giovedì 8 febbraio 2024

LA CATENA DI SPIN DI HEISENBERG E I SISTEMI INTEGRABILI: UNA “SEMPLICE” PANORAMICA

In questo post scopriremo l'importante catena di spin di Heisenberg e capiremo in generale cosa sia un sistema fisico integrabile.
Si tratta di argomenti matematicamente e fisicamente piuttosto avanzati, ma qui ci focalizzeremo solo sugli aspetti puramente essenziali e "semplici" e scopriremo gli interessanti dettagli storici attorno a tali concetti. I lettori interessati potranno approfondire gli aspetti maggiormente tecnici guardando i riferimenti segnalati in fondo al post.
Partiamo col dire che la catena di spin di Heisenberg è un modello quantistico costituito da una catena che consiste di un numero $L$ di siti. 
Ciascun sito, che denotiamo con $l$, contiene uno spin $s = 1/2$.
Uno stato di spin può essere rappresentato da $| \downarrow \rangle$ oppure da $| \uparrow \rangle$ o da una qualsivoglia combinazione lineare di questi due.

Catena di spin chiusa unidimensionale. Fonte: bit.ly/4b4uTMx
 














Nello specifico, infatti, la rappresentazione matematica di uno spin $s$ è data dalla semplice relazione:






La catena di spin di Heisenberg è l'esempio fondamentale delle cosiddette catene di spin integrabili.
Per capirci qualcosa dobbiamo prima comprendere cosa sia un sistema fisico integrabile.
Una definizione molto generale di sistema fisico integrabile è quella di un modello fisico che è risolubile in modo esatto, ovvero senza far ricorso a metodi di approssimazione.
Già Newton fu in grado per esempio di risolvere il cosiddetto problema di Keplero in modo esatto, ma per una prima formalizzazione di questo nuovo rilevante ambito di ricerca scientifico si dovette aspettare il XIX secolo con Joseph Liouville.
Il matematico francese fece infatti uso delle cosiddette "quadrature". In sostanza egli si rese conto che sistemi hamiltoniani (dunque siamo nell'ambito della meccanica classica) potessero essere risolti mediante l'uso di un numero finito di operazioni algebriche ed integrazioni.
Il culmine del suddetto studio è fornito dal cosiddetto teorema di Liouville-Arnold, per la cui spiegazione vi rimando direttamente a Wikipedia
A noi però interessa entrare nell'ambito quantistico, cioè comprendere in particolare se e quando una teoria quantistica dei campi (abbreviata QFT) possa essere integrabile.
Innanzitutto diciamo che esistono sì teorie quantistiche di campo integrabili, ma esse costituiscono un insieme assai limitato.
Infatti 2 sono le fondamentali peculiarità che una QFT deve avere affinché possa essere integrabile:

1) deve possedere un numero infinito di cariche conservate (qui ci limitiamo a dire che è qualcosa intimamente legato al famoso teorema di Noether);
2) deve essere definita in 1+1 dimensioni, cioè 1 temporale ed una spaziale.

Soffermiamoci un attimo su quest'ultimo punto giacché è assai rilevante e stuzzicante.
Una domanda lecita a questo punto infatti sarebbe: perché dobbiamo considerare proprio 2 dimensioni e non 3, 4 o un qualsivoglia numero?
La risposta risiede nel concetto di matrice S.
S sta per scattering (ne parlammo un po' qui). Cerchiamo qui però di indirizzare un po' meglio, a parole povere, il concetto nell'ambito della QFT.
Lo scattering è il processo di interazione tra varie particelle (ma anche antiparticelle).
Generalmente si definisce uno stato iniziale, ossia quello in cui troviamo le particelle prima che avvenga un'interazione fra loro, ed uno stato finale ove troviamo le particelle risultanti dall'interazione. Si veda a tal proposito la seguente figura.

Illustrazione di uno scattering 2 → 2. Il tempo scorre dal basso verso l'alto. Figura tratta da https://arxiv.org/abs/1607.06110.

















Nella figura abbiamo appunto un esempio di scattering di 2 particelle che produce 2 particelle (nel semplice caso raffigurato trattasi di particelle tutte con la stessa massa). Nello specifico si vedono due particelle che costituiscono lo stato iniziale e contraddistinte dai momenti lineari $k_1$ e $k_2$, dopodiché avviene l'interazione, esplicitamente denotata dal cerchio, e infine lo stato finale formato da particelle aventi rispettivamente momenti $k_3$ e $k_4$.
L'oggetto matematico alla base della descrizione dell' interazione tra le particelle è proprio la matrice S, che è un operatore che va dunque a stabilire una mappa tra stato iniziale e stato finale.
In simboli, tale relazione si può esprimere nel seguente modo:






L'aspetto cruciale che caratterizza la matrice S in 1+1 dimensioni è la sua proprietà di "fattorizzabilità" non banale, ovvero il fatto che uno scattering di $n$ particelle che danno luogo ad $n$ particelle possa essere ricondotto ad un prodotto di "semplici" scattering $2 \rightarrow 2$.
Nel 1967 Sidney Coleman e Jeffrey Mandula pervennero ad un importantissimo risultato: il cosiddetto teorema di Coleman-Mandula, cioè un rilevante esempio di "teorema no-go" in fisica.
In tale contesto il suddetto teorema ci dice essenzialmente che se ci spingiamo in 3 o più dimensioni complessive, l'unico modo di avere una QFT integrabile, cioè di avere una matrice S fattorizzabile, è considerare teorie senza la presenza di interazioni fra particelle e con una matrice S banale, ossia equivalente alla matrice identità.
Pertanto, ciò che rende speciale il caso delle 1+1 dimensioni è proprio il fatto di poter considerare teorie che includano interazioni e che abbiano una matrice S avente forma non banale, generando così un intero campo di ricerca per gli studiosi.
Bene, facciamo ora ritorno alla catena di spin di Heisenberg.
L'hamiltoniana relativa a tale importante modello si può scrivere come segue:







Qui $g$ è una costante, mentre $\vec{S}_l$ è un operatore di spin, che si può esprimere attraverso la relazione $\vec{S}_l = \frac{1}{2} \vec{\sigma}_l$.
$\vec{\sigma}_l$ sta a denotare le famose matrici di Pauli, ovvero:





Molto interessante è il fatto che la catena di spin di Heisenberg venga spesso chiamata anche catena di spin XXX.
Che diavolo significa?
Si riferisce semplicemente al fatto che essa sia un modello totalmente isotropico (cioè con una relazione molto semplice tra le varie $\sigma$ nell'hamiltoniana); ovviamente esistono anche i modelli più complessi, ossia XXZ e XYZ (cioè il caso totalmente anisotropico, dunque più complicato).
A questo punto siamo pronti per raccontare brevemente la storia inerente a tali catene di spin.
Si parte con il 1928, anno in cui il celebre Werner Heisenberg (quello del famosissimo principio di indeterminazione, ma anche di svariati altri contributi estremamente rilevanti come la lagrangiana di Heisenberg-Euler) introdusse un modello puramente quantistico per descrivere il magnetismo, appunto ciò che oggi spesso chiamiamo catena di spin di Heinseberg.
Poi nel 1931 Hans Bethe propose un metodo analitico per costruire gli autostati (cioè sostanzialmente gli autovettori) per la catena XXX.
Tale metodo è denominato "coordinate Bethe ansatz" e la sua applicabilità si è successivamente spinta ben oltre la catena di spin di Heisenberg.
Si dovette aspettare il 1966 per avere una generalizzazione del metodo di Bethe valido per la catena XXZ, generalizzazione sviluppata da C. N. Yang e C. P. Yang in una serie di splendidi articoli.
Infine (in realtà questa "fine" fu l'inizio di ulteriori ricerche in tal campo), nel 1972, Rodney Baxter riuscì a risolvere il più complicato modello XYZ andando a studiare un modello bidimensionale classico detto "eight-vertex model", il quale è proprio equivalente ad una catena di spin XYZ unidimensionale.
Torniamo all'hamiltoniana della catena di spin XXX. Con qualche passaggio matematico è relativamente semplice dimostrare che essa possa essere scritta anche nel seguente modo:

$H = 2g^2 \sum _l ($𝟙$- P_{l,l+1})$,

ove $P_{l,l+1}$ denota la permutazione tra spin ai siti $l$ ed $l+1$.
Inoltre, se immaginiamo di avere uno stato del tipo $|\phi \rangle = | \uparrow \uparrow ... \uparrow \rangle$, cioè uno stato avente solamente spin up, ed applichiamo l'hamiltoniana su di esso, otteniamo 0.
In simboli: $H |\phi \rangle = 0$.
Pertanto lo stato $|\phi \rangle$ viene chiamato "vuoto ferromagnetico".
Per quanto concerne gli spin ↓, essi possono esser considerati come "particelle" o "eccitazioni" che si propagano nel vuoto ferromagnetico.
Inoltre, come gli stati evolvono, il numero di spin ↓ non subisce alcuna variazione.
L'ultimo aspetto interessante che vorrei segnalare è il ruolo dei cosiddetti "magnoni".
No, non pensate male, non si tratta certo di adoratori dell'arte gastronomica! 












I magnoni nel nostro contesto sono "onde di spin", cioè praticamente onde piane che rappresentano gli autostati del momento lineare $p$ della catena di spin.
In simboli infatti i magnoni si denotano come segue:


 




Va specificato che qui $|l \rangle$ è uno stato che presenta tutti spin ↑ eccetto uno ↓ nella posizione $l$, ovvero trattasi di uno stato che presenta una sola impurità.
Possiamo dunque immaginare i magnoni come eccitazioni dello stato di vuoto ferromagnetico.
Ovviamente gli aspetti interessanti vengono fuori quando viene applicato l'operatore hamiltoniano ad un magnone.
Non vi tedio con i calcoli, giungiamo direttamente al risultato:







Il messaggio da portare a casa è che, nel caso di un singolo magnone, esso è effettivamente un autostato dell'hamiltoniana $H$.
Le cose cambiano nettamente già considerando la superposizione di 2 magnoni
Infatti si può dimostrare che essa non è, in generale, un autostato dell'hamiltoniana.
O meglio, lo può sostanzialmente diventare se si considera il sopracitato metodo di Bethe e uno specifico fattore di scattering.
Anche in tal caso un'ultima osservazione davvero importante sta nel fatto che se andiamo a considerare stati magnonici con un numero $N$ di impurità, il suddetto fattore di scattering è fattorizzabile in un prodotto di fattori di scattering relativi a 2-impurità (ergo molto più semplici) proprio perché la catena di spin di Heinseberg è un modello integrabile!
Concludiamo segnalando un'interessante lezione sulle catene di spin del Prof. Pedro Vieira pubblicata su YouTube.
 
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Fonti essenziali:

- Lectures on Classical Integrability di Alessandro Torrielli: https://arxiv.org/abs/1606.02946
- Introduction to Integrability di N. Beisert: https://people.phys.ethz.ch/~nbeisert/lectures/Int-16HS-Notes.pdf

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