni definite è proprio una conseguenza di ciò.
Il primo a cercare di descrivere rigorosamente l'atomo fu l'inglese John Dalton (1766-1844), il quale, nel 1803, elaborò una propria teoria atomica basata su 5 punti chiave:

1) gli elementi sono costituiti da minuscole particelle dette atomi;
2) tutti gli atomi di uno stesso elemento sono uguali tra loro;
3) gli atomi di un certo elemento sono differenti da quelli di ogni altro elemento;
4) gli atomi di un elemento si combinano con gli atomi di altri elementi per dar vita a un composto. Un dato composto sarà sempre formato dallo stesso numero relativo di atomi di tipologia differente;
5) gli atomi non possono essere né creati né distrutti in una reazione chimica. Ciò che invece accade in una reazione è la riorganizzazione degli atomi in maniera diversa tra i componenti.

Tali 5 proposizioni, seppur estremanente semplici, rappresentavano una rottura definitiva non soltanto con l'alchimia ma pure con le idee che avevano dominato la Chimica nei 2 secoli precedenti.
La teoria di Dalton introduceva, peraltro, una nuova concezione di massa chimica, fondata sul concetto di peso atomico.
Dalton innescò quindi una vera e propria rivoluzione all'interno della Chimica.
Nel 1828 avvenne un'ulteriore grande rivoluzione!
Fino a quel famigerato anno si riteneva che le sostanze organiche potessero venire prodotte solo e unicamente da organismi viventi (ergo, non per via sintetica), in quanto solamente a questi ultimi era attribuita la forza vitale (vis vitalis), indispensabile alla loro formazione.
Tuttavia, appunto nel 1828, il tedesco Friedrich Wöhler ottenne l'urea, sostanza solitamente prodotta nel metabolismo animale, sfruttando un reagente puramente inorganico: il cianato di ammonio.






La sintesi dell'urea diede inizio a un nuovo ramo della Chimica, totalmente inesplorato: la chimica del carbonio, o chimica organica (oltre che alla cosiddetta stereochimica, che si svilupperà di pari passo con la chimica del carbonio).
Da qui in poi lo sviluppo della Chimica sarà impressionante; pensate, ad esempio, che i farmaci che assumiamo comunemente oggi sono tutti composti del carbonio, assieme ad altri elementi.
Per approfondimenti e curiosità sulla chimica organica, vi consiglio di recarvi al Carnevale della Chimica n.16, ospitatato in modo straordinario dalla prof. Annarita Ruberto, su Scientificando.
Nel frattempo, ci fu un personaggio, Amedeo Avogadro (1776-1856), che corresse i postulati di Dalton (prendendo spunto dalle scoperte del francese Gay-Lussac), asserendo che le molecole degli elementi non fossero particelle singole, bensì composte, alla stregua delle molecole dei composti, e fossero quindi capaci di dividersi in particelle più piccole: gli atomi attuali.
Poi, nel 1858, Stanislao Cannizzaro (1826-1910), nell'opera Sunto di un corso di filosofia chimica, chiarì meglio il concetto di peso atomico, derivandolo direttamente da quello di peso molecolare, ponendo pertanto ancor più solide basi per l'intera teoria atomica.
Un'interessante informazione: nel 1869 gli elementi chimici conosciuti ammontavano a 63.
Il problema era: come classificarli? come fornire un ordine a un mare di elementi?
La soluzione migliore, quella che usiamo ancora oggi, proviene dalla mente di un personaggio, il russo Dmitrij Ivanoviĉ Mendeleev (1834-1907).

Un giorno Mendeleev ebbe un'illuminazione, ovvero creare un collegamento tra il peso degli elementi e il suo gioco di carte preferito, il solitario, dove occorre allineare le carte per seme in ordine crescente di numero!
Sicché, Mendeleev si munì di carta e penna, e cominciò a scrivere il nome e il peso atomico di ogni elemento.
Poi, raggruppando gli elementi presentanti proprietà affini, iniziò ad allinearli in ordine crescente di peso atomico.
Iterando l'operazione diverse volte e modificando le sequenze, riuscì infine a completare la prima tavola periodica degli elementi.
L'idea era veramente sorprendente per il suo tempo.
Ma l'intuizione ancor più geniale fu quella di lasciare delle caselle bianche per elementi non ancora noti, prevedendone così peso atomico e caratteristiche!
Quando lo scienziato russo pubblicò la tavola, non ottenne i dovuti riconoscimenti.
Tuttavia, nel 1875 venne scoperto il gallio e nel 1886 il germanio; da qui in poi, tutti capirono l'importanza del lavoro di Mendeleev.
Peraltro, le proprietà di tali nuovi elementi corrispondevano esattamente alle congetture del chimico russo.
Per il momento abbiamo osservato la Chimica come una disciplina scientifica a sé stante.
Tuttavia, alla fine dell'Ottocento, Chimica e Fisica divennero strette compagne di avventura, dando luogo a una disciplina chiamata chimica fisica.
L'anno ufficiale di nascita della chimica fisica è il 1887, in cui Friedrich Wilhelm Ostwald fondò lo "Zeitschrift für physikalische Chemie".
Tuttavia, i legami tra Chimica e Fisica sono decisamente più antichi: infatti, giusto per fornire un esempio, il famoso testo di Robert Boyle, Il chimico scettico, risalente al 1661, aveva come sottotitolo Chymico-Physical Doubts and Paradoxes.
Tra le svariate discipline appartenenti alla chimica fisica citiamo la termochimica, connessa con la termodinamica, e l'elettrochimica, collegata con l'elettromagnetismo (la pila è un perfetto esempio di tecnologia a cavallo tra Fisica e Chimica).
Un'altra data fondamentale per la storia della Chimica e della scienza è il 1897: il fisico Joseph John Thomson scopre l'elettrone!
Una rivoluzione: l'atomo non è più il componente ultimo della materia, ma risulta composto da particelle ancora più minute.
In seguito, verranno scoperte anche le altre particelle costituenti l'atomo, ovvero protoni e neutroni.



















Tra l'altro, nel 1900, Max Planck sconvolse il mondo scoprendo che la radiazione elettromagnetica è trasmessa in pacchetti discreti, i "quanti", dando pertanto il via alla Meccanica Quantistica!













Le suddette rivoluzioni in Fisica si ripercossero anche sulla Chimica.
L'elettrone si pose come la particella responsabile dei legami chimici e, inoltre, i chimici, per proseguire le loro ricerche, dovettero far uso dei nuovi concetti introdotti dalla teoria quantistica, come quello di orbitale, la regione (nuvola elettronica) in cui sussiste un'altissima probabilità di rinvenire l'elettrone.
Peraltro, l'intera chimica del carbonio si appoggia sulla nozione di orbitale ibrido, e, a sua volta, le caratteristiche di un orbitale dipendono dalla famosissima equazione di Schrödinger:






A sottilineare l'importanza dello sviluppo della Meccanica Quantistica anche per quanto concerne la Chimica, basti notare che esiste persino una disciplina nota come chimica quantistica, che usa la teoria quantistica in problemi di ambito chimico.
Altra importante scoperta che interessò sia la Chimica che la Fisica fu quella della radioattività.
Essa partì dall'osservazione fatta da Antoine-Henri Becquerel, nel 1896, che il solfato di potassio e uranile K2UO2(SO4)2 emetteva spontaneamente una misteriosa radiazione capace di impressionare la lastra fotografica.
Il seguito dovrebbe essere noto: una donna-scienziato intraprendente, Marie Curie, partì dalla scoperta di Becquerel e, assieme al marito Pierre, fece luce sui fenomeni radioattivi, rinvenendo pure 2 nuovi elementi: il polonio e il radio.
Tali ricerche fruttarono a Marie non uno, ma ben 2 premi Nobel: uno per la Fisica nel 1903 e uno per la Chimica nel 1911.
Tuttavia, nel XX secolo, la Chimica non fu a stretto contatto soltanto con la Fisica: anche la collaborazione con la Biologia (la Biochimica) risultò incredibile!
Pensate alle macromolecole biologiche e avrete subito chiaro lo stretto collegamento sussistente fra le 2 discipline: amminoacidi, proteine, glucidi, lipidi, ormoni, vitamine sono sostanze chimiche fondamentali che agiscono nel corpo umano e consentono ad esso di funzionare.

Pure le basi della vita dipendono dalla Chimica: mi basta citare un singolo termine per dimostrare ciò: DNA (acido desossiribonucleico), il cui modello a doppia elica fu presentato da James Watson e Francis Crick nel 1953 sulla rivista Nature.
Direi che possiamo fermarci qui con questa lunga (ma brevissima se confrontata a una storia della Chimica completa ed esaustiva) introduzione alla storia della Chimica, in cui ho certamente tralasciato una miriade di personaggi e avvenimenti importanti (alcuni dei quali verranno colmati dai contributi che vedrete fra pochissimo!).
Tuttavia, ci siamo dimenticati un piccolo avvenimento importante: è vero che la storia della Chimica, dalla prospettiva dell'uomo, nasce con il fuoco, ma gli elementi chimici fondamentali sono stati generati a seguito del Big Bang e quelli più pesanti grazie alle reazioni nucleari all'interno delle stelle e alle supernovae.
Dunque, la Chimica è strettamente legata anche all'astronomia (e a tante altre discipline): noi e il nostro mondo non siamo altro che polvere di stelle!
Ho realizzato appositamente per questo evento un video, "Breve storia della Chimica", che servirà a riassumere i contenuti appena esposti nell'introduzione.
L'accompagnamento musicale è costituito dall'Aria dalle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach, eseguita da András Schiff:



Ora è venuto il momento di passare alla fase saliente del Carnevale, ossia di scoprire quali sono gli interessantissimi contributi che giungono dai vari carnevalisti partecipanti a tale edizione.
Vi anticipo che i contributi sono stati suddivisi in varie sezioni: la prima è quella che raccoglie i post perfettamente a tema, mentre le altre includono contributi "extra moenia", che (come si confà a un vero Carnevale scientifico!) si distaccano un po' dalla tematica principale.
Per accompagnare il tutto, ho deciso, poiché stiamo su Scienza e Musica, di inserire degli splendidi video musicali; essi ripercorreranno alcuni (pochissimi rispetto all'immensità sussistente) brani fondamentali della storia della Musica (classica).
Dunque, i pezzi seguiranno un ordine cronologico, partendo da Händel (visto che Bach già c'è sopra) per arrivare a Shostakovich. 
Il presente Carnevale sarà pertanto un'occasione per i lettori sia per immergersi nella storia della Chimica, sia per ascoltare alcuni dei brani più significativi della storia della Musica.
Bando alle ciance!


STORIA, STORIE E PERSONAGGI DELLA CHIMICA


Margherita Spanedda, curatrice del blog unpodichimica, ci fa giungere un contributo estremamente particolare e simpatico, dal titolo "Trasmutazioni". Esso contiene un fumetto-dialogo, il quale cerca di instaurare un parallelo tra Maria l'ebrea, famosa alchimista dell'antichità, e Marguerite Perey (1909-1975), colei che ha scoperto il francio. Un contributo che definirei pertanto un perfetto connubio tra istruzione e divertimento!


Il filosofo (con alle spalle esperienze di insegnamento di filosofia della materia) e giornalista Paolo Pulcina, membro dell'Associazione Chimicare, ci parla, nel contributo "Tra filosofia, fisica e medicina: Robert Fludd e la visione iatrochimica", di uno dei più importanti iatrochimici della storia, appunto Robert Fludd (1574-1637). Dunque, un interessante post, che ci guida in un mondo intermedio fra la stravagante alchimia e la Chimica moderna, di cui riporto l'incipit:

"Molti lo hanno citato, pochissimi lo hanno conosciuto e studiato. Anche i suoi più acerrimi detrattori lo liquidarono in fretta assieme alle sue dottrine omnicomprensive del mondo, tacciandole scioccamente di presunzione intellettuale e puro esercizio d'erudizione. Robert Fludd nacque a Milgate, nella parrocchia di Bearsted, contea del Kent, nel corso dell'anno 1574."

Vi consiglio vivamente di leggere l'articolo, per scoprire la storia e le scoperte di un personaggio (poco noto al grande pubblico), facente parte di una corrente di pensiero antesignana della moderna Chimica.


Il sottoscritto ha elaborato un contributo, intitolato "Storia, storie e personaggi della Chimica: Robert Boyle", consonante col tema di questa edizione, il quale va ad analizzare la figura dell'inglese Robert Boyle (1627-1691). In particolare, ho focalizzato la mia attenzione sul fornire alcune note biografiche del noto chimico e sul descrivere la più importante delle sue scoperte, ovvero la legge isoterma relativa ai gas perfetti. Inoltre, a fine articolo, c'è la descrizione di un breve episodio (una curiosità) accaduto nel 1677, che lasciò di stucco persino lo stesso Boyle.


Paolo Albert, dal suo blog Chimica Sperimentale, ci fa pervenire 2 magnifici contributi in perfetta consonanza con la tematica del Carnevale:

1) "Il genio della lampada": è una descrizione storica dettagliata (ma allo stesso tempo divertente) della vita di Humphry Davy (1778-1829), grande chimico inglese, a cavallo tra XVIII e XIX secolo. In tale straordinaria narrazione troverete moltissime figure illustri della storia della scienza (Lavoisier, Galvani, Volta, Ampère, Faraday, Priestley, ecc.). Vi riporto giusto un piccolo assaggio del post:

"Nel 1778, la moglie del falegname di questa sconosciuta località (Penzance) mette al mondo il piccolo Humphry, destinato a diventare uno degli scienziati più celebri della sua epoca. Humphry (che faceva Davy di cognome), ragazzo brillante con una mente curiosa come si conviene ad uno che aspiri ad un grande futuro, studia grazie al patrocinio di persone illuminate e impara tutto ciò che a fine '700 si imparava: materie classiche, matematica, elettricità, magnetismo, medicina e soprattutto sperimentazione pratica. (Da qualche parte lo si fa ancora...)."

2) "Pile di una volta": ci descrive una particolare tipologia di pila, ossia la Poggendorf-Grenet, che prende il nome da Eugene Grenet e Johann Christian Poggendorff (1796-1877). Come spiega infatti Paolo all'interno del post:

"Monsieur Eugene Grenet per la verità ha fatto un po' troppo il furbo, perché è dal 1856 che si prende tutto il merito per aver dato il nome a questa pila, che in realtà era stata inventata già quattordici anni prima da Johann Christian Poggendorff; lui l'ha resa solo un po' più pratica, prendendosi pure un brevetto tre anni più tardi."

Non vi resta che leggere i suddetti articoli e scoprire perché Humphry Davy è "Il genio della lampada"!


Silvia Caruso, sempre dell'Associazione Chimicare, scrive un post, intitolato "Ascanio Sobrero: la chimica del passato raccontata in un sito web", incentrato sulla figura di questo importante chimico piemontese, inventore della potente nitroglicerina. In particolare, il contributo descrive la giornata dedicata appunto ad Ascanio Sobrero (1812-1888) "durante la XVIII edizione della Mostra del Libro di Cavallermaggiore (CN)", città dove lo scienziato trascorse buona parte della sua vita. Da segnalare all'interno del post la presenza di:

- un video in cui il preside dello storico istituto tecnico di Casale Monferrato (AL) ripercorre la storia dell'intitolazione dell'istituto stesso alla figura di Sobrero;
- un richiamo al sito web sulla figura del chimico piemontese, realizzato dagli stessi studenti della sopracitata scuola.

Inoltre, l'articolo ricorda che, in questo 2012 (precisamente il 12 ottobre), ricorrerà il 200° anniversario della nascita di Sobrero. Vi esorto a visionare il contributo e andare a scoprire gli interessantissimi contenuti multimediali posti al suo interno.


Marco Capponi, dal suo blog, ci fa pervenire una mole impressionante di contributi a tema:

1) "Eugene Houdry": ripercorre la vita e le ricerche di Houdry, che può esser considerato il padre della moderna benzina. Ecco l'incipit del post:

"Ad Eugene Houdry (1892-1962) si deve l'invenzione e lo sviluppo del processo di cracking catalitico, che trasforma le grosse molecole dei gasoli nelle molecole più piccole che formano la benzina. I primi processi di cracking si basavano sulla scissione per mezzo del calore, che generava molti prodotti insaturi (come l'etilene), carbone e idrogeno, oltre che paraffine a basso peso molecolare."

2) "Il laboratorio di Liebig a Giessen": presenta la descrizione di cosa accadeva nel laboratorio (destinato all'insegnamento pratico della Chimica) istituito da Justus Von Liebig (1803-1873), presso l'Università di Giessen.

3) "Liebig, Sobrero e l'Unità d'Italia": il già citato Ascanio Sobrero era allievo proprio di Liebig. L'articolo si focalizza sul rapporto epistolare fra allievo (Sobrero) e maestro (Liebig), soffermandosi in particolare su 2 corrispondenze, una del 1844 e una del 1871. Scoprirete solo leggendo cosa c'entra l'Unità d'Italia con queste 2 eminenti figure della storia della Chimica!

4) "Da Liebig ad Hofmann": un altro importante allievo di Liebig è stato Auguste Wilhelm Von Hofmann (1818-1892); l'articolo descrive sinteticamente le scoperte fondamentali di quest'ultimo, tra cui la reazione chiamata metilazione esaustiva di Hofmann.

5) "Peter Griess e il suo reattivo": avete presente un acquario? Saprete certamente che bisogna monitorare frequentemente alcuni parametri, tra cui il celeberrimo pH, e "la presenza in soluzione di nitriti, verificata con il reattivo di Griess". Ecco, il presente contributo illustra appunto cos'è il reattivo di Griess e pure chi è Griess.

6) "Alice nel...riarrangiamento di Bamberger!": Se pensate che Alice sia soltanto nel paese delle meraviglie, vi sbagliate di grosso! La ragazza presente nell'articolo non è circondata da conigli, regine di cuori, bruchi giganteschi che fumano, gatti stravaganti e chi più ne ha più ne metta! Questa Alice è, al contrario, immersa nello studio del meraviglioso mondo della Chimica, con particolare riferimento a una singolare reazione: il riarrangiamento di Bamberger. Dimenticavo: se volete scoprire di che si tratta e chi è costui il cui cognome risulta essere Bamberger, non fatevi sfuggire l'articolo d'impronta "carroliana".


Paolo Gifh, curatore del blog Il chimico impertinente, fornisce anch'egli un poderoso contributo a carattere storico. Infatti, Paolo analizza in maniera approfondita la vita e le scoperte (tra cui il sale di Angeli e la reazione di Angeli-Rimini) di un grande chimico italiano, non altri che Angelo Angeli (1864-1931), il quale "ha dimostrato la grande capacità dell'eccellenza scientifica italiana nel mondo". L'articolo è intitolato "Il chimico sfuggente e la sua molecola elusiva"; vi riporto l'incipit:

"C'era una volta un ragazzo friulano che aveva sviluppato un'insolita simpatia per la chimica, probabilmente favorita dalle frequenti visite di un fratello della madre, tal Giovanni Carnelutti, un chimico di prim'ordine collaboratore di Stanislao Cannizzaro e in seguito Presidente della Società Chimica di Milano (ora Società Chimica Italiana), che indubbiamente contribuì ad un certo sviluppo e alla diffusione della sua materia in quei tempi bui. Il ragazzo di cui narravo, al secolo Angelo Angeli, nato il 20 agosto 1864 a Tarcento, un piccolo comune in provincia di Udine, frequenta con profitto l'Istituto Tecnico di Udine quindi, dopo l'inevitabile servizio militare, si iscrive all'Università di Padova, dove ha la fortuna di conoscere il professor Giacomo Ciamician, considerato oggi come il profeta dell'energia solare per i suoi studi sulle azioni chimiche della luce."  

Per il resto, continuate la lettura su Il chimico impertinente: ne vale proprio la pena!


Tania Tanfoglio, curatrice del blog Science for Passion, prepara non un contributo, né 2, né 3, né 4, ma ben 7, i quali generano un'eccezionale serie dal titolo "Cronistoria del DNA"! Riporto la descrizione sintetica, fornita dalla stessa Tania, come panoramica sui contributi:


"Nel 1868 lo svizzero Friedrich Miescher condusse i primi studi sui nuclei delle cellule e scoprì la nucleina. Sessan'tanni più tardi, un altro scienziato, Frederick Griffith studiò i batteri pneumococchi per evidenziarne la capacità di trasferire informazioni genetiche. Bisogna però attendere il 1944 per giungere a nuove cruciali scoperte: Oswald Theodore Avery, Colin MacLeod e Maclyn McCart dimostrarono per la prima volta che il DNA è il depositario dell'informazione genetica. Qualche anno più tardi, nel 1952, questi risultati vennero confermati definitivamente da Alfred Day Hershey e Martha Chase. Si trattava ora di comprendere la struttura tridimensionale dell'acido desossiribonucleico! Alla fine degli anni '40 un gruppo di ricercatori, guidati dal biochimico Erwin Chargaff, analizzò la struttura chimica del DNA, gettando le basi per la comprensione strutturale della molecola. Gli studi di Rosalind Franklin furono determinanti. Le ricerche, condotte con passione e costanza, le permettono nel 1952 di fotografare per la prima volta il DNA. La foto 51 è stata definita come una delle "più belle fotografie a raggi x di qualsiasi sostanza mai scattate". Il 25 aprile del 1953, basandosi sugli studi di Chargaff e della Franklin, James Watson e Francis Crick presenteranno al mondo la struttura molecolare del DNA."


Elenchiamo dunque i post componenti tale straordinaria avventura, mirata, come si evince, all'analisi dei personaggi che hanno portato alla scoperta della sostanza fondamentale della vita, il DNA:

1) "1868, Friedrich Miescher";
2) "1928, Friedrich Griffith";
3) "1944, Oswald Theodore Avery, Colin MacLeod e Maclyn McCart";
4) "1952, Alfred D. Hershey e Martha Chase";
5) "1948, Erwin Chargaff";
6) "1952, Rosalind Elsie Franklin";
7) "1953, James Watson e Francis Crick"


Franco Rosso, fondatore dell'Associazione Culturale Chimicare e pure del Carnevale della Chimica, contribuisce con un post concernente la figura di Primo Levi (1919-1987). L'articolo è molto particolare poiché ripercorre un evento svoltosi nel dicembre 2011, anch'esso in occasione della Mostra del Libro di Cavallermaggiore, nel quale l'Associazione Chimicare, con la collaborazione dell'attore Valerio dell'Anna, in qualità di voce recitante, ha tributato un omaggio al grande scrittore e chimico italiano. L'intervento è stato di tipo multimediale, poiché prevedeva la lettura di testi originali, proiezione di immagini temporizzate e commento. Il tutto è stato focalizzato su 4 racconti (arsenico, azoto, cerio, carbonio) della raccolta (prevalentemente autobiografica) di Primo Levi, chiamata "Il sistema periodico". Vi riporto un breve frammento dell'articolo:

"Il primo spunto di riflessione prende il via con il capitolo Arsenico, che descrive un episodio autobiografico nel quale Levi, all'inizio degli anni '50 chimico alle prime armi in uno spaccato inedito dell'artiginalità del lavoro del chimico che...dai mezzi tecnologici, si trova a dover analizzare - o come aveva richiesto il suo cliente, una persona sicuramente semplice - a "chimicare" un campione di zucchero, che si era poi scoperto essere dolorosamente contaminato di arsenico."

Segnalo inoltre che i video inerenti a tale evento sono disponibili sul canale youtube dell'Associazione Chimicare: http://www.youtube.com/chimicareORG.
Non vi resta che leggere il post e visionare i contenuti multimediali, per abbracciare la fantastica opera, simultaneamente letteraria e chimica, del grande Primo Levi.

STORIA, STORIE E PERSONAGGI DELLA CHIMICA, LEGATI ALLA MUSICA

Ho creato questa sotto-sezione all'interno del Carnevale, perché ci sono ben 4 ulteriori (e straordinari!) contributi di Marco Capponi, i quali non solo trattano la storia della Chimica, ma risultano indissolubilmente legati anche alla Musica classica! Non ci credete? Eccoli allora:

1) "L'AGFA di Paul Mendelssohn Bartholdy": è un breve articolo inerente alla vita e alle scoperte di Paul Mendelssohn Bartholdy, fondatore appunto dell'AGFA, famosa fabbrica di coloranti nei pressi di Berlino. Ebbene, tale personaggio altri non è che il secondo figlio del noto compositore Felix Mendelssohn!




2) "Un russo tra Chimica e Musica": è la biografia del grande Alexander Borodin, celebre compositore (molto noto per le Danze Polovesiane da Il Principe Igor), ma, udite, udite, anche straordinario chimico!

3) "Viaggiando con Borodin...nelle steppe dell'Asia centrale": breve post che illustra una delle scoperte fondamentali di Borodin in campo chimico: la reazione denominata decarbossilazione di Borodin-Hunsdiecker.

4) "Un'altra vittima di Kekulé...": articolo concernente l'accesa disputa tra 2 eminenti chimici: da una parte Friedrich August Kekulé (famoso per aver scoperto la struttura del benzene), e dall'altra proprio Borodin. Vi riporto un piccolo assaggio:

"Il suo lavoro scientifico più importante consistette nel determinare un metodo per la condensazione delle aldeidi, e in particolare delle aldeidi alifatiche a cinque, sei, sette atomi di carbonio. Questa attività lo portò ben presto in conflitto con Kekulé, a causa dell'intromissione in quello che il chimico tedesco riteneva (a torto) un suo esclusivo campo di ricerca."


 

A dir la verità, i contributi di questa categoria non sono finiti. Paolo Pascucci, l'eclettico curatore del blog Questione della Decisione, ci propone una tavola periodica, ma non di quelle tradizionali, bensì cantata! Personalmente, l'ho rivista più volte, in quanto divertentissima!! Non perdetevela! Una vera ciliegina sulla torta per tale sezione!


È giunto il momento dei primi brani musicali che determineranno una breve storia della Musica:

- Sarabanda dalla Suite per clavicenbalo in Re minore n.11 (1733) di Georg Friedrich Händel



- Concerto per pianoforte e orchestra n.21 in Do maggiore, KV 467 - andante ("Elvira Madigan") (1785) di Wolfgang Amadeus Mozart



- Sonata per pianoforte n.8 Op.13 ("Patetica") - adagio cantabile (1799) di Ludwig van Beethoven



- "Largo al Factotum" da "Il Barbiere di Siviglia" (1816) di Gioachino Rossini



REAZIONI CHIMICHE

La "Regina dei Carnevali", colei che ha ospitato la scorsa edizione del Carnevale della Chimica, stiamo parlando ovviamente della prof. Annarita Ruberto, dal blog Scientificando, ci fa immergere nel mondo delle reazioni chimiche, col post "Alla scoperta delle reazioni chimiche". Infatti, la straordinaria Annarita ci propone, all'interno del suo contributo, ben 3 entusiasmanti esperimenti chimici:

1) il magnifico saggio alla fiamma, con tanto di video annesso!
2) il mescolamento di diverse sostanze
3) l'ossidazione del ferro.

Correte a leggere l'articolo!


Prosegue la nostra storia della Musica:

- Ave Maria D839, Op.52 n.6 (1825) di Franz Schubert



- Andante spianato e Grande Polonaise brillante Op.22 in Mi bemolle maggiore (1836) di Fryderyk Chopin



- Rapsodia Ungherese n.2 in Do diesis minore (1851) di Franz Liszt



- Sul bel danubio blu, op.314 (1866), di Johann Strauss Jr.



LEGAMI CHIMICI

Ho già detto, nell'introduzione, che l'elettrone è la particella responsabile dei legami chimici. Ma come si possono spiegare la cosiddetta configurazione elettronica (il modo in cui sono distribuiti gli elettroni negli atomi) e i legami chimici, senza far riferimento a concetti abbastanza complicati come orbitali e numeri quantici? Un'ottima idea è quella di sfruttare un modello approssimativo, quello dei "gusci", come illustra sempre Annarita nel suo ulteriore magnifico contributo, dal titolo: "Modelli e legami chimici: Il legame ionico". Da segnalare che l'articolo è corredato da una splendida animazione, illustrante il legame ionico sussistente nel cloruro di sodio, realizzata da Annarita con GeoGebra. Non perdetevi questo piccolo gioiellino della divulgazione chimica!


Andiamo avanti con i nostri brani musicali:

- Danza Ungherese n.5, orchestrata da Parlow (1869) di Johannes Brahms



- Marcia Tronfiale da "Aida" (1871) di Giuseppe Verdi



- Danza Macabra op.40 (1874) di Camille Saint-Saëns



- Ouverture da "Carmen" (1875) di Georges Bizet



LA CHIMICA DEL CORPO UMANO

Uno dei protagonisti indiscussi dei Carnevali scientifici, Gianluigi Filippelli, curatore del blog Dropsea, partecipa con un contributo dal titolo "Uno studio lacrimale". Ergo, Gianluigi descrive, analizzando anche gli aspetti chimici, le 3 tipologie di lacrime secrete dai nostri occhi, ossia:

1) lacrime basali;
2) lacrime riflesse;
3) lacrime emozionali, le quali [riporto un breve passo dall'articolo] contengono "percentuali molto alte di manganese e di alcuni ormoni tra i quali la prolattina".

Non posso esimermi dal segnalare che, all'interno del post, è presente anche un ottimo video musicale, relativo a uno splendido brano di Vivaldi! Un motivo in più per non farsi sfuggire l'ottimo articolo di Gianluigi!


Il giovane Gabriele Giordano, dal blog Era Futura, ci presenta un contributo, denominato "Neurochemical pleasures", unico nel suo genere, all'interno di questo Carnevale: trattasi infatti di un'intervista a uno studente di 17 anni, Federico P. Il tema portante dell'intervista? la neurochimica! Vi riporto un frammento del post:

"Perché ti piace la neurochimica?
Mi piace per due motivi:
  • spiega i sentimenti dal lato puramente scientifico. Spiega l'amore, la paura, la tristezza, la felicità, lo stupore e tutta un'altra serie di avvenimenti che in molti hanno provato a spiegare con troppe parole attraverso la filosofia, invece basterebbe la scienza;
  • fa capire quanto le decisioni prese dall'uomo non siano affidabili, attraverso il nostro sistema decisionale."
LA CHIMICA DELLA SALUTE

Apro una sotto-sezione, dedicata agli articoli inerenti alle sostanze che influiscono (positivamente o negativamente) sulla salute umana.
Paolo Pascucci, assiduo contributore dei Carnevali scientifici, ci manda infatti altri 3 post, concernenti appunto alcune sostanze utili e alcune nocive per la salute umana. 

1) "Ritornano le mozzarelle blu": articolo incentrato sulle famigerate mozzarelle colorate! Vi starete forse chiedendo, qual è il nesso con la Chimica? Ovvio: il colorante piocianina (prodotto dal batterio Pseudomonas aeruginosa), che fornisce quel caratteristico colore azzurro-blu;
2) "Antibiotici? Usali solo quando necessario": Paolo condivide una "campagna di comunicazione dell'Aifa, l'agenzia per il farmaco", fornendo anche un breve accenno sulla storia della terapia antibiotica;
3) "Aspartame, un dolcificante sicuro?": Un servizio della trasmissione di Rai 3, Report, ha suscitato un po' di perplessità nei confronti di un famoso addittivo alimentare, trattasi dell'aspartame. La domanda a cui si cerca di rispondere è: questa sostanza è sicura oppure è tossica? Il prodotto è ritenuto sicuro, pur se con limiti di assunzione, dalle maggiori agenzie per il farmaco internazionali (dalla FDA all'EFSA). Tuttavia, un recente lavoro italiano sui topi ne mette in luce una caratteristica cancerogena. Qual è dunque lo stato dell'arte? Paolo fornisce, nel suddetto contributo, qualche considerazione in merito alla spinosa questione.


Ancora avanti col viaggio nella musica classica:

- Tema principale da "Il Lago dei Cigni" (1875-76) di Pëtr Il'ič Čajkovskij



- Meditazione di Thais (1894) di Jules Massenet



- Pomp and Circumstance n.1 op.39 (1901) di Edward William Elgar



- Preludio Op.23 n.5 (1901-03) di Sergej Vasil'evič Rachmaninov



LA CHIMICA IN MINIERA

Walter Caputo, dal blog Gravità Zero, ci fa pervenire un singolare contributo illustrante il "mondo" delle miniere. Nel suddetto articolo, vengono descritte sostanze, quali il talco, che occupa, fra le altre cose, la prima posizione nella Scala di Mohs (ovvero quella che misura la durezza dei minerali) e l'acetilene, sfruttato dai minatori per fabbricare lampade, "prima dell'avvento delle torce a batteria". Ma giacché l'ambiente è quello della miniera, Walter non dimentica di parlare anche della dinamite, l'esplosivo progettato da Alfred Nobel (sì, lo stesso dei Premi Nobel!) nel 1867, la quale veniva usata "per procedere nelle gallerie". Dunque, non perdetevi per nessun motivo al mondo questa fantastica avventura-articolo nelle miniere, dal titolo "Talco, acetilene e dinamite", accompagnata dalle sostanze chimiche appena citate!


Ed ecco l'ultima tornata di video musicali:

- Clair de Lune (1905) di Claude Debussy



- "O mio babbino caro" da "Gianni Schicchi" (1918) di Giacomo Puccini



- "O Fortuna" dai "Carmina Burana" (1935-36) di Carl Orff



- Romance from The Gadfly (1955) di Dmitri Dmitriyevich Shostakovich



Siamo giunti alle fasi finali del Carnevale!
Per me è stata un'esperienza stupenda organizzare la presente edizione di questa magnifica iniziativa!  Spero di essere stato all'altezza del compito!
Ringrazio tutti i Carnevalisti che hanno partecipato e arricchito il Carnevale con i loro straordinari e così variegati contributi!
Un ringraziamento speciale va a Franco Rosso, per il suo grandissimo sostegno e i preziosi consigli che mi ha fornito durante tutta la preparazione dell'evento, al fine di ottimizzare la sua riuscita, e ad Annarita Ruberto, la quale mi ha segnalato come candidato per ospitare la suddetta edizione.
Un ultimo doveroso ringraziamento va ovviamente a coloro che si fermeranno a leggere il tutto, e che magari scopriranno qualcosa di nuovo ed interessante sulla storia della Chimica e sulla Chimica in generale.
Vi riporto, per riassumere il quadro, un elenco sinottico dei partecipanti:

Margherita Spanedda
Paolo Pulcina
Paolo Albert
Marco Capponi
Silvia Caruso
Paolo Gifh
Tania Tanfoglio
Franco Rosso
Paolo Pascucci
Annarita Ruberto
Gianluigi Filippelli
Gabriele Giordano
Walter Caputo
Leonardo Petrillo

Esibisco con gioia anche gli straordinari numeri relativi a questo Carnevale: 14 partecipanti e ben 34 contributi!
Signore e Signori, questo è tutto; è giunto il momento di calare il sipario!
Arrivederci alla prossima! :)