mercoledì 2 febbraio 2022

1 LITRE OF TEARS: UNA SERIE CHE SCAVA NEL PROFONDO DI UNA MALATTIA TREMENDA

Continuiamo con la serie di post dedicati alle recensioni/analisi di grandi serie tv o anime.
Oggi parliamo di 1 Litre of Tears (il titolo originale è 1 Litre no namida), una serie giapponese (nello specifico un dorama) di 11 puntate andata in onda nel 2005 su Fuji TV e che potete trovare anche su YouTube con sottotitoli in inglese (riporto il video del primo episodio di seguito).
 

In verità sono stati realizzati anche altri adattamenti della medesima storia, ma qui ci riferiremo alla serie capolavoro appena menzionata.
Partiamo subito con una premessa. Se vi aspettate di guardare un'opera di intrattenimento leggero e da binge watching, 1 Litre of Tears è ciò che vi è di più distante dalle tipiche produzioni cinematografiche e televisive che vanno di moda.
Questo discorso lo avevamo già fatto nella recensione su Navillera (cliccate qui per leggerla).
In 1 Litre of Tears il discorso è portato agli estremi; l'intera opera non è mai caratterizzata da momenti banali, ogni singolo secondo della serie ha una sua importanza e un significato profondo. Alcune scene sono proprio toste da digerire e non perché siano banalmente spaventose come quelle di un film horror, ma perché riportano momenti di cruda e dura realtà, che purtroppo non è sempre costituita dal cliché dell'happy ending.
Anche il titolo non è un'esagerazione; le lacrime scorrono a fiumi sia all'interno della serie, ma sono con elevata probabilità tantissime anche le lacrime che la vicenda, la recitazione perfetta e le magnifiche musiche di accompagnamento vanno a suscitare nello spettatore sin dalla primissima puntata.
Attenzione però a non manifestare subito il pregiudizio che siccome sia una serie indubbiamente molto triste non valga la pena di essere guardata.
Il probabile pianto che suscita una vicenda del genere non è solo di tristezza di fronte a una storia così intensa da colpire nel profondo di chiunque possieda almeno un briciolo di sensibilità, ma è spesso un pianto di forte commozione di fronte all'incredibile forza di volontà e spirito dimostrati dalla protagonista.
Evidenziamo sin da ora che pur essendo un adattamento romanzato (diciamo una versione più "allegra" della ancora più cruda realtà dei fatti), la serie è basata su una storia vera narrata nell'omonimo diario di memorie di Aya Kitō (1962-1988) 1 Litre no namida, pubblicato nel 1986 e che è arrivato a vendere ben 18 milioni di copie in Giappone.
A seguito di questa doverosa premessa, andiamo finalmente a capire di cosa tratta nello specifico l'opera.
Trattasi della storia di una ragazza di 15 anni, Aya Ikeuchi (interpretata da Erika Sawajiri), cioè la versione romanzata di Aya Kitō, la quale improvvisamente viene colpita da una malattia terribile.
I primi segni della malattia iniziano a manifestarsi con strane perdite di equilibrio e relative cadute, che vengono in un primo momento ignorate dalla ragazza e scambiate per sintomi di forte stress.
Aya è una ragazza allegra, solare e molto portata per lo sport, in particolare per il basket.
Nessuno poteva immaginare che di lì a poco la sua vita sarebbe cambiata radicalmente, non permettendole di condurre la "normale" vita di una studentessa di scuola superiore.
La famiglia di Aya è composta, oltre che dalla stessa Aya, dal padre Mizuo, il quale gestisce un'attività di vendita di tofu, dalla madre Shioka, dal fratello più piccolo Hiroki e da 2 sorelle, Ako e Rika.




















Un giorno, dopo una brutta caduta che fa finire Aya in ospedale, la visita di un medico specializzato in neurologia, Hiroshi Mizuno, porta alla tragica scoperta: Aya è affetta da atassia spinocerebellare (abbreviata SCA).

Immagine tratta da Wikipedia




















È una malattia neurologica di origine genetica che si può manifestare in svariate tipologie differenti, ma purtroppo molte di queste sono a dir poco nefaste per l'individuo che le sviluppa.
È in particolare una malattia degenerativa, il che significa che progredisce nel tempo, portando alla manifestazione di sintomi sempre più gravi, sino a condurre alla morte.
La serie tv è esplicita sin dalla prima puntata sull'infernale percorso che Aya si troverà man mano ad affrontare per via della suddetta malattia.
Inizialmente, come detto, la patologia si manifesta con perdite improvvise nell'equilibrio, tuttavia man mano comporta una vera difficoltà nel camminare (costringendo alla fine all'utilizzo di una sedia a rotelle) e addirittura nel parlare.
Nelle fasi finali della malattia l'individuo si ritrova praticamente allettato, incapace di comunicare verbalmente e con alta possibilità di strozzarsi e soffocare persino mangiando!
Ma l'aspetto più triste di tutto questo è che non esiste alcuna cura per tale malattia, non esisteva ai tempi della produzione della serie e non esiste tuttora oggi.
Insomma la SCA si abbatte come un tornado nella vita di una 15enne fino a quel momento spensierata e che si avviava a conseguire le prime esperienze sentimentali e a cominciare a pensare a cosa avrebbe fatto una volta terminati gli studi scolastici.
Inizialmente solo la madre apprende che la figlia è malata, cercando disperatamente di consultare tutti i medici possibili alla ricerca di una cura per la figlia.
La risposta di qualunque esperto è sempre la stessa: la patologia è incurabile e c'è solo la minima speranza che in futuro la medicina riesca a fare progressi significativi.
Il consiglio che viene subito dato alla madre è di riferire ad Aya della sua condizione, in maniera tale che possa ottimizzare il tempo a lei rimanente prima che i sintomi diventino gravi ed implacabili.
La madre ed il padre decidono tuttavia di mantenere per un po' il segreto, ma questo diventa ben presto un "segreto di Pulcinella" poiché Aya non è una ragazza stupida e capisce dopo poco che c'è qualcosa che non va nel suo corpo.
Nel frattempo la giovane studentessa fa la sua conoscenza con un ragazzo singolare, apparentemente freddo e distaccato di nome Haruto Aso.
Questi aveva perso da poco tempo il fratello maggiore, il quale avrebbe potuto continuare la tradizione di famiglia di studiare medicina e poter aiutare le altre persone.
Nonostante il suo carattere glaciale, Haruto si trova ad aiutare in diverse situazioni iniziali Aya e sviluppa man mano un certo interesse per la stessa.
Haruto sarà una figura fondamentale nel tormentato percorso di vita di Aya, anche se è opportuno specificare che questo ragazzo è frutto di un puro artifizio letterario, giacché nella storia di vita reale, quella di Aya Kitō (le cui foto e citazioni vengono riportate nei titoli di coda di ogni puntata), non è presente alcun ragazzo ed Aya appare molto più sola di quanto non lo è nella serie tv.
Insomma il mondo reale è talvolta più duro e crudele delle storie di fantasia.


In ogni caso la serie fa riflettere perché lo spettatore può ad ogni passo tentare di immedesimarsi nella ragazza e nella sua famiglia e cercare di comprendere cosa si possa provare in una situazione del genere, quali scelte appaiono più sensate e si giunge alla fine a sviluppare una totale ammirazione per la forza mostrata da Aya, una forza commemorata anche nell'ultima toccante puntata con una scena che ricorda un'altrettanta commovente scena del film Schindler's List
L'analogia con il film capolavoro di Steven Spielberg datato 1993 non si limita secondo me a questo.
Schindler's List è la storia della durissima persecuzione subita dagli ebrei per via delle atrocità nei loro confronti pensate dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale, ma è, allo stesso tempo, la storia di un uomo, Oskar Schindler (interpretato magistralmente da Liam Neeson) che, inizialmente interessato solo ai soldi e alla bella vita, arriva infine a rendersi conto, osservando gli orrori presenti nei campi di concentramento, dell'importanza della vita umana e a compiere un gesto che nessuno si aspetterebbe da qualcuno legato al filone nazista.
A proposito di Schindler's List, riporto di seguito la splendida esecuzione al sassofono da parte di Dave Koz del Main Theme.