mercoledì 8 settembre 2021

L'ABC DEL PATH INTEGRAL E DEL WORLDLINE FORMALISM

Abbiamo già avuto modo in passato di accennare brevissimamente al concetto di path integral (o, se volete, integrale sui cammini) qui.
Dato che in questo periodo sto lavorando ad una tesi (che magari condividerò qui in futuro) assai attinente a tal concetto, volevo provare a fornire ai lettori del blog un'introduzione a tale importante nozione leggermente più ampia di quanto precedentemente fatto, che si focalizzi sugli aspetti che non richiedono immensi prerequisiti per la comprensione ed anche sull'interessante origine storica di tale concetto, oltre che su uno sviluppo relativamente recente come il worldline formalism.
Incominciamo dicendo che l'approccio della meccanica quantistica basato sui path integrals venne sviluppato da Richard Feynman (1918-1988) nella sua tesi di dottorato del 1942, scritta sotto la supervisione nientemeno che di John Archibald Wheeler (1911-2018), noto, tra le altre cose, anche per aver coniato nel 1967 il termine "buco nero".
Alcuni anni dopo, Feynman pubblicò un articolo fondamentale (Space-time approach to non-Relativistic Quantum Mechanics, datato 1948) e pure un celebre libro, assieme ad Albert R. Hibbs (Quantum Mechanics and Path Integrals, datato 1965), circa la suddetta tematica.
Il grande merito di Feynman in tal ambito fu quello di riuscire a dar vita a una formulazione della meccanica quantistica in cui lo "spazio-tempo" giocasse un ruolo essenziale e non solo lo spazio di Hilbert, come nella versione tradizionale della meccanica quantistica.
Il fondamento di tale approccio innovativo si basava su un concetto già ben noto in meccanica classica, ovvero quello di azione, che in termini matematici è un funzionale (abbiamo già parlato qui di tale nozione). 
In simboli possiamo scrivere l'azione $S[x(t)]$ come:






dove $x(t)$ denota una qualsivoglia traiettoria (non necessariamente classica) compresa tra $(x_0, t_0)$ e $(x_1, t_1)$, $\dot{x}(t)$ è la derivata rispetto al tempo di $x(t)$, mentre $\mathcal{L}$ è la Lagrangiana del sistema.
Feynman pervenne nello specifico alla seguente formula fondamentale:





Messa così, alla stregua di un inizio in medias res letterario, il lettore non troppo esperto potrebbe non capire molto dell'ultima rilevante equazione.
Don't worry, procediamo con calma!
L'esponenziale in questione lo avete già visto in forma molto simile nel vecchio post; l'unica differenza qui è che manca totalmente la presenza della costante di Planck $\hbar$.
Perché?  
No, non è che a Feynman stesse antipatico Planck e abbia deciso di trollare tutta la comunità scientifica eliminando la celebre costante universale; semplicemente, in certi ambiti della fisica teorica (come la teoria quantistica dei campi), non è così insolito ricorrere alle cosiddette unità naturali, cioè porre per esempio la semplificazione (senza perdita di generalità) $c = \hbar = 1$, cosa che rende più compatte le formule in cui originariamente compare la velocità della luce $c$ e la costante di Planck $\hbar$.
In altre parole, il vero esponenziale precedente sarebbe $e^{\frac{i}{\hbar}S[x(t)]}$, ma, avendo posto $\hbar = 1$, si riduce semplicemente a ciò che leggete sopra.
Passiamo ora a $\mathcal{D}[x(t)]$. Che diavolo rappresenta?
Innanzitutto, il fatto che sia un'espressione che ha un argomento racchiuso tra parentesi quadre dovrebbe subito farvi intuire che si tratta di un funzionale (se fosse stata una tradizionale funzione avreste letto $\mathcal{D}(x(t))$.
Diciamo che complessivamente l'espressione $\int_{(x_0,t_0)}^{(x_1,t_1)} \mathcal{D[x(t)]}$ indica un'integrazione funzionale corrispondente approssimativamente ad una somma su tutte le traiettorie comprese tra $(x_0,t_0)$ e $(x_1,t_1)$.
Ciò che generalmente si fa con la formula fondamentale fornita in precedenza è inserire una traiettoria in $e^{iS[x(t)]}$, calcolare tale quantità e "sommare" ciò alla medesima espressione con una traiettoria differente e continuare in tal modo per tutte le traiettorie comprese tra $(x_0,t_0)$ e $(x_1,t_1)$.
Questo discorso dovrebbe rendere palese il motivo per cui tale metodo si chiama integrale sui cammini (path integral).
Rimane da capire cosa sia $\mathcal{K}(x_1,t_1; x_0,t_0)$. 
Qui dovrete purtroppo accontentarvi di sapere che il suddetto oggetto matematico si chiama propagatore ed è l'analogo della funzione di Green che troviamo spesso nell'ambito dell'elettrodinamica. 
Si potrebbe infatti dimostrare la relazione strettissima (sono praticamente la stessa cosa) sussistente tra propagatore e funzione di Green, ma ciò andrebbe ben oltre gli scopi divulgativi del presente post.
Chiaramente si potrebbe anche fornire una derivazione rigorosa (per esempio sfruttando la cosiddetta formula di Trotter) della formula fondamentale fornita precedentemente in modo secco, ma anche ciò oltrepassa il livello di trattazione che ci siamo qui prefissati.
Un'interpretazione maggiormente "concreta" e divulgativa del concetto di path integral si deve allo stesso Feynman, che nel libro del 1965 prima citato ha fatto riferimento al famoso esperimento della doppia fenditura e lo ha generalizzato a un sistema di schermi con un numero infinito di fenditure aperte e chiuse.
Se adesso volessimo calcolare l'ampiezza di transizione (in parole semplici, la grandezza che caratterizza il passaggio da un certo stato quantico iniziale ad uno finale) da un certo $x_0$ ad $x_1$, cioè la funzione d'onda $\psi_{x_0,x_1}$, allora dovremmo scrivere

$\psi_{x_0,x_1} = \sum_{(\mathrm{cammini})} \psi_{cammino},$

dove "cammino" serve ad etichettare l'ampiezza associata ad una configurazione di schermi con solo una fenditura aperta attraverso cui il cammino passa.
Naturalmente, alla fine i cammini possibili saranno tutti quelli tra $x_0$ e $x_1$ perché stiamo assumendo che gli schermi abbiano infinite fenditure.
Tutto ciò fornisce pertanto un'interpretazione fisica del perché i cammini, anche se li trattiamo solo come dei simboli o etichette, contribuiscono alle ampiezze di transizione.
Vediamo una splendida illustrazione tratta da Wikipedia:









 


Ora che i rudimenti essenziali della nozione di path integral dovrebbero esservi (spero) abbastanza chiari, è interessante compiere un breve resoconto storico della provenienza del suddetto concetto, che sarebbe assolutamente sbagliato associare soltanto al nome di Feynman, nonostante i suoi indiscussi straordinari meriti.
Solitamente la nozione primitiva di path integral viene riferita al lavoro di Norbert Wiener (1894-1964), il quale rese familiari, nei primi anni '20 del XX secolo, gli integrali di Wiener utili per la risoluzione di problemi nell'ambito della diffusione e del moto browniano
A quei tempi, come constatò lo stesso Wiener nell'articolo Differential space del 1923, l'integrazione in infinite dimensioni era un problema decisamente non molto studiato.
Infatti, con l'eccezione di alcuni studi compiuti da M. R. Fréchet (1878-1973) ed E. H. Moore (1862-1932), praticamente tutto ciò che era stato prodotto riguardo al suddetto argomento si doveva unicamente a R. E. Gâteaux (1889-1914), P. Lévy (1886-1971), P. J. Daniell (1889-1946) e, naturalmente, da Wiener stesso.
Va pure detto che nel 1924 Gregor Wentzel (1898-1978) presentò 2 interessanti articoli ove anticipava le caratteristiche essenziali del metodo di Feynman attraverso l'implementazione di una precisa struttura matematica che si avvicinava enormemente alle più tardive scoperte di Feynman.
Ma perché le idee di Wentzel vennero praticamente ignorate dalla comunità scientifica?
Il motivo potrebbe sembrare stupido, ma purtroppo è reale: il titolo del suo primo articolo!
Infatti esso era denominato Zur Quantenoptik, il che fece sembrare che il proprio articolo fosse inerente solamente al campo dell'ottica e non avesse l'importanza generale che invece possedeva.
Successivamente, negli anni '30, mentre stava ricercando una sorta di "geometrizzazione" della meccanica quantistica, il francese Adolphe Buhl (1878-1949), notato dal filosofo Gaston Bachelard (1884-1962), è giunto davvero vicinissimo a forgiare il concetto di path integral.
Molto vicino ci andò pure il famosissimo P. A. M. Dirac (1902-1984).
Infatti costui, attorno al 1932-1933, si propose di riformulare la meccanica quantistica partendo dal formalismo lagrangiano piuttosto che da quello comune hamiltoniano, un'idea decisamente promettente.
A detta di Dirac, la meccanica quantistica venne sviluppata in origine basandosi sull'analogia con la teoria hamiltoniana della meccanica classica.
Tuttavia egli riteneva che l'approccio lagrangiano fosse superiore giacché nella teoria hamiltoniana non sussisteva alcun principio di azione e, peraltro, l'approccio lagrangiano aveva il vantaggio di poter essere espresso facilmente in modo relativistico, mentre quello hamiltoniano risultava essenzialmente non relativistico.
Ma la questione non è finita qui, perché lo sviluppo del path integral non terminò con i contributi già menzionati all'inizio di Feynman.
A tal proposito va aggiunto che nel 1950 Feynman incominciò una serie di articoli fondamentali che posero le basi per l'elettrodinamica quantistica (QED) e la teoria quantistica dei campi (QFT), articoli in cui, tra le altre cose, comparvero i famosi diagrammi di Feynman, utilissimi per determinare le ampiezze di scattering in ambito particellare.
Ma sussistono ulteriori metodi (oltre a quello tradizionale basato sui suddetti diagrammi), come lo spinor-helicity method (il lettore interessato ed esperto e/o coraggioso può vedere per esempio qui) e il worldline formalism, che relegano i diagrammi ad un ruolo molto più marginale.
Il nome di quest'ultimo approccio (in italiano "formalismo linea di mondo") deriva dal fatto che, in tale approccio, i diagrammi di Feynman vengono rimpiazzati da una rappresentazione basata proprio su path integrals effettuati su una certa funzione, che definisce una linea inserita nello spazio-tempo.
In particolare, questa funzione può esser considerata come una parametrizzazione dell'intera storia della particella puntiforme.
Per capire l'origine storica del worldline formalism, torniamo al mitico Feynman.
Costui, mentre lavorava su quanto prima descritto, riuscì a sviluppare pure una rappresentazione della matrice S in QED basata su path integrals di particelle relativistiche, in sostanza un primo uso del metodo worldline!
È tuttavia singolare notare come il brillante fisico diede molta poca importanza a tale particolare approccio, relegandolo addirittura nelle appendici di 2 suoi articoli.
Oltretutto, per svariati anni non venne fatto praticamente alcun uso essenziale della rappresentazione basata sugli integrali sui cammini.
Con l'eccezione di una notevole applicazione datata 1982 (Pair Production at Strong Coupling in Weak External Fields) da parte di I. K. Affleck e colleghi, bisognò attendere i primi anni '90 affinché l'importanza del worldline formalism nelle teorie di campo venisse riconosciuta, quantomeno per certe tipologie di calcolo.
Ci furono, nello specifico, i lavori pionieristici di Bern e Kosower (Efficient calculation of one loop QCD amplitudes, datato 1991, e The computation of loop amplitudes in gauge theory, datato 1992), i quali derivarono il metodo partendo dalla teoria delle stringhe e considerando il limite di tensione di stringa infinita, e poi quello di Strassler (Field theory without Feynman diagrams: One-loop effective actions, datato 1992), che invece sviluppò un originale approccio in grado di estendere il formalismo a teorie di campo maggiormente generali. 
Va sottolineato infine che la ricerca teorica che fa uso del worldline formalism è ancora tutt'oggi attiva!  
Per non farci mancare una chiusura musicale del post, dato che abbiamo parlato di "cammini", vi propongo la canzone Camminando, camminando (1999), interpretata dalla magnifica voce di Anna Oxa.

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Fonti essenziali per i dettagli storici:

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