sabato 26 maggio 2012

VITA E SCOPERTE DI UN GRANDE PREMIO NOBEL: NIELS BOHR

"La sua influenza sull'attuale ricerca teorica e sperimentale è superiore a quella di chiunque altro fisico".
Queste sono le parole che Werner Heisenberg usa per ricordare Niels Bohr nel momento della sua commemorazione funebre.
Tale asserzione potrebbe sembrare gonfiata di proposito, dato che espressa in occasione di un funerale, ma non è così: Heisenberg non era solito far uso di esagerazioni; ciò che aveva asserito lo pensava veramente.
D'altronde, Niels Bohr è stato uno dei fisici più importanti e straordinari della prima metà del XX secolo.

Certamente, al grande pubblico, la figura di Einstein è più nota e, a quest'ultimo, vengono riconosciute scoperte sensazionali, rivoluzionarie, ma Bohr non è assolutamente da meno.
Ripercorriamo la vita e le scoperte principali del grande fisico danese, uno dei padri della Meccanica Quantistica.
Niels Henrik David Bohr nacque il 7 ottobre 1885 in Ved Stranden 14, una delle residenze più sontuose di Copenaghen.
Il padre, Christian Bohr, era l'autorevole professore di fisiologia (candidato pure al Nobel per le sue ricerche sulla respirazione) all'Università di Copenaghen, di cui fu persino rettore nel biennio 1905-06; la madre, Ellen Adler, proveniva da una famiglia di ricchi banchieri ebrei.
Sintetizzando, Bohr era membro di una famiglia di alto rango sociale.
Niels non era figlio unico: infatti, aveva una sorella maggiore di nome Jenny e un fratello minore, Harald, destinato a diventare un grande matematico.
Poco tempo dopo che Niels venne messo alla luce, la famiglia decise di trasferirsi in un appartamento dell'Università in Bredgade 62, ove egli avrebbe vissuto fino all'età della laurea.
Da ragazzo, Niels era molto alto, forte e un po' attaccabrighe (in qualche occasione prese a botte i compagni di scuola!).
Volete sapere come andava a scuola?
Nei primi annimanteneva un buon profitto, ma non era un secchione (in particolare, le lingue non erano il suo forte)!
Tuttavia, sin da piccolo, mostrava una predisposizione per le materie scientifiche.
I fratelli Bohr cominciarono realmente a farsi notare alla scuola media e, nel 1904, quando Niels aveva 19 anni e Harald 17, un loro compagno di scuola li designò come "geni".
Niels era molto bravo anche nello sport e, in particolar modo, nel calcio (il fratello era perfino più talentuoso ed era divenuto famosissimo come calciatore)!
Appassionati di calcio (e non solo), le prossime righe vi piaceranno sicuramente!
Sussiste infatti una simpatica storiella su Niels Bohr e il calcio.
Mettetevi comodi!













A seguito della nomina come professore a Copenhagen, Bohr, accondiscendendo alle usanze tipiche danesi, si presentò a un'udienza pubblica del Re, con indosso tight e guanti bianchi, da non togliere nel momento di stringere la mano al sovrano.
Immaginatevi la scena: Bohr, vestito di tutto punto, incontra il monarca Cristiano X, avente un'aria militaresca e piuttosto rigida.
Le cose proseguirono in tal modo: dopo le doverose presentazioni, il Re affermò di essere compiaciuto di incontrare il celebre calciatore Bohr.
A tale asserzione, Bohr rispose con un'affermazione di questo genere: "Mi spiace, ma temo che Vostra Maestà si riferisca a mio fratello".
Il Re non prese molto bene queste parole, in quanto le regole prevedevano che nessuno potesse in alcun modo contraddire il sovrano durante una pubblica udienza.
Pertanto, Cristiano X riformulò nuovamente la sua frase, asserendo quanto fosse compiaciuto e così via.
Bohr, come d'altronde chiunque si fosse trovato in una situazione così grottesca, iniziò a sentirsi in grande disagio; sicché egli rispose di essere effettivamente un calciatore, ma di avere un fratello che, invece, era il famoso calciatore.
Al che, il Re disse: "Audiensen er forbi", ovvero "l'udienza è conclusa".
Alla fine, Bohr cominciò a congerdarsi - pensate un po' - camminando all'indietro alla stregua di un gambero, per rispettare l'etichetta!!!!
Ritorniamo al nostro racconto biografico.
Nel 1903, Bohr andò all'Università di Copenaghen, scelse Fisica come disciplina principale, Astronomia, Chimica e Matematica come materie secondarie, ed ebbe come mentore il professor Christian Christiansen (1843-1917), il più eminente fisico danese del tempo.
Una simpatica curiosità: il suo professore di Chimica riferisce che Bohr non era secondo a nessuno nel fare a pezzi i contenitori di vetro.
"Oh, dev'essere Bohr" sembra abbia esclamato un giorno in cui il laboratorio fu scosso da esplosioni!
Dal faceto torniamo al serio!
Bohr compì diverse esperimenti nel laboratorio del padre (d'altronde l'Università non disponeva di laboratori di Fisica) relativi ad alcune proprietà dei fluidi, fra cui la tensione superficiale (per spiegazioni in merito alla Meccanica dei Fluidi si veda l'articolo "Meccanica dei fluidi: le bolle di sapone"), al fine di partecipare a un concorso su tale tematica proposto dall'Accademia delle Scienze danese, nel 1905.
L'articolo che ne risultò (e che gli valse il premio) venne dettato a Harald, primo esempio di una consuetudine che il fisico avrebbe mantenuto per tutta la sua esistenza, ossia svolgere il lavoro in prima persona lasciando tuttavia l'onere della scrittura ad altri!
Negli anni successivi Bohr abbandonò la fisica sperimentale per concentrarsi su quella teorica.
Nel 1910 conseguì la laurea specialistica; nel maggio 1911 discusse la tesi di dottorato e, pensate un po', un giornale rilevò che l'uditorio era costituito in gran parte da calciatori!
Il titolo della tesi era "Studi sulla teoria elettronica dei metalli", ed essa designava un'estensione della teoria classica di cui Hendrik Antoon Lorentz era stato il pioniere.
Molto interessante è la seguente affermazione di Bohr presente all'interno della sua tesi:

"Non pare possibile, allo stadio attuale di sviluppo della teoria elettronica, spiegare, a partire da questa teoria, le proprietà magnetiche dei corpi."

In tal passo, Bohr allude all'impossibilità di spiegare in termini classici alcuni paradossi collegati al cosiddetto effetto Hall, dal nome del fisico statunitense Edwin Hall (1855-1938), che lo scoprì nel 1879.
Riporto la descrizione di un altro Premio Nobel, Richard Feynman (che lo ottenne nel 1965), concernente l'effetto Hall:

"Senza dubbio, è una cosa piuttosto strana che in una sostanza, in cui gli unici oggetti relativamente liberi sono degli elettroni, ci sia una corrente elettrica dovuta a delle lacune che si comportano come delle particelle positive. Vogliamo perciò descrivere un esperimento che mostra in modo piuttosto chiaro e definitivo che il segno dei portatori di corrente elettrica è positivo. Supponiamo d'avere un blocco di materiale semiconduttore (andrebbe bene anche un metallo) e di sottoporlo a un campo elettrico in modo da far scorrere una corrente in una qualche direzione, per esempio quella orizzontale, com'è disegnato in figura. 










Supponiamo, inoltre, di porre il blocco in un campo magnetico ortogonale alla corrente, tale che il campo entra nel piano della figura. I portatori in movimento saranno sottoposti a una forza magnetica q(v × B). Poiché la velocità media di deriva è diretta verso destra o verso sinistra a seconda del segno della carica dei portatori, la forza magnetica media nei portatori potrà essere diretta sia verso l'alto sia verso il basso. Errore! Se infatti la corrente e il campo magnetico sono diretti come abbiamo assunto in partenza, la forza magnetica sulle cariche in moto sarà sempre diretta verso l'alto. Cariche positive che si muovano nella direzione di j (verso destra) subiranno una forza diretta verso l'alto. Se invece la corrente è dovuta al moto di cariche negative, quest'ultime si spostano verso sinistra (fissato il segno della corrente di conduzione) e subiscono di conseguenza ancora una forza diretta verso l'alto. In condizioni stazionarie [ossia quando le grandezze in gioco non dipendono dal tempo], tuttavia, non c'è alcun moto verso l'alto delle cariche, perché la corrente può fluire solo da sinistra a destra. Quel che succede è che un piccolo numero di cariche fluisce inizialmente verso l'alto, dando luogo a una densità superficiale di carica lungo la faccia superiore del semiconduttore, mentre una densità superficiale uguale e opposta si forma sulla faccia inferiore. Le cariche si accumulano sulle superfici superiore e inferiore finché le forze elettriche, che esse producono sulle cariche in movimento, cancellano esattamente (in media) la forza magnetica, e la corrente stazionaria continua a scorrere orizzontalmente. Le cariche che stanno sopra e sotto il cristallo producono una differenza di potenziale verticale lungo quest'ultimo, che può essere misurata con un voltmetro ad alta resistenza. Il segno della differenza di potenziale rivelata dal voltmetro dipenderà dal segno dei portatori responsabili della corrente.

  









La prima volta che esperimenti di questo tipo vennero effettuati ci si aspettava che la differenza di potenziale risultasse negativa, come dovrebbe essere se la conduzione fosse dovuta agli elettroni negativi. Perciò, tutti rimasero profondamente sorpresi nel trovare che alcuni materiali presentavano un segno opposto per la differenza di potenziale. Sembrava che il portatore di corrente fosse una particella carica positivamente...In origine, la scoperta del segno anomalo della differenza di potenziale nell'effetto Hall fu fatta non in un semiconduttore, ma in un metallo. Si era sempre supposto che nei metalli la conduzione fosse causata dagli elettroni: ma si trovò, invece, che per il berillio la differenza di potenziale aveva il segno sbagliato."

Dopo questa brillante descrizione di Feynman sull'effetto Hall, dovreste aver capito perché Bohr avesse scritto quell'asserzione nella sua tesi di dottorato.
La suddetta tesi rappresenta probabilmente il preludio di Bohr al forte interessamento nei confronti della Meccanica Quantistica, a cui aveva dato il via Max Planck nel 1900.
La cosa che potrà sorprendere molti è che il fratello Harald era ritenuto da molti intellettualmente più dotato, tanto che egli conseguì il dottorato in Matematica un anno prima che Niels ottenne quello in Fisica, pur essendo quest'ultimo più grande di 2 anni!
Nel frattempo, nel 1909 era occorso un importante evento nella vita privata di Bohr: in quell'anno aveva incontrato per la prima volta colei che diventerà la futura moglie: Margrethe Nørlund, sorella del matematico Niels Erik Nørlund.
Le loro nozze si celebrarono il 1° agosto del 1912.
Sussiste un bel commento di Richard Courant inerente al rapporto tra Niels e Margrethe:

"Qualcuno si è chiesto quali fortunate circostanze abbiano contribuito a rendere la vita di Niels così ricca di successi. Credo che nessuna componente della sua vita sia stata determinata dalla fortuna, ma fosse profondamente radicata nella sua personalità...Non la fortuna, ma la profondità del suo acume, gli permisero negli anni giovanili di scoprire sua moglie che ebbe un ruolo decisivo nel rendere possibile tutta la sua attività, personale e scientifica."

Nel settembre 1911 Bohr giunse in Inghilterra e, in particolare, si recò al Laboratorio Cavendish di Cambridge, con la speranza di lavorare sotto la guida dello scienziato Premio Nobel nel 1906 per la scoperta dell'elettrone, non altri che Joseph John Thomson.
Sembra che il loro primo incontro sia avvenuto in cotale maniera: Bohr entra nell'ufficio di Thomson, apre il libro "Conduzione dell'elettricità attraverso i gas" (scritto proprio da Thomson), indica col dito una certa formula e asserisce, mantenendo un tono cortese: "Questa è sbagliata"!
Alcuni anni dopo, ripensando al suddetto episodio, Bohr affermò:

"Fu una delusione constatare che a Thomson non interessava affatto scoprire che i suoi calcoli erano errati. Fu anche colpa mia. Non parlavo molto bene l'inglese e perciò non sapevo come esprimermi. Riuscii soltanto a dire: "Questo è sbagliato". Ma lui non era interessato a questa accusa...Thomson era un genio, che mostrò a tutti la giusta via. Quindi, un certo giovanotto avrebbe potuto comportarsi un po' meglio."   

L'evento di questo periodo che scosse profondamente la vita di Bohr fu sicuramente l'incontro, nel marzo 1912 a Manchester, con un'altra eminente figura, insignita nel 1908 del Nobel (anche se per la Chimica), trattasi di Ernest Rutherford.
Rutherford rappresentò infatti la figura scientifica più importante nella vita di Bohr, non solo perché, con la scoperta del nucleo atomico, spianò la strada alle fondamentali ricerche di Bohr, ma pure perché lo stile personale e scientifico di Rutherford lo influenzarono profondamente, tanto che una volta avrebbe asserito: "Per me è stato quasi come un secondo padre".
Proprio nel laboratorio di Rutherford, a Manchester, Bohr cominciò quella serie di ricerche che lo avrebbero condotto alla fama mondiale.
Innanzitutto, elenchiamo quali sono i punti chiave del modello atomico di Rutherford, che Bohr prenderà come punto di partenza per pervenire a una nuova e rivoluzionaria teoria atomica:
  • gli atomi sono costituiti per la maggior parte da vuoto;
  • l'atomo possiede un nucleo decisamente piccolo e compatto, carico positivamente, avente un ordine di grandezza di 10−15 m;
  • gli elettroni, situati alla periferia dell'atomo, ruotano liberamente intorno al nucleo a determinate distanze da esso. La forza centripeta necessaria a un simile moto è ovviamente rappresentata dall'attrazione elettrostatica sussistente tra nucleo ed elettrone. Spostandoci nella prospettiva dell'elettrone, la forza centrifuga provocata dalla sua velocità è uguale e opposta all'attrazione del nucleo.
Il suddetto modello vi fa pervenire alla mente qualcosa?
Direi che è facile notare come sia analogo al modello dei pianeti che girano intorno al Sole; ecco il motivo per cui il modello atomico di Rutherford è anche chiamato modello planetario.
Cerchiamo di esprimere in formule ciò che abbiamo appena detto.
In primis, sappiamo che nel modello di Rutherford vale la seguente fondamentale relazione:




Bene, come abbiamo fatto già diverse altre volte, dobbiamo cercare di trasformare questa espressione generale in una più specifica.
Come procediamo?
È molto semplice!
Sappiamo intanto che la forza elettrica è fornita dalla nota legge di Coulomb:




Nel caso non sapeste come esprimere la forza centrifuga, proviamo ad arrivarci!
Sappiamo che il secondo principio della dinamica ci dice che F = ma.
Dunque, una forza è espressa dalla relazione appena scritta.
Per ricavare una relazione migliore, dobbiamo stabilire un'espressione più precisa dell'accelerazione con cui abbiamo a che fare.
Supponiamo che gli elettroni percorrano orbite circolari (d'altronde è ciò che afferma il modello di Rutherford).
Prendete a riferimento la seguente immagine.
 














Dovreste percepire che un moto circolare è bidimensionale, ovvero abbiamo bisogno, per descrivere la posizione di una particella che si muove su una circonferenza (attraverso delle leggi orarie), delle componenti x e y in funzione del tempo: x(t) e y(t).
Chiamiamo φ l'angolo compreso tra il vettore posizione (cioè quello che ci fornisce appunto la posizione del corpo unidimensionale percorrente la circonferenza, in funzione del tempo, e che equivale, in modulo, al raggio R della circonferenza) P(t) - O e l'asse x.
Allora possiamo scrivere le leggi orarie in tal modo:




 Se il moto è uniforme, allora vale la seguente relazione lineare:




ove:

- ω è la cosiddetta velocità angolare, definita come ω = 2π/T, dove T = periodo (tempo che impiega la particella a compiere un giro completo);
- α designa il valore iniziale dell'angolo, cioè φ(0).

Possiamo allora riscrivere le leggi orarie nel seguente modo:



Quello che interessa a noi è l'accelerazione; pertanto, dobbiamo derivare (sfruttando la regola della catena) 2 volte le precedenti espressioni.
In primo luogo, la velocità sarà data da:







Se volessimo calcolare il modulo del vettore velocità, dovremmo semplicemente fare la somma dei quadrati delle 2 componenti della velocità, il tutto sotto radice quadrata:




Dovreste sapere che, in una circonferenza con centro nell'origine, x² + y² = R².
Ergo, possiamo riscrivere l'espressione precedente come:



Ora deriviamo le componenti della velocità al fine di rinvenire quelle dell'accelerazione:





 Come fatto prima, andiamo a calcolarci il modulo dell'accelerazione:






Sfruttando il fatto che





e sostituendo questa espressione della velocità angolare nell'equazione illustrante il modulo dell'accelerazione, otteniamo che:





Ecco, per definire la forza centrifuga ci basta prendere la formula F = ma e sostituire il termine generico di accelerazione con l'espressione scritta sopra:





Bene, abbiamo finalmente definito la relazione che esprime la forza centrifuga!
Ne consegue che la condizione di equilibrio alla base del modello atomico di Rutherford è la seguente:





C'erano però dei grossi problemi alla base della teoria di Rutherford.
Il modello era decisamente incompatibile con la fisica classica, in quanto, secondo le leggi dell'elettrodinamica, l'elettrone sarebbe dovuto cadere nel nucleo.
Lo stesso Rutherford più volte aveva menzionato il problema della stabilità del suo modello.
Peraltro, era noto che gli atomi avevano tutti la medesima dimensione e non sussisteva niente all'interno delle idee di Rutherford in grado di spiegare tutto ciò.
Le prime riflessioni di Bohr concernenti tale argomento sono contenute in un memorandum inviato a Rutherford il 6 luglio 1912: in esso, Bohr sottolinea che, per ovviare ai paradossi che tale modello atomico comportava, non bisognava poggiarsi sulla fisica classica, bensì cercare un sostegno nella giovane teoria dei quanti.
Già alcuni giorni prima, precisamente mercoledì 19 giugno 1912, Bohr scrisse al fratello: "Caro Harald, forse ho scoperto qualcosa sulla struttura degli atomi. Non parlarne con nessuno".
Da precisare che le ipotesi di Bohr non erano originali, a differenza di quelle di Planck, che non ha avuto alcun antesignano: infatti, il fisico Arthur Erich Haas, il matematico John William Nicholson e il chimico Niels Bjerrum avevano avuto l'idea di introdurre il quanto di azione nei modelli atomici, tuttavia senza grandi risultati.
Nel febbraio 1913, Bohr capì che, per raggiungere gli obiettivi prefissati, gli occorrevano i dati spettroscopici.
Ne conseguì un articolo, pubblicato nel luglio 1913, che segnò l'inizio della dinamica quantistica.
L'informazione fondamentale di cui era in possesso era la magnifica congettura formulata da Johann Balmer, un insegnante svizzero, il quale, nel 1885, aveva trovato che le frequenze dello spettro dell'idrogeno rispondono alla seguente formula:





dove:
  • n = 1,2,3....(numero intero);
  • m = numero intero maggiore di n;
  • R = costante di Rydberg = 3,2916 × 10-15 sˉ¹.
Torniamo all'articolo di Bohr e scopriamo i suoi 3 postulati fondamentali.

1° POSTULATO

Nell'atomo, un elettrone che gira attorno al nucleo positivo può occupare solamente determinate traiettorie discrete di energia En (con n=1,2,3...).
Tali traiettorie sono chiamate stati stazionari.

2° POSTULATO

Nell'atomo, gli elettroni che si muovono lungo gli stati stazionari non emettono radiazione.
Nel caso ci fosse il passaggio di un elettrone da un livello energetico n a un altro livello m inferiore, viene emessa dell'energia sotto forma di un fotone, equivalente a:


 

ove:

- Em = livello energetico m;
- En = livello energetico n;
- h = costante di Planck = 6,6262 × 10-34 J ∙ s;
- Δν = frequenza del quanto di luce emesso dall'elettrone durante il salto da un livello all'altro.

Equivalentemente, per portare un elettrone dal proprio livello energetico a un livello superiore, viene assorbito un fotone di energia ΔE.
L'atomo non è quindi costretto a emettere in continuazione energia a causa dell'accelerazione radiale dei suoi elettroni; l'energia viene rilasciata soltanto nel caso di un passaggio dell'elettrone dal proprio livello ad uno più basso.

3° POSTULATO

Il momento della quantità di moto (o momento angolare) di un elettrone, definito come il prodotto della quantità di moto mv per il raggio R, può assumere nell'atomo solamente valori discreti.
In altre parole, esso risulta quantizzato ed è un multiplo della costante di Planck diviso per 2π.
Detto in altri termini, il momento angolare è un multiplo della costante di Planck ridotta




Scriviamo dunque l'espressione descrivente il momento angolare dell'elettrone:





dove n è un numero intero, rappresentante il cosiddetto primo numero quantico.
Abbiamo visto che gli elettroni possono ruotare attorno al nucleo solo in determinate orbite e con determinati valori del momento angolare.
Pertanto, sia il raggio dell'orbita che il momento della quantità di moto risultano quantizzati.
Bohr applicò questi suoi postulati sul più semplice atomo possibile: l'idrogeno semplice o prozio.
Il suddetto atomo ha la particolarità di possedere un singolo protone, intorno a cui gira un elettrone.
Come ben noto, queste particelle elementari hanno cariche uguali e opposte:

- il protone possiede carica positiva;
- l'elettrone ha invece carica negativa.

Questa carica fondamentale si indica con e, il cui valore è approssimativamente:



Ne consegue che l'elettrone avrà carica -e, mentre il protone sarà dotato di carica +e.
Ora riprendiamo la condizione di uguaglianza tra forza elettrica e forza centrifuga:





Possiamo adesso andare a sostituire alle 2 cariche generiche (q1 e q2) la carica fondamentale e del protone e dell'elettrone:





Ricordiamo che R è il raggio dell'orbita, m è la massa dell'elettrone, mentre v è la sua velocità.
Ora, facendo una serie di manipolazioni sulla formula precedente, possiamo ricavarci anche l'energia cinetica (ricordo che è definita come Ec = 1/2 mv²):





Possiamo scrivere l'energia cinetica anche in un altro modo, tenendo conto della definizione di energia potenziale elettrostatica U(r), che è:





Ergo, l'energia totale dell'elettrone sarà:




Dunque, ogni variazione di energia totale ΔE comporta una variazione di energia potenziale (ΔE = ΔU/2) e perciò anche una variazione del raggio dell'orbita.
Tenendo conto dei postulati di Bohr, possiamo esprimere le relazioni concernenti l'equilibrio tra forza centrifuga ed elettrica, e l'energia totale dell'elettrone nei seguenti modi.
Partiamo dalla condizione di equilibrio:





Ho rinominato il raggio rn per far capire che dipenderà dal numero quantico n.
Anzi, a dir la verità, quello che vogliamo trovare, mediante i seguenti passaggi, è proprio il raggio.
Sappiamo innanzitutto che:



Ricaviamoci la velocità, in modo da andarla a sostituire nella condizione di equilibrio:
















Dopo tutti questi passaggi, abbiamo che:




Nel caso n = 1 (ovvero nel caso sussista la più piccola distanza dell'elettrone dal nucleo dell'atomo di idrogeno), allora il raggio avrà valore:




Tale minuscola distanza viene comunemente designata come raggio di Bohr.
Se andiamo a sostituire l'espressione ricavata del raggio nella seguente formula, descrivente l'energia totale dell'elettrone:






otteniamo:





Perciò, anche l'energia è quantizzata e dipendente da n!
Il suo valore minimo si ha ovviamente quando n = 1 ed è Etot = -13,6 eV (elettronvolt).
Il modello atomico di Bohr fu discusso pubblicamente per la prima volta il 12 settembre 1913 alla 83° riunione annuale della British Association for the Advancement of Science (BAAS), tenuta quell'anno a Birmingham.
Bohr era uno degli spettatori, assieme a J.J. Thomson, Rutherford, Lorentz, Curie e molti altri.
In particolare, Thomson non accettava la quantizzazione dell'atomo, ritenendola non necessaria.
James Jeans, eminente fisico dell'epoca, che scrisse [non posso esimermi dal riportare tale informazione] peraltro nel 1937 un'opera intitolata "Scienza e Musica", manifestava apertamente il suo dissenso verso la teoria di Bohr: in un intervento davanti all'affollata sala, evidenziò che l'unica giustificazione di cui il modello di Bohr aveva bisogno era "quella decisiva del successo".
Nel resto d'Europa, la visione quantistica dell'atomo fu accolta con scetticismo.
Ad esempio, Max von Laue, durante un'accesa discussione, affermò fermamente: "È una totale assurdità! Le equazioni di Maxwell sono valide in tutte le circostanze. Un elettrone su un'orbita circolare deve emettere radiazione."
Addirittura, Paul Ehrenfest confessò a Lorentz che l'atomo di Bohr lo aveva "ridotto alla disperazione"!
Questi asserì anche che "se questa è la via per raggiungere la meta, devo rinunciare a fare fisica".
Nonostante questo, la pubblicazione della rivoluzionaria opera da parte di Bohr diede nuova linfa vitale allo sviluppo della teoria quantistica, tanto che Rutherford scrisse: "l'intero settore che versava in uno stato di totale abbandono, ora è disperatamente affollato".
Ecco un piccolo elenco di quello che Bohr fece negli anni successivi:
  • formulò il principio di corrispondenza: in poche parole, esso ci dice che per grandi lunghezze d'onda la sua teoria risulta in accordo con la meccanica classica e l'elettrodinamica;
  • riuscì a prevedere il rapporto fra le costanti di Rydberg dell'elio e dell'idrogeno ionizzati singolarmente, valore consonante con gli esperimenti fino a 5 cifre significative;
  • descrisse le regole di selezione per transizioni elettriche dipolari;
  • dimostrò (cosa molto importante) che le proprietà chimiche degli elementi risultano fortemente determinate dalla configurazione del guscio di elettroni più esterno, scoperta che lo fece diventare il fondatore della chimica quantistica.
Bohr mantenne l'incarico a Manchester sino al 1916, quando fu richiamato in patria, a Copenaghen, allo scopo di fargli occupare la cattedra di Fisica teorica.
La fama di Bohr si diffuse sempre più rapidamente: nel 1920 fu invitato in Germania, dove conobbe personalità del calibro di Planck e Einstein.
Intanto, la sua attività scientifica assumeva conformazioni sempre più particolari: la sua modalità di lavoro consisteva spesso nel compiere interminabili discussioni in cui si necessitava un interlocutore.
Si trattava di una sorta di metodo socratico in cui Bohr sviluppava le sue idee durante il dialogo.
Tra i vari interlocutori di Bohr, citiamo:

- Paul Dirac;
- Wolfgang Pauli;
- Werner Heisenberg;
- George Gamow;
- Lev Landau;
- Oscar Klein.

Non so se vi rendete conto, ma gli interlocutori di Bohr che ho citato sarebbero quasi tutti divenuti Nobel per la Fisica, o comunque, avrebbero effettuato scoperte fondamentali in ambito scientifico. 
Tra l'altro, il 3 marzo 1921 fu formalmente inaugurato a Copenaghen il suo Istituto di Fisica teorica (in seguito Istituto Niels Bohr), che aveva come sommo obiettivo quello di formare i giovani, sia per quanto concerne i metodi e i risultati della scienza, sia sul piano prettamente sperimentale.
Uno degli eventi più importanti nella vita di Bohr è ovviamente dato dalla vincita (pienamente meritata) del Nobel, avvenuta nel 1922.
Ma, nel marzo 1927 ci fu uno scossone per le fondamenta della Fisica: Heisenberg aveva enunciato il principio di indeterminazione, che aveva dato una bella mazzata al determinismo della fisica classica.
Nello stesso anno e precisamente il 16 settembre 1927, al congresso internazionale di Como in onore di Alessandro Volta, Bohr enunciò per la prima volta l'importante principio di complementarità, il quale afferma che, durante un esperimento, non è mai possibile riscontrare contemporaneamente l'aspetto ondulatorio e corpuscolare di una particella elementare.
Riflettete un po': il principio di complementarità è alquanto paradossale.
Un fisico classico avrebbe asserito che se una particella si comporta, in un esperiemento, alla stregua di un'onda, allora è escluso che possa essere anche un corpuscolo, e viceversa.
Per un teorico dei quanti, al contrario, il dualismo onda-corpuscolo è totalmente lecito; quando eseguiamo un esperimento, magari, vediamo l'aspetto ondulatorio, mentre, con un esperimento differente, potremmo scrutare l'aspetto corpuscolare: le 2 concezioni non si escludono a vicenda!
Si può asserire che, con l'intervento del 1927 di Bohr, la logica della fisica quantistica così come la conosciamo oggi è giunta a compimento.
Fu poi Heisenberg che coniò il termine "der Kopenhagener Geist", lo spirito di Copenaghen, per designare quella che diventerà l'interpretazione più famosa della Meccanica Quantistica.
Un mese dopo l'evento occorso a Como, Bohr prese parte al congresso Solvay di Bruxelles.
Questa fu l'occasione in cui Einstein iniziò a manifestare delle profonde perplessità nei confronti della teoria quantistica, note al grande pubblico specialmente attraverso l'emblematica frase: "Dio non gioca a dadi!".
Proporrei adesso, per concludere la trattazione, di andare a scoprire brevemente gli ultimi anni della vita di Bohr.
Possiamo intanto affermare che all'età di 60 anni era ancora in piena forma, tanto che riusciva a salire le scale 2 gradini alla volta!
Inoltre, raggiunse un ruolo di spicco all'interno della società: lui e Margrethe vengono frequentemente indicati addirittura come la seconda famiglia reale danese.
Il giorno del suo settantesimo compleanno (1955) persino il Re e la Regina si recano a porgergli i loro auguri, e il Primo Ministro tiene un discorso encomiastico sul fisico alla nazione.
Gli ultimi anni, Bohr li passò continuando a scrivere sulla complementarità, tenendo svariati interventi pubblici e viaggiando spesso.
Domenica 18 novembre 1962, Niels Bohr esalò l'ultimo respiro, a causa di un attacco cardiaco nella propria residenza di Carlsberg.
Le ceneri di Bohr vennero sepolte nel sepolcro di famiglia del cimitero Assistens Kirkegaard a Copenaghen.
Vorrei porre fine al suddetto articolo, riportando uno splendido passo dal libro Faust a Copenaghen di Gino Segrè:

"Bohr fu il più amato fisico teorico del XX secolo. Sì, amato. Rispetto e ammirazione erano sentimenti che i giovani fisici avevano per tutte queste grandi figure, ma l'amore è differente. Il termine appare costantemente nelle biografie che parlano di Bohr...Uno dei fattori che contribuirono a sviluppare questo sentimento era la sua assoluta mancanza di presunzione o arroganza. Non vi era traccia in lui di ambizione personale o professionale, per quanto, forse, nessuno di loro ne avesse davvero bisogno. Erano tutti consapevoli della propria statura intellettuale, ma Bohr mostrava più degli altri un'innocenza quasi infantile. Inoltre, Bohr contribuì senza riserve ad aiutare i suoi colleghi nel lavoro e nella vita. Sono innumerevoli gli esempi di persone che devono a lui la propria posizione, la propria carriera e, a volte, perfino la propria sopravvivenza. Aveva una sensibilità particolare nel comprendere le difficoltà altrui, nel sapere come e quando intervenire, e soprattutto come trovare una soluzione...Il bisogno di socialità che caratterizzava Bohr era evidente anche nei momenti di riposo, durante le sciate, le uscite in barca, una semplice passeggiata, nel giocare o andare al cinema. Bohr faceva sentire gli altri desiderati, perché aveva effettivamente bisogno della loro compagnia. Bohr fu certamente un grande uomo e non aveva secondi fini, ma fu il coinvolgimento costante di coloro che gli erano attorno il fattore principale dell'amore che queste persone provavano nei suoi confronti."   



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Fonti principali (rappresentanti delle letture caldamente consigliate):

- Ritratti di scienziati geniali di Abraham Pais;
- Personaggi e scoperte della Fisica di Emilio Segrè;
- Quantum di Manjit Kumar;
- Faust a Copenaghen di Gino Segrè;
- Entanglement di Amir D. Aczel;
- Il bizzarro mondo dei quanti di Silvia Arroyo Camejo;
- La Fisica di Feynman, 3° volume (Meccanica Quantistica).

5 commenti:

  1. Splendido post per un personaggio straordinario!:)

    Complimenti, Leo!

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  2. Grazie mille Annarita!! Sono felice che tu abbia apprezzato tale post! Mi ci è voluta una buona porzione di tempo per portarlo a termine, ma ne è valsa proprio la pena!!!

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  3. Bellissimo. Una vera miniera di notizie ... da saccheggiare per le mie lezioni. Grazie Leonardo :D

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    1. Grazie mille Margherita!!! Sono contento che questo articolo possa rappresentare una buona fonte per le tue lezioni!! :)

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