sabato 6 giugno 2020

L'EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER: UNA "SEMPLICE" INTRODUZIONE

Tante volte nel corso degli anni in questo blog abbiamo citato la famosa equazione di Schrödinger alla base della meccanica quantistica, tuttavia non siamo mai entrati nel dettaglio. In particolare, non abbiamo mai visto da dove esce fuori.
In questo post cerchiamo finalmente di capire come si arriva a definire tale equazione.
In realtà per il momento ci accontenteremo di ricavarla nel caso più semplice possibile, dato che ci sono innumerevoli modi in cui poter scrivere e ricavare la celebre formula.
Come premessa alla narrazione che seguirà, consiglio il lettore di rileggere l'introduzione storica alla meccanica quantistica (e non solo) del Carnevale della Fisica n.42 (cliccate qui) e il post relativo alla figura di de Broglie e il dualismo onda-corpuscolo (cliccate qui) che compare in meccanica quantistica.
La meccanica quantistica parte dall'idea essenziale che tutto quanto (materia e radiazione) possa essere espresso in termini di onde.
In particolare, la meccanica quantistica (o meglio una sua formulazione nota come meccanica ondulatoria) ruota attorno al concetto di funzione d'onda
che si suppone di variabile complessa e dipendente da una posizione r e da un tempo t.
Una funzione d'onda è ciò che va a descrivere il sistema in esame, qualunque esso sia (naturalmente ricordiamo che la meccanica quantistica rende davvero rilevanti i suoi effetti solo nell'ambito del mondo microscopico).
Ma cosa significa veramente la funzione d'onda?
L'interpretazione più comune è quella fornita da Max Born (1882-1970) nel 1926.
Costui la definì come l'oggetto per il quale
rappresenta la probabilità di trovare la particella in questione nella posizione r (tridimensionale) al tempo t, a seguito di una misura di posizione.
Infatti, se scomponiamo l'espressione appena scritta, la parte
denota una densità di probabilità, la quale moltiplicata appunto per un volumetto dr restituisce una probabilità.
Qual è la situazione più semplice per ricavare l'equazione di Schrödinger?
Beh è il caso di una particella libera, ovvero in assenza di qualsivoglia forma di potenziale.
Per pervenire al nostro obiettivo, dobbiamo innanzitutto fornire un'espressione del momento lineare p (ossia la quantità di moto) della particella:

ove ℏ è la costante di Planck ridotta e

è il vettore d'onda mentre λ designa la lunghezza d'onda.
Abbiamo per semplicità considerato solo i moduli di queste quantità (che dovrebbero essere scritte in forma vettoriale).
Un altro aspetto che ci interessa è esprimere l'energia E.
Ricordiamo la nota legge
in cui h è la costante di Planck (in versione non ridotta) e ν è la frequenza; possiamo tuttavia esprimere l'espressione in forma più comoda per i nostri fini.
Ricordiamo infatti che
e

ove ω è la pulsazione.
Se fate le opportune (banali) sostituzioni, vi renderete subito conto che
Ci chediamo a questo punto: qual è l'onda più semplice della quale è possibile definire in maniera esatta il vettore d'onda k e l'energia E?
Risposta: l'onda piana (che per semplicità andiamo a considerare in una singola dimensione spaziale).
Il passaggio che vi potrebbe risultare oscuro è la definizione della velocità v.
Questa è una cosiddetta velocità di fase e si esprime con la semplice relazione
Concentriamoci adesso sull'energia E. Siccome abbiamo detto che stiamo considerando il caso della particella libera, non sussiste alcun potenziale e l'unico contributo energetico è quindi quello di natura cinetica.
Sapete (spero) bene che l'energia cinetica è fornita da
In realtà c'è un modo equivalente di esprimerla in termini di momento lineare:
Questa è l'energia che ci interessa. In verità, andando a sostituire la facile espressione di p fornita poco fa e ricordando che (nella forma più generale possibile)
possiamo scrivere quella che viene chiamata relazione di dispersione:
in cui viene ben evidenziata la dipendenza della pulsazione ω dal vettore d'onda k.
Bene rifocalizzate ora la vostra attenzione sull'espressione dell'onda piana ψ.
Proviamo a farne la derivata rispetto al tempo:
Come vedete, è molto semplice, dato che la derivata di un esponenziale ci restituisce l'esponenziale stesso (quindi la funzione), coefficienti particolari a parte.
Facciamo un banale passaggio algebrico per isolare in un membro dell'equazione la ψ:
Qualcuno potrebbe avere delle perplessità sul fatto che l'unità immaginaria -i presente nel secondo membro è diventata in sostanza +i nell'altro membro della relazione.
In realtà la questione è molto semplice, basta ricordare come funziona la divisione tra numeri complessi.
Se non ricordate, potete vedere qui. Applicate la definizione al nostro caso e noterete che tutto torna!
A questo punto, siccome ci piace derivare, riprendiamo l'onda piana e deriviamo non una, ma ben 2 volte rispetto alla posizione x. Si ottiene semplicemente:
Anche qui preferiamo isolare ψ in un membro:
Abbiamo isolato la ψ in entrambe le operazioni di derivazione in maniera, adesso, da poter eguagliare le formule risultanti:
Andate ora a ridare un'occhiata alla relazione di dispersione.
Fatto?
Bene, tale fondamentale relazione ci consente di riscrivere tutto come:
A questo punto, facendo le ovvie semplificazioni e andando a moltiplicare entrambi i membri per ℏ², si ottiene in definitiva:
Eccola qui: questa è l'equazione di Schrödinger per una particella unidimensionale libera!
Una domanda lecita adesso sarebbe: ma se volessimo considerare pure le altre dimensioni spaziali, come potremmo esprimerla?
La risposta è molto semplice: andiamo a far uso del laplaciano.
L'abbiamo incontrato diverse volte su questo blog. Comunque, per chi non lo ricordasse, vediamo come si esprime in forma generale:
Naturalmente in tale espressione manca una funzione da associarci, che nel nostro caso sarà proprio la funzione d'onda ψ:
Questa è dunque la forma più generale dell'equazione di Schrödinger per una particella libera.
Una cosa davvero importante da notare è il fatto che essa è un'equazione lineare nella funzione d'onda.
Ciò implica che se si trova una soluzione di tale equazione, allora una qualsiasi combinazione lineare di onde piane è anch'essa soluzione dell'equazione.
Cos'è una combinazione lineare?
Trattasi di un concetto molto semplice, ma allo stesso tempo molto importante.
Dato uno spazio vettoriale qualsiasi V e siano
vettori di questo spazio, una combinazione lineare di tali vettori è semplicemente
in cui questi coefficienti




della combinazione lineare sono degli scalari.
In notazione più compatta, potremmo anche scrivere naturalmente
Per completezza si può dire che quando una combinazione lineare è uguale a 0 e tutti i coefficienti scalari sono nulli, allora si parla di vettori linearmente indipendenti.
Se invece la combinazione lineare risulta nulla, ma non tutti gli scalari sono nulli, allora si parla di vettori linearmente dipendenti.
Ritornando all'equazione di Schrödinger, ci basta perciò rinvenire una soluzione e dopodiché qualsiasi combinazione lineare andiamo a creare con tale soluzione risulterà una soluzione anch'essa.
Se non ci credete, prendiamo un semplice esempio.
Questa è una combinazione lineare di onde piane (spesso viene chiamato pacchetto d'onda).
È scritta sotto forma di integrale (invece che di una sommatoria) perché la variabile k varia su un continuo. In generale, infatti, quando si passa da parlare di quantità discrete a continue si opera la sostituzione di una sommatoria con un integrale.
Immaginiamo comunque che la combinazione lineare scritta presenti differente vettore d'onda e pulsazione rispetto a quanto visto in precedenza e che l'ampiezza A sia una quantità complessa.
Proviamo a compiere le nostre solite derivazioni, cioè nel primo caso rispetto al tempo, nel secondo caso 2 volte rispetto alla posizione:
Oltre a derivare, ci siamo ricondotti alla scrittura tipica dei membri dell'equazione di Schrödinger. Osservate che i termini evidenziati in azzurro sono uguali, giacché tra loro sussiste la nota relazione di dispersione.
Ciò implica che i secondi membri delle 2 equazioni sono tra loro uguali, dunque lo sono tra loro anche i primi e l'equazione di Schrödinger risulta soddisfatta, come ci aspettavamo!
Ma se invece avessimo la presenza di un potenziale cosa accadrebbe?
Dalla fisica classica dovreste ben sapere che generalmente l'energia totale di un sistema si esprime come somma di un termine cinetico e di un termine potenziale.
In questo caso, se assumiamo la presenza di un potenziale V(x) unidimensionale, possiamo riscrivere la relazione sussistente tra energia e momento lineare come:
ossia
Alla fine l'equazione di Schrödinger in presenza di un potenziale (che è poi la formulazione più generale) diviene semplicemente:


Questa è proprio l'equazione alla base della meccanica (quantistica) ondulatoria, un'equazione postulata, ma ciò non toglie nulla alla propria validità (trascurando gli effetti relativistici, che vengono studiati da teorie più complesse come la teoria quantistica dei campi). Ricordiamo che la meccanica quantistica, nonostante il suo aspetto spesso bizzarro, è la teoria fisica con più conferme sperimentali al momento.
In sostanza, nella meccanica quantistica ordinaria, quella appena scritta è l'equazione che prende il posto della famosa F = ma della meccanica classica.
Risolvere un'equazione di Schrödinger generale significa perciò innanzitutto capire con che tipologia di potenziale si ha a che fare e dopodiché cercare la soluzione dell'equazione, ovvero la funzione d'onda dello spazio e del tempo.
Una precisazione finale molto importante da compiere: sono davvero pochi i casi in cui risulta possibile risolvere l'equazione di Schrödinger in maniera esatta.
Questi casi sono essenzialmente solo 3:

1) l'atomo di idrogeno;
2) potenziali costanti a tratti;
3) l'oscillatore armonico quantistico.

In tutti gli altri casi è necessario sempre ricorrere a metodi di approssimazione (per citarne giusto un paio, la teoria delle perturbazioni e il metodo variazionale) di tipo analitico o numerico.
Vorrei concludere il post con un breve inquadramento storico di quanto visto.
L'equazione di Schrödinger venne formulata nel 1925 (e pubblicata l'anno seguente) da Erwin Schrödinger (1887-1961), che stava investigando sulla natura delle onde di de Broglie.
Come già anticipato, la teoria di de Broglie e di Schrödinger prese il nome di meccanica ondulatoria e suscitò immediatamente un fortissimo interesse, poiché essa forniva uno schema teorico per interpretare i modelli fenomenologici dei fenomeni atomici e prevedeva che pure la materia avesse dei comportamenti ondulatori.
Nel medesimo periodo, tuttavia, si era sviluppata un'altra formulazione della meccanica quantistica, la cosiddetta meccanica delle matrici, sviluppata dal noto Werner Heisenberg (1901-1976), ma anche da Max Born e da Pascual Jordan.
Questa formulazione arrivava alle medesime conclusioni della meccanica ondulatoria e permetteva di dedurre relazioni tra grandezze fisiche osservabili da analoghe relazioni algebriche sussistenti tra matrici.
In sostanza, se quella avviata da Max Planck è stata una prima rivoluzione quantistica, i contributi di Schrödinger e Heisenberg (e delle altre grandi menti di quel periodo) negli anni '20 del XX secolo innescarono una "seconda rivoluzione quantistica", che ha portato a descrivere la teoria quantistica così come la conosciamo oggi.
In un certo senso, le 2 formulazioni vennero unificate grazie all'uso degli spazi di Hilbert (termine coniato da von Neumann), così da apparire 2 linguaggi diversi che descrivono la medesima teoria fisica.
Per completezza va poi detto che alla fine degli anni '40 Richard Feynman ha proposto una formulazione della meccanica quantistica che rivela in maniera pià chiara il nesso con la meccanica classica.
Date 2 configurazioni del sistema q(t₁) e q(t₂), per ogni cammino virtuale dall'uno all'altro è definito il cosiddetto integrale d'azione S.
Le equazioni di Eulero-Lagrange (ne abbiamo parlato un po' qui) consentono di scegliere tra gli infiniti cammini virtuali quelli che sono permessi classicamente.
Per la meccanica quantistica, invece, ogni cammino virtuale dà un contributo alla funzione d'onda del sistema, contributo pari a
La formulazione di Feynman è davvero significativa, ma decisamente più complicata dal punto di vista matematico proprio per la difficoltà di sommare sui cammini (si definiscono infatti i celebri path integrals).
Non approfondiremo oltre per ora, era solo per darvi un'idea generale del contesto.
Si potrebbe ancora dire tanto sull'equazione di Schrödinger, ma conviene, per non appesantire troppo il discorso qui iniziato, rimandare ciò in post futuri.
Alla prossima!

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