sabato 10 dicembre 2011

IL PIÙ GRANDE MATEMATICO ITALIANO DEL XVIII SECOLO: LAGRANGE

Qualcuno dei lettori forse si starà chiedendo: Cosa? Lagrange il più grande matematico italiano del XVIII secolo? Ma non era francese?
Ebbene no: Joseph Louis Lagrange, annoverato generalmente tra i più importanti matematici francesi del periodo della Rivoluzione (1789), era in realtà italiano!















Lagrange è infatti nato a Torino il 25 gennaio 1736 e il suo vero nome italiano è Giuseppe Lodovico Lagrangia o Giuseppe Luigi Lagrangia.
D'ora in poi lo chiameremo semplicemente Lagrange ed andremo ad analizzare la sua vita assieme ad alcune sue fondamentali scoperte, soffermandoci in particolare sul noto teorema dell'analisi matematica che porta il suo nome!
Lagrange era figlio di un ricco signore, ma grande speculatore.
Per tali ragioni, nel momento in cui Lagrange avrebbe dovuto ereditare il cospicuo patrimonio della famiglia, questo si era intanto ridotto a delle briciole.
Ma questo avvenimento non fu visto da Lagrange come qualcosa di negativo; anzi lo riteneva la più grande fortuna che fosse mai capitata nella sua vita.
Egli, a tal proposito, asseriva: "Se avessi avuto una ricca eredità, non mi sarei probabilmente occupato di matematica".
Questa frase si può paragonare, con le dovute differenze, agli ultimi anni della vita di Eulero, il quale nonostante la sua cecità, causata dalla cataratta, riuscì ad essere ancora più proficuo in campo matematico, poiché il non poter vedere acuiva la sua immaginazione e lo teneva lontano dalle distrazioni.
Non ho citato a caso il grande Eulero; infatti, Lagrange era considerato un matematico alla pari dei Bernoulli e di Eulero, con il quale, come vedremo fra poco, stringerà un rapporto di profonda amicizia.
A dir la verità, durante la giovinezza Lagrange non era estremamente interessato alla matematica, bensì ai classici della letteratura, tanto che la lettura dei lavori di Euclide e Archimede inerenti la geometria non l'aveva portato alla conversione per la matematica.
Fu al contrario un saggio di Edmund Halley, amico di Newton, che vantava la superiorità del calcolo infinitesimale sulla matematica degli antichi Greci, la cosa in grado di riuscire a scuotere profondamente Lagrange, a tal punto da spingerlo a studiare seriamente matematica.
In un brevissimo lasso di tempo egli riuscì ad acquisire tutte le nozioni che sussistevano all'epoca relative all'analisi matematica.
Risulta incredibile pensare che un ragazzo di soli 16 anni, Lagrange, venne nominato professore di matematica alla Scuola reale di artiglieria a Torino!
Ma ancora più incredibile è la scrittura della magistrale opera Mécanique analytique (Meccanica analitica) concepita da Lagrange a soli 19 anni a Torino, anche se pubblicata solamente nel 1788 a Parigi, quando il matematico aveva 52 anni.
Una trattazione della Meccanica lagrangiana in tal contesto sarebbe estremamente difficile da svolgere, senza aver soprattutto prima illustrato approfonditamente le leggi rigorose delle Meccanica newtoniana.
Tuttavia, possiamo certamente affermare che la formulazione lagrangiana presenta 2 importanti vantaggi rispetto a quella newtoniana:

1) le equazioni di Lagrange, a differenza di quelle di Newton, mantengono la medesima forma in ogni sistema di coordinate;
2) nello studio dei sistemi vincolati, come ad esempio una biglia che scorre su una guida metallica, l'approccio lagrangiano consente di eliminare le forze vincolari (la naturale reazione della guida che vincola la biglia a rimanere su di essa).

William Rowan Hamilton, colui che implementò un'ulteriore tipologia di Meccanica, ovvero la Meccanica hamiltoniana, spese nel 1834 le seguenti parole a proposito di Lagrange:

"Quello di trovare la migliore formulazione teorica delle leggi del moto è uno dei problemi la cui importanza e il cui interesse sono sempre stati tali da stimolare le menti dei matematici più eminenti sin dal tempo della prima fondazione della dinamica come scienza da parte di Galileo e dalla meravigliosa generalizzazione data successivamente da Newton. Fra i successori di questi grandi fondatori, forse quello che ha saputo portare i contributi maggiori alla teoria, conferendo nuove generalizzazioni e una nuova forma particolarmente armoniosa, fu Lagrange. Egli dimostrò che molti dei risultati della teoria, anche molto diversi fra loro, potevano essere dedotti da un'unica formula di base; la bellezza del metodo e la profondità dei risultati che ha permesso di ottenere fanno dell'opera di Lagrange una specie di poema scientifico".

Per dirla con le parole di Bernardo di Chartres, filosofo francese del XII secolo, Lagrange "si è poggiato sulle spalle dei giganti" (Galileo e Newton) e ha migliorato il lavoro sulla meccanica dei suoi antecedenti eminenti colleghi.
Riguardo la meccanica lagrangiana vi introduco solo, nel modo più semplice possibile, il concetto fondamentale di lagrangiana.
Consideriamo una particella che si muove nello spazio tridimensionale, sotto l'effetto di una certa forza conservativa F.
L'energia cinetica della particella è:


 

Ora scriverò in maniera leggermente più complicata tale formula, tenendo conto che la velocità è la derivata prima in funzione del tempo del vettore posizione (si noti che per indicare la derivata fatta rispetto al tempo utilizzerò la notazione newtoniana, consistente nell'inserire un puntino sopra al simbolo della grandezza da derivare):




Ora scriviamo il vettore posizione come somma delle sue 3 componenti (siamo in uno spazio tridimensionale!) ed abbiamo che:




Ora consideriamo l'energia potenziale della particella:



Osservato ciò, si può definire la funzione lagrangiana, o semplicemente lagrangiana, come la differenza fra l'energia cinetica e l'energia potenziale:



Ritorniamo ora alla biografia di Lagrange: come abbiamo visto, egli si interessò specialmente all'analisi, tralasciando un po' la geometria, anche se, in Meccanica analitica, fa notare come la meccanica possa essere considerata la geometria di uno spazio a 4 dimensioni (3 coordinate spaziali e una coordinata temporale).
Essa risulta sufficiente per determinare lo stato di una particella in moto nello spazio e anche nel tempo: questi concetti sono pertanto precursori della Relatività di Einstein di quasi 2 secoli!
A 19 anni, Lagrange inviò ad Eulero alcuni suoi lavori: l'illustre matematico tedesco ne riconobbe immediatamente i meriti e incoraggiò il giovane collega a continuare.
4 anni più tardi Lagrange comunicò ad Eulero il metodo migliore (il calcolo delle variazioni) per affrontare i problemi isoperimetrici.
Eulero, che aveva provato invano a risolvere i suddetti problemi con metodi semigeometrici, ringraziò profondamente il giovane per avergli fornito un metodo per superare le difficoltà che lo avevano arrestato fino a quel momento, e decise, invece di pubblicare immediatamente tale soluzione a lungo cercata, di aspettare finché Lagrange non ebbe pubblicato la sua.
Eulero, inoltre, fece eleggere il giovane amico membro straniero dell'Accademia di Berlino (2 ottobre 1759) all'inusuale età di soli 23 anni.
Eulero desiderava che Lagrange si trasferisse a Berlino e diventasse un brillante matematico di corte.
Prima del suo approdo a Berlino, Lagrange si interessò e risolse il problema della librazione della Luna.
In altri termini, egli cercò di fornire una soluzione allo spinoso interrogativo: perché il nostro satellite presenta sempre la medesima faccia alla Terra, con certe leggere e spiegabili irregolarità?
Il tutto si deduce dalla legge di gravitazione di Newton.
Questo è infatti un esempio del problema dei 3 corpi (nel suddetto caso la Terra, il Sole e la Luna) che si attirano a vicenda seguendo la legge del quadrato inverso delle distanze tra i loro centri di gravità.
La soluzione del problema consentì a Lagrange di essere insignito del gran premio dell'Accademia delle scienze di Parigi nel 1764.
La vicenda non finisce qui: infatti la prestigiosa accademia, stupita dal risultato del giovane matematico, gli propose un problema ancor più complicato, per il quale Lagrange ottenne il premio nel 1766.
Il suddetto problema riguardava Giove e i suoi satelliti.
A quell'epoca erano noti solamente 4 satelliti (Io, Europa, Ganimede, Callisto, scoperti da Galileo e denominati satelliti medicei o galileiani) del gigante Giove.
Ergo, si trattava di risolvere un problema di 6 corpi celesti (il Sole, il pianeta e i suoi satelliti).
Lagrange continuò per tutta la vita ad interessarsi alle applicazioni della teoria di Newton a problemi di questo genere.
Infatti, nel 1772 vinse ancora una volta il premio dell'Accademia di Parigi per la sua dissertazione sul problema dei 3 corpi.
In seguito, nel 1774 e nel 1778 conseguì altri successi scaturiti da lavori inerenti il movimento della Luna e le perturbazioni delle comete.
Il primo di questi magistrali successi spinse il re di Sardegna, nel 1776, a pagare a Lagrange le spese di un viaggio a Parigi e a Londra.
Tuttavia, a Parigi, per colpa di un banchetto troppo copioso dato in suo onore, Lagrange si sentì poco bene e fu costretto a rimanere nella capitale francese per un po' di giorni, durante i quali conobbe illustri intellettuali, fra cui il futuro amico l'Abbé Marie.
Il 6 novembre 1766, Lagrange fu calorosamente accolto a Berlino da Federico II di Prussia e questi lo fece insediare come successore di Eulero all'interno dell'Accademia di Berlino.
Lagrange rimase a Berlino fino alla morte del sovrano, occorsa il 17 agosto 1786.
Successivamente accettò il cordiale invito di Luigi XVI a continuare i suoi lavori a Parigi, come membro dell'accademia francese.
Da questo momento in poi, il matematico rimase a Parigi, muovendosi sempre con prudenza, soprattutto nel periodo della Rivoluzione, per non rischiare di incorrere in guai politici o peggio, di essere ghigliottinato!
Persino Napoleone Bonaparte rimase veramente colpito dal talento di Lagrange, tanto da nominarlo senatore, conte dell'impero e Grande ufficiale della Legion d'onore, e definirlo "l'alta piramide delle scienze matematiche".
L'ultimo sforzo di Lagrange fu la progettazione di una seconda edizione ampliata e revisionata della Meccanica analitica, quando aveva ormai più di 70 anni.
Ma il suo corpo era debole, stanco, soggetto a frequenti svenimenti.
Il suo supplizio terminò all'alba del 10 aprile 1813, quando morì alla veneranda età di 76 anni.
Adesso andiamo a scoprire, come promesso, il teorema di Lagrange, detto anche teorema del valor medio.
Vi fornisco innanzitutto l'enunciato: se f è una funzione continua in un intervallo [a, b] e derivabile in (a, b) allora esiste (almeno) un punto c ∈ (a, b) tale che:





Ora cerchiamo di dimostrarlo!
Consideriamo la seguente immagine:


















Nel grafico è presente la funzione f insieme ad una retta passante per i punti A (a, f(a)) e B (b, f(b)), appartenenti anche alla funzione stessa.
Ricordiamo che l'equazione di una retta passante per 2 punti è:




Andiamo quindi a sostituire le coordinate dei punti A e B nella suddetta equazione:





Portando l'equazione in forma esplicita, ossia isolando la y nel primo membro, otteniamo:






Dunque il valore [f(b)-f(a)]/[b-a] che riscontriamo nell'enunciato del teorema di Lagrange corrisponde alla pendenza (coefficiente angolare) della retta AB.
Ora consideriamo una funzione ausiliaria, pari alla differenza tra f e l'equazione della retta AB:





La funzione g(x) ha 3 caratteristiche facilmente verificabili:

1) è continua (nel modo più semplice possibile, una funzione è continua se nel disegnare il suo grafico non è necessario mai staccare la penna o matita dal foglio) su [a, b];
2) è derivabile su (a, b);
3) g(a) = g(b) = 0

Queste 3 condizioni ci permettono di utilizzare un altro importante teorema dell'analisi matematica, il teorema di Rolle, il quale infatti afferma che: data una funzione f continua in [a, b] e derivabile in (a, b), con f(a) = f(b), allora esiste (almeno) un punto c ∈ (a, b) tale che la derivata prima di f nel punto c è pari a 0.
In simboli: f'(c) = 0.
Applicando Rolle alla situazione precedente, troviamo che deve esistere per forza un punto c interno all'intervallo (a, b) tale che g'(c) = 0.
Quindi, innanzitutto deriviamo i 2 membri dell'espressione della funzione g(x):




Ora, rifacendoci al teorema di Rolle, otteniamo:





ossia:




Abbiamo dimostrato il teorema di Lagrange!
La conseguenza fondamentale del teorema di Lagrange risiede nel seguente criterio di monotonia (una funzione è monotòna quando cresce o decresce) concernente il grafico di una funzione.
A causa del teorema di Lagrange, infatti, presa una funzione f continua in [a, b] e derivabile in (a, b), ne consegue che: 
  • se, per ogni x ∈ (a, b), la derivata prima della funzione è maggiore-uguale a 0 (f'(x) ≥ 0), allora la funzione f è crescente in [a, b]; 
  • se, per ogni x ∈ (a, b), f'(x) ≤ 0, allora f è decrescente in [a, b].

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