domenica 27 novembre 2011

IL CAMPO GRAVITAZIONALE: IL TEOREMA DI GAUSS

Andiamo ad analizzare un importante teorema concernente il campo gravitazionale: il teorema di Gauss.
In realtà, avevo già trattato il teorema di Gauss in precedenza (nell'articolo "Il campo elettrico: il teorema di Gauss"), ma quello inerente l'elettromagnetismo.
I 2 teoremi non sono così dissimili, infatti entrambi ci forniscono la descrizione del flusso, rispettivamente del campo gravitazionale e del campo elettrico, ed entrambi sono stati formulati dal grande matematico Carl Friedrich Gauss.
In questa sede, come anticipato, ci occuperemo del teorema relativo al campo gravitazionale, ma andremo anche ad analizzare più in generale il concetto di campo in fisica.
Pertanto, che cos'è in generale un campo?
Una risposta estremamente chiara e semplice la fornisce Frank Close nel libro Nulla:

"L'idea di campo pervade la coscienza collettiva con i campi gravitazionali, e anche la fantascienza parla di "campi di curvatura nel continuum spazio-temporale". Il gergo suggerisce che in quel presunto vuoto succedano un bel po' di cose...Una mappa della pressione dell'aria è un esempio di quello che i matematici conoscono come "campo", una raccolta di numeri che variano da un punto all'altro; in questo caso i numeri indicano la pressione barometrica in ciascun punto del paese. Come una mappa delle curve di livello, i punti di uguale pressione possono essere uniti da linee isobare: isos ("uguale") e baros ("peso" o "pressione"). Se tutto quello che occorre a definire il campo è una collezione di numeri, come in questo caso, si ha un CAMPO SCALARE. Il tasso di cambiamento nella pressione dà origine ai venti. Quando le isobare sono lontane il vento è lieve e gentile, mentre quando sono strettamente compresse, perché il mutamento di pressione è rapido, i venti sono più impetuosi. Una mappa della velocità dei venti è un esempio di quello che viene chiamato CAMPO VETTORIALE. Questo tipo di campo prevede per ciascun punto un numero e anche una direzione, per esempio la velocità e la direzione dei venti. Nel caso della pressione atmosferica e dei venti abbiamo un mezzo fisico, l'aria, la cui densità variabile determina i campi, e possiamo immaginarci la versione reale del modello teorico. Il concetto di campo è valido anche quando non c'è un mezzo materiale. È questa l'idea che sta dietro i campi gravitazionali e i campi elettrici, che danno l'intensità e la direzione delle rispettive forze in tutto lo spazio. Se siete degli appassionati di montagna, vi sarete fatti un'idea del campo gravitazionale. Più salite in alto, più rovinosa sarebbe un'eventuale caduta. Questo è un buon esempio pratico, mentre la mappa delle curve di livello che mostra l'altezza sul livello del mare ne è uno teorico".

Riassumendo, un campo è un oggetto teorico costituito da numeri che rappresentano una certa grandezza.
Se il campo è formato da soli numeri puri ci troviamo di fronte ad un campo scalare; se invece, come nel caso dei venti, le grandezze considerate hanno una lunghezza, detta intensità o modulo, una direzione e un verso (ossia sono vettori), si ha a che fare con un campo vettoriale.
Vi fornisco rispettivamente le immagini di un campo scalare (rappresentato dalle isobare) e di un campo vettoriale (quello dei vettori descriventi i venti):



































In Fisica, generalmente, un campo vettoriale può essere definito anche campo di forze, in quanto i più importanti campi (gravitazionale, elettrico, magnetico) sono legati alle rispettive forze e le forze sono grandezze vettoriali.
Vi do adesso una definizione un po' più rigorosa di campo vettoriale e campo scalare.
Consideriamo lo spazio euclideo tridimensionale R³ e l'insieme di tutti i vettori definiti in tale spazio V₃.
Indichiamo con M un opportuno sottoinsieme di R³ (M ⊆ R³).
Un campo vettoriale è allora un'applicazione f : P → v che ha l'insieme M come dominio e V₃ come codominio: l'applicazione f associa ad ogni punto P appartenente a (∈) M uno e uno solo vettore v ∈ V₃.
Un campo scalare è invece più semplicemente un'applicazione s tra un opportuno sottoinsieme M di R³ e l'insieme dei numeri reali R.
Ora passiamo a definire cos'è il flusso di un campo vettoriale.
Consideriamo pertanto un campo vettoriale V(r) = V(x,y,z), ovvero un vettore V espresso in funzione della posizione r.
Consideriamo poi una superficie geometrica S all'interno del suddetto campo vettoriale.
Considerata pure una porzione dS della superficie S, possiamo definire un vettore che ha come modulo l'area dS della porzione di superficie e come direzione quella del versore normale (perpendicolare) n alla superficie infinitesima dS:



Il verso del versore (versore = vettore avente modulo pari a 1) normale viene scelto in maniera convenzionale, assegnando una faccia positiva (cioè un verso convenzionale) alla superficie S.
A questo punto non abbiamo problemi a definire il flusso elementare (o infinitesimo) dΦ del vettore V attraverso la porzione di superficie dS:



Osservate adesso la seguente immagine illustrativa della situazione che stiamo analizzando:


Come si può constatare, tra il vettore V (nella figura chiamato A) e il versore normale n sussiste un certo angolo α.
Ergo, l'equazione precedente che definisce il flusso elementare si può riscrivere, in quanto prodotto scalare fra 2 vettori, come:



Questa è la definizione di flusso elementare; tuttavia noi, partendo da tali nozioni, vogliamo definire matematicamente il flusso, cioè la quantità della grandezza considerata che attraversa una data superficie.
Prendiamo ora una superficie chiusa S e suddividiamola in tante piccole porzioni dS.
Il flusso del vettore V attraverso la superficie S non è altro che la somma dei vari flussi elementari attraverso le porzioni di superficie dS in cui S è stata suddivisa, quando l'area dS di ciascun elemento tende a zero.
In simboli:





Il limite di questa sommatoria, però, può essere indicato in modo ancora più rigoroso mediante il cosiddetto integrale di superficie:






Abbiamo quindi la definizione di flusso per quanto concerne un generico campo vettoriale.
Prima di pervenire al teorema di Gauss inerente il campo gravitazionale, vorrei compiere un breve excursus sulla gravitazione.
La gravità è un concetto abbastanza intuitivo: sin da piccoli comprendiamo che se lasciamo cadere un oggetto, quello giungerà a terra.
La causa di ciò è appunto la gravità esercitata dalla Terra sull'oggetto.
Fra le 4 interazioni fondamentali della natura, essa ha sicuramente il privilegio di essere la più nota al grande pubblico.
Tutti, appassionati di scienza o meno, conoscono il famoso aneddoto della mela che cadde in testa a Isaac Newton, spingendolo a investigare sulla forza gravitazionale.
Newton riuscì a comprendere che la forza che attrae la mela a terra è la stessa che fa ruotare il nostro satellite, la Luna, attorno alla Terra: appunto la gravità.
Egli arrivò alla formulazione di una celebre legge, stabilente che la forza di attrazione gravitazionale fra 2 corpi diminuisce all'aumentare del quadrato della distanza sussistente tra essi, alla stregua della legge di Coulomb inerente la forza elettrica.
Stiamo parlando della legge di Gravitazione Universale:





Tale legge riesce anche a dare una spiegazione rigorosa alle 3 leggi che Keplero aveva formulato meno di un secolo prima che Newton arrivasse alla sua equazione universale.
Ecco le leggi di Keplero:

1) le orbite dei pianeti sono ellissi, di cui uno dei fuochi è rappresentato dal Sole;
2) la velocità areolare inerente il moto dei pianeti è costante: ciò significa che il raggio vettore Sole-pianeta spazza aree uguali in tempi uguali;
3) per quanto concerne i diversi pianeti, sussiste un rapporto costante fra il cubo del semiasse maggiore dell'orbita (a³) e il periodo di rivoluzione attorno al Sole elevato al quadrato (T²). In simboli:

a³/T² = costante eguale per tutti i pianeti.

Nonostante sia la più conosciuta e quella relativamente più semplice da capire, l'interazione gravitazionale è quella generante maggiori problematiche ai fisici moderni, poiché rappresenta la forza che non si accorda con la teoria quantistica, a differenza delle altre 3.
Gli scienziati sono quindi alla ricerca di modelli di gravità quantistica, come la teoria delle stringhe e la gravità quantistica a loop.
Ritorniamo però ad ambiti meno complessi, tenendo a mente la legge di gravitazione universale: spingiamoci al nocciolo della questione, ovvero definire cos'è un campo gravitazionale.
Consideriamo una massa puntiforme m che si trova in presenza di una seconda massa puntiforme M.
Un campo gravitazionale è un campo prodotto dalla massa M, rappresentante la forza che M esercita su m.
Il valore del suddetto campo dipende dalla posizione r in cui è situata la massa m.
Essendo la forza gravitazionale attrattiva, la direzione del vettore g simbolizzante il campo gravitazionale è uguale e di verso opposto rispetto al vettore posizione r.
Per quanto concerne il modulo di g, possiamo affermare che esso risulta direttamente proporzionale a M e inversamente proporzionale al quadrato della distanza r sussistente tra le 2 masse.
Risponde dunque alla seguente equazione: 





dove ȓ indica il versore del vettore posizione r e G è la costante di gravitazione universale, presente anche nella legge di Newton.
Stabilito ciò, proviamo a calcolare il flusso del campo gravitazionale g attraverso una superficie chiusa S, con la massa M al suo interno, e orientata positivamente verso l'esterno.
A causa di questa convenzione sull'orientamento di S, il flusso viene anche chiamato flusso uscente da S.
Come procediamo allora?
Vi ricordate l'equazione che descrive il flusso di un generico campo vettoriale, quella in cui è presente l'integrale di superficie?
Per calcolare il flusso del campo gravitazionale non bisogna fare altro che inserire al posto del vettore V, rappresentante un generico campo di forze, il vettore g, l'emblema del campo gravitazionale:





Ora, guardate attentamente la seguente immagine:


Anche in questo caso, come in quello del flusso di un generico campo vettoriale, possiamo riscrivere l'equazione esplicitando il prodotto scalare, sfruttando l'angolo θ che si forma tra il vettore g e il versore normale n:





Ora compiamo un ulteriore passaggio: sfruttiamo la formula descrivente il campo gravitazionale





per riscrivere l'espressione del flusso in tale forma:





Per semplicità, d'ora in poi indichiamo la quantità "dS cosθ" con dSn.
Dal punto di vista prettamente geometrico dSn rappresenta la proiezione della porzione di superficie dS sulla sfera di raggio r.
Analogamente, dSn è anche la porzione di superficie della sfera intercettata da un cono elementare che ha il centro fissato in M.
Preso un determinato cono, il rapporto dSn/r², ovvero tra la porzione di superficie sferica dSn e il quadrato del raggio r, rappresenta una quantità denominata angolo solido del cono (dΩ), totalmente indipendente dal raggio r della sfera!









Possiamo dunque scrivere che:





Adesso possiamo pertanto riscrivere il flusso in questa maniera:





Non è finita qui: l'integrale dell'angolo solido su tutta la sfera è pari a 4π, in quanto rappresenta il rapporto tra la superficie totale di una sfera (Sn = 4πr²) e il raggio della sfera stessa al quadrato (r²).
In conclusione, tutte queste elaborazioni concernenti il flusso del campo gravitazionale restituiscono la semplice e lineare formula:




Ecco finalmente la forma finale del teorema di Gauss: la sopracitata formula ci dice che il flusso di un campo gravitazionale dipende unicamente dal valore della massa M, indipendentemente dalla sua posizione.
Infatti, oltre la quantità M rappresentante la massa, nell'equazione sono presenti solamente costanti numeriche (G,4,π).
In realtà, questa formula si può generalizzare nel caso sussistano più masse puntiformi M all'interno della superficie S o ci sia una massa non puntiforme ma estesa, che però si può comunque considerare come l'insieme di tante piccole masse puntiformi.
Ecco l'equazione che vale in questi particolari casi:





Come potete notare, la sola differenza rispetto alla formula precedente sta nel fatto che al posto della singola massa M, ci sia la sommatoria ∑ di tutte le diverse masse puntiformi mk.
Vi propongo infine 2 interessantissimi video relativi alla spiegazione della forza gravitazionale:



5 commenti:

  1. Chiaro e semplice. Bravo;)

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  2. ottima spiegazione,però mi sorge una domanda:da quanto ho capito,il flusso generato da una massa puntiforme uscente da una superficie di raggio infinito è lo stesso di quello uscente da una superficie sferica con raggio finito??ciò non mi dice in qualche modo che le linee di forza del campo gravitazionale sono le stesse indipendentemente dalla distanza da cui le calcoliamo,ossia che tali linee di forza sono le stesse ìanche se consideriamo una superficie con raggio infinito? grazie in anticipo

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    1. Mi scuso per il ritardo della risposta. Sì esatto, il flusso gravitazionale attraverso una superficie chiusa (contenente una massa al suo interno) è indipendente dal raggio della superficie considerata, dipende unicamente dalla massa. Quindi che il raggio sia finito o infinito, teoricamente non cambia nulla.

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