mercoledì 28 novembre 2012

IL FUTURO DELLA CHIMICA: LA TAVOLA PERIODICA È GIÀ COMPLETA?

La Chimica è una disciplina che, come abbiamo constatato nel 17° Carnevale della Chimica, ha una storia molto lunga ed articolata.
Oggi siamo pervenuti ad una comprensione molto profonda, grazie alla collaborazione fra Chimica e Fisica, del mondo microscopico.
I chimici hanno prodotto una quantità innumerevole di nuovi composti, soprattutto di natura organica, i quali hanno consentito, ad esempio, uno sviluppo notevole della disciplina medica.
Ma ricordiamo che, alla fine, i composti e le molecole sono formati dai mattoncini fondamentali della Chimica: gli atomi.
Gli atomi sono l'equivalente dei numeri primi in Matematica: se attraverso un prodotto di numeri primi riusciamo a produrre un qualsiasi numero intero positivo, alla stessa maniera differenti tipologie di atomo si "mettono insieme" a formare qualcosa di più complesso, le molecole.
2 o più atomi, inoltre, rappresentano un elemento chimico se posseggono lo stesso numero atomico Z, cioè un egual numero di protoni.

Ecco, gli elementi designano il pilastro su cui si fonda l'intera Chimica e, come noto, sono stati inseriti all'interno di una particolare tavola da quel chimico russo che di cognome fa Mendeelev:


A riguardo di Mendeleev vorrei riportarvi un interessante passo tratto dal libro Il genio della bottiglia di Joe Schwarcz:

"Dmitrij Ivanoviĉ Mendeleev, nato in Siberia nel 1834, era l'ultimo figlio di una famiglia molto numerosa. Cominciò a interessarsi alla scienza seguendo le storie che gli narrava il marito di sua sorella, uno scienziato dissidente che era stato mandato in Siberia. Il giovane dimostrò interesse e capacità tali che sua madre, vedova, percorse quasi 23.000 km in autostop fino a Mosca, dove tentò di iscrivere a scuola il giovane Dmitrij. All'inizio nessuna scuola volle accettarlo, ma la madre era decisa a non mollare e infine riuscì a iscriverlo all'Istituto pedagogico di San Pietroburgo. Mendeleev fu uno studente così straordinario che venne mandato a studiare all'estero a Parigi e a Heidelberg, la città tedesca che a quel tempo era il vivaio della chimica. Al suo ritorno in Russia, il barbuto Mendeleev, che assomigliava più a un uomo delle caverne che a uno scienziato, divenne professore di chimica all'Università di San Pietroburgo, e ben presto divenne famoso come uno dei massimi maestri nel campo della chimica. Come qualsiasi buon insegnante, Mendeleev tentò di organizzare in un modo sistematico la conoscenza che doveva impartire. In verità, però, la conoscenza della chimica era a quel tempo piuttosto elementare. I professori chiedevano agli studenti solo di memorizzare che cosa accadeva quando si combinavano delle sostanze chimiche. Si deve loro se gli studenti sapevano, per esempio, che se si lascia cadere in acqua un pezzo di sodio, esso si accende. Lo stesso valeva, per esempio, per il potassio e per il cesio. Non funzionava, invece, per un pezzo di alluminio. Ma nessuno sapeva davvero perché. Convinto che gli elementi non reagissero in un modo casuale, ma che in qualche modo le loro proprietà e comportamenti fossero sistematici, Mendeleev scrisse su cartoncini i nomi degli elementi noti. Poi ne elencò le proprietà e i pesi relativi dei loro atomi. Questi pesi atomici erano un argomento molto controverso. Essi avevano molto incuriosito Mendeleev fin da quando si era impegnato in una discussione col massimo esperto in quel campo, il chimico palermitano Stanislao Cannizzaro, che aveva conosciuto nel 1860 al famoso Congresso di Chimica a Karlsruhe, in Germania. Il congresso era stato organizzato in un tentativo di mettere un po' d'ordine nella grande quantità di conoscenze che i chimici stavano accumulando. Nel 1868 Mendeleev aveva notato che se disponeva le sue schede in righe orizzontali, in ordine di peso atomico, con gli elementi chimicamente simili disposti in colonne verticali uno sotto l'altro, ne emergeva uno schema sistematico. In virtù dei loro pesi atomici, gli elementi potevano essere raggruppati in famiglie con proprietà simili. Poi Mendeleev propose la sua idea più audace: dalla presenza di "buchi" nella sua tavola periodica predisse che dovevano esistere elementi che non erano ancora stati scoperti. Predisse che si sarebbe trovato l'ecasilicio, un elemento con proprietà simili a quelle del silicio, e in effetti nel 1886 sarebbe stato scoperto il germanio, che andò a occupare proprio quel vuoto. Quando Mendeleev pubblicò le sue scoperte nel libro di testo classico Principi di chimica (1868), esso gli portò fama e fortuna. Ma diede anche occasione a uno scandalo. Frotte di studenti in adorazione si accalcavano intorno a lui, e in un caso egli ricambiò tale adorazione, innamorandosi di una studentessa di 17 anni, di nome Anna Popova. Questo fatto fu considerato però molto grave, perché il più famoso scienziato russo era sposato. Il suo matrimonio, però, non era felice. Quando sua moglie, Feozva, accusò Dmitrij di essere un bigamo, sostenendo che era sposato contemporaneamente con lei e con la scienza, Mendeleev le rispose che se non si poteva essere bigami, preferiva essere sposato solo con la scienza. A quanto pare cambiò idea quando conobbe Anna Popova. Con costernazione dei parenti della ragazza, Mendeleev divorziò dalla moglie e attese con persistenza il momento di sposare Anna. Mendeleev era decisissimo a sposare la sua giovane studentessa, ma secondo le regole religiose dominanti in Russia a quel tempo, un uomo divorziato non poteva risposarsi finché non fossero passati 7 anni. Mendeleev non volle ascoltare nessuno e trovò un prete che, per 10.000 rubli, accettò di sfidare la chiesa e sposare la coppia felice. Mendeleev fu salvato dalla sua grandezza come chimico, mentre il prete fu spretato. Quando qualcuno segnalò allo zar questa iniquità di trattamento, egli rispose con pacatezza: "È vero che Mendeleev ha 2 mogli, ma io ho un solo Mendeleev."!!!  

La previsione di Mendeleev si sarebbe avverata: la tavola sarebbe stata riempita di nuovi strabilianti elementi.
Ad oggi la tavola periodica vanta ben 118 elementi!
La domanda a cui vogliamo cercare di fornire una risposta è: questa tavola è già completa oppure potrebbe, in futuro, essere riempita con ulteriori elementi chimici?
Ricordiamo che l'attuale configurazione della tavola periodica prevede 92 (cioè dall'idrogeno all'uranio) elementi naturali, a cui si vanno ad aggiungere 26 elementi sintetici prodotti dagli scienziati (in realtà, plutonio e nettunio si possono riscontrare pure in natura per effetto del decadimento beta dell'uranio-238), nello specifico, quelli che partono dal nettunio in poi.
Gran parte di questi 26 elementi che seguono immediatamente l'uranio ha un nome ispirato a quello di celebri scenziati.
Ad esempio, l'einsteinio prende la sua denominazione da Albert Einstein, il bohrio da Niels Bohr, il rutherfordio da Ernest Rutherford, il roentgenio da Wilhelm Röntgen e così via.
Ne esiste persino uno dedicato proprio a Mendeleev, il mendelevio, il quale occupa la posizione 101 della tavola periodica.
La posizione 118 è occupata dall'ununoctio, il cui nome, pensate un po', deriva dalla trascrizione latina dei numeri che costituiscono il suo numero atomico: "un" (1) - "un" (1) - "octio" (8).
Vi starete chiedendo come fanno gli scienziati a produrre questi elementi artificiali.
Ebbene, attraverso la collisione di nuclei atomici all'interno di acceleratori di particelle, oppure nei reattori nucleari.
Praticamente, per quanto riguarda gli acceleratori di particelle, facendo collidere nuclei atomici, si riesce a dar vita a nuclei che contengono più protoni di quei 92 che si trovano all'interno di un atomo di uranio, risultando dunque "superpesanti".
Tuttavia, tali nuclei così congestionati non risultano essere un granché stabili; ergo, decadono radioattivamente in maniera celere, spesso in una frazione di secondo.
C'è un però: in generale, durante quell'attimo di "vita", i nuovi elementi ottenuti artificialmente sono esattamente come tutti gli altri, cioè presentano peculiarità chimiche ben definite.
Ecco il motivo per cui essi rientrano (quasi) senza problemi nella tavola periodica degli elementi di Mendeleev!
Quel "quasi" è riferito al fatto che andando troppo avanti col numero atomico sorgono effettivamente dei problemi di natura fisica.
In effetti, la teoria generale della Relatività del grande Albert Einstein ci ammonisce sul fatto che più i nuclei atomici si fanno massicci, maggiore sarà l'attrazione gravitazionale esercitata da essi sugli elettroni circolanti attorno, inducendo così gli stessi elettroni a muoversi a velocità prossime a quella della luce.
Sembrerebbe quindi che Einstein, inconsapevolmente, abbia posto, con la sua teoria della Relatività, dei limiti all'estensione della tavola periodica degli elementi.
Compiamo, per chiarire le idee, un'analogia tra il modello atomico e quello del Sistema Solare.
Sappiamo che Mercurio gira intorno al Sole in poco meno di 3 mesi, mentre Nettuno impiega ben 165 anni per compiere un intero moto di rivoluzione attorno alla stella.
Questa è una conseguenza della 3° legge di Keplero, o, rifacendoci ad Einstein, del fatto che il pianeta più vicino (Mercurio) risente maggiormente della curvatura dello spazio-tempo provocata dal Sole e tende, dunque, a completare il suo giro in un tempo decisamente più piccolo di quello impiegato da Nettuno, ubicato molto più lontano dalla stella.













Il medesimo accade per quanto concerne gli elettroni: quelli dei livelli energetici interni tenderanno a muoversi con maggiore velocità rispetto a quelli dei livelli più esterni.
Il valore preciso di tale velocità dipende dal rapporto tra il numero di protoni nel nucleo e la cosiddetta costante di struttura fine (introdotta da Arnold Sommerfeld nel 1916), così definita matematicamente:


 
  


La costante α, come potete osservare, è definita a partire da altre importantissime costanti della Fisica:
  • e = carica dell'elettrone;
  • c = velocità della luce nel vuoto;
  • ε = permittività elettrica nel vuoto;
  • h = costante di Planck;
  • k = costante di Coulomb, equivalente a:



Inoltre, h "segnato" sta per:




Se andate a sostituire i valori numerici delle sopracitate costanti nell'espressione della costante di struttura fine otterrete che essa equivale a circa 1/137.
Curiosità: sir Arthur Eddington (l'astronomo che aiutò Einstein a provare la veridicità della Relatività Generale) passò l'ultima parte della sua vita nel tentativo di dar vita a una "teoria fondamentale" che avrebbe comportato che:



Ritornando alla delicata questione dell'elettrone, al crescere del rapporto fra il numero di protoni del nucleo atomico e la costante α, gli elettroni tenderanno sempre più ad avvicinarsi al limite individuato nella velocità della luce.
Ciò implica che se consideriamo un ipotetico elemento formato da oltre 137 protoni, alcuni suoi elettroni dovrebbero avere velocità superiori a quella della luce, cozzando contro il postulato di relatività einsteiniano.
Infatti, nel modello atomico di Bohr (descritto brevemente nel post "Vita e scoperte di un grande premio Nobel: Niels Bohr"), che è non relativistico, la velocità di un elettrone situato in un orbitale 1s (per chi non ricordasse cos'è un orbitale, consiglio di recarsi qui) è appunto la seguente:






ove, ovviamente, Z = numero atomico, c = velocità della luce nel vuoto e α = costante di struttura fine.
Se Z supera il valore 137 è un bel problema, non solo per il modello di Bohr, ma pure per equazioni semi-relativistiche come quella di Paul Dirac.
Fu però Richard Feynman il primo ad accorgersi dello spinoso problema, definendo la costante di struttura fine come "maledetto mistero della fisica".
Non a caso il fantomatico elemento numero 137, la cui denominazione è untriseptio, viene anche giustamente chiamato "feynmanio".
Oltre i sicuri territori rappresentati dal feynmanio cosa si cela?
Non lo sappiamo con precisione!
Non possiamo perciò asserire con certezza che un giorno verrà scoperto l'elemento 138 della tavola periodica, l'untriottio, in quanto, sulla base della Relatività Generale, dovremmo prendere in considerazione l'idea assurda che alcuni elettroni di esso siano capaci di viaggiare più veloce della luce ed andare persino indietro nel tempo!
Ebbene, questo problema affliggente la tavola periodica può esser visto come una delle diverse questioni in cui non si conosce chi ha ragione tra la Relatività Generale e la Meccanica Quantistica.
Attualmente non disponiamo di una teoria quantistica della gravitazione che abbia conferme sperimentali.
Possiediamo soltanto un modello semi-relativistico, basato sull'equazione di Dirac, in cui, tuttavia, ci si limita al contatto tra Meccanica Quantistica e sì relatività, ma Relatività speciale, non "generale". 
Il futuro è quindi aperto a sorprendenti scoperte e nuove domande sia per la Chimica che per la Fisica. 
C'è comunque chi, come il fisico Walter Greiner della Goethe-Universität di Francoforte, afferma che "il sistema periodico non finirà con il numero 137" e potrebbe non finire mai.
Il difficile sta nel provarlo!
Questo è pertanto uno dei compiti della Chimica del futuro: provare se la tavola periodica viene effettivamente limitata dalla fisica einsteiniana oppure può estendersi magari all'infinito.
Tirando le fila del discorso, possiamo asserire che, probabilmente, la tavola periodica odierna non è completa, poiché potrebbero benissimo essere scoperti in futuro altri elementi chimici artificiali; tuttavia, come abbiamo ampiamente constatato, non abbiamo la certezza sul fatto che essa risulterà, un giorno, totalmente chiusa oppure sempre aperta a nuovi strabilianti elementi.
E se invece, come afferma il noto slogan della Apple "think different", in futuro si cambiasse totalmente prospettiva, modificando la conformazione stessa della tavola periodica?
Riporto dunque un bellissimo frammento, in merito a questa ipotetica modifica della struttura della tavola di Mendeleev, da Il cucchiaino scomparso di Sam Kean:

"Se mai degli extraterrestri venissero quaggiù con le loro astronavi, non è detto che riusciremmo a comunicare con loro...Stare accanto a loro potrebbe anche avvelenarci, specialmente se la loro chimica fosse basata sul silicio e non sul carbonio. Anche se riuscissimo a entrare nei loro cervelli, alcuni dei nostri concetti di base, come l'amore, il rispetto per gli altri, la famiglia, il denaro, ecc., rischierebbero di lasciarli indifferenti. 
Gli unici ambiti, o quasi, in cui saremmo sicuri di trovare un terreno comune sono le costanti matematiche, come pi greco, e la tavola periodica. Ovviamente qui penso alle proprietà degli elementi, non alla struttura standard "a castello" della tavola, che sebbene sia stampata sul dorso di tutti i manuali di chimica non è che uno dei tanti modi possibili di sistemare gli elementi. I nostri bisnonni hanno studiato su tavole differenti, con solo 8 colonne. Le file dei metalli di transizione erano compresse in caselle divise a formare 2 triangoli, come accade in certi calendari quando il 31 del mese non sta nella grafica. In certi casi, addirittura, i lantanidi erano inseriti nel corpo principale della tavola, con uno spiacevole effetto di affollamento. A nessuno passava per la testa di dare un po' più di spazio ai metalli di transizione prima che Glenn Seaborg e i suoi colleghi dell'Università della California a Berkeley riconfigurassero l'intera tavola periodica tra la fine degli anni Trenta e l'inizio degli anni Sessanta. Non si limitarono ad aggiungere nuovi elementi, ma capirono che sostanze come l'attinio non si integravano nello schema che li aveva accompagnati negli studi fin lì...I chimici credevano che i lantanidi, con la loro fastidiosa abitudine di nascondere gli elettroni in profondità, fossero eccezioni alle normali regole della tavola periodica e che elementi dalla chimica simile non si sarebbero mai più visti. E invece no. La chimica dei lantanidi si ripete...L'attinio è stata la chiave che ha portato la tavola periodica ad assumere la forma attuale, da quando Seaborg e colleghi decisero di prendere tutti gli elementi pesanti noti all'epoca - oggi chiamati attinidi in onore del loro primo rappresentante - e di piazzarli in una sezione a parte, sul fondo della tavola. Dopo averli spostati, decisero che i metalli di transizione, fino ad allora stretti 2 per casella, dovevano avere più spazio e aggiunsero 10 colonne...Ci volle un po' perché i tradizionalisti attaccati al vecchio modello cedessero, ma alla fine, negli anni Settanta, la tavola periodica abbandonò in via definitiva la struttura a calendario per abbracciare quella a castello, la fortezza della chimica moderna. MA CHI DICE CHE QUESTA FORMA SIA IDEALE? Il modello a colonne regna incontrastato dai tempi di Mendeleev, ma lui stesso ne propose una trentina di versioni diverse, e nei secoli siamo arrivati a più di 700 variazioni...Se iniziamo a giocare con la forma della tavola non ci sono freni alla fantasia; PERCHÈ LIMITARSI A FILE E COLONNE DI QUADRATINI? In certi testi moderni è strutturata come un alveare, in cui le caselle si dipartono in spirali sempre più ampie dal centro, dove è piazzato l'idrogeno...L'idrogeno sembra il Sole e gli altri elementi gli orbitano attorno come pianeti. I biologi hanno prodotto modelli a elica, sulla falsariga del DNA, e certi fanatici di giochi l'hanno ripensata a forma di croce. C'è addirittura chi ha brevettato (non scherzo: brevetto n. 6361324) un cubo di Rubik piramidale sulle cui facce sono riprodotti gli elementi. Gli amanti della musica apprezzeranno di sicuro certe versioni che si servono del pentagramma...Non siamo neppure costretti a limitare le tavole alle 2 dimensioni. Gli antiprotoni di carica negativa scoperti da Segrè nel 1955 si accoppiano bene con i positroni e formano atomi di anti-idrogeno. In teoria potrebbe esistere un'intera anti-tavola di anti-elementi"!

   
Pongo fine al tutto riportando un video imperdibile sugli elementi chimici:


Nessun commento:

Posta un commento