domenica 11 maggio 2014

HERMITE: IL GENIALE MATEMATICO STORPIO

In questo post andremo a scoprire la vita e i contributi del più grande matematico francese della seconda metà del XIX secolo (se si esclude il suo allievo Poincaré, i cui imponenti apporti alla matematica appartengono in parte anche al XX secolo): Charles Hermite.
Charles Hermite nacque a Dieuze, nella Lorena, il 24 dicembre 1822.
Charles era il sesto di 7 figli, 5 maschi e 2 femmine.
Suo padre, Ferdinand Hermite, aveva compiuto degli studi per diventare ingegnere, ma non esercitò la professione, avendo trovato maggiormente conveniente entrare nell'amministrazione delle saline, che poi abbandonò per divenire commerciante di stoffe.
Probabilmente costui aveva scelto tale ultima professione grazie all'influenza della moglie, Madeleine Lallemand, figlia del suo datore di lavoro e donna dal carattere estremamente autoritario.
Charles venne alla luce con una deformità della gamba destra che lo rese zoppo tutta la vita.
Da un certo punto di vista, questa disgrazia fisica fu una fortuna, dato che in tali condizioni non poteva assolutamente perseguire una carriera militare.
Il piccolo ricevette la prima istruzione dai suoi genitori.
Siccome gli affari andavano a gonfie vele, questi, nel 1828, decisero di lasciare Dieuze per Nancy.
Il lavoro qui occupava troppo tempo per poter dedicare parte di esso all'educazione del figlio.
Lo mandarono in un primo momento in un college proprio a Nancy, ma poi decisero di iscriverlo a Parigi, ove proseguì gli studi prima al liceo Henri IV e poi, compiuti i 18 anni, al Louis-le-Grand, celebre e famigerato (il geniale Galois non trascorse un bel periodo in tale luogo) istituto per prepararsi al Politecnico.
Il primo periodo che Hermite passò in questo istituto rischiò di finire male come per il suo predecessore.
Infatti, egli nutriva un vero e proprio disgusto per la retorica e una totale indifferenza per la matematica elementare insegnata in classe.
Soltanto gli eccellenti corsi di fisica lo appassionarono, convincendolo a cooperare un minimo con l'istituzione scolastica.
Buffo il fatto che, liberatosi dai professori pedanti e incapaci di insegnare, Hermite divenne, oltre che uno straordinario matematico, anche un buon umanista dalla prosa magnificamente chiara.
Da liceale, Hermite, seguendo le orme di Galois, tralasciò in gran parte i noiosi studi scolastici, focalizzandosi invece su interessanti letture alla biblioteca di Sainte-Geneviève, tra cui uno studio di Lagrange sulla soluzione delle equazioni numeriche.
Con i suoi risparmi acquistò inoltre la traduzione francese delle magistrali Disquisitiones arithmeticae di Gauss (il primo testo sistematico di teoria dei numeri), divenendone ben presto padrone come pochi altri.
Anche le opere di Eulero e Laplace furono di suo interesse; la cosa bizzarra e sorprendente è che nonostante il giovane si immergesse in letture di altissimo livello matematico, agli esami era a dir poco mediocre.
Delle nullità in matematica conseguivano voti più elevati di un genio!
L'unico appiglio che ricondusse Hermite al mondo "reale" della scuola (e in particolare degli esami di ammissione all'École Polytechnique) era il buon professor Richard, ancora ossessionato dal ricordo dell'allievo Galois.
Il professore non poté però trattenersi nel dire al padre di Hermite che suo figlio Charles era "un giovane Lagrange".
Nel 1842 venne fondata la rivista Nouvelles annales de mathématique, rivolta agli interessi degli studenti delle scuole superiori.
Il primo tomo comprende 2 scritti redatti proprio da Hermite quando era ancora allievo al Louis-le-Grand.
Il primo scritto non presenta alcunché di originale, essendo un semplice esercizio di geometria analitica sulle sezioni coniche.
Tuttavia il secondo, di 6 pagine e mezzo, è molto più profondo.
Era intitolato Considerazioni sulla soluzione algebrica dell'equazione di quinto grado e iniziava così:

"Si sa che Lagrange ha fatto dipendere la risoluzione algebrica dell'equazione generale di quinto grado dalla determinazione di una radice di una particolare equazione del sesto grado che egli chiama ridotta [oggi si dice "risolvente"], di modo che se questa ridotta fosse scomponibile in fattori razionali del secondo o del terzo grado, si avrebbe la soluzione dell'equazione di quinto grado. Cercherò di dimostrare che questa scomposizione è impossibile."

Ebbene, non solo Hermite riuscì a dimostrare ciò in uno scritto di massima eleganza e semplicità, ma provò di essere un maestro nel campo dell'algebra.
Può sembrare strano che un giovane in difficoltà con la matematica scolastica possa riuscire a dimostrare un risultato matematico così profondo, ma c'è da dire che sussistono nozioni di matematica "elementare" non fondamentali da conoscere per compiere scoperte in certi ambiti.
Ad esempio, chi si occupava all'epoca di algebra ed aritmetica non aveva bisogno di conoscere per filo e per segno la "classica" geometria euclidea.
Non deve pertanto sorprendere che Hermite si trovasse simultaneamente nella situazione di diventare un grande matematico e di essere a rischio bocciatura a un esame di ammissione!

Comunque, tra il 1841 e il 1842, Hermite si preparò sotto la guida di Eugène Charles Catalan e superò gli esami di ammissione per il Politecnico, sebbene con un punteggio tutt'altro che alto: arrivò solamente sessantottesimo in graduatoria nonostante fosse, come matematico, superiore già ad alcuni suoi esaminatori.
Altra beffa per lo sfortunato giovane: la sua permanenza al Politecnico durò soltanto un singolo anno, a causa del suo piede storpio (l'École Polytechnique è ancor oggi un'accademia militare).
Una decisione ingiusta, tanto che alcune importanti personalità erano pronte ad intervenire al fine di trovare un compromesso per garantire alla giovane promessa matematica la continuazione degli studi.
In effetti, ci fu da parte del Politecnico una proposta ad Hermite per permettergli di continuare gli studi, ma sotto vincoli molto stretti, condizioni che Hermite rifiutò categoricamente.
Ma quell'anno non andò perso; anzi, il giovane poté dedicarsi a studi inerenti alle funzioni abeliane, che all'epoca (ossia nel 1842) erano il tema di maggior importanza ed interesse per i grandi matematici europei.
Inoltre, nello stesso periodo, fece la conoscenza del grande matematico e direttore del Journal de mathématiques Joseph Liouville (1809-1882).
Liouville si rese conto di avere di fronte un genio non appena lo vide.
Questi, a sua volta, ricordando quanto gentile fu l'accoglienza che Legendre aveva rivolto al lavoro rivoluzionario del giovane Jacobi, esortò Hermite a scrivere a Jacobi, aspettandosi una cordiale risposta di quest'ultimo.
La prima sbalorditiva lettera, datata gennaio 1843, di Hermite a Jacobi inizia così:

"Lo studio del vostro scritto sulle funzioni quadruplamente periodiche che si presentano nella teoria delle funzioni abeliane mi ha condotto a un teorema, per la divisione degli argomenti [variabili] di queste funzioni, analogo a quello da voi formulato...per ottenere l'espressione più semplice delle radici delle equazioni trattate da Abel. Il sig. Liouville mi ha persuaso a scrivervi e sottoporvi questo lavoro; posso sperare che vi degnerete di accoglierlo con tutta l'indulgenza di cui ha bisogno?"

A questo incipit, Hermite fa seguire la trattazione matematica dell'argomento in questione.
Cerchiamo di capire in linea di massima a cosa si riferisse Hermite nella sua epistola.
Ben note sono le funzioni trigonometriche, le quali sono funzioni di una singola variabile con un solo periodo.
Ad esempio, sappiamo che:



dove x è la variabile mentre 2π è il periodo.
Abel e Jacobi, attraverso un complesso procedimento, ovvero invertendo gli integrali ellittici, hanno però scoperto funzioni sì di una singola variabile, ma con 2 periodi.
Per esempio:



dove p e q sono i periodi.
Jacobi ha addirittura rinvenuto funzioni di 2 variabili e 4 periodi:



dove ovviamente a,b,c,d rappresentano i periodi.
Un problema classico della trigonometria è quello di esprimere




o




oppure, in generale




con n numero intero qualsiasi, in funzione di sen x o comunque di altre funzioni trigonometriche di x.
Nel caso di sen (x/2) esiste una specifica formula di bisezione:






Ma è facile arrivare a una nuova formulazione anche nel caso di sen (x/3).
Infatti possiamo senza dubbio scrivere:




Sfruttando la formula di sottrazione del seno, ovvero



possiamo concludere che:




Questi giochetti trigonometrici sono quindi relativamente semplici.
Hermite tuttavia affrontò tal problema in relazione alle funzioni di 2 variabili e 4 periodi, qualcosa di estremamente più complicato.
Egli pervenne a un'equazione di grado n, ma la cosa sorprendente è che la suddetta poteva essere risolta algebricamente, cioè era possibile trovarne delle radici.
Non potendo continuare gli studi al Politecnico, Hermite scelse la strada dell'insegnamento, anche se pure in tal contesto vi furono tanti ostacoli sul suo cammino.
Infatti, il non possedere una laurea rese difficile oltrepassare le rigide barriere burocratiche.
Il matematico fu dunque costretto ad interrompere le proprie ricerche all'età di 24 anni al fine di acquisire quelle banali nozioni necessarie per conseguire la laurea (in lettere e scienze).
A questi esami ne sarebbero seguiti altri 2, più complessi, per ottenere l'abilitazione all'insegnamento.
Hermite ebbe la fortuna di poter evitare di sostenere l'ultimo, il più duro, grazie alle raccomandazioni di amici influenti.
Per quanto concerne il primo esame, nel 1847-48, lo superò malissimo: senza la benevolenza dei 2 esaminatori, Jacques Charles François Sturm e Joseph Louis François Bertrand, matematici di gran valore, Hermite non lo avrebbe passato!
Ironia della sorte: nel 1848 Hermite venne nominato esaminatore al Politecnico, luogo dove aveva rischiato seriamente di venire bocciato!
Nello stesso anno, convolò a nozze con la sorella del suo vecchio esaminatore, Louise Bertrand.
Il 14 luglio 1856, a 34 anni, venne eletto membro dell'Accademia delle scienze, ma purtroppo, a parte tale riconoscimento, quell'anno non fu molto felice.
Hermite contrasse il vaiolo e solo Cauchy, con la sua fervente convinzione cattolica, gli fu d'aiuto durante la convalescenza.
Nel suo approcciarsi ai numeri, Hermite fu, per certi versi, un mistico alla stregua di Pitagora e Cartesio.
Egli riteneva che i numeri avessero un'esistenza propria al di fuori di qualsivoglia controllo degli esseri umani.
Fino ai 43 anni era rimasto agnostico tollerante, come molti suoi colleghi francesi.
Tuttavia, la grave malattia contratta e la vicinanza di Cauchy, lo spinsero a convertirsi al cattolicesimo romano.
Da quel momento il matematico fu un cattolico praticante e trovò consolazione nella religione cristiana.
Hermite dovette aspettare fino ai 47 anni per ottenere un riconoscimento davvero degno della sua genialità.
Nel 1869 prese infatti il posto di Jean-Marie Constant Duhamel alla cattedra di analisi sia dell'École Polytechnique (dove rimase fino al 1876), sia della Sorbona, ove restò sino al momento del ritiro, avvenuto nel 1897.
Nel corso di tutti quegli anni numerosi matematici di alto livello vennero istruiti da costui, fra cui Émile Picard, Gaston Darboux e Henri Poincaré.
Charles Hermite si spense il 14 gennaio 1901 a Parigi, amato e rispettato dal mondo intero.
Dopo aver osservato le interessanti note biografiche, andiamo ora a scoprire altri importanti contributi che Hermite apportò alla matematica.
I 2 campi nei quali Hermite ottenne i risultati più fecondi e interessanti sono probabilmente l'equazione generale di quinto grado e i numeri trascendenti.
Sulla prima questione, egli scrisse un breve studio intitolato Sulla risoluzione dell'equazione di quinto grado, pubblicato nei Comptes rendus de l'Académie des sciences nel 1858.
Ne riportiamo la chiara introduzione:

"Si sa che l'equazione generale di quinto grado può essere ricondotta, con una sostituzione [dell'incognita x] i cui coefficienti possono essere determinati senza impiegare altre irrazionalità all'infuori delle radici quadrate e cubiche, alla forma:



[Ciò implica che se possiamo risolvere tale equazione, allora possiamo risolvere l'equazione generale di quinto grado]. Questo notevole risultato, dovuto al matematico inglese Jerrard, è il passo più importante che sia stato fatto nella teoria algebrica delle equazioni del quinto grado, dopo che Abel ha dimostrato che era impossibile risolverle con i radicali. Questa impossibilità mostra la necessità d'introdurre qualche nuovo elemento analitico [qualche nuova sorta di funzione] nella ricerca della soluzione, e per far questo siamo condotti naturalmente a prendere come ausilio le radici della semplice equazione che abbiamo appena menzionato. Tuttavia, per legittimare veramente il suo impiego come elemento essenziale nella risoluzione dell'equazione generale, restava da vedere se questa semplicità di forma permetteva effettivamente di arrivare a qualche idea della natura delle sue radici, in maniera da poter afferrare ciò che vi è di proprio e di essenziale nel modo di esistere di tali quantità, delle quali, fino a questo momento, sappiamo soltanto che non si possono esprimere per mezzo di radicali. Ora, è interessante osservare come l'equazione di Jerrard si presti con grande facilità a questa ricerca e sia anche, nel senso che spiegheremo, suscettibile di una vera soluzione analitica. Si può di fatto considerare la questione della soluzione algebrica delle equazioni, partendo da un punto di vista diverso da quello che da molto tempo è stato indicato dalla soluzione delle equazioni dei primi quattro gradi e al quale siamo ormai attaccati. Invece di rappresentare il sistema interconnesso delle radici, considerate come funzioni dei coefficienti, attraverso una formula contenente dei radicali a valori multipli, possiamo cercare di ottenere le radici separatamente espresse per mezzo di altrettante funzioni distinte e uniformi [a un solo valore] di variabili ausiliarie, come nel caso del terzo grado. In questo caso, dove discutiamo dell'equazione



basta rappresentare il coefficiente a col seno di un angolo A perché le radici si separino nelle 3 funzioni seguenti, ben determinate [per i dettagli si veda qui]:




Simile a questo è il processo che dobbiamo esporre relativamente all'equazione



Soltanto, invece di seni o coseni, sarà necessario introdurre le funzioni ellittiche."

Ergo, Hermite in quello scritto risolse l'equazione generale di 5° grado facendo uso di funzioni (modulari) ellittiche, risultato che rivoluzionò l'algebra e l'analisi, aprendo la strada alle ricerche dei futuri brillanti matematici, tra cui Poincaré.
Il risultato però per cui Hermite viene maggiormente ricordato è l'aver dimostrato la trascendenza del numero di Nepero (di Nepero abbiamo parlato qui) e.
Il numero e, ossia 2,7182818..., viene definito normalmente attraverso il limite





con la successione in questione, (1+1/n), che risulta monotòna crescente e limitata.
Possiamo facilmente dimostrare ciò.
Abbiamo parlato, tra le altre cose, di successioni monotòne e limitate qui, ma vi rinfrescherò rapidamente la memoria.
Una successione viene detta monotòna se cresce o decresce facendo crescere, fino all'infinito, l'imput rappresentato dal numero naturale n.
Più precisamente, una successione an è monotòna crescente quando



ossia, in parole povere, quando un "passo" della successione ha un valore maggiore di quello precedente.





















Una successione si dice poi limitata quando, dati 2 numeri reali A e B, essa risulta sempre compresa tra i suddetti numeri:



Dimostriamo innanzitutto che la nostra successione sia monotòna crescente.
In pratica dobbiamo mostrare che





Tale espressione si può riscrivere come





Sfruttando le proprietà delle potenze:





Portiamo il termine del secondo membro della disuguaglianza elevato al coefficiente n al primo membro:





ovvero:





Utilizzando un celebre prodotto notevole:





Espressione che si può a sua volta riscrivere come:





la quale non è altro che la disuguaglianza di Bernoulli (che abbiamo illustrato e dimostrato qui) con x = -1/n².
Pertanto abbiamo dimostrato che la successione (1+1/n) è monotòna crescente.
Anche verificare il fatto che sia limitata è molto semplice.
Infatti, è sufficiente considerare la successione





che è strettamente decrescente (si prova molto semplicemente con lo stesso procedimento appena illustrato).
Per ogni n naturale si ha che:





ne deriva che:



essendo a₁ = 2 e b₁ = 4, abbiamo che:



Ciò prova che la successione an sia effettivamente limitata.
C'è tuttavia un altro modo per definire il numero di Nepero, cioè come la somma della serie





Ricordiamo che un numero (irrazionale) si dice trascendente quando non è algebrico, ovvero quando non soddisfa ad alcuna equazione algebrica avente dei coefficienti interi razionali.
L'esempio più noto di numero trascendente è pi greco, la cui trascendenza è stata dimostrata nel 1882 da Lindemann.
Dimostrare la trascendenza di un numero non è cosa affatto semplice.
Liouville, colui che spronò Hermite a scrivere a Jacobi, tentò di dimostrare la trascendenza di e, ma senza riuscirci.
Ebbe invece successo nel costruire un'infinita classe di numeri trascendenti usando frazioni continue.
Fra questi, quelli della forma




con n numero reale maggiore di 1, sono i più semplici.
Nel 1850 Liouville produsse un esempio di numero trascendente oggi noto come costante di Liouville, definita come





È tuttavia molto più complicato dimostrare che un certo particolare numero è o non è trascendente rispetto allo stilare una categoria infinita di numeri trascendenti.
Infatti, quando Hermite, nel 1873, dimostrò che il numero di Nepero è effettivamente trascendente, il mondo matematico rimase di stucco!
L'originalità del suo pensiero fu molto utile ad Hermite nella sua dimostrazione, in cui venivano sfruttati gli strumenti dell'analisi matematica.
Nello specifico, si scriveva un particolare integrale e lo si calcolava con 2 modi distinti, scoprendo che l'ipotesi che e fosse algebrico portava a una contraddizione, ossia a 2 risultati diversi: 0 risultava uguale a un numero diverso da 0.
La difficoltà stava naturalmente nel ricercare l'integrale giusto.
L'intera dimostrazione occupava 2 sole pagine di stampa, ma 2 pagine straordinarie per eleganza di pensiero.
L'integrale era così improbabile che probabilmente altri matematici non avrebbero potuto trovarlo anche se l'avessero cercato una vita intera!
Terminiamo la trattazione illustrando brevissimamente 2 ulteriori importanti apporti matematici dovuti ad Hermite.
Il primo è il concetto di matrice hermitiana.
Abbiamo dedicato numerosi post alle matrici in questo blog.
Ricorderò velocemente qui il concetto di trasposta di una matrice, fondamentale per spiegare cosa sia una matrice hermitiana.
Data una qualsivoglia matrice A, si dice trasposta la matrice Aᵀ che si ottiene scambiando le righe di A con le sue colonne, cioè quella in cui le righe di A diventano colonne e le colonne di A si trasformano in righe, come nell'esempio che segue:






Detto ciò, dobbiamo anche ricordare ai fini della comprensione di ciò che seguirà, il concetto di complesso coniugato di un numero complesso.
Un generico numero complesso z è definito in questo modo:



con x e y numeri reali e i unità immaginaria.
Il complesso coniugato di un numero complesso z è semplicemente il numero che viene ottenuto cambiando il segno della parte immaginaria di z.
In simboli:



Chiarito ciò, possiamo asserire che una matrice quadrata di numeri complessi H si definisce hermitiana quando



Più precisamente, una matrice quadrata H è hermitiana se l'elemento nella i-esima riga e j-esima colonna è uguale al complesso coniugato dell'elemento nella j-esima riga e i-esima colonna (per tutti quanti gli indici i e j):



Se i suoi elementi sono tutti reali una matrice hermitiana coincide con la propria trasposta, ed è pertanto una matrice simmetrica.
Ecco un esempio di matrice hermitiana:






Come potete notare, gli elementi sulle diagonali sono numeri reali; se ci fossero numeri complessi sulle diagonali, non avremmo di fronte una matrice hermitiana! 
Cliccate qui per guardare un simpatico video sulle matrici hermitiane.
L'altro concetto dovuto ad Hermite a cui si alludeva in precedenza è la funzione hermitiana.
Trattasi di una funzione di variabile complessa avente una particolare proprietà: il proprio complesso coniugato è infatti uguale alla funzione di partenza con la variabile cambiata di segno.
In simboli:




Risulta tuttavia possibile estendere facilmente la definizione al caso di 2 o più variabili.
Nel caso f sia una funzione di 2 variabili, essa è una funzione hermitiana se:

 


per ogni coppia (x, x) nel dominio di f.
A conclusione del post, ecco una coppia di citazioni di Henri Poincaré a proposito del brillante maestro:

"Non si poteva certo chiamarlo un uomo logico! Nulla di più lontano dalla verità: i concetti sembravano nascergli in mente in modi strani e misteriosi."

"Provate a parlare con il sig. Hermite; egli non evocherà mai un'immagine concreta, e tuttavia vi accorgerete molto presto che le entità più astratte sono per lui delle creature vive."

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Fonte principale:

- I grandi matematici di Eric T. Bell

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