domenica 26 maggio 2013

LEONARDO DA VINCI E LA FISICA

Se c'è una figura (ovviamente non è l'unica) che ha fatto della creatività la sua forza, questa figura alcuni la individuerebbero innanzitutto in Leonardo da Vinci.
Poliedrico intellettuale dalle mille abilità e talenti, emblema di genio, Leonardo è particolarmente noto ai più per i suoi capolavori artistici.
Tuttavia, a conferma della sua eclettica genialità, egli compì diverse rilevanti ricerche e scoperte anche nel campo della Fisica.
In questo post andremo a tracciare una breve biografia del celebre artista e ci soffermeremo appunto sui suoi studi inerenti alla Fisica.
Leonardo di Ser Piero da Vinci nacque il 15 aprile 1452 a Vinci, piccola cittadina toscana, dagli amori di ser Piero con una certa Caterina.

Autoritratto (1515 circa)
























Il piccolo ricevette dapprima un'educazione elementare dai familiari e, successivamente, nel 1469, il padre, accortosi della sua precoce genialità, lo portò con sé a Firenze per metterlo a bottega da Andrea di Cione, detto il Verrocchio (1435-1488), uno degli artisti più celebri di quel momento.
Il Verrocchio educò il giovane Leonardo alla pittura, alla scultura e all'architettura.
Il famoso storico dell'arte Giorgio Vasari, nella magistrale opera Le vite de' più eccellenti pittori, scultori, e architettori, ricorda tra i primi lavori di da Vinci, oltre ad una serie di disegni di carattere architettonico, anche alcune teste in terracotta le quali "parevano usciti di mano d'un maestro".
Tuttavia, la prima opera a noi pervenuta di Leonardo è un disegno raffigurante un Paesaggio della Valle dell'Arno, datato 5 agosto 1473.

Paesaggio della Valle dell'Arno
Tale foglio è stato oggetto di studi e sussistono differenti interpretazioni sul suo conto: alcuni ritengono che sia una presa dal vero della valle dell'Arno, altri una copia di un paesaggio fiammingo, altri ancora uno studio per una fortificazione militare.
Comunque, appare evidente dal disegno l'estrema immediatezza con cui il giovane artista riesce a rappresentare il vibrante spettacolo naturale, specialmente mediante una resa velocissima delle linee che compongono le fronde degli alberi e le increspature del terreno.
Il dipinto che segnò la conclusione del primo periodo fiorentino di da Vinci è l'Adorazione dei Magi, sviluppato a ridosso del 1482, appunto l'anno in cui il trentenne Leonardo si trasferì a Milano, alla corte di Ludovico Maria Sforza detto il Moro.

Adorazione dei magi























Per la corte sforzesca da Vinci sviluppò una serie di ritratti, fra i quali ricordiamo la nota Dama con l'ermellino (dipinta a cavallo tra 1488 e 1490).

La dama con l'ermellino
























Sempre a Milano, Leonardo si impegnò nella decorazione ad affresco della Sala delle Asse, nel Castello Sforzesco, e, in particolare, per volontà diretta del Moro stesso, nella realizzazione del famoso Cenacolo (1494-1498) nel convento di Santa Maria delle Grazie.

Ultima Cena (Cenacolo)



















Nel 1500, a seguito della caduta del Moro e la conquista da parte dei francesi di Milano, Leonardo fece ritorno a Firenze, passando prima per Mantova e Venezia.
Qui, nel 1503, la Repubblica fiorentina, formatasi dopo la caduta dei Medici, commissionò a Leonardo un grande affresco con la Battaglia di Anghiari, un episodio vittorioso dei Fiorentini nei confronti dei Milanesi, avvenuto nel 1440.
Del suddetto episodio da Vinci tracciò solamente il cartone preparatorio, di cui possediamo soltanto delle copie, una delle quali realizzata dal pittore fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640) nel 1615 circa.

La battaglia di Anghiari (copia di Rubens)
















Il 9 luglio 1504 morì suo padre Piero all'età di 80 anni.
Costui non rese Leonardo erede e, contro i fratelli che gli opponevano l'illegittimità della propria nascita, da Vinci chiese vanamente il riconoscimento delle sue ragioni: dopo la causa giudiziale da lui scatenata, soltanto il 30 aprile 1506 ci fu la liquidazione dell'eredità, dalla quale Leonardo fu escluso. 
Tra il 1506 e il 1513 Leonardo ritornò svariate volte a Milano, per poi trasferirsi proprio nel 1513 a Roma, nella quale si manifestò il suo ultimo periodo di attività artistica e scientifica.
Appunto in questo periodo portò a termine forse l'opera più significativa ed emblematica di tutte: La Gioconda, ritratto che si crede rappresenti Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo.

La Gioconda



 




















Abbiamo appena affermato che il periodo romano fu l'ultimo di attività per da Vinci; in effetti, nel 1517, egli partì per la Francia al fine di seguire Francesco I, stabilendosi ad Amboise (precisamente, nel castello di Clos-Lucé).
Leonardo morì il 2 maggio 1519 ad Amboise, secondo Vasari fra le braccia di Francesco I, che "gli era molto affezionato", venendo sepolto nella Chiesa di Saint-Florentin, sempre ad Amboise.
Come abbiamo velocemente osservato, da Vinci visse una vita intensa, travagliata ed errabonda, che lo portò in giro per l'Italia e, infine, in Francia; una vita densa delle più svariate esperienze.
Curiosissimo dei fenomeni inerenti alla natura, osservatore di un'acutezza fuori dal comune, nessuna scienza del suo tempo lo lasciò indifferente: dalla matematica alla fisica, dall'anatomia alla fisiologia, sino ad arrivare alla biologia, alla botanica e alla geologia.
Egli era un popolano: questa sua origine non gli ha consentito di intraprendere un percorso formativo basato sui pomposi testi latini e sull'indiscutibile (almeno all'epoca) filosofia aristotelica.
Questi aspetti della sua formazione e del suo carattere risultano evidenziati dal fatto che perfino quando Luca Pacioli (matematico di cui abbiamo parlato qui, in merito alla sezione aurea) lo avvicinò ai grandi autori quali Aristotele, Euclide ed Archimede, il da Vinci non fu mai distolto dalla sua convinzione che l'esperienza personale fosse molto più importante della tradizione.
Dopo queste doverose premesse, giungiamo finalmente all'analisi delle idee e scoperte di Leonardo relative alla Fisica.

domenica 19 maggio 2013

GAY-LUSSAC E LA CONTROVERSIA SULLA DILATAZIONE DEI GAS

In questo blog abbiamo già osservato (qui) la biografia e le scoperte di un grande studioso del comportamento dei gas, ovvero l'irlandese Robert Boyle.
Ora ci accingiamo a celebrare un altro personaggio di spicco della ricerca sui gas: il francese Gay-Lussac.


















 

Joseph Louis Gay-Lussac nacque a Saint-Léonard-de-Noblat il 6 dicembre 1778.
Il padre, Antoine Gay (costui aggiunse al proprio cognome il nome Lussac, derivato da quello di una proprietà di famiglia nella località omonima, per distinguersi da tutti quelli che facevano Gay di cognome), era un avvocato e procuratore che lavorava alla stregua di giudice nella piccola cittadina francese.
Costui ebbe 3 figlie e 2 figli, tra cui appunto Joseph Louis, il quale visse nella piena serenità sino all'avvento della Rivoluzione francese, la quale si abbatté veementemente sulla sua famiglia: il suo tutore fu costretto alla fuga e il padre venne persino imprigionato.
La cosa buffa e incredibile è che tali sconvolgimenti improvvisi si rivelarono positivi per la sua carriera.
Infatti, quando aveva soltanto 14 anni, Gay-Lussac fu inviato a Parigi ove poté beneficiare del sistema educativo introdotto a seguito della Rivoluzione.
Non frequentò una scuola qualunque, bensì il prestigioso École Polytechnique, potendo avvalersi di insegnanti del calibro di Pierre-Simon de Laplace, Louis-Jacques Thénard e Claude Louis Berthollet.
Gay-Lussac divenne assistente di quest'ultimo eminente scienziato, potendo in tal modo perfezionare la propria preparazione nel campo della Chimica, partecipando alle famose riunioni di gruppo di scienziati ed intellettuali che avevano luogo nella casa di campagna del docente, ad Arcueil.
Grazie all'esortazione di Berthollet e Laplace, nell'inverno del 1801-1802, all'età di 24 anni, Gay-Lussac compì la sua prima fondamentale ricerca, sbrogliando con maestria un'intricata controversia che perdurava da tempo circa le proprietà di espansione dei gas.
Cerchiamo di comprendere meglio la vicenda.

domenica 12 maggio 2013

LA SUBLIME SEZIONE AUREA

Esistono moltitudini di costanti matematiche, alcune molto famose, come pi greco e il numero di Nepero, altre poco conosciute, come la costante di Landau-Ramanujan.
In tutto questo oceano di costanti, probabilmente la più suggestiva è rappresentata dal numero aureo, chiamato anche sezione aurea, rapporto aureo o, addirittura, proporzione divina.
Lo scopo di questo post è proprio compiere una piccola analisi a 360 gradi di questo particolare numero.
Per comprendere qual è il valore del numero a cui stiamo alludendo, incominciamo immaginando un foglio di carta A4, le cui dimensioni sono 210 mm (lato minore) per 297 mm (lato maggiore).
Se ora facciamo il rapporto tra la lunghezza e la larghezza del suddetto foglio, otteniamo:




Questo numero (che non è altro che l'approssimazione della radice quadrata di 2) definisce appunto il formato internazionale A per i fogli di carta.
Un foglio di formato internazionale A e di larghezza b sarà sempre lungo:



Per quanto concerne il formato A4, come detto in precedenza, b = 210 mm, mentre (ad esempio) nel caso A5, b = 148 mm.
Questi fogli di formato internazionale A vantano una singolare peculiarità, rispetto ad un qualsivoglia foglio: piegandoli a metà si ottengono 2 rettangoli più piccoli che risultano proporzionali a quello di partenza, ovvero 2 versioni in miniatura del rettangolo iniziale.
Ad esempio, piegando a metà un foglio A4 si ottengono 2 fogli A5, ognuno dei quali può essere a sua volta suddiviso in modo da generare 2 fogli A6.
In particolare, la larghezza del rettangolo di partenza diviene lunghezza dei rettangoli ottenuti con la suddivisione a metà del foglio.
Questa è l'immagine illustrante tale particolare:























I lettori forse si staranno chiedendo come si faceva a sapere, a priori, che il numero 1,4142 avrebbe funzionato ottimamente.
Allora ragioniamo in questi termini: immaginiamo di piegare in 2 un rettangolo, tuttavia supponendo che questa volta non ne conosciamo la lunghezza, la quale è dunque un'incognita x.
Se ammettiamo (per semplicità) che tale rettangolo abbia larghezza unitaria, il rapporto tra lunghezza e larghezza equivarrà a x/1.
Ora, piegandolo effettivamente a metà, il rapporto tra la lunghezza e la larghezza del rettangolo più piccolo deve essere uguale al rapporto tra la larghezza del rettangolo iniziale e metà lunghezza (sempre del rettangolo di partenza).
In simboli, abbiamo il rapporto:





Siccome i fogli di formato A hanno la peculiarità di mantenere una proporzione costante fra i 2 rapporti, si può scrivere l'equazione:




Ergo, si ottiene radice quadrata di 2, appunto approssimativamente 1,4142.
Tuttavia, per quanto strabilianti possano essere i rettangoli dei fogli di formato A, sussiste una categoria di rettangoli ancor più straordinaria, quella dei rettangoli aurei.