Benvenuti alla 7ª edizione del (non) Carnevale della Fisica, primissima edizione di questa nuova kermesse ospitata su Scienza e Musica!
Trattasi di un Carnevale un tantino differente dal classico Carnevale scientifico, infatti nel suddetto caso non sono i partecipanti a inviare i loro contributi, bensì è il curatore dell'edizione a selezionare un singolo articolo per ciascun blogger di cui vorrà segnalare un interessante contributo relativo alla fisica.
Non essendoci un tema specifico da seguire, ci si potrebbe aspettare che non ci sia un'introduzione al Carnevale.
Beh, volendo fare qualcosa di originale, non ci sarà la classica introduzione "chilometrica" sul tema prescelto (usuale nei Carnevali ospitati su Scienza e Musica), ma avremo comunque una (spero) degna introduzione, aspetto che dovrebbe sempre (quando possibile) essere presente in un Carnevale scientifico.
Incominciamo dicendo che in questo 2015 si festeggiano i 100 anni dall'avvento della rivoluzionaria relatività generale, teoria ideata da Einstein per spiegare la gravità come curvatura della spazio-tempo sotto l'effetto delle masse.
L'equazione che riassume i risultati che Einstein ottenne è nota come equazione di campo di Einstein ed è quella che segue:
A proposito della suddetta fondamentale formula, Roger Penrose ha scritto un mirabile saggio contenuto all'interno del libro Equibrio perfetto, a cura di Graham Farmelo.
Mettetevi comodi e pronti alla lettura, dato che ve ne riporto un significativo e corposo passo:
"La teoria della relatività generale di Einstein introdusse una rivoluzione straordinaria nella nostra comprensione del mondo fisico. Eppure essa non ebbe origine dai risultati di esperimenti e osservazioni, ma fu semplicemente un prodotto dell'intelligenza e dell'immaginazione di un grande teorico. Fu quindi una rivoluzione che si pose in forte contrasto con l'idea convenzionale di come dovrebbe aver luogo una rivoluzione scientifica: in una tale ottica tradizionale una visione del mondo accettata in precedenza verrebbe rovesciata solo da un accumulo abbastanza impressionante di dati d'osservazione in contraddizione con essa. Nel XX secolo si verificarono in effetti alcune straordinarie rivoluzioni in fisica fondamentale, ognuna delle quali condusse a una profonda revisione di princìpi basilari e al rovesciamento di concezioni precedenti sulla natura della realtà fisica...In senso lato, nella fisica del XX secolo ci furono 2 rivoluzioni fondamentali distinte. La prima fu la relatività, che si occupò della natura dello spazio e del tempo, e la seconda fu la teoria quantistica, che concentrò la sua attenzione sulla natura della materia. Ma la teoria stessa della relatività comportò quelle che potremmo chiamare 2 rivoluzioni, le quali vanno sotto i nomi rispettivi di "relatività ristretta" e di "relatività generale". La relatività ristretta si occupa delle strane modificazioni che si devono apportare alla fisica newtoniana quando dei corpi viaggiano a velocità prossime a quella della luce, modificazioni in virtù delle quali le coordinate dello spazio e del tempo si trasformano misteriosamente le une nelle altre, conducendo alla nozione combinata di spazio-tempo. Questa teoria ebbe origine essenzialmente dalle difficoltà di osservare un "etere" onnipresente, che avrebbe definito uno stato assoluto di quiete. Questa difficoltà emerse in modo clamoroso nell'esperimento di Michelson e Morley (1887), che tentarono di misurare la velocità della Terra attraverso l'etere, fornendo contro ogni attesa un risultato nullo. Questo e altri esperimenti analoghi resero sempre più difficile mantenere una visione newtoniana dello spazio e del tempo. La rivoluzione della relatività ristretta fu preparata dall'opera di vari scienziati: George Fitzgerald, Joseph Larmor, Hendrik Lorentz, Henri Poincaré, Albert Einstein e Hermann Minkowski. Io credo che dovrebbe essere perciò considerata un esempio di rivoluzione del tipo "convenzionale", nel senso che furono principalmente gli esperimenti a fare allontanare i teorici dal piano generale newtoniano (anche se l'aproccio di Einstein verso la relatività ristretta non fu particolarmente fondato su esperimenti). La stessa teoria quantistica ebbe una base sperimentale molto più vasta di quella della relatività ristretta. I fisici furono in effetti costretti a introdurre tale nuova teoria per rendere ragione del comportamento della materia a scale molto piccole quando si trovarono di fronte a un corpus di dati d'osservazione che erano in grave conflitto con le comuni idee newtoniane. Di contro, sembrava quasi che Einstein avesse tratto dal nulla la teoria generale della relatività - con la sua descrizione della gravità come effetto della “curvatura della spazio-tempo” piuttosto che dalla forza gravitazionale di Newton -, quando nulla sembrava richiedere un tale nuovo punto di vista rivoluzionario. Ancora alla fine dell'Ottocento il bel sistema della gravitazione universale di Newton, con la sua legge della proporzionalità inversa della forza al quadrato della distanza, era in mirabile accordo con l'osservazione, con una precisione dell'ordine di una parte su 10 milioni. Persistevano sì alcune anomalie minori, che però infine risultarono essere conseguenze di errori di osservazione o di calcolo, o del fatto di non avere tenuto conto di qualche perturbazione. Be', non proprio tutte: qualcosa di non ancora spiegato completamente rimaneva infatti in piccoli dettagli del moto del pianeta Mercurio. La cosa, però, non turbava più di tanto gli astronomi del tempo, e si riteneva che un'analisi più accurata della situazione avrebbe risolto anche questo problema apparentemente minore senza bisogno di abbandonare il sistema newtoniano. Sembrava che, sul piano dell'osservazione, nessuno si aspettasse davvero che la teoria di Newton non sarebbe bastata. Einstein, però, si era fatto guidare da una percezione della gravità molto diversa da quella di Newton. Non furono dati d'osservazione a influire sul suo pensiero. O forse quest'affermazione non è del tutto esatta. Egli si fondò in realtà su un elemento d'osservazione, ma non del Novecento o dell'Ottocento, e neppure del Settecento o del Seicento. Quel che disturbava Einstein era stato ben stabilito da Galileo verso la fine del Cinquecento (ed era stato osservato da altri anche prima), ed era una parte familiare della fisica gravitazionale accettata. Per più di 4 secoli il vero significato dell'osservazione di Galileo era rimasto ignorato. Einstein lo vide però con occhi nuovi, e solo lui ne percepì il significato nascosto. Esso lo condusse alla concezione straordinaria secondo cui la gravitazione sarebbe un carattere della geometria dello spazio-tempo curvo, e produsse un'equazione di un'eleganza e semplicità geometrica senza precedenti. Eppure il calcolo delle sue implicazioni presentava enormi difficoltà tecniche, anche se i risultati sarebbero stati quasi indistinguibili da quelli di Newton. Occasionalmente però se ne sarebbero differenziati, e dalla teoria di Einstein sarebbero discesi nuovi effetti degni di nota. In un caso la precisione della teoria di Einstein faceva riscontrare un progresso di un fattore di circa 10 milioni su quella di Newton! Ma che cosa significa [l'equazione che governa la relatività generale riportata prima]?...Le quantità nel membro di sinistra si riferiscono a certe misure di questa misteriosa “curvatura della spazio-tempo”; quelle del membro di destra riguardano la densità di energia della materia. La famosa equazione di Einstein E = mc² ci dice che l'energia è essenzialmente equivalente alla massa, cosicché i termini nel membro di destra si riferiscono anche alla densità di massa. L'equazione di campo di Einstein ci dice quindi come la curvatura dello spazio-tempo (membro di sinistra) sia connessa direttamente alla distribuzione di massa nell'universo (membro di destra)...Il principio centrale che Einstein ritenne si dovesse includere in un modo fondamentale nella teoria della gravitazione era quello che chiamò il principio di equivalenza. L'ingrediente essenziale di questo principio era in effetti noto già a Galileo alla fine del Cinquecento (e prima di lui a Simone Stevino nel 1586 e ad altri, fino a risalire al commentatore di Aristotele Giovanni Filopono nel V o VI secolo). Immaginiamo che una pietra grande e una piccola, di qualunque sostanza siano composte, vengano lasciate cadere simultaneamente, diciamo, dal campanile pendente della cattedrale di Pisa. Se possiamo ignorare gli effetti della resistenza dell'aria, le 2 pietre cadranno con la stessa velocità e toccheranno il suolo insieme. Immaginiamo di installare sulla pietra più grande una telecamera puntata sulla pietra più piccola. Poiché le 2 pietre cadono esattamente insieme, la videocamera registrerà l'immagine di una piccola pietra che sembra librarsi immobile, quasi sottratta alla gravità. Per le pietre (finché non colpiscono il suolo), la gravità terrestre sembra essere completamente svanita! Quest'osservazione contiene l'essenza del principio di equivalenza. La caduta libera sotto l'effetto della gravità cancella gli effetti locali di questa, cosicché la forza gravitazionale sembra essere svanita. Inversamente, è possibile produrre effetti indistinguibili da quelli della gravità riferendo un oggetto a un sistema di riferimento in accelerazione. Questa gravità apparente dovuta all'accelerazione è un carattere familiare a chi usa i moderni mezzi di trasporto ad alta velocità. Quando un'automobile accelera bruscamente, i suoi occupanti si sentono premuti contro lo schienale del loro sedile come se si fosse manifestata improvvisamente una nuova forza gravitazionale, che attragga gli occupanti dell'autovettura verso la sua parte posteriore. Similmente, se il guidatore fa una frenata improvvisa, gli occupanti sembrano essere attratti verso la parte anteriore dell'automobile. Se la macchina sterza a destra, pare che ci sia una forza gravitazionale che attrae i passeggeri verso sinistra, e via dicendo. Questi effetti sono particolarmente manifesti in aereo, dove spesso durante una manovra è difficile dire in quale direzione si trovi il "basso" - cioè la direzione verso il centro della Terra -, a causa della confusione fra gli effetti dell'accelerazione dell'aereo e la reale gravitazione terrestre. Il principio di equivalenza ci dice che questa confusione è una proprietà fondamentale della gravità. Le leggi fisiche che sembrano operare se le misurazioni vengono prese rispetto a un sistema di riferimento in accelerazione sono esattamente le stesse che operano in un sistema di riferimento non accelerato ma in presenza di un campo di forza gravitazionale appropriato, oltre alle forze già presenti. È opportuno notare che questa proprietà dell'“equivalenza” vale solo per il campo gravitazionale, e non per qualsiasi altro tipo di forza, come per esempio un campo elettrico. In una situazione corrispondente a quella delineata sopra, delle pietre lasciate cadere da un campanile pendente, se la forza di gravità fosse sostituita da forze elettriche, la grandezza dell'accelerazione di un corpo in caduta in un campo elettrico non sarebbe affatto indipendente dalla composizione del corpo. Quest'accelerazione dipenderebbe dal rapporto della carica del corpo alla sua massa. Per considerare un caso estremo, quello di 2 corpi di massa uguale ma con valori di carica opposti (un corpo con carica positiva e l'altro con carica negativa), i corpi sarebbero sollecitati nel campo elettrico da accelerazioni in direzioni opposte! Una telecamera collocata su un corpo non registrerebbe certamente l'altro come immobile relativamente a se stesso. In un campo elettrico la forza che si esercita su un corpo dotato di carica elettrica è proporzionale alla sua carica, mentre la sua resistenza al moto - ossia la sua inerzia - è proporzionale alla sua massa; in un campo gravitazionale, invece, sia la forza che si esercita sui corpi materiali sia la loro resistenza al moto sono entrambe proporzionali alla massa. Nell'ottica della teoria newtoniana, questo fatto sembra del tutto fortuito. L'uguaglianza fra la massa gravitazionale (che controlla l'intensità della forza gravitazionale agente su un corpo) e la massa inerziale (che ne controlla la resistenza alla variazione del moto) non è affatto una richiesta essenziale di una teoria dinamica di tipo newtoniano, ma quest'uguaglianza nel caso della gravità rende le cose un pochino più semplici, dal momento che non ci sono 2 tipi di massa di cui preoccuparsi. Benché queste cose fossero note da molto tempo - fondamentalmente fin dal tempo delle prime riflessioni di Galileo sul moto -, e benché siano state certamente considerate da Newton, Einstein fu il primo a rendersi conto della profonda importanza fisica del principio di equivalenza. In che cosa consisteva questa importanza? Ricordiamo innanzitutto lo sviluppo della relatività ristretta a opera di Einstein. Egli considerò allora il “principio della relatività ristretta” un principio fondamentale. Secondo questo principio, le leggi della fisica sono le stesse per qualsiasi osservatore in moto uniforme (non accelerato). Benché Larmor, Lorentz e Poincaré avessero conosciuto prima di lui le leggi basilari di trasformazione della relatività ristretta, nessuno aveva adottato il punto di vista che fu poi di Einstein, che questo principio di relatività doveva essere fondamentale e perciò osservato da tutte le forze della natura. Il fondamentale atteggiamento “relativistico” di Einstein sull'argomento lo aveva condotto a ponderare sul problema se ci sia effettivamente qualcosa di peculiare nella restrizione al moto uniforme nella formulazione del principio di relatività. Che cosa si poteva dire sul modo in cui le leggi fisiche sono percepite da un osservatore che si muova di moto accelerato? A prima vista, gli osservatori che si muovono di moto accelerato sembrano semplicemente percepire leggi diverse da quelle percepite da osservatori in movimento con moto uniforme. In linguaggio newtoniano, si devono introdurre “forze fittizie” (ossia “non reali”) per compensare gli effetti dell'accelerazione. È qui che interviene il principio di equivalenza. Secondo Einstein, tali forze fittizie non sono meno reali (e neppure più reali) della forza gravitazionale che noi tutti percepiamo e che sembra attrarci verso il centro della Terra. Infatti quando si è in caduta libera (come quando ci si lancia da un aereo prima dell'apertura del paracadute) si ha l'impressione che la forza dell'attrazione terrestre sia come sospesa. Ricordiamo la nostra videocamera immaginaria fissata a una delle pietre in caduta di Galileo. Nel sistema in moto accelerato della videocamera, il campo gravitazionale terrestre sembra scomparso. Pare che esso sia stato reso “fittizio” dal semplice procedimento di riferire delle cose a un sistema di riferimento che è in quiete rispetto alla videocamera. Secondo il punto di vista di Einstein, un osservatore in moto accelerato percepisce le stesse leggi che percepisce un osservatore in moto uniforme purché, in aggiunta a tutte le altre forze in gioco, venga introdotto un nuovo campo di forza gravitazionale appropriato derivante dall'accelerazione. Nell'esempio della videocamera in caduta libera, questo campo aggiunto sarebbe un campo gravitazionale diretto verso l'alto che cancellerebbe esattamente il campo terrestre diretto verso il basso. Nel sistema di riferimento della videocamera, perciò, il campo gravitazionale è stato annullato. In una conferenza tenuta nel 1922 in Giappone, Einstein ricordò il momento in cui gli era venuta questa idea, verso la fine del 1907:
Ero seduto sulla mia sedia nell'Ufficio brevetti quando, a un tratto, mi venne un'idea: “se una persona cade liberamente non sentirà il proprio peso”. Fui sorpreso. Questo semplice pensiero mi impressionò moltissimo, spingendomi verso una teoria della gravitazione.
Altrove Einstein si riferì a questa intuizione come al “pensiero più felice della mia vita”. Esso conteneva infatti il germe della sua mirabile teoria generale della relatività. Con le parole citate, Einstein potrebbe dare l'impressione di avere eliminato del tutto la gravità. Ma non c'è dubbio che un effetto che chiamiamo gravità esiste! Così come non c'è dubbio che i pianeti si muovono in modi che sono ben spiegati dalla teoria newtoniana. E che c'è qualcosa che ci mantiene seduti sulla nostra sedia impedendoci di librarci in aria! Eppure Einstein sembra quasi dirci che la gravità non esiste, se è vero che possiamo sempre eliminare la forza gravitazionale semplicemente scegliendo un sistema di riferimento in caduta libera. Dov'è andata a finire la gravità in questa visione di Einstein? In realtà non è svanita nel nulla, ma è rimasta celata in alcune sottigliezze...Le considerazioni che ho esposto sono essenzialmente locali. Ho ignorato come il campo di forza gravitazionale di Newton potesse variare da un luogo all'altro. La direzione "verso il basso" non è esattamente la stessa a Oxford o a Londra, a causa della diversa posizione delle 2 città sul globo terrestre. Se io cercassi di eliminare il campo gravitazionale qui nel mio studio (a Oxford), il mio sistema di riferimento non funzionerebbe in modo ottimale per qualcuno che si trovasse a Londra. L' “eliminazione” del campo gravitazionale attraverso l'adozione di un sistema in caduta libera non è in realtà una questione semplice."
A seguito di tale strepitosa immersione nella relatività generale einsteiniana, andiamo a celebrare un altro avvenimento.
Oggi, 29 marzo 2015, ricorrono 142 anni dalla nascita del grande matematico e fisico Tullio Levi-Civita.
Figlio dell'avvocato (poi divenuto senatore) Giacomo Levi-Civita e di Bice Lattes, Tullio Levi-Civita nacque appunto il 29 marzo 1873 a Padova, in una famiglia ebrea.
Sin da ragazzo dimostrò un talento eccezionale in matematica.
Scelse infatti di iscriversi alla facoltà di Matematica dell'Università di Padova, ove si laureò nel 1892, a soli 19 anni.
Ebbe come insegnanti nientemeno che Gregorio Ricci-Curbastro (la cui vita e opere son state ben descritte dalla prof Annarita Ruberto in un meraviglioso post sul blog Matem@ticaMente) e Giuseppe Veronese.
Quest'ultimo, nel 1882, aveva pubblicato nei Mathematische Annalen diretti da Klein una memoria fondamentale nell'ambito della geometria proiettiva degli spazi di dimensione superiore (iperspazi).
Corrado Segre scrisse nel 1917 a proposito di tale memoria:
"Con la memoria di Veronese si può dire che la geometria proiettiva di questi spazi è per la prima volta organizzata e svolta sistematicamente, come scienza geometrica, e non come una specie di analisi travestita."
Ritornando a Levi-Civita, egli, subito dopo la laurea, trascorse un periodo a Bologna per perfezionarsi in analisi grazie alla guida di Pincherle e, nel 1897, vinse una cattedra di meccanica razionale all'Università di Padova, nella quale insegnò per oltre 20 anni (anche se furono numerosi i tentativi di convicerlo a spostarsi a Roma, come quello di Guido Castelnuovo nel 1909), i più fruttuosi della sua vita.
In tale periodo così colmo di creatività, Levi-Civita pubblicò oltre 100 lavori spaziando dalla meccanica analitica e celeste, alla teoria dell'elasticità, all'elettromagnetismo e la teoria del calore.
Tuttavia, per quanto fecondi risultarono i contributi nei citati campi, come gli studi inerenti alla stabilità delle soluzioni delle equazioni differenziali e al problema dei 3 corpi, sicuramente nulla può eguagliare per importanza il rivoluzionario articolo scritto in collaborazione con Ricci-Curbastro e pubblicato nel 1900: Méthodes de calcul differéntiel absolu et leurs applications.
Il calcolo differenziale assoluto, scrivevano Ricci e Levi-Civita, risultava capace di "forzare un gran numero di fatti, senza alcun legame apparente a raggrupparsi insieme secondo le loro affinità naturali".
Quel calcolo, il calcolo tensoriale, fu, peraltro, quello che permise ad Einstein di dare un'elaborazione rigorosa alla sua relatività generale.
Levi-Civita ebbe infatti un ruolo cruciale nella corretta formulazione delle equazioni del campo gravitazionale.
Costui e Einstein, nel 1915, si inviarono svariate epistole, corrispondenza riconosciuta da Einstein come la più importante mai capitatagli.
Un ulteriore contributo fondamentale di Levi-Civita al calcolo tensoriale, e alla relatività, è sicuramente la nozione di trasporto parallelo, da lui introdotta nel 1917, e che servì per formulare la legge d'inerzia nella teoria della relatività e costituirà uno strumento di estrema importanza nelle mani di Hermann Weyl ed Élie Cartan.
Attraverso le sue opere, da quelle più tecniche a quelle di carattere divulgativo, tra cui il volume, datato 1928, Fondamenti di meccanica relativistica, Levi-Civita svolse un ruolo chiave nella diffusione della teoria einsteiniana in Italia.
L'apprezzamento di Einstein nei confronti di questo straordinario matematico è stato così profondo, che una volta, a una domanda su cosa gli piacesse di più dell'Italia, rispose: “gli spaghetti e Levi-Civita”!
Direi che possiamo terminare qui l'introduzione ed entrare nella parte clou del Carnevale, ossia andare a osservare la sfilata di articoli che ho selezionato per l'occasione da diversi blog/siti e blogger.
In particolare, ho scelto 26 post, tutti molto interessanti, tra cui ne sono presenti diversi di recente pubblicazione e alcuni più datati.
Ah, dimenticavo, ci saranno delle "pause musicali" che intervalleranno di tanto in tanto i vari articoli (siamo o no su Scienza e Musica?).
Bando alle ciance!
Apriamo le danze con il padrone di casa, l'ideatore del (non) Carnevale, nonché colui che per la quarta volta consecutiva è riuscito a ospitare un magistrale Carnevale della Matematica nel giorno del pi day: Gianluigi Filippelli. Dal suo blog DropSea segnalo un post davvero poliedrico, intitolato "Will Eisner: in viaggio verso la stella di Barnard". Un interessantissimo viaggio a cavallo tra astronomia, genetica e fumetti, che rappresenta un'ottima recensione del graphic novel Vita su un altro pianeta di Will Eisner. Ne riporto un significativo frammento:
"Ciò che ha però reso famosa la stella è una discussione intorno ad alcune anomalie rilevate da Peter van de Kamp nel moto proprio della stella di Barnard. Queste anomalie vennero spiegate da van de Kamp come la presenza di due pianeti in orbita intorno alla stella, uno di massa 1.1 e uno di massa 0.8 masse di Giove.
I principali oppositori di questa teoria furono John L. Hershey e soprattutto Wulff-Dieter Heintz, che mostrarono come van de Kamp fosse in errore nell'interpretazione dei dati.
L'astronomo, però, nonostante tutto continuò a restare fino alla fine fermamente convinto della correttezza della sua teoria, ma anche se oggi si può escludere l'esistenza di pianeti delle masse e dimensioni supposte da van de Kamp, sembrano esserci indizi sulla possibile presenza di pianeti di tipo terrestre(5).
Un altro ingrediente interessante per la storia di questa stella lo aggiunse il Progetto Dedalus che tra il 1973 e il 1977 mirava a realizzare la costruzione di sonde in grado di compiere viaggi interstellari, e il primo obiettivo del progetto, data la sua relativa vicinanza (poco meno di 6 anni luce) era proprio la stella di Barnard.
Tutto ciò rendeva, quindi, questa famosa stella (fatte le opportune modifiche) come il punto d'origine perfetto per la storia che aveva in mente Eisner: un romanzo in parte fantascientifico (almeno per incipit e ispirazione), in parte sociologico immerso nell'atmosfera della guerra fredda"
La fisica sta dappertutto, l'abbiamo ripetuto e osservato più e più volte in questo blog. Ma la fisica si manifesta pure quando mangiamo hot dog e patatine? Ebbene sì, il bravissimo Sandro Ciarlariello, autore del blog Quantizzando, ha scritto un post denominato "La fisica del ketchup". Un breve saggio chiarissimo relativo alle straordinarie peculiarità dei fluidi, distinti in fluidi newtoniani e non newtoniani. Non solo Sandro ci spiega i meccanismi alla base della fuoriuscita del ketchup dalla bottiglia, ma in questo articolo ci fa persino capire perché quando si resta intrappolati nelle sabbie mobili, muoversi è controproducente! Insomma un post imperdibile, di cui vi riporto l'incipit:
"Quante volte sicuramente ognuno di noi si è trovato nella situazione di versare del ketchup sulle patatine fritte? Innumerevoli volte. E altrettante volte ci siamo arrabbiati probabilmente sempre per lo stesso motivo: il ketchup non scendeva o ne veniva fuori fin troppo!Partendo da questo simpatico (...se, come no!) fatto possiamo ancora una volta parlare di fisica!
Davvero? Ma come è possibile? Parlare di fisica è sempre possibile e stavolta forse è proprio necessario in quanto potrebbe salvarvi dalla situazione in cui, pieni di rabbia per il fatto che il ketchup non viene fuori, improvvisamente svuotate tutta la bottiglia! Dunque, dobbiamo partire dal concetto di fluido. In generale un materiale appare sotto forma fluida se prende la forma del vaso/bottiglia/bicchiere/tubo/qualsiasicosa che lo contiene. Abbastanza semplice. Detto questo, torniamo ai fluidi. Ebbene la domanda immediata da farsi è: ma prima che finiamo di leggere questo post, il ketchup è un fluido? Beh, se tenete conto della definizione data sopra di fluido allora non potrete che concordare sul fatto che sì, effettivamente il ketchup è un fluido, in quanto si trova sempre in un qualche contenitore di cui prende la forma.
Allora sicuramente, ne sono certo, voi ora starete pensando: ma scusa dunque perché il ketchup non si comporta come semplice acqua e la smette di rompere le scatole, per giunta proprio quando vogliamo mangiare un bel piatto di patatine? (Viene da pensare che lo faccia apposta, vero?). Ecco, il fatto è che possiamo dividere i fluidi in due grosse categorie: i fluidi newtoniani e i fluidi non-newtoniani. Alla prima categoria appartengono i fluidi come l'acqua e alla seconda quelli "simpatici" come il ketchup ma anche il dentifricio e, udite udite, il sangue (da non confondere con il ketchup!). Ciò vuol dire che in ognuno di noi ci sono almeno 4-5 litri di un fluido non-newtoniano: lo sapevate?"
Ed ora una notizia relativamente recente proveniente da Lescienze.it, sito di una delle riviste scientifiche italiane più note, basata sul giornale americano Scientific American: "Il Large Hadron Collider scopre due nuove particelle". Ve ne riporto un interessante stralcio:
"Due nuove particelle composte di tipi esotici di quark sono apparse all'interno del Large Hadron Collider (LHC) del CERN, vicino Ginevra. Le particelle fanno parte di una specie mai vista prima di barioni, una categoria di particelle che include anche i familiari protoni e neutroni all'interno degli atomi. L'esistenza di nuovi barioni era prevista da tempo, ma le loro caratteristiche specifiche, come la massa, erano sconosciute fino a quando non sono stati scoperti “in carne e ossa”. Le nuove misurazioni confermano e perfezionano la teoria esistente delle particelle subatomiche e contribuiscono ad aprire la strada a una teoria più ampia che possa includere particelle ancora più esotiche. Gli scienziati dell'esperimento Large Hadron Collider beauty (LHCb) hanno riferito la scoperta dei barioni - chiamati Xib' e Xib* (da pronunciare "csi-b-prime" e "csi-b-star") – sul numero del 10 febbraio delle “Physical Review Letters”. (A novembre avevano inserito una versione preliminare dell'articolo sul server arXiv.) "Si tratta di due cose che dovevano davvero esistere", dice Matthew Charles dell'Université Pierre et Marie Curie - Paris 6 e uno degli autori dello studio. "Naturalmente, va tutto comunque controllato, perché a volte si ha qualche sorpresa." Entrambe le particelle contengono un quark beauty, o b, un quark strange e un quark down. Ciò che differenzia queste particelle l'una dall'altra, e da un altro insieme dei tre stessi tipi di quark precedentemente trovato all'LHC, è la disposizione degli spin dei quark."
Come si suol dire melius abundare quam deficere...allora (violando un po' le regole!) segnalo una notizia fresca fresca sempre proveniente da Lescienze.it: "Calcolata la differenza di massa tra protone e neutrone". Ecco l'abstract dell'articolo:
"Un nuovo studio teorico è riuscito a spiegare, con una precisione senza precedenti, la lievissima differenza tra la massa del protone e quella del neutrone. Si tratta di un parametro fondamentale per il nostro universo: se fosse stato anche leggermente diverso, l'evoluzione delle stelle sarebbe stata completamente differente."
Su Lescienze.it troviamo peraltro il blog dei mitici Rudi Matematici. Sì, proprio coloro che entrarono in scena nell'ultimo Carnevale della Matematica (il n.81) ospitato su Scienza e Musica accompagnati dalla marcia del principe Giovanni. I Rudi Matematici sono soliti preparare ogni mese straordinari articoli dedicati a importanti personalità della storia della matematica, compiendo svariati collegamenti con altri ambiti del sapere. Sono andato a recuperare nel loro pozzo delle meraviglie un capolavoro di post su un'eminente figura a cavallo tra matematica e fisica, e che peraltro è stata una delle donne più importanti della storia della scienza e della matematica: Emmy Noether. Il post si intitola non a caso "23 Marzo 1882 - Buon compleanno, Emmy!". Eccovi una gustosa anticipazione di questa perla di divulgazione:
"Ogni discussione sulle donne in
matematica inizia con Ipazia e finisce con Emmy Noether. Ipazia la
prima, Emmy la più grande. E se di Ipazia la leggenda celebra la
femminilità raccontando che fosse "gentile, garbata, modesta e di
bell'aspetto", di Emmy dice cose assai diverse, anche se la sua
"condizione femminile" permea in maniera quasi didascalica la sua vita.
La citazione più celebre su di lei è quella spietata e onnipresente di Hermann Weyl:
"Ci sono state solo due matematiche nella storia, Sofia Kovalevskaya e
Emmy Noether: la prima non era una matematica, la seconda non era una
donna", alla quale si accoppia quella, non si sa bene quanto
involontaria, di Lev Landau, interrogato da un giornalista che gli
chiedeva di confermare che la Noether fosse la più grande matematica
vivente, sembra abbia risposto: "Posso confermare che è un grande matematico, non posso confermare che sia una donna".
Chissà se il buon Lev voleva semplicemente puntualizzare al giornalista
che il concetto di conferma è una cosa seria, almeno in matematica e
fisica, o se davvero non conosceva il sesso di Emmy: la cosa non è poi
impossibile, visto spesso ci si riferiva a lei come a "il Noether".
Se Ipazia era figlia di Teone, Emmy era
figlia di Max Noether, docente di matematica ad Erlangen: un matematico
di tutto rispetto e abbastanza famoso ai suoi tempi (e tenete presente
che i "suoi tempi" erano i tempi di Hilbert, tanto per fare il nome d'un
connazionale), che probabilmente non si sarebbe mai aspettato di
diventare famoso come "il padre di Emmy". ["Sì, sono il padre di
Emmy, ma questo non mi da alcuna precedenza su di lei: nella nostra
famiglia, è sempre stata Emmy l'origine delle coordinate". Citata a
memoria, ma il senso dovrebbe essere salvo.]. Emmy è la prima di
quattro figli, nasce nel 1882 e da brava fanciulla borghese di fine
Ottocento studia le cose che sono adatte alle ragazze di buona famiglia:
lingue. A diciotto anni ottiene il diploma per insegnare francese e
inglese nelle scuole secondarie femminili bavaresi.
Fin qui, niente di speciale."
E da una grande donna della storia della scienza passiamo a una grande divulgatrice della chimica e della scienza in generale, nel suo blog unpodichimica: Margherita Spanedda. In un post d'archivio intitolato "Arcobaleno", Margherita ci illustra con immensa chiarezza lo spettacolare fenomeno dell'arcobaleno, anche con l'ausilio di splendidi video e immagini. Ne riporto l'introduzione:
"Questa mattina, appena messo il piede fuori alla porta, ho guardato il cielo come faccio di solito e ho visto uno splendido arcobaleno. Ormai è diventato un evento comune in queste giornate fatte di sole, acqua e nuvole stravaganti, ma vedermelo davanti, come primo incontro del mattino, mi ha rallegrato.
E sono rimasta lì, con il naso per aria a cercare di capire quanti colori si riuscissero a percepire.
Come sempre ho cercato di contare bene, poi, i soliti dubbi: indaco e blu? 7 o 6 i veri colori dell’arcobaleno ? Sette come le note musicali o sei come … niente? e perché i greci ne vedevano tre? Nell’ arco di un nano secondo mi sono venuti in mente, contemporaneamente, Aristotele, Newton, Goethe e una filastrocca per bambini.
Probabilmente sarei stata lì fino alla scomparsa dell’arco o la comparsa di un clamoroso torcicollo se non fossi dovuta correre a prendere il solito treno. Naturalmente non ho rinunciato a fotografare l’inaspettato arcobaleno mattutino e adesso è qua, racchiuso nel mio Ipad. Una mia amica curiosa mi ha chiesto cosa me ne facessi di un arcobaleno nella macchina fotografica, se l’avessi catturato per me o per condividerlo con altri. Per un attimo ho pensato che quello era il mio arcobaleno, “ Solo per i miei occhi” per dirla alla James Bond, poi ho pensato che non potevo accampare alcun diritto di proprietà su quel meraviglioso gioco di colori e quindi eccolo qui.
Improvvisamente, poi, mi è venuta voglia di parlare a ruota libera di arcobaleni e così farò.
Un salto indietro di millenni ed eccomi a guardare Iris in compagnia di Aristotele. Questo incredibile pensatore fu probabilmente il primo a cercare di spiegare il fenomeno arrivando a queste conclusioni: l’arcobaleno è un particolare tipo di riflessione della luce del sole da parte delle nubi."
Primo momento musicale; la violinista Naoko Terai in Tango Pour Claude:
A cavallo tra fisica e chimica è anche il post di Vincenzo Villani su Chimicare: "Henry Cavendish: lo scopritore dell'idrogeno che pesò il mondo". Scopriamo nell'interessante articolo la biografia di colui che, tra le altre cose, misurò per primo la costante di gravitazione universale. Eccone un piccolo frammento:
"Henry nacque nel 1731 in una nobile famiglia inglese di condottieri, dignitari e navigatori, cavendo tutus (sii sicuro esercitando la prudenza) era il loro motto. Egli portò quest’indole a limiti estremi in tutt’altra direzione: riservato e solitario fu assorbito dalla ricerca scientifica in modo completo. Fu abilissimo sperimentatore, la Scienza per lui significò ‘misurare’. Seppe concepire apparecchiature ed esperimenti la cui precisione ha sfidato il tempo.
Già Paracelso, ultimo degli alchimisti e primo dei chimici, nel ‘500 aveva osservato che l’acido solforico reagiva col ferro liberando misteriose bollicine. Cavendish, si propose di studiare la natura di quel gas incognito che bruciava con una fiammella azzurra: forse si trattava del flogisto, lo spirito imponderabile che si liberava nella combustione. Per indagare, utilizzò acidi e metalli diversi: ferro, zinco e stagno, acido cloridrico e solforico, in tutti i casi ottenne la stessa fiamma azzurra… Era incredibile che lo stesso composto si liberasse in reazioni così diverse: non poteva trattarsi che del fantomatico flogisto, che si riteneva presente nei metalli. Il nostro essiccò il gas e lo pesò, trovò che era leggerissimo, ma ponderabile: fu certo d’aver catturato, novello Prometeo, il principio del fuoco e non si accorse d’aver isolato l’idrogeno…"
Abbiamo letto che per Cavendish la scienza significava "misurare" e non proprio di misura (ma quasi) ci parla Marco Fulvio Barozzi, dal suo mitico blog Popinga, nell'articolo dal titolo "Storie di analisi dimensionale e di leggi di scala". Infatti:
"L’analisi dimensionale è uno strumento utilizzato per trovare o verificare relazioni tra grandezze fisiche utilizzando le loro dimensioni, che sono associate a simboli come M, L, e T (rispettivamente per massa, lunghezza e tempo), ciascuna elevata a un esponente razionale. Queste, con quelle per l'intensità di corrente (I), la temperatura assoluta (Θ), la quantità di sostanza (N) e l'intensità luminosa (J), costituiscono le cosiddette grandezze fondamentali. Tutte le altre grandezze fisiche possono essere espresse come combinazioni (prodotti) di queste, e sono perciò considerate derivate. Ad esempio, la velocità è dimensionalmente un rapporto tra una lunghezza e un tempo, e si può esprimere come [v] =LT-1, oppure una forza si esprime in meccanica come il prodotto di una massa M per una accelerazione, che dimensionalmente è una lunghezza diviso il quadrato del tempo. Perciò: [F] = MLT-2. Come si vede, il concetto di dimensione è più astratto di quello di unità di misura: la massa è una dimensione di una grandezza, mentre il kilogrammo è una unità scalare di misura nella dimensione della massa. Analogamente, nella dimensione della forza, si utilizza il newton come unità scalare di misura. Si tratta di concetti diversi: le unità di misura di una quantità fisica sono definite per convenzione e fanno riferimento a qualche standard (ad esempio nel Sistema Internazionale la lunghezza viene misurata in metri, dove il metro è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo pari a 1/299.792.458 di secondo). Una lunghezza può essere misurata in chilometri, micron, miglia, pollici, anni-luce, ma ha sempre dimensione L, indipendentemente dall'unità scelta per misurarla. In ogni caso, le leggi della fisica sono indipendenti dal sistema di unità di misura utilizzato nella loro espressione.
Ah, se vi interessa capire come si possa rispondere precisamente a una domanda come "Quanto tempo in più ci vuole per cuocere un tacchino di 5 Kg rispetto a un fagiano di 1 Kg?" non fatevi sfuggire questo meraviglioso post.
Restiamo nell'ambito della fisica in cucina grazie all'eclettico blogger di Questione della Decisione Paolo Pascucci e la sua "Fisica dell'uovo sodo". Nel post si cerca di dare una risposta alla spinosa domanda: "Perchè un uovo sodo gira molto più a lungo di un uovo crudo e, soprattutto, perchè se fatto ruotare abbastanza velocemente può cambiare l'asse di rotazione iniziale disponendo l'asse più lungo in verticale?". Non vi resta che scoprirlo nell'originale articolo su Questione della Decisione.
Dopo dei secondi piatti come possono essere l'uovo o un tacchino, magari avrete voglia di un frutto. Che ne dite di una mela? E che ne dite in particolare se fosse la celeberrima mela di Newton? Ma insomma, la storia della mela che cade dall'albero e fa capire al famoso fisico i meccanismi della gravità è vera oppure è una bufala? Una volta per tutte ci chiarisce ogni dubbio Peppe Liberti, dal suo blog Rangle, nel recente post "A Newton quel che è di Newton (la mela, per esempio)". Riporto un "morso" dell'articolo:
"Caterine Barton era una signora nota per la sua intelligenza e la sua bellezza, spiritosa e abile conversatrice, e aveva frequentazioni importanti, gente come Swift e Voltaire. Prima di sposare Conduit era stata la governante e l'amante di Charles Montague, primo conte di Halifax, uno che con Newton aveva stretto amicizia a Cambridge. Morto Montague, nel 1697 aveva raggiunto lo zio a Londra e ne era diventata la governante fino alla morte. È a Londra che conosce il giovane assistente di Newton e, a 38 anni, lo impalma. È dunque assai probabile che sia stata Lei a raccontare tutto a Voltaire, tra un tè e un pasticcino. Voltaire, negli Essay on the Civil War in France (1727), infatti scrive: ‘Isaac Newton, camminando nel suo giardino ebbe la prima idea del suo Sistema di Gravitazione, dopo aver visto cadere la mela da un albero’"
Dal padre del calcolo infinitesimale passiamo a uno dei pionieri della meccanica quantistica, noto soprattutto per il paradosso del gatto vivo e morto simultaneamente: "Erwin Schrödinger scienziato-filosofo" di Giovanni Boaga, del blog Storie di Scienza. Di seguito l'incipit del bel articolo:
"Il 4 gennaio del 1961 all’età di settantatré anni scompariva a Vienna, sua città natale, Erwin Schrödinger, grandissimo uomo di cultura, uno dei protagonisti del terremoto concettuale che ha scosso la fisica dell’inizio del secolo scorso e premio Nobel nel 1933. Si concludeva così, da dove era partita, un’avventura terrena ricca di conquiste intellettuali e scelte coraggiose come quella, pochi mesi prima del conferimento del premio Nobel, di abbandonare la prestigiosa cattedra di fisica teorica di Berlino, che era stata di Planck, per non dover sottostare alle imposizioni del nascente regime hitleriano. L’atto di nascita della fisica quantistica viene solitamente identificato con il lavoro di Max Planck del 1900 e con la formulazione del quanto elementare d’azione: l’energia emessa o assorbita in un qualunque processo fisico deve essere multipla di una certa quantità non divisibile ulteriormente. È da lì e dai successivi contributi di Einstein, Bohr e Sommerfeld che parte quella valanga concettuale che travolgerà la fisica del Novecento e che culminerà con la costruzione di una meccanica più adeguata alla descrizione del mondo miscroscopico di quanto lo fosse quella newtoniana. Ed è proprio alla costruzione della nuova meccanica che dà il suo contributo fondamentale Erwin Schrödinger, giungendo nel 1926 all’equazione differenziale che oggi porta il suo nome e che formalizzava in modo adeguato le intuizioni del fisico francese Louis de Broglie sulla natura ondulatoria della materia."
Seconda pausa musicale in arrivo con l'incredibile pianista Valentina Lisitsa e i Symphonic Etudes Op.13 & Op. Posth. di Schumann:
Scopriamo ora la teoria del caos, grazie all'allegra banda dei MaddMaths!, nel post "Sulle orme matematiche dell'effetto farfalla". I MaddMaths! infatti segnalano un bellissimo progetto didattico sull'argomento. Ecco una diapositiva in anteprima:
Dal blog La curva dell'energia di legame di Marco Casolino segnalo l'interessante post "Scuola Guida Relativistica: come appare il cielo alla velocità della luce?". Marco ci illustra con magnifica semplicità per quale motivo "l’effetto in cui le stelle sembrano passare ai lati dell’Enterprise come lampioni di un’autostrada galattica è incorretto".
Marco Delmastro, del blog Borborigmi di un fisico renitente e autore dello splendido libro divulgativo Particelle familiari, si propone nel post "Mi chiamo Philae, e cavalco una cometa", il quale riporta un suo articolo sul numero di DafDaf di febbraio, di raccontare ai bambini la missione Rosetta, la quale cerca di studiare la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Ecco a voi l'incipit dell'articolo in questione:
"Mi chiamo Philae, e sono un lander spaziale. Mi hanno progettato e costruito più di dieci anni fa, perché fossi pronto in tempo a compiere la mia missione. Lander viene dal verbo inglese to land, che vuol dire "atterrare": sono infatti una sonda spaziale destinata ad atterrare. Atterrare dove? Ma su una cometa, ovviamente! Mi hanno lanciato nel 2004, a bordo di Rosetta, la sonda spaziale che mi ha portato a destinazione. Rosetta è un po' come la mia mamma: mi ha tenuto tra le sue braccia per ben dieci anni, mentre insieme attraversavamo lo spazio che separa la Terra, dove ci hanno costruito, e la nostra meta."
Altro blogger scientifico e autore di eccezionali saggi divulgativi come Seconda stella a destra, Amedeo Balbi, dal suo blog Keplero, ci illumina, nel post intitolato "Feynman, o dell'imparare a insegnare", sulla poco nota storia che portò alla nascita, all'inizio degli anni '60, delle famosissime lezioni di Richard Feynman al Caltech. Da non perdere!
Abbandoniamo un grande Nobel del passato per dei vincitori di Nobel recenti grazie a Mauro Merlotti dello Zibaldone Scientifico. Nel post "Anno Luce (Blu)" ci spiega l'ambito di ricerca per cui nel 2014 è stato assegnato il Nobel per la fisica a Isamu Akasaki, Hiroshi Amano e Shuji Nakamura: i LED a luce blu. Ne riporto un breve "assaggio":
"I LED a luce blu sono alla base delle moderne lampadine a basso impatto ambientale (risparmio energetico) e di una vasta gamma di altre applicazioni. Realizzati nella loro forma concreta 20 anni fa, i LED blu sono l'anello mancante (inseguito per oltre 30 anni) che ha reso possibile le lampade LED a luce bianca. La prima luce allo stato solido è stata prodotta nel 1907 da Henry J. Round; diversi studi sono stati fatti negli anni '20 e '30 in Unione Sovietica, ma la mancanza di una comprensione teorica del fenomeno ha limitato la scoperta ad una curiosità di laboratorio. Filamenti riscaldati o gas ionizzati producono luce come prodotto "secondario", mentre un LED produce luce "primaria" fornendo una vera luce "fredda". Un LED è composto da strati di materiale semiconduttore e, nella sua forma più semplice, è costituito da uno strato drogato N, che ha un eccesso di elettroni, ed uno strato drogato P che manca di elettroni (o che ha un eccesso di lacune positive). Quando una corrente passa attraverso il dispositivo, elettroni e lacune si combinano nello strato attivo intermedio e generano luce."
Per il terzo momento di musica abbiamo nientemeno che l'inconfondibile voce di Billie Holiday in Billie's Blues:
Sul blog Il Tredicesimo Cavaliere l'atmosfera si fa fredda, anzi gelata. Il post "Il ghiaccio nel Sistema Solare" ci illustra, attraverso un articolo di Julie Castillo-Rogez, tradotto da Simonetta Ercoli, l'importante ruolo del ghiaccio nell'evoluzione dei pianeti e nella regolazione del clima. Infatti:
"Su tutti i pianeti, in base alla loro distanza dal Sole e di conseguenza alla loro temperatura superficiale, si trovano diversi tipi di ghiaccio, come quelli di anidride carbonica, di miscele di metano e azoto nei corpi più esterni del sistema solare o, nel caso di Io, di anidride solforosa! Ghiaccio è stato osservato su tutti i grandi corpi solidi, compresi i crateri in ombra di Luna e Mercurio, ed è un componente abbondante degli oggetti oltre l’orbita di Giove. Recentemente, la scoperta di un getto di vapore acqueo su Cerere conferma l’ipotesi da tempo formulata che questo pianeta nano sia ricoperto da un involucro ghiacciato. Anche Venere, nonostante il suo clima infernale, mostra tracce della possibile presenza di ghiaccio. Circa ventiquattro tipi di ghiaccio sono stati osservati o ne è stata ipotizzata l’esistenza all’interno dei corpi del sistema solare, ultra freddi e ultra compatti, composti puri o miscele ghiacciate di più tipi di composti. La maggior parte di essi presentano una struttura cristallina, ma si trovano anche esempi di ghiaccio allo stato “amorfo”, generatosi in conseguenza ad un repentino congelamento, che non ha dato alle molecole abbastanza tempo per organizzarsi. Sotto le pressioni presenti negli strati più profondi dei satelliti ghiacciati, quali Titano o Ganimede, il ghiaccio cristallino diventa sempre più compatto e mostra una grande varietà di strutture. A pressioni estremamente alte, le molecole di ghiaccio possono anche organizzarsi intorno a molecole di gas formando una struttura chiamata “clatrati idrati”. Non è necessario viaggiare fino alla periferia del sistema solare per trovare questo materiale: clatrati idrati si trovano in abbondanza anche sul pavimento dei mari terrestri, dove le molecole ghiacciate vengono intrappolate dal metano. Si potrebbe accendere un fiammifero vicino ad essi e vedere così il “ghiaccio ardente”!"
Per saperne di più, continuate la lettura su Il Tredicesimo Cavaliere.
Abbandoniamo ora il ghiaccio nel Sistema Solare per osservare le "Piogge galattiche" che ci propone Corrado Ruscica sul blog Astronomicamens. Riportiamo l'abstract dell'ottimo articolo:
"Uno studio durato oltre 20 anni e guidato da un gruppo di ricercatori della Michigan State University (MSU) tenta di far luce su uno dei misteri che ha perseguitato gli astronomi per molto tempo sull’argomento formazione stellare. Oggi, in un articolo pubblicato su Nature, gli autori sostengono di aver trovato una risposta: in altre parole, ci sarebbe un meccanismo che permette al gas caldo di produrre delle “docce” di nubi di gas freddo che precipitano nella galassia, un processo che potrebbe essere la chiave della “fertilità” delle galassie."
Se qualcuno ha bisogno di fare una dieta, questo qualcuno non è certo un fotone, come ci spiega Marco Castellani nel bellissimo articolo denominato "Senza peso", sul blog GruppoLocale.it:
"E’ così, non abbiamo massa. La cosa
potrebbe essere sorprendente, a pensarci bene. Cioè, se solo ci pensate
un momento, potreste ancora sorprendervi. Specialmente se siete di
quelli che pensano che una cosa, per esistere, deve potersi toccare.
Beh, no, scordatevelo. Un fotone non si tocca. Ecco, proprio io, proprio io che vi sto parlando: io non ho massa. Lo dice proprio la fisica, non è che me lo invento io.
Non ho massa. Non peso niente.
Non ho massa. Eppure, esisto.
Cioè, esistono un sacco di cose che non si possono toccare. Esistono,
semplicemente. E io sono una di queste. Siamo così concreti che se –
metti caso – sparissimo in un istante, voi piombereste nel buio più
totale. Non potreste vedere proprio un bel niente.
Comunque, io vi conosco. Conosco i vostri ragionamenti, beh non ha massa, esagerato.. sarà un modo di dire.. magari vuol dire soltanto che pesa poco, pochissimo, quasi niente…
E invece no, non quasi niente. Proprio niente.
Non è che sia quasi uguale, no. Fa tutta la differenza del mondo.
Anzi, dell’universo."
Continua su GruppoLocale!
Dal blog Tutti Dentro, Sabrina Masiero ci parla della "Tavola di Morgan-Keenan", una tabella fondamentale in ambito astrofisico, dato che essa riunisce "tutte le più importanti e comuni caratteristiche stellari note e deducibili in un’unica tabella omogenea". Per saperne di più recatevi sul blog di astronomia Tutti Dentro.
Da Auladiscienze Zanichelli scopriamo meglio la figura e le ricerche di Stephen Hawking, la cui vita è stata recentemente alla base della pellicola cinematografica La Teoria del Tutto, nell'articolo "Alla ricerca di una Teoria del Tutto" di Paolo Cavallo. Ecco un'anticipazione dall'interessante contributo:
"Che tipo di scienziato è Stephen Hawking?
Hawking è un fisico teorico specialista in cosmologia. Un fisico teorico lavora sulle ipotesi generali su cui sono basate le principali teorie fisiche, cercando di ricavarne le conseguenze principali, di prevedere nuovi fenomeni non ancora osservati e di risolvere problemi e paradossi. Le teorie sulle quali ha lavorato Hawking sono le più generali fra quelle in cui si articola la fisica, perché l’argomento dei suoi studi, la cosmologia, ha l’oggetto più vasto possibile: l’intero Universo.
È da appena un secolo che la cosmologia esiste come disciplina scientifica. Nel 1915, infatti, Einstein ha pubblicato le equazioni fondamentali della Relatività Generale (ecco un importante anniversario da festeggiare quest’anno!). Prima di allora, nessuna teoria aveva gli strumenti per dire qualcosa di sensato sull’Universo come sistema fisico. Dopo la pubblicazione delle equazioni di Einstein è diventato possibile porsi domande che fino ad allora era rimaste confinate alla mitologia o alla teologia. Qual è la forma generale dell’Universo? L’Universo è sempre esistito? Ha avuto un’evoluzione nel tempo?
Hawking ha dato molti contributi in questo campo. Forse i più importanti sono quelli che ruotano intorno al concetto di singolarità. Secondo un famoso teorema di Hawking, la Relatività Generale di Einstein implica necessariamente che l’Universo abbia origine da una singolarità, cioè da una condizione di densità infinita della materia e dell’energia e di curvatura infinita dello spazio-tempo. In una simile condizione la Relatività Generale smette di essere valida: abbiamo così una teoria che indica la necessità del suo stesso superamento, attraverso un ampliamento delle sue ipotesi o una qualche forma di unificazione con l’altra grande teoria fondamentale della fisica contemporanea, la Meccanica Quantistica.
Il concetto di singolarità è importante anche nello studio di uno dei principali oggetti teorici della Relatività Generale: i buchi neri. Non è un caso, perciò, che molti lavori importanti di Hawking abbiano a che fare con essi."
Quarta pausa musicale con il "poeta del piano" Carmen Cavallaro, il quale esegue Full Moon and Empty Arms, ossia il tema principale dal terzo movimento del Piano Concerto n.2 di Rachmaninoff:
Dal blog Scientificando della Regina dei Carnevali, la prof. Annarita Ruberto, sono andato a recuperare una perla, il post "Prof., mi spiega che cos'è la meccanica quantistica?", in cui Annarita si propone di spiegare la bizzarra ma fondamentale teoria della fisica nata nel XX secolo ad un immaginario ragazzo curioso di 13 anni. Ne propongo un breve "assaggio":
"Marco: Prof, mi spiega che cos'è la Meccanica quantistica?
Prof: la Meccanica che?
Marco: Q-u-a-n-t-i-s-t-i-c-a!
Prof: Ma dove ne hai sentito parlare?
Marco: Su Feisbuc!
Prof: Su feisbuc???
Marco: Proprio così. Parlavano di fotoni, quanti, Planck, Schroedinger, Dirac, Heisenberg, Einstein, e altre cose di cui non ho capito un bel nulla.
Prof: E ci credo! Sono cose difficili per i grandi, figuriamoci per un 13enne, vabbé quasi quattordicenne, benché curioso, come te!!!
Marco: La prego, prof, sono tutto orecchi!
Prof: E va bene, ci provo, ma non ti assicuro il risultato, ovvero che capirai o per meglio dire che riuscirò a farti capire...Cominciamo dal termine "Meccanica" che vuol dire semplicemente "Fisica". C'è Fisica e Fisica! Ad esempio Classica e Quantistica, gli ambiti che ci interessano in particolare. La Fisica Classica fa capo ad Isaac Newton, si chiama infatti anche Meccanica Newtoniana. Ricordi? Ne abbiamo parlato quando abbiamo trattato i principi della Dinamica classica, appunto.
Marco: Sì, sì, ricordo! Il principio di inerzia, F = m x a, il principio di azione e reazione...E poi il prisma di Newton e la dispersione della luce, e poi anche la diffrazione della luce che abbiamo osservato sul CD.
Prof: Bravo! Vedo che hai una buona memoria. Ti ricorderai, allora, anche dello spettro visibile della luce, ovvero lo spettro elettromagnetico che cade tra il rosso e il violetto, includendo tutti i colori percepibili dall'occhio umano. Ebbene, tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX alcuni risultati sperimentali misero in discussione la completezza della Meccanica newtoniana. In particolare, l'insieme delle righe spettrali, ottenute dall'analisi della luce emessa da gas incandescenti o da gas sottoposti a scarica elettrica, era in disaccordo con il modello atomico di Ernest Rutherford."
La meccanica quantistica viene toccata pure nel singolare racconto "Messaggio in bottiglia" dell'abile penna Spartaco Mencaroni, dal suo blog Il coniglio Mannaro, sempre carico di interessanti racconti da gustare con gli occhi. In particolare, nel bel mezzo del racconto si cela una particolare forma di entanglement quantistico relativo a una bottiglia! Eccovi in anteprima l'introduzione:
"Al fortunato viandante,
che ha trovato il mio messaggio: anzitutto, di cuore vi
auguro che possiate morir di malattia.
Lunga, e dolorosa, se possibile.
Se domandate il motivo di tanto livore, sappiate che a chi
vi scrive è appena toccata una brutta morte.
E la colpa è soltanto vostra.
Anche se non mi credete, aprendo la bottiglia avete preso la
mia vita, e dovete sapere perché.
E oggi, intrappolati con me in quest’assurdo vortice, conto più
fratelli che semplici amici.
A lungo la gloriosa “Crusader” ha pattugliato i confini, rintuzzato
ogni attacco, messo in fuga i vascelli nemici con indomito coraggio."
Dalla meccanica quantistica, facciamo ritorno sui più sicuri (ma neanche tanto!) territori della meccanica classica. Serpico, dal blog collettivo Al Tamburo Riparato, con la collaborazione di Juhan van Juhan, ci parla di "Fisica e il fato finale di Gwen Stacy", prendendo spunto dal splendido saggio divulgativo di James Kakalios, ovvero La fisica dei supereroi. Ne riporto un piccolo stralcio:
"A pagina 59 dell'edizione italiana il prof. comincia la seconda parte del capitolo: Fisica e il destino ultimo di Gwen Stacy. Qui comincia la parte cazzuta, da veri profesoroni della Ka$ta. E
comincia con raccontare cosa capita quando si cade. Ci sono anche le
formule: se cadi da un altezza h acquisti una velocità v pari alla radice quadrata di 2gh, dove g è l'accelerazione di gravità che sulla superficie terrestre è pari a circa 10 m/s2 (valore approssimato, ci sarebbe un discorso lungo da fare ma non credo sia il caso).Il risultato è che possiamo usare l'espressione v2= 2gh per calcolare la velocità di Gwen Stacy appena prima che sia afferrata dalla tela dell'Uomo Ragno.
Supponendo quindi che la tela la prenda dopo una caduta di circa 90 m la velocità acquisita da Gwen è di circa 150 km/h, elevata ma non sarebbe di per se stessa un problema, diversamente dal suo arresto improvviso dovuto alle ragnatele di Spider-Man.
Infatti, come abbiamo spiegato ieri, il pericolo non sta tanto nella velocità di caduta, ma nel brusco arresto che il fiume provocherebbe."
Sempre dal Tamburo, il giovane studente/programmatore Marco Cameriero traduce in italiano un corposo articolo ricco di spunti di riflessione scritto da Joel Achenbach su The Washington Post: "Perché è così difficile credere alla scienza?". Ve ne svelo sin da subito un passo:
Supponendo quindi che la tela la prenda dopo una caduta di circa 90 m la velocità acquisita da Gwen è di circa 150 km/h, elevata ma non sarebbe di per se stessa un problema, diversamente dal suo arresto improvviso dovuto alle ragnatele di Spider-Man.
Infatti, come abbiamo spiegato ieri, il pericolo non sta tanto nella velocità di caduta, ma nel brusco arresto che il fiume provocherebbe."
Sempre dal Tamburo, il giovane studente/programmatore Marco Cameriero traduce in italiano un corposo articolo ricco di spunti di riflessione scritto da Joel Achenbach su The Washington Post: "Perché è così difficile credere alla scienza?". Ve ne svelo sin da subito un passo:
"C'è una scena nel Dottor Stranamore, capolavoro di Stanley Kubrick in cui Jack D. Ripper, un generale americano ribellatosi che ha ordinato un attacco nucleare all'Unione Sovietica, rivela la sua visone paranoica del mondo e la spiegazione per cui beve "solo acqua distillata, o piovana, e solo puro alcool di grano" a Lionel mandrake, un confuso e ansioso capitano della Royal Air Force.
Ripper: "Hai mai sentito della fluorizzazione? Fluorizzazione dell'acqua?"
Mandrake: "Ah!, sì, ne ho sentito parlare, Jack, sì, sì".
Ripper: "Bene, allora sai di cosa si tratta?"
Mandrake: "No, No, non so cos'è, no".
Ripper: "Ti rendi conto che la fluorizzazione è il più mostruoso concepito e pericoloso complotto comunista che abbiamo mai dovuto affrontare?"
Il film uscì nel 1964, tempo nel quale i benefici alla salute della fluorizzazione erano ormai ampiamente accertati e le teorie cospirative anti-fluorizzazione potevano essere il soggetto di una commedia. Ora, mezzo secolo dopo, la fluorizzazione continua a alimentare paura e paranoia.
Nel 2013 i cittadini di Portland (Oregon), una delle poche grandi città americane che non fluorizzano, hanno bloccato il progetto di fluorizzare. Gli opponenti non accettano l'idea che le istituzioni aggiungano "agenti chimici" alla loro acqua. Affermano che il floruro può essere pericoloso per la salute umana.
In realtà il floruro è un minerale naturale che, usato in piccole dosi nella rete idrica, rinforza lo smalto dei denti e previene la carie, un modo economico per migliorare la salute dentaria di tutti, ricchi e poveri, sia che si lavino coscienziosamente i denti o no.
Questa è l'opinione generale di scienziati e medici, cosa alla quale diversi cittadini di Portland, facendo eco ad attivisti anti-fluorizzazione sparsi per il mondo, replicano: "Noi non ci crediamo". Stiamo vivendo un' epoca in cui tutte le forme di conoscenza scientifica, dalla sicurezza del flururo e vaccini, alla realtà del cambiamento climatico, si scontrano con opposizioni organizzate e spesso furiose.
Supportate da loro fonti di informazione e da loro interpretazioni di ricerche, i "dubbiosi" hanno dichiarato guerra al consenso degli esperti. Ci sono così tante di queste polemiche in questi giorni, che si potrebbe pensare che un'agenzia diabolica ha di proposito messo qualcosa nell'acqua per creare polemiche. Il dubbio riguardo la scienza è diventato un meme della cultura popolare.
Nel recente film Interstellar, ambientato in una futuristica e oppressa America in cui la NASA è stata costretta a nascondersi, i libri di testo scolastici dicono che gli allunaggi Apollo sulla luna sono finti.
In un certo senso non è sorprendente.
Le nostre vite sono permeate da scienza e tecnologia come mai prima.
Per molti di noi questo nuovo mondo è meraviglioso, confortevole e ripagante, ma anche più complicato e a volte snervante. Stiamo affrontando rischi che non sappiamo analizzare facilmente.
Ci viene detto, per esempio, di accettare che è sicuro mangiare cibi contenenti organismi geneticamente modificati (OGM) perché, gli esperti dicono: "non c'è evidenza e ragione di credere che alterando con precisione geni in laboratorio sia più dannoso che alterarli all'ingrosso con l'allevamento tradizionale".
Ma per alcuni la sola idea di trasferire geni tra le specie evoca frenetici scienziati pazzi, così che, due secoli dopo che Mary Shelley scrisse Frankenstein, parlano di "frankencibo."
Abbiamo cominciato il Carnevale parlando di relatività, chiudiamo la sfilata di post con la relatività! Segnalo un post d'archivio da Scienza e Musica, del sottoscritto, Leonardo Petrillo, intitolato: "Il paradosso dell'asta del fienile". Viene descritto infatti un importante paradosso che fa comprendere una delle conseguenze principali della relatività ristretta e vengono illustrate le fondamentali trasformazioni di Lorentz. Ne riporto l'incipit:
"La teoria della relatività: chi non ha mai sentito parlare di tale straordinaria teoria elaborata dalla geniale mente di Albert Einstein (e non solo)?
In questo blog ne abbiamo parlato già più volte, come, ad esempio, nell'articolo "Dio non gioca a dadi con l'Universo: Relatività Generale vs Meccanica Quantistica", oppure nel post "Il tempo e le sue numerose accezioni".
Questa volta andremo ad analizzare un paradosso alquanto singolare relativo alla relatività speciale, un paradosso non conosciuto come quello dei gemelli: trattasi del paradosso dell'asta del fienile.
Nel descriverlo, andremo anche a scoprire alcuni dei concetti alla base della relatività ristretta: le trasformazioni di Lorentz, che prendono il nome dal fisico olandese Hendrik Antoon Lorentz.
Innanzitutto cominciamo enunciando tale paradosso!
Un saltatore d'asta corre, tenendo l'asta parallela al suolo, molto rapidamente: affinché questo paradosso funzioni occorre supporre che esso corra a una velocità prossima a quella della luce.
Costui si avvicina a un fienile lungo quanto l'asta; sappiamo inoltre che hanno la stessa lunghezza poiché, prima di incominciare a correre, il saltatore ha misurato l'asta a fianco del fienile.
La porta anteriore e quella posteriore del fienile sono entrambe
aperte e l'atleta corre attraverso la costruzione senza rallentare.
Possiamo pertanto immaginare che ci sarà un certo momento in cui
un'estremità dell'asta risulta appena entrata nel fienile, mentre
l'altra estremità ne sta uscendo.
Ma tutto ciò sarebbe perfettamente normale e per niente stupefacente se l'atleta corresse a velocità tradizionali.
Ma Einstein non lavorava con velocità "umane", bensì con la velocità della luce o con velocità molto vicine ad essa.
Ergo, immaginiamo che il saltatore corra ad una velocità decisamente prossima a quella della luce.
Proprio nel suddetto caso si verifica qualcosa di sorprendente che ha a che fare con la relatività ristretta.
Per il momento mantengo un po' di suspance, ma probabilmente qualcuno
dei lettori avrà già capito cosa accade nella vicenda appena descritta,
con la presenza di velocità relativistiche.Passiamo allora a parlare di trasformazioni di Lorentz.
Cosa sono?
Sono, come dice la parola stessa, trasformazioni di coordinate da un sistema di riferimento inerziale ad un altro.
In effetti, nella relatività, come noto, non ci si muove in assoluto, bensì sempre rispetto a qualcosa.
Ergo, il sistema di riferimento scelto è di importanza cruciale nell'analisi del fenomeno, perché il cambio di sistema determina variazioni significative nella valutazione del moto di un corpo."
Ultimo momento musicale; Elena Piva in Un poco liberamente, ovvero stupendo adattamento del tema de Il Padrino per arpa:
È giunto il momento di calare il sipario di questo (non) Carnevale della Fisica!
Ringrazio tutti coloro che si fermeranno a leggere la suddetta selezione di articoli inerenti alla fisica e che magari scopriranno qualcosa di nuovo e di interessante.
Ah la prossima edizione, la numero 8, verrà ospitata nientemeno che su Il Coniglio Mannaro di Spartaco Mencaroni, che sicuramente non deluderà le aspettative!
La musica è finita!
Grazie per aver scelto il mio articolo e, soprattutto, grazie per questa valanga di scienza! Non ci resta che leggere...
RispondiEliminaComplimenti a Leonardo!
Grazie per l'apprezzamento, Giovanni! Sono davvero lieto del tuo feedback positivo.
EliminaCaro Leo, una edizione fighissima (consentimi il termine).
RispondiEliminaTi ringrazio di aver citato due miei articoli, cui sono molto affezionata per ragioni diverse.
Una rassegna scientifica proprio entusiamante! Bravissimo. ☺
Grazie mille Annarita del commento! Segnalazioni meritatissime.
EliminaMa quanta bella roba!
RispondiEliminaGrande come sempre Leo
Vado subito a raccontarlo "in giro": perché la ggente deve sapere ☺
Felice del tuo apprezzamento e grazie mille della bella ricondivisione su G+.
Elimina:)
RispondiEliminaBravo e grazie, anzi bravi tutti.
RispondiEliminaHo apprezzato la parte introduttiva sulla Teoria della Relativita'. Ma quanto tempo e' stato necessario per mettere insieme tutto questo? Ciao
Grazie mille! Felice del tuo apprezzamento anche per l'introduzione. :)
EliminaQuanto tempo per allestire il tutto? Un po' di giorni, tra la selezione e l'inserimento degli articoli, la preparazione dell'introduzione e tutto il resto!
Articolo Fantastico!!!! Mahée Ferlini
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