lunedì 11 novembre 2013

GEORGE BOOLE E LA SUA ALGEBRA DELLA LOGICA

"Algebra" è una parola che è già apparsa numerose volte all'interno di questo blog.
C'è stato persino, proprio qui su Scienza e Musica, un Carnevale della Matematica, il n.56, incentrato su "algebra, algebre e storia dell'algebra".
In quella occasione avevamo puntualizzato sul fatto che esistono, oltre alla nota "algebra elementare", tantissime algebre differenti.
Alcune di queste algebre portano peraltro i cognomi dei loro geniali ideatori.
Tra queste la più famosa è certamente l'algebra di Boole.
In questo post andremo a scoprire la non facile vita del matematico George Boole (1815-1864) e ad introdurre, nel modo più semplice possibile, le basi essenziali della sua algebra, un'algebra che, come vedremo, risulterà strettamente legata alla logica.






 













George Boole nacque il 2 novembre 1815 a Lincoln, nell'Inghilterra orientale.
George era il primo dei 4 figli (George, Mary Ann, William e Charles) di John Boole e Mary Ann Joyce.
John era un semplice bottegaio, ma nutriva un grosso interesse nei confronti delle scienze e in particolare verso le applicazioni della matematica agli strumenti scientifici.
Mary Ann era invece una cameriera, la quale sposò John Boole il 14 settembre 1806.
Dopo il matrimonio, i 2 sposini si trasferirono appunto a Lincoln, ove John aprì un negozio per esercitare la professione di calzolaio.
Tuttavia, egli non si dedicò con il massimo impegno al suddetto lavoro, in quanto era distratto dai suoi interessi scientifici.
Basti pensare che nella vetrina della sua bottega era esposto con orgoglio un telescopio che lui stesso aveva costruito.
C'è dunque da sottolineare che George nacque in una situazione non particolarmente agiata.
Gli scrittori del tempo evidenziavano sempre che essere figlio di un piccolo commerciante significava essere predestinato a un'umile e difficile vita.
La classe sociale alla quale apparteneva il padre di George veniva trattata con un disprezzo ancora maggiore di quello riservato alle sguattere o ai lacché.
Le "classi infime" praticamente non esistevano agli occhi delle "classi superiori".
Ergo, si dava per scontato che George si sarebbe limitato ad apprendere le nozioni fondamentali e non trasgredire i rigidi vincoli imposti da tale disprezzo classista.
Le fatiche e le sofferenze che dovette passare George per cercare di istruirsi adeguatamente e ottenere una posizione migliore di quella a cui risultava predestinato sono paragonabili a un percorso di espiazione dei peccati nel Purgatorio dantesco.
George innanzitutto, quando aveva meno di 2 anni, frequentò una scuola a Lincoln per i neonati dei commercianti.
Dopo un anno venne spostato a una scuola commerciale guidata da Mr Gibson, un amico di John Boole, dove rimase fino ai 7 anni d'età.
I primi rudimenti di matematica gli vennero tuttavia impartiti dal padre stesso.
Superati i 7 anni d'età, il piccolo George poté frequentare una scuola elementare e i suoi interessi confluirono verso le lingue.
C'è però da dire che le scuole dove i giovani signori imparavano a spingersi l'uno contro l'altro per prepararsi ai loro futuri ruoli di direttori delle organizzazioni industriali non accettavano ragazzi come Boole.
La sua scuola nazionale era incaricata di mantenere il povero al suo vero posto, al suo misero livello di istruzione.
A quei tempi una leggera conoscenza del latino e del greco rappresentava un segno distintivo dei "gentleman".
In verità, davvero pochi di questi cosiddetti gentleman conoscevano abbastanza il latino per saperlo leggere senza traduzione affiancata.
Tuttavia, la proclamata, seppur inesistente, conoscenza della grammatica latina designava un segno di distinzione, mentre la sintassi imparata a memoria veniva ritenuta alla stregua di una disciplina mentale della massima utilità per prepararsi al possesso e all'amministrazione dei beni fondiari.
Ovviamente, nella scuola elementare in cui Boole fu ammesso, il latino non era previsto.
Pensando, ingenuamente, che la sola non conoscenza del latino e del greco fossero la causa delle sue difficoltà, egli si adoperò per imparare tali 2 lingue antiche.
In un primo momento, lo studio del latino venne effettuato da autodidatta, accompagnato dall'incoraggiamento del padre, il quale, però, non poteva fornire al figlio un aiuto concreto in quanto non conosceva il latino.
Fondamentale in tal direzione fu la conoscenza di un modesto librario, amico del padre, che insegnò al giovane Boole i primi elementi di grammatica latina.
Le difficoltà non erano poche; non è per niente facile, per un ragazzo di 12 anni, assimilare i Commentari di Cesare.
Comunque, vennero raggiunti risultati notevoli: a 12 anni Boole fu in grado di tradurre un'ode di Orazio in inglese e in versi, cosa che spinse il padre a far stampare la traduzione nel giornale locale.
La suddetta pubblicazione fu una lama a doppio taglio per il piccolo George.
Se da una parte tale pubblicazione fece rumore nell'ambito della scuola, dall'altra parte scatenò le perplessità di un professore di studi classici, il quale negò con convinzione che un ragazzo di quell'età fosse capace di effettuare una simile traduzione.
Peraltro, Boole si sentì ulteriormente umiliato quando vennero fatti notare errori nella sua traduzione.
Tutto questo, tuttavia, lo spinse ancor più a perfezionare la sua istruzione.
Aveva infatti cominciato, sempre da autodidatta, lo studio del greco e da allora decise che o sarebbe pervenuto alla perfezione, oppure avrebbe lasciato perdere le lingue antiche.
Si mise dunque a studiare, da solo, instancabilmente per 2 anni, il greco e il latino, giungendo ad un ottimo livello di preparazione.
Dopodiché dal 10 settembre 1828 iniziò a frequentare l'istituto commerciale Bainbridge.
Anche questa scuola non forniva corsi che il giovane avrebbe sperato di seguire.
Ancora spinto dalla passione per le lingue, Boole approfondì, a parte, lo studio del francese e del tedesco, lingue in cui, molti anni dopo, avrebbe redatto importanti lavori matematici di ricerca.
A 16 anni si promise di aiutare in qualche modo i suoi poveri genitori - il padre aveva dovuto chiudere la bottega e la sua famiglia si ritrovava in precarie condizioni economiche - e capì che l'insegnamento rappresentava il modo più rapido e sicuro per ottenere un salario fisso.
In primo luogo, per 2 anni, insegnò presso la piccola Heigham's School di Doncaster, a circa 65 chilometri da casa.
Probabilmente venne licenziato per il suo comportamento un tantino irreligioso: studiava matematica anche di domenica, e persino dentro la cappella!
Va sottolineato che Boole non appartenne mai a una vera e propria confessione religiosa, ritenendo impossibile l'accettazione della divinità di Cristo, tuttavia, a modo suo, aveva una forte religiosità.
Per un certo periodo aveva nutrito perfino l'idea di diventare pastore anglicano, ma la abbandonò in parte per le sue convinzioni, ma soprattutto per sostenere la famiglia travolta dalle difficoltà economiche.
Tuttavia, i 4 anni durante i quali si era preparato privatamente, con dure privazioni, alla carriera ecclesiastica a cui aspirava, non furono interamente spesi vanamente, in quanto gli dettero l'assoluta padronanza del francese, del tedesco e dell'italiano.
Oltre a ciò, l'altro interesse che man mano si stava insinuando sempre di più nella sua mente era la matematica.
Il primo libro di matematica avanzata che Boole lesse fu il Traité élémentaire de calcul differéntiel et du calcul intégral (1797-98) di Sylvestre François Lacroix.
Diversi anni dopo, ricordando quella stagione della sua vita, spiegò che per chi, come lui, aveva pochissimi soldi da spendere in libri, quelli di matematica erano l'investimento migliore, poiché duravano più degli altri.
Era solito inoltre raccontare di come, all'epoca della scuola, gli fosse venuta un'ispirazione: mentre camminava in un prato, gli era balenata l'idea che doveva essere possibile esprimere le relazioni logiche in forma algebrica.
Una sorta di "illuminazione sulla via di Damasco", scriverà il suo biografo MacHale, i cui frutti si sarebbero avuti solo molti anni dopo.

Comunque, ritornando alle vicende del giovane Boole, nel 1833 trovò un nuovo posto da insegnante a Liverpool, ma appena 6 mesi più tardi sentì che non gli era più possibile rimanere, a causa dello "spettacolo di appetiti e passioni grossolani cui si indulgeva senza freni" (parole della sorella), presumibilmente da parte del preside.
Pure l'impiego successivo, alla Hall's Accademy di Waddington, un villaggio a 6 chilometri da Lincoln, fu di breve durata.
La svolta avvenne nel 1834, quando Boole aveva appena 19 anni: egli riuscì ad aprire una propria scuola a Lincoln, in modo da garantire alla famiglia una tranquillità economica.
Nella scuola era necessario che si insegnasse un po' di matematica; gli insegnamenti del padre si sono rivelati fondamentali per poter impartire a sua volta lezioni di matematica a giovani studenti.
Ma Boole non si accontentava di fare lezioni di matematica "elementare", era sempre desideroso di approfondire le sue conoscenze.
A 20 anni, con alle spalle un background matematico tutt'altro che forte, senza alcun aiuto, assimilò nientemeno che la Meccanica Celeste di Laplace, un capolavoro davvero complicato da digerire, visto che in esso il ragionamento risulta ricco di salti ed enigmatiche dichiarazioni, alla stregua di "è facile vedere" et similia.
Poi dedicò la sua attenzione all'astrattissima Meccanica Analitica di Lagrange, un testo in cui non è possibile rinvenire una sola figura che chiarifichi l'articolato ragionamento!
Nonostante ciò, l'autodidatta Boole venne a capo di queste apparentemente insormontabili difficoltà e tutti i suoi sforzi lo portarono addirittura ad elaborare un vero contributo alla matematica, uno scritto inerente al calcolo delle variazioni.
Forniamo giusto un "assaggio" di cosa sia il calcolo delle variazioni.
Trattasi di un campo dell'analisi matematica che ha per oggetto la ricerca dei minimi e dei massimi di quantità esprimibili sotto forma di integrale.
Facciamo un semplice esempio.
Si considerino 2 punti su un piano. Qual è il cammino più breve che li unisce?
La risposta è molto semplice: un segmento di retta.
La giustificazione della risposta è un po' meno banale.
Si osservi la seguente immagine:







 










Abbiamo 2 punti (x, y) e (x₂, y₂), che indichiamo rispettivamente con A e B, e vari possibili cammini che li uniscono.
L'obiettivo è stabilire quale sia il cammino y = y(x) di lunghezza minima.
Si nota innanzitutto che la lunghezza di un segmento infinitesimo di cammino è (grazie al teorema di Pitagora):




È semplicemente il calcolo della distanza di 2 punti sul piano cartesiano, solo che in questo caso stiamo parlando di una distanza infinitesima, espressa dunque attraverso un differenziale (ds).

Distanza tra 2 punti nel piano cartesiano















Notiamo ora che la quantità infinitesima dy si può scrivere anche come:




Abbiamo semplicemente moltiplicato e diviso per uno stesso fattore, ossia dx.
La nuova scrittura si può esprimere più concisamente nel seguente modo:



In effetti, questa è proprio la definizione di differenziale della funzione y, ossia il prodotto della derivata della funzione stessa rispetto a x, cioè y'(x), per il differenziale, dx, della variabile indipendente.
Tenendo presente ciò, possiamo riscrivere la lunghezza di un segmento infinitesimo di cammino come:




ovvero:




Appurato ciò, la lunghezza totale L del cammino dal punto A al punto B non è altro che l'integrale definito della quantità ds:





La suddetta uguaglianza traduce il problema di trovare il cammino più breve possibile tra 2 punti A e B nel problema di trovare la funzione y = y(x) per cui l'integrale in questione risulta minimo.
L'incognita su cui si basa il problema è quindi la funzione y(x) che, ricordiamo, definisce il cammino generico tra i 2 punti.
Il calcolo delle variazioni si occupa proprio di risolvere problemi di tal genere.
Come si risolve allora il problema che stiamo analizzando?
Innanzitutto bisogna assicurarsi che la grandezza rappresentante il cammino stazionario (nel senso che una variazione infinitesima del percorso da quello corretto non cambia di molto il valore dell'integrale) sia espressa nella forma integrale standard, cioè:





dove f[y(x), y'(x), x] designa la funzione caratteristica del problema in esame.
Nel nostro caso abbiamo proprio che l'espressione dell'integrale è in forma standard, con la funzione f così definita:




Stabilito ciò, per risolvere il tutto dovremmo far uso di una fondamentale equazione del calcolo delle variazioni: l'equazione di Eulero-Lagrange:





Non è molto complicata da capire, a dispetto dell'apparenza.
Per poterla utilizzare, si vanno semplicemente a valutare le 2 derivate parziali.
Nel problema del cammino tra 2 punti abbiamo:





d'altronde derivando la funzione f(y, y', x) rispetto a y, tutti gli altri elementi vengono considerati alla stregua di costanti e la derivata di una costante è 0.
L'altra derivata parziale è un tantino più articolata, infatti trattasi della derivata di una funzione composta.
Va risolta quindi con la nota regola della catena.



Si calcola innanzitutto la derivata dell'argomento della radice quadrata, che rappresenta la nostra g(x).



Dopodiché bisogna trovare la derivata della funzione radice quadrata, calcolata in g(x).
La derivata della radice quadrata di una certa quantità x è:





In questo caso, però, x va visto come la funzione g(x).
Dunque:





In definitiva, la derivata parziale è:





Ora, siccome





l'equazione di Eulero-Lagrange si riduce a:





Questa uguaglianza ci dice semplicemente che la derivata rispetto a x della derivata parziale rimasta è nulla.
Ciò fa capire che la quantità





altro non è che una costante C, un numero puro.
Pertanto, si può senza problemi affermare che:





ovvero:




Elevando tutto al quadrato:



Svolgendo la moltiplicazione:



Dopo qualche banale passaggio abbiamo:



In definitiva:




Abbiamo perciò stabilito che:



Ciò implica che a sua volta y'(x) è una costante che indichiamo con m.
Integrando (in modo indefinito) l'equazione



si ricava



con q costante.
Questa è proprio l'equazione di una retta nel piano cartesiano.
Abbiamo quindi dimostrato che il cammino più breve che congiunge 2 punti è proprio la linea retta e abbiamo pertanto risolto un semplice problema di calcolo delle variazioni.
Questo però non è il contesto adatto per approfondire ulteriormente il discorso su tal interessante argomento.
Facciamo dunque ritorno alla biografia di Boole.
Nel 1838 Robert Hall, preside della Hall's Academy, morì; venne allora chiesto a Boole se voleva assumere la direzione dell'istituto.
Egli accettò, spostandosi dunque a Waddington assieme a tutta la famiglia.
Si susseguì nell'estate del 1840 un ulteriore trasferimento: Boole infatti aprì un'altra scuola a Lincoln e ancora una volta portò la famiglia con sé.
In questo periodo incominciò regolarmente a pubblicare scritti sul Cambridge Mathematical Journal e i suoi interessi matematici vennero influenzati da Duncan Gregory, che lo spinse ad approfondire il suggestivo ramo dell'algebra.
Nel 1842 era peraltro cominciato anche il rapporto epistolare con il matematico Augustus De Morgan, un rapporto che si trasformò in una vera e propria amicizia.
Non a caso, quando l'anno dopo Boole scrisse il lungo articolo On a general method of analysis, applicando metodi algebrici per la soluzione di equazioni differenziali, egli lo inviò a De Morgan, desideroso dei suoi preziosi commenti.
Tale articolo venne pubblicato da Boole, nel 1844, nei Philosophical Transactions of the Royal Society.
C'è da aggiungere che la prestigiosa istituzione in un primo momento fu riluttante a prendere in considerazione il lavoro di uno sconosciuto, tuttavia, alla fine, finì per accettarlo e ammirarlo, premiando addirittura Boole con una medaglia d'oro.
I suoi lavori matematici cominciarono dunque a condurlo verso la fama.
A proposito del rapporto di amicizia con De Morgan, riporto un interessante passo tratto da Storia della Matematica di Carl B. Boyer:

"Diventato amico di De Morgan, prese parte anche lui vivamente a una controversia intorno alla logica sorta tra De Morgan e il filosofo scozzese Sir William Hamilton (1788-1856), da non confondere con l'omonimo matematico irlandese Sir William Rowan Hamilton (1805-1865). Il risultato fu che Boole nel 1847 pubblicò un piccolo libro intitolato The Mathematical Analysis of Logic (L'analisi matematica della logica), che De Morgan riconobbe subito come un'opera di importanza capitale nello sviluppo del pensiero logico-matematico. La storia della logica può venire suddivisa, con un certo grado di semplificazione, in 3 stadi:

1) la logica greca;
2) la logica scolastica;
3) la logica matematica.

Nel primo stadio, le formule logiche consistevano di parole del linguaggio comune, soggette alle normali regole sintattiche. Nel secondo stadio, la logica faceva astrazione dal linguaggio ordinario ed era caratterizzata da speciali regole sintattiche e da specifiche funzioni semantiche. Nel terzo stadio, la logica è contrassegnata dall'uso di un linguaggio artificiale in cui parole e simboli hanno funzioni semantiche rigidamente delimitate. Mentre nei primi 2 stadi i teoremi logici erano derivati dal linguaggio comune, la logica del terzo stadio procede in maniera contraria: ossia, essa dapprima costruisce un sistema puramente formale, e soltanto successivamente ne cerca un'interpretazione nel linguaggio comune. Sebbene Leibniz sia talvolta considerato come un precursore di quest'ultima concezione della logica, in realtà la sua riscoperta coincise con la comparsa del libretto di Boole e della Formal Logic (Logica formale) di De Morgan, pubblicata nello stesso anno. Nel suo lavoro Boole, in particolare, sosteneva che la logica andava ricollegata con la matematica e non con la metafisica, come aveva invece sostenuto il filosofo scozzese Sir William Hamilton."    

Nel 1849 Boole venne finalmente nominato professore di matematica ad una università, il Queen's College di Cork, in Irlanda, dove avrebbe insegnato per il resto della sua vita.
D'altronde, nel 1846, egli aveva fatto domanda per diventare professore in uno qualsiasi dei nuovi Queen's College irlandesi.
Nel dicembre del 1848 il padre di Boole morì, dunque prima che potesse vedere il figlio diventare professore universitario.
Da un avvenimento tragico a uno felice: nel 1850 Boole conobbe Mary Everest, la sua futura sposa (si sposarono precisamente l'11 settembre 1855).
Mary era figlia dell'eccentrico reverendo Thomas Roupell Everest, fratello del tenente colonnello George Everest, l'uomo che avrebbe conferito il suo nome alla montagna più alta del mondo.
Lo zio materno John Ryall, vicerettore del Cork College e professore di greco, era amico di George Boole.
Sin da bambina Mary aveva mostrato una certà abilità con la matematica, e quando George iniziò a impartirle lezioni private divennero buoni amici, si scrissero spesso e, alla fine, convolarono a nozze, nonostante i ben 17 anni di differenza.
I 2 innamorati ebbero ben 5 figlie.
La terzogenita, Alicia, era dotata di un notevole talento geometrico, dato che riusciva a visualizzare con chiarezza oggetti nello spazio quadrimensionale e pervenne ad alcune importanti scoperte matematiche.
L'ultima figlia, Ethel Lilian, diventò celebre come autrice del romanzo The Gadfly ("Il tafano"), nella versione italiana tradotto come Il figlio del cardinale, un romanzo ispirato alla sua breve ma appassionata storia d'amore con un agente segreto.
Peraltro, il suddetto romanzo ispirò la realizzazione, nel 1955, di un film, la cui colonna sonora venne affidata nientemeno che al grande compositore russo Dmitri Dmitriyevich Shostakovich (1906-1975).
Ecco allora il video della celebre romanza da The Gadfly di Shostakovich:



Il matrimonio di George e Mary durò però solamente 9 anni, poichè Boole morì l'8 dicembre 1864, all'età di 49 anni.
Egli aveva camminato, al fine di recarsi a lezione, per 5 chilometri in una giornata d'ottobre fredda e piovosa.
Si prese una bronchite, che presto si trasformò in una polmonite, la quale lo stroncò nel giro di 2 settimane.
Aspetto ancor più tragico è che forse la sua morte venne affrettata dalle strambe teorie mediche della moglie, la quale lo curava facendolo coricare tra lenzuola inzuppate nell'acqua fredda!
Ora finalmente entriamo nel vivo della trattazione: andremo a scoprire cos'è l'algebra booleana.
Essa venne introdotta da Boole nel suo capolavoro datato 1854 e intitolato An investigation into the Laws of Thought, on Which are Founded the Mathematical Theories of Logic and Probabilities, più noto come semplicemente The Laws of Thought ("Le leggi del pensiero").
Boole ridusse la logica a una semplice algebra, incorporando quindi la logica nella matematica.
Si focalizzò inoltre sulle analogie sussistenti tra i simboli algebrici e quelli che rappresentano le proposizioni logiche.
Nell'algebra di Boole le lettere definiscono appunto proposizioni logiche o raggruppamenti di oggetti.
Possono avere il valore di 1 quando significano "vero" e 0 quando significano "falso".
Infatti una variabile x si dice booleana se assume esclusivamente i valori 0 e 1.
Si immagini ora di considerare dei cani alla stregua di un gruppo di oggetti booleani.
In particolare, X indicherà i cani dal pelo lungo, mentre Y i cani che abbaiano spesso.























A questo punto è possibile costruire una tabella:










Boole definì 3 principali operazioni matematiche che possiamo effettuare con i risultati:

1) AND;
2) OR;
3) NOT.

L'operazione AND è definita come il prodotto dei 2 valori.
Come è possibile osservare nella tabella seguente, se X e Y sono entrambi veri, ci aspettiamo la risposta "vera" (cioè 1), e tutte le altre "false" (ossia 0).








Questo è ovvio: un cane può avere il pelo lungo AND abbaiare spesso solo se il cane ha il pelo lungo e abbaia spesso.
L'esempio è utile in quanto mostra che è possibile arrivare alla medesima conclusione usando semplici strumenti aritmetici.
L'operazione AND nell'algebra booleana non è altro che il corrispettivo dell'operazione logica di congiunzione, ossia quell'operazione che collega 2 proposizioni tra loro mediante il connettivo "e", indicato rigorosamente con il simbolo .
Consideriamo ad esempio le proposizioni:

p: Il Sole è una stella
q: 12 è multiplo di 5.

Allora:

p ∧ q: il Sole è una stella e 12 è multiplo di 5.

Anche qui il valore di verità della proposizione p ∧ q dipende dai valori di verità delle singole proposizioni.
In particolare, nel suddetto caso, abbiamo p vera e q falsa, dunque p ∧ q falsa.
Osserviamo ora l'operazione OR, detta anche somma logica.
Essa restituisce 1 se almeno uno degli elementi è 1, mentre fornisce 0 nel restante caso.




Essa corrisponde all'operazione logica di disgiunzione inclusiva, in cui 2 proposizioni vengono separate dal connettivo "o", il cui simbolo è .
Una proposizione ottenuta per disgiunzione inclusiva si considera appunto falsa solamente se sono false entrambe le proposizioni che la compongono.
In tutti gli altri casi si considera vera.
L'operazione NOT restituisce invece il valore inverso a quello iniziale.
La seguente tabella chiarifica tutto:









Il corrispettivo in logica è l'operazione di negazione.
Una proposizione ¬p ottenuta per negazione si considera vera quando p è falsa e viceversa.
Quelli appena illustrati sono soltanto i fondamentali operatori booleani.
Ne esistono anche altri, tra cui citiamo:

XOR:













NAND:




 








NOR:













De Morgan celebrò il lavoro algebrico di Boole con le seguenti parole:

"Il sistema della logica di Boole è un chiaro esempio della combinazione di genio e pazienza...Nessuno avrebbe mai creduto, se non fosse stato dimostrato, che i processi simbolici dell'algebra, inventati come strumento di calcolo numerico, siano in grado di esprimere ogni atto del pensiero e di fornire la grammatica e il dizionario di un sistema logico onnicomprensivo."

Circa 70 anni dopo la morte di Boole, il matematico statunitense Claude Shannon (1916-2001), iniziato all'algebra booleana sin da quando era ancora studente, mostrò come questa potesse essere sfruttata per ottimizzare la progettazione di sistemi di commutazione telefonica.
Inoltre, mostrò che i circuiti con relè (dispositivo elettrico comandato dalle variazioni di corrente per influenzare le condizioni di un altro circuito) potevano risolvere problemi di algebra booleana.

Funzionamento di un relè




















Ergo, Boole, grazie anche al contributo di Shannon, viene considerato uno dei fondatori dell'era digitale.
Non a caso, l'algebra booleana ha avuto ampie applicazioni nella commutazione telefonica e nella progettazione dei computer.
Infatti, le regole con le quali agisce un computer non sono altro che le leggi della logica.
Scrivendo i numeri in forma binaria (cioè in base 2), ogni cifra (ovvero 1 o 0) contiene un bit di informazione: il simbolo 1 viene interpretato dal computer come il comando on, mentre il simbolo 0 viene interpretato come il comando off.
Gli elementi di un circuito elettrico che consentono tale interpretazione sono le porte logiche.
Esistono 3 tipologie principali di porte logiche, le quali si basano nientemeno che sulle fondamentali operazioni dell'algebra booleana:

1) l'invertitore (o porta NOT);
2) la porta AND;
3) la porta OR.

L'invertitore prende come imput un bit e produce come output il suo complemento: pertanto all'imput 1 corrisponderà l'output 0 e viceversa.
La porta NOT si rappresenta così:









La porta AND riceve invece 2 bit come imput e la sua rappresentazione è quella che segue:









Anche la porta OR, ovviamente, prende come imput 2 bit:











Si possono pure costruire circuiti più complicati concatenando varie porte logiche.












Anche nell'algebra booleana non mancano le funzioni.
Dato infatti B insieme formato unicamente dagli elementi 0 e 1, dicesi funzione booleana di n variabili una funzione che va da Bⁿ in B, ovvero una funzione di n variabili booleane che assume valori esclusivamente in B.
Forniamo un semplice esempio di funzione booleana per rendere chiaro il concetto:



2 funzioni booleane si dicono uguali se le 2 rispettive tabelle risultano identiche.
Fino ad ora ci siamo limitati ad osservare gli elementi fondamentali dell'algebra booleana.
Tuttavia l'espressione "algebra booleana", in modo più generale, indica una vera e propria struttura algebrica, cioè va oltre l'essere una semplice branca della matematica: trattasi di un particolare insieme munito di specifiche operazioni.
Viene infatti definita rigorosamente algebra di Boole una struttura algebrica (A, , ), dove A è un insieme contenente almeno 2 elementi e ∪, ∩ rappresentano 2 operazioni binarie interne su A (rispettivamente disgiunzione (o somma logica) [OR] e congiunzione (o prodotto logico) [AND]) che godono delle seguenti proprietà:

1) sono commutative, ossia per ogni a, b ∈ A si ha:



2) esistono in A un elemento neutro rispetto a ∪ (lo 0) ed un elemento neutro rispetto a ∩ (l'1), ovvero per ogni a ∈ A si ha:



3) ognuna delle 2 operazioni è distributiva rispetto all'altra, ossia per ogni a, b, c ∈ A, risulta:





4) per ogni a ∈ A esiste a' ∈ A (chiamato complemento di a) tale che:



Una curiosità: negli assiomi che definiscono le algebre booleane è possibile interscambiare le operazioni, ∪ e ∩, e gli elementi neutri, 0 e 1, rimanendo all'interno del sistema di assiomi stesso.
Ne consegue che da ogni affermazione vera su un'algebra di Boole A, espressa in termini di ∪, ∩, 0 e 1, se ne può ottenere un'altra, detta duale della precedente, pure vera su A, intercambiando ovunque i suddetti simboli.
Tale proprietà è chiamata Principio di dualità.
Ulteriore curiosità: nell'algebra booleana non valgono i principi di eliminazione, ossia non avviene quanto segue:



dove, nella prima espressione, + è un altro modo di indicare la somma logica e, nella seconda espressione, si hanno dei prodotti logici.
Vale che y = z soltanto se le 2 espressioni appena riportate valgono contemporaneamente!
Concludiamo la trattazione dicendo che Boole lavorò anche sulle equazioni differenziali, sulle differenze finite e sulla probabilità.
A tal proposito scrisse, nel 1859, il significativo Treatise on Differential Equations, mentre, nel 1860, pubblicò Treatise on the Calculus of Finite Differences.
Nel corso della sua breve vita diede alle stampe oltre 50 articoli e i suoi incredibili contributi non verranno sicuramente mai dimenticati.

2 commenti:

  1. Un genio a cui dobbiamo moltissimo e grazie a te per avercelo "raccontato" con questo interessantissimo post.

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