Avevamo già introdotto brevemente il fondamentale concetto di Lagrangiana in fisica qui.
La Lagrangiana di Heisenberg-Euler è uno dei primissimi concetti non banali sviluppati nell'ambito della cosiddetta elettrodinamica quantistica, spesso abbreviata come QED, ovvero la teoria quantistica del campo elettromagnetico, su cui Richard Feynman (1918-1988) non solo fornì contributi a dir poco essenziali, ma ci scrisse pure un testo divulgativo (pubblicato nel 1985), di brillante chiarezza, intitolato in italiano QED: La strana teoria della luce e della materia.
Tale Lagrangiana risale, nello specifico, ad un articolo pubblicato nel 1936 da Werner Karl Heisenberg (1901-1976), quello del celebre principio di indeterminazione, e dal suo studente di dottorato Hans Heinrich Euler (1909-1941), che potete visionare nella traduzione in inglese cliccando qui.
Ma quale fu il background storico che portò alla realizzazione di tale fondamentale articolo?
Beh, innanzitutto fu ovviamente fondamentale lo sviluppo della meccanica quantistica negli anni '20 del XX secolo da parte di figure come Schrödinger, Born, Pauli, lo stesso Heisenberg e diversi altri pilastri della fisica moderna.
E poi ci fu, nel 1928, la mitica equazione di Dirac e la conseguente scoperta del positrone (la prima antiparticella), di cui abbiamo parlato qui.
Proprio in questo clima di grosso fermento culturale si cominciarono a gettare le basi per la QED, teoria che tuttavia presentava difficoltà assai spinose, ossia divergenze (in parole povere risultati infiniti che andrebbero rinormalizzati) che venivano fuori nei calcoli e che portarono inizialmente svariati fisici, tra cui persino Dirac, a non nutrire fede sul futuro della suddetta teoria.
Per farvi intuire il grado di complessità della questione, torniamo un attimo sull'equazione di Dirac
Ciò che l'equazione di Dirac esprime matematicamente in modo elegante, ma decisamente non banale, è l'elettrone visto come un pezzo di carica elettrica in un punto nel vuoto spaziale quantistico.
Il problema è che la realtà della QED è molto più complessa di questo "semplice" modello.
Infatti la QED prevede che l'elettrone sia in verità circondato da campi elettromagnetici, a cui bisogna pure aggiungere coppie di elettroni e positroni virtuali che emergono dentro e fuori dal vuoto (un fenomeno in gergo tecnico chiamato polarizzazione del vuoto, dimostrato sperimentalmente nel 1997 dall'acceleratore di particelle TRISTAN in Giappone).
Pertanto ciò che i fisici sperimentali interpretano come massa dell'elettrone non è quella dell'elettrone "nudo" descritto dall'equazione di Dirac, bensì il risultato dell'interazione del suddetto col proprio campo elettromagnetico e con questa bizzarra polarizzazione del vuoto.
Giungiamo all'anno 1934, anno in cui Heisenberg, prima con lettere scritte a Pauli e Weisskopf, poi con un articolo, Remarks on the Dirac theory of the positron, arriva a formulare qualcosa di molto vicino ad una QED rinormalizzata (poi effettivamente realizzata da altri studiosi alla fine degli anni '40).
Insomma, in questa atmosfera decisamente tesa, Heisenberg propone al suo studente Euler di studiare, come argomento di tesi, lo scattering di 2 fotoni facendo uso di un particolare formalismo (quello della matrice densità) che egli aveva perfezionato per la QED nell'articolo poco fa menzionato.
Oltre a ciò, Euler lavorò, assieme ad un altro degli studenti di Heisenberg, Bernhard Kockel (1909-1987), ad una analisi dell'ampiezza di scattering fotone-fotone nel limite di bassa frequenza.Tale studio servì in particolare a mostrare che il vuoto quantistico possa essere visto come un mezzo (teoricamente rilevabile in laboratorio, ma nella pratica tale rilevazione risulta assai complicata) e che le relazioni tra campi elettrici e magnetici fossero non lineari in questa teoria.
Tutto ciò aprì la strada al lavoro sopramenzionato di Heisenberg ed Euler del 1936, nel quale pervennero a quella che oggi chiamiamo proprio in loro onore Lagrangiana di Heisenberg-Euler (d'ora in poi li abbrevieremo con H-E), un oggetto matematico formidabile, capace di fornirci tante informazioni nell'ambito della teoria quantistica dei campi, e che in forma compatta si può esprimere come segue.
Non entreremo nei dettagli della discussione e derivazione di tale formula, che vanno ben al di là degli scopi divulgativi di questo post.
Ciò su cui vorrei invece soffermarmi è una recente sorprendente scoperta, riportata da Gies e Karbstein in un articolo (lo trovate cliccando qui, per chi fosse interessato a leggerlo) pubblicato nel 2017, inerente a tale Lagrangiana e alla corrispondente azione efficace.
In parole povere, Gies e Karbstein hanno constatato che, quando si va ad analizzare un'espansione a loop della Lagrangiana di H-E, risultano non nulli dei contributi (i cosiddetti "1PR contributions", dove 1PR sta letteralmente per "one-particle reducible") che prima si riteneva invece svanissero considerando campi elettromagnetici costanti!
Immagino che chiunque abbia più o meno idea di cosa sia un loop in un contesto generico. Interi episodi di serie tv (da Star Trek a Streghe, da Supernatural ad Agents Of S.H.I.E.L.D., da Russian Doll a Triage e tante altre) per esempio sono dedicati a situazioni in cui i personaggi si risvegliano ogni giorno nel medesimo giorno in cui accadono le stesse cose, i cosiddetti loop temporali, cercando disperatamente di uscire fuori da questo ciclo infinito.
Bene, nell'ambito della teoria quantistica dei campi, i loop sono raffigurazioni (spesso di forma circolare) all'interno dei diagrammi di Feynman che costituiscono correzioni quantistiche (matematicamente espresse da integrali sui momenti) rispetto alla teoria classica dei campi (cioè quella in cui la famosa costante ℏ tende a 0).
Il più semplice esempio di loop in tale contesto si ritrova nel tadpole (letteralmente "girino"), il cui diagramma di Feynman riportiamo qui di seguito nella rappresentazione tratta da Wikipedia.
Ciò che hanno riscontrato Gies e Karbstein nello specifico è che, andando a valutare l'azione efficace di H-E a 2 loop, viene fuori un risultato rappresentabile come segue.
Questo significa che, all'ordine correttivo di 2 loop, l'azione efficace di H-E viene fornita da un contributo 1PI (letteralmente "one-particle irreducible"), cioè irriducibile, che visualizziamo a sinistra del "+", e da un contributo 1PR, che possiamo vedere a destra del "+".
Vi potreste magari chiedere perché il primo contributo è chiamato irriducibile, mentre il secondo è detto riducibile.
Beh la risposta è piuttosto semplice. Potete facilmente notare, osservando i due diagrammi, che se proviamo a tagliare il secondo (quello a destra) con una linea immaginaria nel mezzo otterremmo 2 diagrammi ancora sensati, mentre nel caso del diagramma 1PI siamo impossibilitati a compiere questo "taglio" (non si può spezzare un loop a metà!).
Come già detto, il risultato ottenuto da Gies e Karbstein è davvero sorprendente poiché, fino alla pubblicazione del loro articolo, tutta la comunità dei fisici credeva che il contributo del diagramma 1PR sopra rappresentato fosse nullo, invece non lo è!
E ciò spalanca le porte per nuovi rilevanti studi.
Sempre nel 2017, infatti, Edwards e Schubert, nell'articolo (cliccate qui per leggerlo) One-particle reducible contribution to the one-loop scalar propagator in a constant field, non solo hanno derivato nuovamente il risultato di Gies e Karbstein per mezzo del cosiddetto worldline formalism (ne parlammo qui), riottenendo l'elegantissima formula
ma si sono spinti oltre andando a calcolare il contributo 1PR ad un loop nel caso del propagatore scalare.
E teoricamente, come sto facendo nella mia tesi, sempre mediante l'uso del worldline formalism, ci si può spingere ancora oltre, andando per esempio a considerare cosa succede ai contributi 1PR della Lagrangiana di H-E se invece dello scambio di fotone (particella di spin 1 rappresentata dalla linea ondulata nel diagramma di cui sopra) si considerasse per esempio lo scambio di uno scalare (particella il cui spin è pari a 0) o addirittura di un gravitone (particella ipotetica di spin 2 mediatrice dell'interazione gravitazionale, su cui recentemente ci sono stati sviluppi teorici in merito alla possibilità di rilevazione, come potete leggere qui)!
Insomma la bellezza della fisica sta anche nel fatto che non finisce mai di sorprenderci e impegnare le menti in una ricerca sempre più profonda della natura delle cose.
Per rimanere in tema gravità, concludiamo in musica con una splendida performance di Gravity, canzone di John Mayer del 2006, nella cover di Clark Beckham e Yebba.
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Fonti essenziali per i dettagli storici:- The Infinity Puzzle. Quantum Field Theory and the Hunt for an Orderly Universe di F. Close
- Early Quantum Electrodynamics: A Source Book di A. I. Miller.