mercoledì 5 gennaio 2022

CALCOLO DEL PROPAGATORE SCALARE IN CAMPO EM COSTANTE TRAMITE GLI INTEGRALI SUI CAMMINI DI FEYNMAN

Solo pochi mesi fa vi proponevo un articolo (cliccate qui per leggerlo) in cui ho cercato di introdurre, il più dolcemente possibile, il non banale concetto di integrale sui cammini (in inglese noto come path integral), sviluppato nell'ambito della meccanica quantistica da Richard Feynman nella sua tesi di PhD del 1942. 
Abbiamo anche analizzato un po' di storia di tale fondamentale concetto e accennato al cosiddetto “worldline formalism”.
Tutti questi argomenti estremamente interessanti sono stati il nocciolo della mia tesi di laurea triennale in Fisica (grazie alla quale mi sono laureato il 10 dicembre 2021), svolta con sommo piacere sotto la supervisione del Prof. Olindo Corradini (grande esperto di fisica teorica, oltre che straordinaria persona dal punto di vista didattico e umano) dell'Università di Modena e Reggio Emilia, intitolata Computation of the scalar propagator in a constant electromagnetic field using Feynman path integrals
Di seguito rendo disponibile la visione della suddetta tesi.

È scritta interamente in lingua inglese, con l'eccezione del Capitolo 4, volto a fornire un breve riepilogo degli aspetti essenziali in lingua italiana.
Trattasi di una tesi che naturalmente richiede dei buoni/ottimi prerequisiti di partenza di matematica e fisica (in particolare di meccanica quantistica e relatività ristretta) per poter essere letta con una buona/ottima comprensione.
Nel Capitolo 1 ho cercato, in primis, di introdurre quello che è il concetto protagonista della tesi, cioè il propagatore, partendo dalla sua strettissima relazione con la funzione di Green.
Ho poi ricollegato il tutto con la nozione di path integral, fornendo anche riferimenti storici, che avevo già accennato nel post prima linkato.
Dopodiché ho proposto una derivazione del concetto di path integral che si basa sostanzialmente sulla formula di Baker-Campbell-Haussdorff (inerente agli esponenziali degli operatori) e sulla formula di Trotter.
Alla fine del Capitolo 1 è stato analizzato un caso relativamente semplice, ma decisamente istruttivo, che è quello della particella libera non relativistica.
Nel Capitolo 2 sono partito dall'illustrare brevemente cosa si intenda per worldline formalism e, subito dopo, ho cercato di estendere quanto visto nel Capitolo 1 al caso relativistico.
Per far questo sono stati introdotti concetti assai rilevanti come quello di einbein e di gauge fixing.
Il Capitolo 3 è stato sicuramente quello più impegnativo dal punto di vista della realizzazione e probabilmente lo è anche dal punto di vista di un lettore esterno.
Se l'inizio è pressoché accessibile a chi possieda soltanto un buon bagaglio di fisica classica di livello universitario, dato che vengono richiamati concetti dell'elettrodinamica classica visti da una prospettiva un po' particolare, il salto verso l'elettrodinamica quantistica (abbreviata QED) richiede un formalismo più avanzato.
Si introducono infatti rotazioni di Wick, cambiamenti di variabile, condizioni al contorno particolari, la scelta del gauge di Fock-Schwinger e si arrivano a introdurre svariate funzioni di Green worldline "bosoniche".
Tutto questo solamente per affrontare il caso basilare del calcolo del propagatore scalare in campo elettromagnetico costante.
Ulteriori complicazioni giungono andando a considerare cosa succede se "mettiamo nella mischia" anche $N$ fotoni con i propri momenti e polarizzazioni generici.
L'ultima analisi è stata compiuta circa l'ampiezza di transizione, calcolabile a partire dall'espressione finale del propagatore che si è rinvenuta nella tesi, e sul collegamento con il fenomeno dello scattering Thomson (di cui abbiamo parlato in modo classico poco tempo fa proprio sul nostro blog; cliccate qui).
Questo è dunque ciò che potete aspettarvi a grandi linee nei capitoli che compongono il mio lavoro.
Posso fare però di più per il lettore particolarmente interessato, esperto e/o coraggioso.
Innanzitutto condivido la presentazione completa preparata per la discussione della suddetta tesi nell'esame di laurea.

Andrò ora a spiegare ciascuna slide singolarmente (un po' come se stessi risostenendo il mio esame di laurea), in modo che il lettore possa ricostruire meglio il filo logico che lega la tesi, con maggiori dettagli rispetto alla descrizione molto sommaria e informale che ho svolto poco fa.
Prima di iniziare, ricordo che nella tesi è stato fatto uso delle unità naturali, pertanto $\hbar = c = 1$, e di conseguenza anche le formule che osservate nella presentazione tengono conto di ciò; non spaventatevi dunque di vedere formule, che magari ben conoscete dalla meccanica quantistica, senza la presenza della mitica $\hbar$.
Bando alle ciance!
















Come già detto, il concetto protagonista della tesi è il propagatore.
È ben noto, per chi abbia sostenuto almeno un esame di meccanica quantistica (da ora abbreviata MQ) o letto dei libri di livello universitario a riguardo, che in MQ l'evoluzione temporale di un generico stato viene fornita andando ad applicare l'operatore di evoluzione $\mathcal{U}$ ad un ket $| \psi(t_0) \rangle$ per ottenere $| \psi(t) \rangle$.
Ora, proiettando ciò sulla base delle posizioni e inserendo la decomposizione dell'identità in termini di $| x' \rangle$, si ottiene l'espressione della funzione d'onda $\psi(x,t)$ scritta alla stregua di un integrale in $\mathrm{d}x'$, il cui kernel è fornito proprio dal propagatore $\mathcal{K}$.
Esso va a soddisfare l'equazione di Schrödinger dipendente dal tempo ed è strettamente legato alla funzione di Green.
In particolare, ciò che si arriva a constatare è che il propagatore non è altro che la funzione di Green dell'equazione di Schrödinger dipendente dal tempo con un'appropriata condizione al contorno, ben specificata da una funzione a gradino di Heaviside.
Un caso notevole analizzato nella tesi è quello del propagatore $\mathcal{K}_f$ di particella libera non relativistica, la cui formula (che vedete in basso in blu) è composta da una quantità costante (la radice quadrata) e dall'esponenziale di una quantità che è sostanzialmente l'azione classica moltiplicata per l'unità immaginaria $i$.
Passiamo alla seconda slide.















Come già detto, il discorso fatto si può ricollegare ad un altro importante concetto che è quello di path integral.
Sviluppato come approccio innovativo alla MQ da Feynman nella sua tesi di dottorato del 1942 (e in successivi suoi contributi), potete notarne la relazione col propagatore nella formula evidenziata in blu.
Abbiamo sostanzialmente, nel secondo membro, un integrale che tiene conto della somma di tutti i possibili cammini comprese tra $(x_0, t_0)$ e $(x_1,t_1)$.
Va anche detto che già qualche decennio prima erano stati realizzati rilevanti lavori concernenti gli integrali sui cammini (e argomenti affini).
In particolare, ci fu la visione illuminante di Dirac, che sostenne l'importanza dell'approccio lagrangiano nella MQ e scrisse a tal proposito nel 1933 un articolo, The Lagrangian in quantum mechanics, ove, tra le altre cose, descrisse un'azione andando a prendere due intervalli di tempo vicini, ossia $t$ e $t + \epsilon$, e considerando 2 configurazioni generiche $q_1(t)$ e $q_2(t)$.
Tale articolo rappresentò una fondamentale lettura per il giovane Feynman, che lo prese a riferimento per il suo successivo straordinario contributo all'argomento e ricavò, tra le altre cose, quella costante segnalata nella prima slide, ovvero $\sqrt{\frac{m}{2 \pi it}}$.
Passiamo alla terza slide.




    









Come facciamo ad estendere il discorso all'ambito relativistico?
Potremmo far riferimento all'approccio tradizionale della quantum field theory (QFT), basato sui famosi diagrammi di Feynman.
Esistono tuttavia metodi alternativi, ma equivalenti, tra cui appunto il cosiddetto worldline formalism.
L'utilizzo del worldline formalism permette di scrivere l'azione relativistica, in forma covariante, di una particella libera attraverso la prima formula in blu, nella quale segnalo che $\eta_{\mu \nu}$ è la metrica di Minkowski e $\tau$ è diventato il parametro di integrazione.
Tale azione è invariante di Lorentz ed invariante sotto azione del gruppo di Poincaré, ma presenta un problema decisamente non banale: nella forma in cui appare non è molto maneggevole nei calcoli.
Per ovviare a tale inconveniente si può cercare di rendere l'azione quadratica attraverso l'introduzione di un campo aggiuntivo, il cosiddetto einbein $e$, il quale permette di scrivere la cosiddetta azione di Brink - Di Vecchia - Howe (la formula in in basso in blu ne riporta l'espressione nello spazio delle configurazioni).
Passiamo alla quarta slide.


 













Naturalmente è possibile scrivere l'azione di Brink - Di Vecchia - Howe anche nello spazio delle fasi.
Specifico che $H_0 = p^2 + m^2$.
Adesso siamo pronti per fare una supposizione per il path integral, riportata nella slide.
Essa è però imprecisa. Perché?
Perché scritto in tal modo noi non stiamo imponendo alcuna restrizione a quell'integrale e, dunque, si rischierebbe di sommare su configurazioni fisicamente equivalenti, il che non va affatto bene!
Per fortuna viene in nostro soccorso una procedura nota come gauge fixing, che si manifesta nel nostro caso imponendo che valga $2T = \int_{0}^{1} \mathrm{d}\tau \, e$, dove $T$ è il parametro temporale di Schwinger.
Porre tale condizione porta, con qualche passaggio, alla formula in cui potete vedere (in un denominatore) questo fattore $|G|$. Che cosa rappresenta?
Esso rappresenta il volume del gruppo di gauge per cui dobbiamo dividere in modo appunto da ovviare al problema di sommare su configurazioni fisicamente equivalenti.
Se poi consideriamo il caso del campo elettromagnetico costante, allora la scelta più opportuna si rivela essere il gauge di Fock-Schwinger, il quale porta ad una scelta del potenziale $A^{\mu}(y)$ che risulta legata ad un'altra nozione molto rilevante: quella di tensore elettromagnetico $F^{\mu \nu}$.
Passiamo alla quinta slide.





 








La slide appena riportata mostra appunto l'importanza di $F^{\mu \nu}$ e del suo duale.
In particolare, $F^{\mu \nu}$, nella sua forma estesa (cioè nella rappresentazione matriciale), è una matrice ove sulla diagonale principale sono presenti tutti 0 mentre gli altri slot sono occupati da termini del campo elettrico $E$ e del campo magnetico $B$.
Da questo discorso è possibile determinare poi quella che è un'importante "condizione di integrabilità", ossia l'identità di Bianchi (così chiamata in onore del matematico italiano Luigi Bianchi).
Integrando infatti la suddetta identità si può ricavare la formula evidenziata in blu, la quale va a descrivere $F_{\mu \nu}$ in termini di particolari derivate.
Specifichiamo che $\partial_{\mu} \equiv \frac{\partial}{\partial x^{\mu}} = \left ( \frac{\partial}{\partial x^{0}}, \nabla \right)$, ove $x^{\mu} = (ct, \vec{x})$.
Naturalmente, aver introdotto nel discorso il campo elettromagnetico (ma andrebbe bene anche un qualsiasi campo vettoriale abeliano) ci consente di riscrivere l'azione per una particella relativistica riprendendo semplicemente l'azione di Brink - Di Vecchia - Howe e aggiungendo il termine $q \dot{x}^{\mu} A_{\mu}$.
Passiamo alla sesta slide.
















Si entra finalmente nel nocciolo della questione, iniziando a parlare di QED scalare.
Nella slide si parte da quello che è il propagatore per un campo reale scalare (formula in alto a sinistra), che poi altro non è che la funzione di Green per l'equazione di Klein-Gordon, famosa equazione d'onda relativistica.
Applicando una rotazione di Wick, ossia un procedimento matematico che consiste sostanzialmente nel compiere una rotazione di $- \frac{\pi}{2}$, nel piano complesso, di alcune coordinate, si arriva a quella che è la rappresentazione worldline del propagatore relativistico di una particella scalare nello spazio euclideo (formula blu in alto a destra).
Volendo andare più nel dettaglio, viene compiuto un importante cambiamento di variabile, che porta a scrivere $x^{\mu}(\tau)$ come la somma della traiettoria classica $x^{\mu}_{cl}(\tau)$ e della variabile fluttuante quantistica $q^{\mu}(\tau)$, la quale deve rispettare la condizione al contorno $q(0) = q(T) = 0$.
Un po' di passaggi dove, tra le altre cose, facciamo riferimento anche delle condizioni al contorno di Dirichlet (DBC), portano ad un'espressione del propagatore, che possiamo poi traslare nello spazio dei momenti attraverso il celebre procedimento di trasformata di Fourier.
Faccio notare sin da ora l'importante presenza del termine $\frac{1}{p^2 + m^2}$ nell'ultima formula blu (in basso). Tenetelo bene a mente, perché lo rivedremo tra pochissimo.
Passiamo alla settima slide.














Questo discorso introduttivo sulla QED è stato fatto sino ad ora in modo generale.
Adesso non resta che accoppiare la particella scalare ad un campo elettromagnetico arbitrario.
Come è modo di procedere consueto in fisica, partiamo dal caso più semplice del calcolo del propagatore in campo EM costante, cioè quello in assenza di fotoni, scegliendo il già menzionato gauge di Fock-Schwinger.
Nel corso della tesi è stato comodo far ricorso a condizioni al contorno che derivano dalla teoria delle stringhe e, nello specifico, si è introdotta una serie di funzioni di Green worldline "bosoniche" per trattare varie situazioni piuttosto tecniche.
Ciò che però è davvero rilevante constatare è che si è pervenuti alla formula blu (in basso nell'ultima slide riportata), ove notiamo l'introduzione di una fondamentale matrice $\mathcal{Z}$, a cui presteremo molta attenzione.
Passiamo all'ottava slide.













Innanzitutto abbiamo osservato che quel particolare determinante è legato alla Lagrangiana di Heisenberg-Euler.
Perché tale Lagrangiana è così degna di menzione? Beh, essa ha rappresentato uno dei primi risultati non banali nella storia della QED.
Se ora riprendiamo l'ultima formula fornita per $D^{xx'}(F)$ e utilizziamo nuovamente la trasformata di Fourier, otteniamo alla fine quella che è l'espressione del propagatore scalare in un campo EM arbitrario nello spazio dei momenti.
Teoricamente potrebbe essere sufficiente fermarsi qui, ma nella tesi sono andato un passettino oltre.
Mi sono concentrato sul termine $D(p,F)$, cioè un integrale ove notiamo immediatamente la presenza di diversi termini espressi in funzione della matrice $\mathcal{Z}$.
Come si sviluppa questo termine $D(p,F)$?
Lo vediamo nella seguente slide.













Abbiamo fatto uso di sviluppi in serie di Taylor, oltre che del teorema binomiale (nel caso di esponente generale) e di proprietà del determinante, per arrivare a riscrivere $D(p,F)$ come un integrale che è sostanzialmente formato da 3 termini distinti (trascurando i termini di ordine successivo, la cui presenza è denotata dai puntini).
Passiamo alla prossima slide.
















Adesso dovreste aver capito perché premevo di fare attenzione al fattore $\frac{1}{p^2 + m^2}$ che appariva qualche slide fa. È un calcolo già effettuato e che quindi non dobbiamo ripetere in questa fase più avanzata del discorso!
Per quanto concerne i 2 termini restanti ho dedotto invece una formula generale che permetta il calcolo di quel tipo di integrali, in qualunque forma appaiano.
È a questo punto semplice scrivere quella che è l'espressione di $D(p,F)$.
Non abbiamo tuttavia ancora terminato.
Avevo detto che sinora abbiamo considerato il caso in cui ci sia assenza di fotoni.
Se adesso "vestiamo" il propagatore con $N$ fotoni e ci concentriamo sul rilevante caso $N = 2$, otteniamo un'espressione specifica (quella nella parte in basso della slide).
La cosa più significativa, comunque, resta il fatto che l'espressione di $D(p,F)$ risulta alla fine composta (trascurando i fattori che fanno da accompagnamento) da un termine cubico e da un termine quartico in $\frac{1}{p^2 + m^2}$.
Segue l'ultima slide.















La considerazione conclusiva è data dal fatto che, grazie a quanto abbiamo fino rinvenuto, è spontaneo andare a calcolare l'ampiezza di transizione $\mathcal{M}^{(2)}(p,F)$.
Nello specifico, si pone $p \rightarrow p + k$, ove $k$ è il momento del fotone e si sceglie un sistema di riferimento opportuno per analizzare fenomeni di scattering, che è quello di laboratorio, dove $p^{\mu} = m(1, \vec{0})$.
In sostanza resta solo la parte temporale, mentre la parte spaziale è fornita dal vettore nullo.
Con tali accorgimenti, il termine cubico viene soppresso, mentre quello quartico risulta dominante.
Una volta ottenuta l'espressione definitiva dell'ampiezza di transizione, è possibile ricondursi al calcolo della sezione d'urto differenziale di Thomson "semplicemente" prendendone il modulo quadro e facendone la media sulle polarizzazioni, come evidenziato nell'ultima formula (evidenziata in blu).
Naturalmente, come evidenziato nelle conclusioni vere e proprie della tesi, quanto analizzato potrebbe essere esteso al caso spinoriale e al caso dello spazio-tempo curvo, ma trattasi di discorsi ancora più complessi di quelli appena affrontati.

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