lunedì 30 aprile 2012

CARNEVALE DELLA FISICA #30 - LO SPAZIO

 
"Dobbiamo umilmente ammettere che, mentre il numero è un puro prodotto delle nostre menti, lo spazio ha una realtà al di fuori delle nostre menti, così che non possiamo completamente descriverne le proprietà a priori." Carl Friedrich Gauss.



Benvenuti alla trentesima edizione del Carnevale della Fisica!
La tematica di questo mese è lo spazio.
Perché questa tematica?
Ho pensato che se il 20° Carnevale della Fisica, ospitato in maniera egregia da Giovanni Boaga sul blog Storie di Scienza, aveva trattato l'interessantissimo tema del tempo, il 30° Carnevale, quello che state leggendo ora, dovesse trattare l'argomento intrinsecamente legato a quest'ultimo, un po' come lo yin e lo yang: sto parlando ovviamente dello spazio.
Alla stregua del tempo, lo spazio è sicuramente una nozione che apre a molteplici punti di vista e considerazioni.
È un concetto su cui l'uomo si interroga da sempre, su cui sono nati persino paradossi (da paradoxon, che significa letteralmente "oltre l'opinione comune"), come quello estremamente famoso di Achille e la Tartaruga ad opera di Zenone di Elea, il quale riteneva che, se una tartaruga fosse partita con un po' di vantaggio su un corridore veloce come Achille in una corsa, allora Achille non avrebbe mai potuto raggiungere il lento animale in quanto, nel momento in cui questi si porterà nel punto in cui la tartaruga era in precedenza, questa si sarà intanto mossa di un altro piccolo passo e così via.








Se questo paradosso sembra incredibile, allora il prossimo è ancora più strabiliante: Zenone sosteneva che un uomo situato in una stanza non potrà mai attraversare la porta che lo conduce ad un altra camera!
Perché?
La risposta è abbastanza simile a quella di Achille e la Tartaruga: immaginiamo l'uomo che cammina per raggiungere e oltrepassare la porta.
Questi, innanzitutto, dovrà compiere metà del percorso della stanza; dopodiché dovrà percorrere metà dello spazio che gli rimane e ancora metà del rimanente, in un processo infinito!
La conclusione di Zenone è che l'uomo non raggiungerà mai e poi mai la porta!
Il tutto sembra proprio paradossale.
Oggi, conoscendo semplici nozioni di Fisica e di analisi matematica, sappiamo che, in sostanza, ciò che asseriva Zenone era sbagliato.
Riprendiamo l'esempio dell'uomo all'interno della sua dimora.
Abbiamo detto che compirà sempre metà del percorso che gli rimane da fare.
Ciò che i greci non sapevano è che una serie infinita di numeri può convergere, ovvero avere un limite finito!
Nel nostro caso avremo la seguente serie geometrica:





Il risultato è pari a 1: ciò sta a significare che l'uomo potrà raggiungere la porta e dopodiché oltrepassarla!
Se in tale paradosso, detto della dicotomia, si può sfruttare l'analisi matematica per venirne a capo, in quello di Achille e la Tarturuga, possiamo far riferimento anche alla Fisica (o sempre all'analisi matematica).
Se noi assumiamo che i partecipanti alla gara non si muovano solo nello spazio, ma anche nel tempo, allora ciò che affermava Zenone non ha più senso.
Entra infatti in gioco il concetto fisico di velocità, quello che forse più di tutti mette in relazione spazio e tempo.
La velocità media, come ben noto, è:






ovvero rappresenta il rapporto tra lo spostamento e l'intervallo di tempo che è stato necessario per ottenerlo.
A dire il vero, c'è anche la velocità istantanea, la quale fornisce la descrizione del valore della velocità in un preciso istante di tempo:





Essa è dunque la derivata della posizione in funzione del tempo.
Se Achille è più veloce della tartaruga, significa che percorre un maggior tratto di spazio nello stesso intervallo di tempo e dunque, come in una qualsiasi gara o corsa, il più veloce vince!
Nonostante ciò, i paradossi zenoniani suscitano ancora profonde riflessioni.
Anzi, anche considerando il concetto di tempo e di velocità, ci rendiamo conto che, in realtà, affinché Achille raggiunga e superi la tartaruga, dovranno passari infiniti istanti.
Infatti, è vero che noi misuriamo il tempo (o meglio gli intervalli di tempo, visto che il tempo in sé non ha una definizione univoca e universalmente accettata) in giorni, ore, minuti, secondi, ecc., ma, alla fine, un intervallo di tempo è formato sempre da infiniti istanti piccoli quanto vogliamo.
Lo stesso succede nella misura di qualsiasi grandezza fisica.
Se vogliamo misurare la lunghezza di un tavolo, ad una prima approssimazione avremo che, ad esempio, misura un metro.
Poi, magari, scendendo un po' più nel dettaglio, potremmo dire che misura 99,8 cm.
Ci potremmo fermare qui, ma si potrebbe continuare a scendere al livello dei micrometri, dei nanometri, dei picometri e così via.
Il tavolo appare quindi come un oggetto "continuo", ben definito, ma è determinato da infiniti punti ed ha una misura sempre affetta da incertezza.
Generalizzando, se prendiamo una porzione di spazio finita, in realtà sarà sempre composta da porzioni infinitesimali infinite.
Questa concezione sta alla base dell'importantissima nozione di integrale definito in analisi matematica, la quale consente di calcolare, per esempio, aree sottese ad una certa curva, immaginando dei rettangolini sotto la nostra curva e aumentando man mano il numero di questi rettangolini restringendo la loro ampiezza.
La sommatoria di questi rettangolini, sempre più piccoli, e dunque sempre più in grado di approssimare l'area considerata, si formalizza con l'integrale, il cui simbolo ∫, introdotto da un certo Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646-1716), è una sorta di s allugata.
Ecco una splendida immagine illustrativa:










Sussistono tantissime applicazioni in Fisica di tale concetto, fra cui pure gli importanti teoremi di Gauss inerenti al campo gravitazionale e al campo elettrico.
Ma il concetto di spazio va ben oltre i paradossi, le corse, la velocità e gli integrali.
Kant definiva lo spazio, assieme al tempo, una "forma a priori" della conoscenza.
È una nozione che tutti avvertiamo come insita in noi.
Il bambino, ad esempio, fin dal momento in cui è posto all'interno della culla, si accorge delle dimensioni spaziali.
Questi può percorrere, a gattoni, il lettino della culla in alto e in basso e poi, a destra e a sinistra.
Nel momento in cui il neonato cresce un poco, divenendo in grado di arrampicarsi, scopre anche che può salire e scendere dalla culla: ergo, ha rinvenuto la dimensione dell'altezza (o profondità).
Da qui in poi riterrà sempre che la sua vita si svolge in 3 dimensioni spaziali e che non ne sussistano altre.
Una delle tematiche fondamentali della fisica moderna è tuttavia proprio l'esistenza di queste dimensioni spaziali extra, alla base di teorie come quella delle stringhe.
Ma il concetto di spazio, ancor prima di ampliarsi verso nuove dimensioni, è passato dall'essere assoluto a relativo, ossia, se vogliamo, da newtoniano ad einsteiniano!
E se prima era scollegato dal tempo, poi è avvenuto il collegamento mediante lo spazio-tempo di Einstein-Minkowski.
Ma lo spazio è legato, oltre che al tempo, anche alle forme e quindi alla geometria e alla topologia.
Sembrerà paradossale, ma, nel 1948, il filosofo e pedagogista svizzero Jean Piaget, nelle opere La rappresentazione dello spazio nel bambino e La geometria spontanea del bambino, ha chiarito che l'intuizione spaziale in un fanciullo prosegue in maniera esattamente opposta a come si è delineata nella storia della geometria.
Ricordiamo che la geometria attraversa 3 fasi fondamentali [ovviamente ci sono tante sottofasi]:

1) geometria greca: è la geometria euclidea, quella dello studio delle figure geometriche fondamentali e della dimostrazioni dei primi teoremi. Ha applicazioni nell'arte greca, in quanto sia gli artisti che i matematici ricercavano l'armonia, la bellezza, la proporzione (si pensi alla sezione aurea!);
2) geometria proiettiva: nasce nel Rinascimento, con il concetto di prospettiva e, anch'essa, ha innumerevoli applicazioni in arte, tanto che, tra i suoi sviluppatori, vi fu pure il noto architetto Filippo Brunelleschi. Tale geometria, in sintesi, fornisce molta importanza alla posizione dei vari oggetti all'interno di un piano;
3) geometria topologica: "topos" significa "luogo"; ergo, la topologia è lo studio dei luoghi. Essa si afferma a partire dal 1736 con l'articolo di Eulero sui 7 ponti di Königsberg e viene implementata in seguito da altri studiosi, tra cui Cantor e Poincaré. La topologia si occupa in particolare di studiare la forma e le deformazioni degli oggetti. E, a proposito di topologia, sussiste la nozione di spazio topologico. Definita rigorosamente topologia T una raccolta di sottoinsiemi di un certo insieme X tali che sussistano 3 importanti condizioni:
  • l'insieme vuoto e l'insieme X appartengono a T;
  • L'unione di una quantità generica di insiemi appartenenti a T appartiene ancora a T;
  • l'intersezione di una quantità arbitraria di insiemi appartenenti a T appartiene nuovamente a T.
Allora lo spazio topologico designa una coppia (X,T) dove X = insieme e T = topologia.
Inoltre, gli elementi di X vengono detti punti dello spazio topologico.
Un esempio: consideriamo X = {1,2,3} e 3 sottoinsiemi che compongono la topologia T, ovvero A1 = {1, {1,2}, {1,3}, X}, A2 = {X}, A3 = {X}.
Ciò che abbiamo appena scritto è uno spazio topologico avente topologia T = {A1,A2,A3} e punti {1,2,3}.
Dopo questo brevissimo excursus sullo spazio topologico, riconsideriamo il nostro bambino.
Questi procede, a detta di Piaget, in senso opposto allo sviluppo della geometria appena elencato poiché, in primis, riesce a riconoscere le forme degli oggetti, cioè sa distinguere ad esempio un cane rispetto a un albero; dopodiché impara a collocare gli oggetti nella giusta posizione spaziale (riesce ad esempio a porre, in un disegno, un'automobile a terra e un gabbiano che vola nel cielo azzurro); infine, capisce che ogni oggetto deve essere disegnato nella giusta proporzione rispetto agli altri.
Ma riallacciandoci ad Einstein, lo spazio (o meglio, lo spazio-tempo) si può anche curvare, se sottoposto a un'ingente massa o ad energie elevate.
Einstein ci propone quindi un modello del Sistema Solare con il Sole al centro a deformare lo spazio-tempo e i pianeti che gli girano attorno a causa di questa curvatura, ossia la gravità!













E proprio perché lo spazio non è solo quello che ci accompagna nella vita quotidiana, ma un concetto onnicomprensivo, il sostantivo "spazio" viene comumente usato per designare l'Universo che ci circonda, costituito da stelle, pianeti, galassie, nebulose, buchi neri e chi più ne ha più ne metta.
Un'altra rilevante nozione di spazio, sia in Matematica che in Fisica, è il cosiddetto spazio di Hilbert, il quale prende il nome dal grande matematico David Hilbert, che, peraltro, scrisse l'opera Fondamenti della geometria (1899) e presentò [una porzione dei] i famosi 23 problemi irrisolti della Matematica alla conferenza di Parigi del 1900.
Siccome definire rigorosamente dal punto di vista matematico lo spazio di Hilbert risulterebbe troppo complesso in tale contesto, fornisco una definizione molto semplice in rapporto alla Meccanica Quantistica.
Il suddetto spazio designa infatti un sistema quantistico prima che esso venga misurato.
Quando effettuiamo una misurazione, lo spazio collassa in uno stato determinato, rappresentato da un unico punto.
Tuttavia, prima che venga eseguita una misurazione, possiamo immaginarci lo spazio di Hilbert come se fosse riempito di una sorta di nebbia grigiasta, la cui densità corrisponde in ogni punto alla probabilità con cui il sistema quantistico collasserà in un particolare insieme di valori.
Ergo, gli spazi di Hilbert implicano un numero gigantesco di dimensioni!
Possiamo fare un esempio prendendo un dado.
Una volta lanciato, se stessimo al buio e quindi non vedessimo il numero (da 1 a 6) uscito, il sistema, costituito dal dado, potrebbe trovarsi in 6 configurazioni differenti, allo stesso tempo.
Solo una volta effettuata la misurazione (nel nostro caso, la visione del dado in seguito al lancio) il sistema presenterà un risultato definito, cioè un unico numero.
La nozione di spazio di Hilbert è dunque alla base dei meccanismi della Meccanica Quantistica e pure del famoso esperimento mentale del gatto di Schrödinger.
Riassumendo, lo spazio è un concetto che può essere analizzato sotto innumerevoli sfaccettature, le quali interessano la Fisica, la Matematica, la Filosofia, l'Astronomia e la cultura in generale.
D'altronde, non potremmo vivere senza la nozione di spazio!
Immaginatevi un appuntamento di lavoro.
Se non vi forniscono le coordinate spaziali (ad esempio, la città e l'edificio in cui si svolgerà) ed anche quelle temporali (giorno ed ora dell'incontro) non potreste assolutamente giungere ad alcun appuntamento.
Non è allora un caso se lo spazio, assieme al tempo, rappresenta uno dei concetti più importanti dell'intera disciplina che chiamiamo Fisica, lo studio della natura che ci circonda, che ci meraviglia e ci appassiona!
Vorrei rimandare qui, nell'introduzione al Carnevale, a un interessantissimo articolo presente sul sito Le scienze.it, relativo a una complessa moderna teoria fisica sullo spazio e sul tempo, la teoria di Vasiliev e Fradkin.
Per concludere tale introduzione, riporto una bellissima trattazione inerente allo spazio dallo splendido libro di Brian Greene "La trama del cosmo":

"Einstein scrisse una volta che tutti capiamo cosa il nostro interlocutore vuol dire se usa parole come "rosso", "duro" o "infelice", ma per quanto riguarda la parola "spazio", "la cui relazione con l'esperienza psicologica è meno diretta, esiste un'incertezza interpretativa ben più ampia". È un dilemma che affonda le sue radici nel passato: l'analisi del significato di spazio risale a tempi molto antichi e ha affascinato pensatori illustri quali Democrito, Epicuro, Lucrezio, Pitagora, Platone, Aristotele e molti altri loro seguaci. Esiste una differenza fra lo spazio e la materia? Lo spazio esiste indipendentemente dalla presenza di oggetti materiali? Esiste qualcosa come lo spazio vuoto? Spazio e materia si escludono a vicenda? Lo spazio è finito o infinito? Per millenni l'analisi filosofica dello spazio è proceduta di pari passo con le speculazioni teologiche. Secondo una corrente di pensiero, ad esempio, lo spazio ha natura divina dato che Dio è onnipresente. Tale visione fu propugnata in particolare da Henry More, teologo e filosofo vissuto nel XVII secolo, le cui teorie, secondo alcuni storici, esercitarono un profondo influsso su Newton. Per More lo spazio non poteva essere vuoto, altrimenti non sarebbe esistito; a suo parere, peraltro, questa era in ogni caso un'osservazione irrilevante perché, anche se privo di corpi materiali, lo spazio è occupato dallo spirito e pertanto mai completamente vuoto. Newton fece sua tale idea, pur in una versione modificata, affermando che lo spazio è occupato da una "sostanza spirituale" oltre che dalle sostanze materiali. Egli si curò, tuttavia, di precisare che la prima non era d'ostacolo al moto della materia, con cui non interferiva in senso fisico. Lo spazio assoluto, concluse Newton, è il sensorio di Dio. Tali riflessioni filosofiche e religiose sullo spazio, come sottolinea Einstein, appaiono troppo imprecise sul piano descrittivo...Il grande filosofo tedesco Leibniz, contemporaneo di Newton, credeva fermamente che lo spazio in senso convenzionale non esistesse. Parlare dello spazio, asseriva Leibniz, non è che un modo semplice e pratico per codificare quel luogo in cui le cose sono relative le une alle altre. In assenza di corpi nello spazio, lo spazio stesso non ha un significato o un'esistenza propri. Pensiamo all'alfabeto inglese che ordina 26 lettere e stabilisce relazioni tra di esse quali, ad esempio, la a è seguita dalla b, la d precede di 6 lettere la j, la x segue di 3 lettere la u, e così via. Senza le lettere, tuttavia, l'alfabeto non ha alcun significato: non possiede, cioè, una "sovra-lettera", un'esistenza indipendente, ma ne assume una grazie alle lettere stesse, tra cui stabilisce una relazione lessicografica. Leibniz riteneva che lo stesso valesse per lo spazio: questo non ha alcun significato se non quello di fornirci il linguaggio naturale per poter discutere delle relazioni tra la posizione di 2 corpi. Secondo il filosofo, se tutti gli oggetti venissero rimossi dallo spazio, ossia se lo spazio fosse completamente vuoto, sarebbe privo di significato come un alfabeto senza lettere. Leibniz addusse un buon numero di argomentazioni a sostegno della sua visione relazionista, affermando ad esempio che se lo spazio esistesse davvero quale entità, quale sostanza di fondo, Dio avrebbe dovuto scegliere in quale sua parte collocare l'universo. Ma come poteva Dio, le cui decisioni hanno tutte una valida giustificazione e non sono mai casuali né fortuite, distinguere una posizione dall'altra nel vuoto uniforme dello spazio privo di corpi, dal momento che sono tutte uguali? Agli occhi di uno scienziato tale argomentazione appare piuttosto debole. Se però eliminiamo la componente teologica, come lo stesso Leibniz fece in altre argomentazioni, ci ritroviamo di fronte a questioni alquanto spinose: qual è la posizione dell'universo nello spazio? Se l'universo si muovesse tutto quanto di 3 metri a destra o a sinistra, senza modificare le posizioni relative dei corpi che lo compongono, come ce ne accorgeremmo? Qual è la velocità dell'intero universo nello spazio assoluto? Se siamo sostanzialmente incapaci di percepire lo spazio, o le variazioni al suo interno, in che modo possiamo sostenere che esista davvero? Newton, se, da un lato, conveniva sulla difficoltà o addirittura sull'impossibilità di percepire direttamemente lo spazio assoluto, dall'altro sosteneva che la sua esistenza aveva effetti osservabili: le accelerazioni esistono in relazione allo spazio assoluto...Con un'abile mossa, Newton spostò il dibattito sullo spazio dal piano filosofico al mondo dei dati scientificamente verificabili, con conseguenze tangibili. "Ammetto che vi è una differenza tra il moto assoluto vero di un corpo e una semplice variazione relativa della sua posizione rispetto a un altro corpo", avrebbe in seguito dichiarato Leibniz. Pur non trattandosi di una capitolazione di fronte all'idea newtoniana di spazio assoluto, tale affermazione rappresentò tuttavia un duro colpo al puro relazionismo. Nei 200 anni seguenti le tesi di Leibniz e di altri filosofi che negavano la realtà indipendente dello spazio non trovarono pressoché seguito nella comunità scientifica. Al contrario, l'ago della bilancia si spostò chiaramente dalla parte di Newton: le sue leggi del moto, basate sul concetto di spazio assoluto, ottennero il favore generale."

Dopodiché, aggiungo io, arrivò un certo Einstein e le cose mutarono profondamente! 
A seguito di questa (lunga ma doverosa!) introduzione, entriamo nel vivo del Carnevale e andiamo a scoprire tutti gli interessantissimi contributi che partecipano a tale festival della Fisica.
Vi anticipo che i contributi saranno organizzati in diverse categorie (ognuna delle quali terminerà con uno o più video musicali; stiamo o no su Scienza e Musica?) e accompagnati da svariate immagini: che Carnevale sarebbe senza musica e colori?
Bando alle ciance!

LO SPAZIO "FISICO"

Il giovane ma bravissimo Gabriele Giordano, dal blog Era Futura, invia un bel contributo dal titolo "L'Universo digitale".
Il suddetto articolo parte illustrando il suggestivo "principio olografico", introdotto dal Premio Nobel per la Fisica Gerard't Hooft, per arrivare ad analizzare la teoria del fisico Craig Hogan, il quale ritiene che lo spazio sia "fatto di pezzi, blocchi, frammenti" e che l'Universo risulti appunto digitale. Non vi resta che leggere l'interessante articolo per scoprire queste affascinanti teorie della Fisica!


Anche il sottoscritto ha elaborato un contributo per questa sezione del Carnevale. L'articolo si chiama "Un legame che trascende le distanze: l'entanglement". Ho cercato di spiegare nel modo più semplice possibile cosa sia questo strambo fenomeno quantistico (un legame che riesce ad oltrepassare pure grandissime distanze spaziali), compiendo anche analogie con delle fiabe! Dopodiché, verso la fine, ho descritto brevemente la teoria di Penrose-Hameroff concernente il funzionamento del cervello umano, appunto attraverso l'entanglement.


Colgo l'occasione, in questa prima sezione del Carnevale, per farvi notare, giusto un attimo, che la citazione introduttiva di questo Carnevale della Fisica è di un certo Carl Friedrich Gauss (che, per inciso, di contributi alla Fisica e alla Matematica ne ha forniti innumerevoli), il quale, se fosse ancora vivo, oggi, 30 aprile 2012, compirebbe 235 anni!
Per questo, dedico 2 stupendi video musicali (relativi a straordinarie variazioni sul tema "Happy Birthday") al "principe dei matematici".





LO SPAZIO ASTRONOMICO 

Roberto Flaibani, dal blog Il tredicesimo cavaliere, presenta il lungo articolo "Dal SETI archeologico nuove idee e obiettivi". La tematica del contributo è rappresentata principalmente da una domanda che tutti noi ci siamo chiesti almeno una volta nella vita: esistono forme di vita intelligente, esclusi noi, nell'Universo? E se sì, come contattarle? A questo proposito, nel 1974 è nato il SETI, organizzazione scientifica privata avente come fine la ricerca di segnali di vita intelligente extraterrestre. Roberto amplia la prospettiva, facendoci riflettere sulla possibilità di un SETI intergalattico, in cerca di resti appartenenti magari a civiltà aliene scomparse. Vi riporto, come assaggio, l'introduzione dell'articolo:

"Antiche specie aliene ormai estinte, o forse passate a un livello di
esistenza postbiologico, potrebbero aver disseminato nelle galassie
tracce e testimonianze del loro passaggio talmente cospicue da essere
individuabili a milioni di anni luce di distanza dai nostri strumenti
d'osservazione, per quanto primitivi al confronto. Come il classico
SETI su onde radio o su laser, così il nuovo SETI archeologico può
essere effettuato in background rispetto ad altre ricerche
tradizionali, riducendo così il suo costo virtualmente a zero, e senza
nemmeno interferire con il SETI classico.  Anzi, il SETI nel suo
complesso ne risulterebbe grandemente arricchito
."
 
Per il resto, andatelo a leggere; ne vale proprio la pena! 

Il presente Carnevale della Fisica ha l'onore di potersi avvalere di un contributo del Profeta Incerto, che aveva già partecipato ad alcune delle primissime edizioni del Carnevale. Egli ci manda dal suo blog il post denominato "Big Bang...Sssh!". Il suddetto contributo ci fa notare, anche attraverso un bellissimo video realizzato dallo stesso Profeta, come molto spesso i documentari scientifici rappresentino male il Big Bang (per inciso, l'evento che ha segnato l'origine dello spazio e del tempo), associandogli in sottofondo sempre un suono, una melodia o un rumore. Il Profeta constata giustamente che l'accompagnamento sonoro dovrebbe essere effettuato attraverso.........Non anticipo nulla, leggete il contributo e visionate il video posto al suo interno! 
 
La "regina dei Carnevali", la Prof. Annarita Ruberto (che, per inciso, ha organizzato 7 giorni fa un grandioso Carnevale della Chimica inerente al carbonio e alla chimica organica!), dal suo blog Scientificando, ci fa pervenire un articolo dal titolo "Prof. Quanto è grande l'Universo?". Il suo compito non è di quelli più semplici, ovvero spiegare a ragazzi tra gli 11 e i 14 anni quanto risulti immenso il cosmo di cui facciamo parte.
A seguito di una descrizione sulle distanze astronomiche e sul concetto di anno-luce, Annarita propone un'attività didattica, concretamente fattibile, per offrire una stima e una comprensione delle distanze astronomiche del Sistema Solare. Non vi resta che leggere il contributo e scoprire il trucco escogitato dalla straordinaria Prof. per rendere accessibili anche distanze spaziali così vaste! 

Un'altra domanda lecita sull'Universo è sicuramente: da cosa è formato?
Generalmente, a scuola studiamo che è costituito da pianeti, corpi rocciosi vari (meteoriti, asteroidi, comete), stelle, nebulose, galassie ecc., ma gli elementi appena citati designano solo una parte (molto piccola) dell'Universo.
Infatti, la maggior parte della materia che compone il nostro Universo è la misteriosa materia oscura, la cui esistenza fu dedotta per la prima volta "da Zwicky nella seconda metà degli anni '30 del XX secolo".
Di essa ci parla proprio un altro habitué dei Carnevali, Gianluigi Filippelli, curatore del blog Dropsea, nel post "La materia oscura nell'anello".
In cotal modo il bravissimo Gianluigi presenta il suo contributo:

"La materia oscura costituisce l'80% dell'Universo. La sua presenza è stata dedotta da prove indirette, ma ancora nessuna reale prova diretta (o quasi) è stata trovata all'interno degli acceleratori di particelle. Un trio di teorici ha proposto un modo per determinare i processi nei quali le particelle di materia oscura sono coinvolte e questo è un tentativo di raccontare i punti salienti di quella proposta."

Abbiamo già ricordato che oggi è 30 aprile; questo giorno segna pure "La giornata internazionale del Jazz" secondo l'UNESCO. Dunque, non posso esimermi dal pubblicare qualche favoloso brano Jazz in questo "Carnevale spaziale e musicale".





Visto che stiamo nella sezione relativa allo spazio astronomico, desidero riportare anche un video del bravissimo pianista Giovanni Renzo, nel quale esegue una suite per piano da "La distanza della Luna", un'opera di teatro musicale scritta dallo stesso Giovanni, tratta dall'omonimo racconto di Italo Calvino dalle "Cosmicomiche".


I VIAGGI NELLO SPAZIO

Marco Casolino, colui che ha ospitato la scorsa (e splendida!) edizione del Carnevale della Fisica focalizzata sulle bolle, invia, dal suo blog La curva dell'energia di legame, un articolo suddiviso in 3 parti, dal titolo "La strada per le stelle è aperta".
Se volete conoscere l'interessante storia dei viaggi spaziali dalla prospettiva dei Russi, allora non potete non leggere i contributi di Marco!


Luca Di Fino, che gestisce il blog Background Noise, ci invia un post, intitolato "In orbita con Murphy", relativo alle disavventure e agli inconvenienti occorsi all'esperimento ALTEA sulla Stazione Spaziale Internazionale, del quale lo stesso Luca si occupa. Si può asserire che la nota legge di Murphy ("Se qualcosa può andar male, lo farà") giochi un ruolo primario in questo interessante contributo! Vi fornisco giusto l'incipit:

"Immaginate di dover lavorare con software in versione beta che controlla un prototipo hardware di uno strumento scientifico. Immaginate di non essere né chi ha progettato il software o l'hardware e nemmeno chi lo deve usare. Ora immaginate che chi usa il tutto sia chiuso in un laboratorio dall'altra parte del mondo con cui non potete comunicare direttamente, che abbia imparato ad usare lo strumento in una sessione di training sempre troppo breve e troppo lontana nel tempo e che abbia pochissimo tempo da dedicarvi. Aggiungete di essere in un mondo dove la legge che regola il funzionamento di tutte le cose è la legge di Murphy. In questo modo forse potete avere una lontana idea di cosa significhi lavorare ad un esperimento sulla Stazione Spaziale."

Per comprendere in che modo si è manifestata la legge di Murphy in tale contesto, non fatevi scappare per nessun motivo il contributo di Luca!

A mo' di conclusione alla sezione dedicata ai viaggi nello spazio, non credo ci sia niente di meglio del brano "Also sprach Zarathustra" (Così parlò Zarathustra) di Richard Strauss, diventato famoso per essere la colonna sonora del film "2001: Odissea nello spazio", ispirato a un racconto di Arthur C. Clarke (che, tra l'altro, fu il primo a pensare che l'uomo potesse utilizzare dei satelliti artificiali, lanciati nello spazio, per le telecomunicazioni). Inoltre, manco a farlo apposta, il pezzo rappresenta l'introduzione dell'opera 30 di Strauss; il 30 è il numero portante di questo Carnevale!



VEDERE OLTRE GLI OSTACOLI SPAZIALI

Il poliedrico e assiduo contributore dei Carnevali scientifici, Paolo Pascucci, che conduce con maestria il suo blog Questione della Decisione, fornisce lo spunto per aprire un'altra sezione all'interno di questo Carnevale.
Infatti, Paolo contribuisce con un post dal titolo "Vedere dietro gli angoli: una camera laser dal MIT", in cui è presente un filmato illustrante come una video camera laser del MIT possa riuscire a osservare oggetti, anche se occultati da una parete. Come spesso è accaduto, la fantascienza potrebbe divenire realtà!


Giacché la presente svolge il ruolo di sezione relativa all'osservazione, propongo come accompagnamento musicale i seguenti video:





DAL MICROCOSMO AL MACROCOSMO

Lo spazio è infinitamente grande, da qualunque prospettiva lo si guardi.
L'instancabile Annarita ci propone un ulteriore contributo, un post intitolato "Il molto piccolo e il molto grande", relativo a un percorso didattico-sperimentale inerente alla misura delle distanze estremamente piccole ed estremamente grandi. Il contributo risale a qualche anno fa, ma non ha mai partecipato ad alcun Carnevale e risulta perfettamemente a tema con il presente evento. Dunque, godetevelo!


Il sottoscritto ha preparato un video appositamente per questo Carnevale, dal titolo "Breve Viaggio nello Spazio - Dalle Stringhe al Multiverso".
Il brano di sottofondo è la famosissima e straordinaria aria sulla quarta corda BWV 1068 di Johann Sebastian Bach, eseguita dall'Academy of St. Martin in the Fields.
Il filmato consiste in un breve viaggio nello spazio, dal microcosmo al macrocosmo, partendo dalle ipotetiche stringhe, passando per particelle, atomi, molecole e così via, sino a giungere ai confini dell'Universo e alla teoria del Multiverso.
Spero sia di vostro gradimento!



EXTRA MOENIA  

Se in un Carnevale scientifico non ci fossero gli articoli fuori tema, che Carnevale sarebbe?
Quelli che seguono sono dunque una serie di interessanti contributi extra moenia.
In realtà, è necessario specificare che essi risultano "relativamente fuori tema", in quanto il concetto di spazio è praticamente collegato a qualsiasi cosa! 


Paolo Pascucci contribuisce al Carnevale con altri 2 post!
Il primo, intitolato "I ferrofluidi: danze magnetiche", offre un magnifico video concernente tali singolari fluidi, "nei quali sono presenti in sospensione particelle ferromagnetiche".


Il secondo, dal titolo "Nasa: come le correnti oceaniche sciolgono i ghiacciai", è un articolo estremamente interessante che illustra, appunto, come le correnti oceaniche calde risultino alla base del progressivo scioglimento dei ghiacci dell'Antartide. Ecco un breve ma intenso passo dal contributo:

"I risultati mostrano come su 54 piattaforme di ghiaccio almeno 20 sono state sciolte principalmente dalle correnti oceaniche calde."

Mi raccomando, leggete il resto e visionate i filmati proposti da Paolo!


Gianluigi Filippelli ci propone per questa sezione un contributo, dal titolo "ITIS Galileo: Icarus", ispirato appunto al bellissimo spettacolo di Marco Paolini, ITIS Galileo, andato in onda su La7 la sera del 25 aprile.
Ecco come presenta il suo post lo stesso Gianluigi:

"Nella bella serata che La7 ha dedicato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso prima con la messa in onda di ITIS Galileo di Paolini e poi con le interviste dai laboratori, l'attore ha spiegato mirabilmente, tra le altre cose, anche l'esperimento ICARUS, ideato e progettato da Rubbia per fare misure di precisione sui neutrini. Il post riassume proprio il progetto del rilevatore e mostra le primissime misure pubblicate più o meno un anno fa."


 
Tra gli extra moenia rientra anche il mio articolo di carattere geofisico: "Indonesia: la regione geologicamente più instabile del mondo". In tale contributo, prendendo spunto dal terremoto occorso al largo di Sumatra l'11 aprile scorso, ho analizzato brevemente i motivi per cui si possa considerare tale regione quella geologicamente più pericolosa del nostro pianeta. Segnalo che anche i vulcani hanno un ruolo centrale nel suddetto post.


Adesso è venuto il momento di alcuni brani "carnevaleschi":





Siamo giunti alle battute finali di questo Carnevale della Fisica!



È suonata la campanella: è dunque venuto il momento di terminare!
È stato certamente un vero onore e piacere ospitare un evento così bello e così sorprendentemente ricco di spunti da cui imparare e rimanare stupiti.
Spero di essere stato all'altezza del compito, visto che è la prima volta che mi accingo ad ospitare un Carnevale scientifico, dopo tantissime partecipazioni alla stregua di contributore!
Il ringraziamento principale va a tutti i carnevalisti, che hanno partecipato con i loro splendidi contributi, senza i quali non sarebbe stato possibile organizzare tutto questo!
Riporto quindi un elenco sinottico dei partecipanti:

Gabriele Giordano
Roberto Flaibani
Il Profeta Incerto
Annarita Ruberto
Gianluigi Filippelli
Marco Casolino
Luca Di Fino
Paolo Pascucci
Leonardo Petrillo

Un altro sentito ringraziamento va ovviamente a tutti coloro che si fermeranno a leggere tale Carnevale e magari scopriranno qualcosa di nuovo e sorprendente, poiché una delle caratteristiche principali della scienza è proprio quella di lasciare lo stupore e la meraviglia a coloro che si avvicinano ad essa.
Il Carnevale è finito ma ricordatevi che l'evento continuerà di mese in mese sui blog che decideranno di assumerne la guida.
Therefore, this end is only the beginning!

domenica 29 aprile 2012

CARNEVALE DELLA CHIMICA N.17 - 1° CALL FOR PAPERS

A seguito della straordinaria edizione (n.16) del Carnevale della Chimica, ospitata dalla prof. Annarita Ruberto sul blog Scientificando, con tematica "Carbonio e Chimica del Carbonio", il testimone di questa magnifica iniziativa passa a me e quindi al blog Scienza e Musica.











Il tema dell'edizione n.17, la quale verrà pubblicata qui il 23 maggio, sarà: "Storia, storie e personaggi della Chimica".
Si tratta sicuramente di un tema ad ampio respiro, che lascia spazio a svariate interpretazioni.
Potete parlare di come è nata o si è sviluppata questa disciplina scientifica.
Potrete decidere di descrivere le figure di alcuni grandi personaggi della storia della Chimica.
Alcuni esempi: Dalton, Lavoisier, Mendeleev, Avogadro, Faraday, Cannizzaro, ecc, oppure potete optare per figure meno conosciute, ma altrettanto importanti. La scelta è vostra!
Potete pure andare a descrivere come si è passati dall'alchimia, quella "scienza esoterica" il cui scopo principale era riuscire a produrre la tanto agognata pietra filosofale, alla Chimica vera e propria.


















Potete poi raccontare aneddoti o storie curiose inerenti alla Chimica come, giusto per darvi un esempio, quello di Kekulé e il benzene.
Avete praticamente l'intera storia della Chimica a vostra disposizione!
Se il tema non fosse di vostro gradimento, non c'è alcun problema: saranno graditissimi contributi fuori tema (anche se, con una tematica così ampia, sarà molto complicato andare fuori tema!), che dovranno sempre trattare un argomento legato alla Chimica.
Quello che dovrete fare è scrivere contributi concernenti la Chimica sul vostro blog, entro il 21 maggio (compreso), e inviare i link relativi ai suddetti, magari accompagnati da una breve descrizione, all'indirizzo:

leonardo92.universo@gmail.com

Al Carnevale della Chimica possono partecipare tutti: non ci sono limiti di età o di esperienza.
Non bisogna pertanto essere necessariamente esperti del settore per partecipare, basta avere passione per la divulgazione scientifica!
Aspetto dunque i vostri contributi!
Per maggiori informazioni vi consiglio di recarvi al sito ufficiale del Carnevale: http://www.carnevaledellachimica.org/ 

Leonardo Petrillo

sabato 21 aprile 2012

CARNEVALE DELLA FISICA N.30 - 2° CALL FOR PAPERS

Mancano 9 giorni all'appuntamento con la trentesima edizione del Carnevale della Fisica, che verrà ospitato su questo blog.
Il tema è lo spazio, nei suoi svariati significati.
Ricordo che sono graditissimi anche contributi fuori tema e soprattutto che la data ufficiale di scadenza relativa all'invio dei contributi è il 27 aprile.
Tuttavia, preciso che se perverranno contributi il 28 aprile, verranno inseriti ugualmente all'interno del post del Carnevale.
Dunque, date spazio alla vostra sete di fare divulgazione!
In altre parole, scrivete i vostri contributi e inviateli, massimo entro il 28 aprile, all'indirizzo email:

leonardo92.universo@gmail.com

Aspetto dunque i vostri contributi!
Per maggiori precisazioni, vi rimando alla 1° call for papers.

Leonardo Petrillo

mercoledì 18 aprile 2012

UN LEGAME CHE TRASCENDE LE DISTANZE: L'ENTANGLEMENT

La Meccanica Quantistica è sicuramente la branca (tra quelle sperimentalmente verificate) più bizzarra della Fisica.
Può essere considerata il corrispettivo nella scienza di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll (addirittura Robert Gilmore ha scritto una celebre variazione sul tema dal titolo Alice nel paese dei quanti!).
Il grande Richard Feynman asseriva che nessuno (neppure i più grandi fisici teorici) riesce a capire intuitivamente la teoria dei quanti.
Infatti, essa rappresenta qualcosa di così assurdo, da essere persino più sorprendente della fantascienza.
C'è da dire che nel 1900, il fisico William Thomson, meglio noto come Lord Kelvin, aveva affermato che oramai la fisica era finita e che non c'era quasi più nulla da scoprire.
Lo stesso anno viene clamorosamente contraddetto dal fisico tedesco Max Planck, il quale scopre che la radiazione elettromagnetica è composta di quantità discrete, i quanti.
Einstein approfondirà il tutto, analizzando il fenomeno dell'effetto fotoelettrico e denominando i quanti di luce come fotoni, particelle mediatrici dell'interazione elettromagnetica.
Da questo momento in poi la teoria quantistica verrà implementata da alcune delle più grandi menti del XX secolo, fra cui Werner Heisenberg, Erwin Schrödinger, Niels Bohr, Maurice de Broglie, Paul Dirac e tanti altri.
Fra tutti i fenomeni "paradossali" della teoria quantistica, forse quello che lascia più perplessi è l'entanglement.
Il termine "entanglement" può essere tradotto in italiano come:
  • groviglio;
  • confusione;
  • correlazione;
  • intreccio.
È tuttavia preferibile mantenere l'originale denominazione inglese "entanglement".
In che cosa consiste?
Sappiamo che la fisica classica parla di forze che agiscono applicate in punti precisi, o comunque, attraverso contatto.
Ad esempio, prendendo una sedia, posso applicare una forza in un certo punto, la quale tende a spingerla.
Già nell'elettromagnetismo e, in generale, nelle teorie dei campi, si parla invece di forze a distanza, ossia che agiscono senza contatto tra una cosa applicante la forza e il soggetto che la subisce.
Si pensi al campo elettrico, al campo magnetico o a quello gravitazionale.
Una certa sorgente, poniamo una carica elettrica, genera appunto un campo che agisce anche su corpi molto distanti dalla stessa sorgente.
Per approfondimenti e chiarimenti sul concetto di campo, vi rimando all'articolo "Il campo gravitazionale: il teorema di Gauss".
In Meccanica Quantistica questo concetto di azione a distanza si ritrova, ma in maniera decisamente più sorprendente.
Tale effetto si ritrova proprio nell'entanglement.
Immaginiamo 2 particelle quantistiche.
Esse possono essere collegate fra loro da una potentissima e stranissima relazione che è l'entanglement: se così fosse, si dice che le 2 particelle vivono la loro esistenza tra di loro "entangled", cioè legate indissolubilmente.
È un legame fortissimo, paragonabile al legame d'amore che si ritrova in fiabe come quella di Biancaneve o la Bella addormentata nel bosco, in cui l'amore reciproco tra il principe e la damigella è così forte da rompere un potente sortilegio, provocato rispettivamente da una mela avvelenata e da un fuso.










L'analogia è appropriata fino a un certo punto, visto che, mentre nelle fiabe il legame si manifesta attraverso un contatto, il bacio, nella Meccanica Quantistica si ha un'azione a distanza.
La cosa funziona così: se 2 particelle sono "entangled" e una delle 2 subisce una qualche sorta di effetto, allora istantaneamente esso si ripercuote sull'altra, anche se la prima è posta a distanza astronomica (poniamo, per esempio, 1 miliardi di anni-luce) dalla seconda.
Specifichiamo che particelle o fotoni coinvolti nell'entanglement risultano collegate tra loro poiché sono state prodotte in passato da un certo processo che le ha vincolate in modo speciale.
Inoltre, come è ovvio, quando si considera il fenomeno dell'entanglement, si può pensare a sistemi costituiti da più di 2 particelle.
Cosa si evince da tutto ciò?
Questo bizzarro effetto quantistico contraddice il principio di relatività di Einstein, il quale afferma che, in generale, niente può viaggiare più veloce della luce.
Infatti, una modifica su una particella va immediatamente (e sottolineiamo immediatamente) a ripercuotersi sull'altra, ossia questo "impulso" è più veloce persino della luce.
Proprio Einstein, nel 1935, assieme ai colleghi Boris Podolsky e Nathan Rosen, lanciò un guanto di sfida alla fisica quantistica (il cosiddetto paradosso EPR, dalle iniziali dei 3 scienziati), affermando che la Meccanica Quantistica era incompleta.
L'argomentazione dei 3 si basava proprio sul fenomeno dell'entanglement, sostenendo che una teoria che ammettesse un fenomeno così bizzarro e paradossale non poteva essere che incompleta.
Ci fu però uno scherzo del destino: il famigerato articolo del 1935 aveva in realtà gettato il seme per la scoperta dell'entanglement mediante gli esperimenti.
Nel 1972, infatti, i fisici americani John Clauser e Stuart Freedman, fornirono un'evidenza decisiva per l'esistenza reale del fenomeno.
10 anni dopo, il fisico francese Alain Aspect e colleghi presentarono prove ancora più convicenti e rigorose dell'esistenza del suddetto fenomeno.
Dobbiamo porre in evidenza un fatto importante: il fenomeno dell'entanglement non rompe assolutamente il principio di indeterminazione di Heisenberg.
Ricordiamo cosa afferma tale principio: Werner Heisenberg aveva scoperto che di una particella non è possibile conoscere contemporaneamente e con precisione assoluta la posizione e la quantità di moto.
Anzi, più conosciamo una grandezza, meno possiamo conoscere l'altra.
Sussiste infatti la seguente relazione:





Essa ci dice semplicemente che il prodotto delle incertezze della posizione (Δx) e della quantità di moto (Δp) deve SEMPRE essere maggiore o uguale di/a una certa quantità h, chiamata costante di Planck, divisa 4π.
Cosa succede allora quando abbiamo 2 particelle "entangled"?
Si potrebbe ritenere che conoscendo "bene", ad esempio, la posizione di una delle 2 particelle, allora l'altra proprietà (ovvero la quantità di moto) potrebbe essere ricavata dalla corrispettiva particella.
Assolutamente errato!
Quando conosciamo "bene" la posizione di una particella, possiamo conoscere "bene" soltanto la posizione della sua compagna "entangled", non la quantità di moto.
Equivalentemente, se conosciamo "bene" la quantità di moto di una particella, possiamo comprendere "bene" la quantità di moto dell'altra, non la posizione.
Ad Heisenberg non si sfugge!
Recentemente, è stato dimostrato che l'entanglement agisce non solo tra particelle o, in generale, in sistemi microscopici, ma pure a scala macroscopica.
Ad esempio, un gruppo di ricerca guidato da Ka Chung Lee, fisico dell'Università di Oxford, è riuscito a porre in uno stato di entanglement 2 diamanti collocati a 15 cm di distanza l'uno dall'altro e a temperatura ambiente, per mezzo di un sistema composta da:

  • laser;
  • separatori di fasci;
  • rilevatori.
Nello specifico, Lee e colleghi hanno forzato i 2 diamanti a "condividere" i fononi, ovvero quasiparticelle (in semplice, una quasiparticella è l'insieme costituito da una singola particella e dalla nuvola di particelle che la circondano) descriventi la vibrazione quantistica di un reticolo cristallino rigido.
Il concetto di quasiparticella si deve al grande fisico russo Lev Davidovič Landau, autore (insieme a Evgenij Lifšic) di una magistrale collana di testi di fisica teorica.



















Riferendosi al tomo "Meccanica quantistica" (1948), il Premio Nobel Abdus Salam scrive:

"Questo, a mio parere, è probabilmente il miglior libro di testo disponibile sulla meccanica quantistica non relativistica...Nei suoi dettagli, vi è un senso di delizia artistica."

Persino Heisenberg espresse il suo gradimento per il medesimo volume in una epistola inviata allo stesso Landau:

"Proprio lo scorso semestre ho tenuto un corso sulla meccanica quantistica, e già dal primo sguardo al tuo libro ho potuto accertare con quanta cura il materiale sia stato selezionato e organizzato, e quanto l'esposizione sia straordinaria in tutti i suoi dettagli."

Lev Landau ha vinto il Premio Nobel per la Fisica nel 1962 per le sue ricerche nella teoria dello stato condensato della materia e specialmente dell'elio liquido.
Ora voglio brevemente ragguardarvi su una teoria che pone l'entanglement come base del funzionamento dell'oggetto probabilmente più complesso del mondo: il cervello umano.
Ogni cervello umano è costituito da circa 100 miliardi di neuroni, ciascuno dei quali contiene dalle 1000 alle 10.000 sinapsi, le quali agiscono alla stregua di interruttori funzionanti centinaia di volte al secondo e con un numero di operazioni pari a circa 10¹⁵ processi al secondo!
Il grande fisico e matematico inglese Roger Penrose e l'anestesiologo e neurobiologo Stuart Hameroff, unendo il loro sapere, hanno elaborato il più sofisticato modello biofisico del cervello, basato sull'entanglement.
Essi teorizzano che il luogo principale del cervello ove si esplicita uno stato di entanglement è rappresentato dai "microtubuli".
I microtubuli sono la componente fondamentale del citoscheletro delle cellule, il quale rappresenta una sorta di ossatura delle stesse.
I microtubuli possono essere visti come il sistema nervoso e "circolatorio" delle cellule.
Essi:
  • muovono qualunque cosa nelle cellule;
  • ne organizzano la forma e la funzione;
  • comunicano con le membrane e con il DNA nucleare.
I microtubuli sono vere e proprie unità dotate di intelligenza propria: addirittura, un essere elementare unicellulare come il paramecio riesce a nuotare, imparare, evitare i predatori, reperire il cibo e riprodursi solo grazie ai microtubuli, e senza il bisogno di sinapsi (considerato che ne è privo).
Questa forma elementare di intelligenza dei microtubuli fu verificata proprio dagli esperimenti di Hameroff concernenti la divisione cellulare nelle cellule normali e cancerose: lo studioso si rese conto della magistrale capacità dei cromosomi di separarsi in modo estremamente preciso per mano dell'azione regolatrice dei microtubuli.
I microtubuli sono inoltre una delle pricipali componenti di ogni singolo neurone nel cervello.
Nei neuroni, essi si auto-assemblano al fine di permettere e regolare le connessioni sinaptiche, responsabili delle funzioni cognitive.
Le proprietà dei microtubuli non finiscono qui!
Hameroff si accorse che i microtubuli designano il vero sistema nervoso delle cellule.
In particolare, egli ha riscontrato che la struttura di questi microscopici organi cellulari, a loro volta formati in gran numero da una singolare proteina, la "tubulina", è simile a circuiti on-off di un computer: in tal maniera le tubuline presenti all'interno dei microtubuli possono assumere il ruolo di "Bit", o meglio, di "Qbit", ossia bit quantistici.
Le tubuline entro i microtubuli possono permanere per un certo lasso di tempo in fase di sovrapposizione quantistica, mentre, allo stesso tempo, i microtubuli presenti nel cervello si trovano tra loro "entangled".
Le proprietà appena citate (sovrapposizione ed entanglement) sono proprie quelle usate nei computer quantistici, ove non ci sono più i Bit costituiti da sequenze precise di 0 e 1, bensì i Qubit, rappresentanti sovrapposizioni di 0 e 1.
Per capire cosa sia la sovrapposizione possiamo agganciarci al classico esempio del gatto di Schrödinger, oppure possiamo immaginare altre tipologie di esempio.
Supponete di stare in una stanza completamente buia e di lanciare una moneta.
Quando l'oggetto sarà caduto a terra, si troverà in una sovrapposizione di 2 stati, ovvero testa e croce.
Infatti, fin quando non avrete acceso la luce per svelare la sorpresa, la moneta si troverà in uno stato di testa e croce contemporaneamente, così come il gatto di Schrödinger si trova vivo e morto allo stesso tempo.
Nei computer quantistici i Qubit "comunicano istantaneamente" (le virgolette servono a denotare il fatto che i dettagli tecnici della meccanica quantistica ci dicono che in verità la reale trasmissione istantanea dell'informazione non può mai esistere!) mediante il meccanismo dell'entanglement: ciò consente di effettuare calcoli straordinariamente veloci.
In questo excursus su cervello, computer quantistici, sovrapposizione e chi più ne ha più ne metta, non abbiamo però descritto esattamente come sono fatti questi microtubuli.
Abbiamo soltanto elencato le loro proprietà.
Da una prospettiva geometrica, i microtubuli sono piccolissimi tubi allungati, delle dimensioni di pochi nanometri di diametro, simili a pannocchie di granturco allungate.















Una buona immagine rappresentativa delle tubuline può essere invece quella dei chicchi di grano.
Si stima che nel cervello vi siano circa 10¹⁸ tubuline, le quali si comportano alla stregua di dipoli, potendo assumere 2 stati di polarizzazione elettrica, in base agli stati 1 e 0.
Ciascuno di questi "dimeri proteici" possiede delle "tasche idrofobiche", che possono contenere elettroni delocalizzati (elettroni non associati a uno specifico atomo o a uno specifico legame covalente).
Hameroff e Penrose sostengono che tali elettroni sono così vicini tra loro da diventare "entangled".
Pertanto, i processi di entanglement che hanno luogo nel cervello rendono le tubuline oggetti che possono assumere le stesse identiche caratteristiche di fotoni o elettroni entangled del mondo delle particelle elementari, ma in condizioni in cui non abbiamo più coppie di particelle entangled, bensì miliardi di esse!
L'entanglement che interessa i microtubuli è simile a quello che avviene nei cosiddetti condensati di Bose-Einstein, rappresentanti il 5° stato fondamentale della materia, ove tale stravagante meccanismo accade tra particelle prossime tra loro e non particolarmente distanti.
Tirando le fila del discorso, l'entanglement è un fenomeno strambo, bizzarro, un legame fortissimo tra 2 o più particelle, che non abbraccia solamente il mondo della fisica delle particelle, ma può interessare anche sistemi abbastanza macroscopici come 2 diamanti vicini fra loro o addirittura potrebbe essere la causa del funzionamento del misterioso cervello umano!
Il discorso entanglement resta in ogni caso molto complesso e per comprenderlo meglio si necessitano dettagli avanzati di fisica quantistica. Magari riprenderemo in maniera più tecnica il discorso in futuro.
  

domenica 15 aprile 2012

UN POLISACCARIDE FONDAMENTALE: LA CELLULOSA

Nell'articolo "Il glucosio, la famiglia dei glucidi e la fermentazione alcolica" avevamo parlato dell'importante famiglia dei glucidi e avevamo accennato che uno dei gruppi principali di glucidi è rappresentato da quello dei polisaccaridi.
Adesso, andremo ad approfondire la questione, focalizzandoci specialmente su un importantissimo polisaccaride: la cellulosa.
Innanzitutto, riprendiamo il discorso sui polisaccaridi in generale.
I polisaccaridi non sono altro che i polimeri del glucosio.
Abbiamo già parlato approfonditamente di polimeri nell'articolo "L'origine della gomma".
I polisaccaridi possono essere classificati, basandosi sulle funzioni che compiono all'interno di una cellula, in:

1) polisaccaridi strutturali: forniscono un mezzo di sostegno per l'organismo. La cellulosa appartiene proprio a tale gruppo;
2) polisaccaridi di riserva: consentono di immagazzinare (d'altronde sono chiamati "di riserva"!) glucosio sino all'attimo in cui si deve utilizzare.

In particolare, le unità dei polisaccaridi strutturali (quelli che ci interessano di più in questo contesto) sono unità di β-glucosio (vi rimando sempre al post "Il glucosio, la famiglia dei glucidi e la fermentazione alcolica" per chiarimenti).
Gli esseri umani e altri mammiferi non possiedono enzimi digestivi atti a rompere il legame β presente nei polisaccaridi strutturali.
Ne consegue che non possiamo sfruttarli come fonte di nutrimento, sebbene nel regno vegetale ce ne siano in grandissima quantità, soprattutto sotto forma di cellulosa.
Sussistono tuttavia alcuni batteri e protozoi capaci di produrre gli enzimi necessari a spezzare il legame β, e che sono dunque in grado di scomporre la cellulosa nelle molecole di glucosio che la compongono.
L'apparato digerente di certi animali comprende aree di riserva temporanee in cui vivono tali microrganismi, i quali permettono ai loro ospiti di ricavare nutrimento proprio dalla cellulosa.
Prendiamo brevemente in analisi alcuni animali.
Nei cavalli tale particolare meccanismo è svolto da un intestino cieco, un sacco a fondo cieco ove si connettono l'intestino tenue e quello crasso.













Anche lo stomaco dei ruminanti, diviso in 4 comparti, possiede un reparto specifico, il rumine, contenente i batteri simbionti.

 











I suddetti animali, tra le altre cose, rigurgitano periodicamente il bolo e lo rimasticano, in un altro adattamento del loro apparato digerente avente l'effetto di migliorare l'accesso all'enzima in grado di spezzare il legame β.
Per quanto concerne i conigli e altri roditori, i batteri possedenti le suddette proprietà vivono nell'intestino crasso.



Siccome l'intestino tenue designa la parte nella quale viene assorbita la quasi totalità delle sostanze nutritizie e l'intestino crasso segue al tenue, questi animali ottengono i prodotti della scomposizione del legame β mangiando le proprie feci.
Infatti, nel momento in cui le sostanze nutritizie passano per la seconda volta nel canale digerente, l'intestino tenue può finalmente assorbire le unità di glucosio separate dalla cellulosa durante il primo passaggio.
Poi ci sono alcuni insetti, tra cui le termiti e le formiche del genere Camponotus, che ospitano nel loro corpo microrganismi, i quali consentono loro di sfruttare la cellulosa alla stregua di cibo, innescando conseguenze talvolta catastrofiche per abitazioni edificate dall'uomo in legno.

 

Abbiamo nominato più volte la cellulosa, ma non abbiamo ancora definito bene cosa sia.
La formula bruta della cellulosa è: (C6H10O5)n.
La sua formula di struttura è invece:















Colui che isolò e diede il nome alla cellulosa fu il chimico francese Anselme Payen nel 1838 in "Memoir on the compositon of the tissue of plants and of woody [material]".
Le fibre vegetali sono composte proprio da cellulosa, e tra queste spicca il cotone, costituito per oltre il 90% di cellulosa.















Il frutto della pianta del cotone è una capsula di forma ovoidale che contiene semi oleosi racchiusi internamente a una coltre di fibre di cotone.
Piante di cotone appartenenti al genere Gossypium vennero coltivate in India, in Pakistan, in Messico e in Perù già 5000 anni fa.
Tuttavia, la suddetta pianta rimase ignota agli europei sino al 300 a.C. circa, quando soldati di Alessandro Magno ritornarono dall'India con tessuti di cotone.
Mercanti arabi trasportarono piante di cotone in Spagna durante il Medioevo.
L'importazione era inoltre strettamente necessaria per i paesi nordeuropei, in quanto la pianta di cotone è sensibile al gelo e necessita di terreni umidi ma ben drenati e di lunghe estati calde, e sappiamo che il clima europeo non possedeva tali requisiti.
Le molecole di cellulosa infatti non sopportano l'acqua, che tende a spezzare i legami chimici esistenti.
La conseguenza di ciò sta nel fatto che le molecole di cellulosa cominciano a muoversi l'una rispetto all'altra, in maniera casuale, causando la formazione di pieghe.
Se le molecole di cellulosa vengono però trattate con specifiche sostanze chimiche in grado di legarle fra loro senza la possibilità di interferenza da parte dell'acqua, allora si ottiene un tessuto che non si stropiccia.
Esistono numerosi composti aventi le proprietà descritte; i più celebri sono le resine di urea-formaldeide, utilizzate sin dagli anni '50 del XX secolo al fine di avere capi d'abbigliamento meno sgualciti.
Dunque, l'uso di queste sostanze è certamente positivo da un lato, ma ha anche un lato oscuro: infatti, rilasciano formaldeide in piccole quantità e la suddetta sostanza può provocare la dermatite da contatto, detta anche eczema allergico.  
Per completezza, la formaldeide (o aldeide fòrmica o metanale) ha la seguente formula bruta: CH2O.
Al contrario, la sua formula di struttura è:







Nonostante la sopracitata reazione allergica sia rara su scala globale, rappresenta invece un problema ben più serio per coloro che lavorano nelle industrie di tessuti.
Infatti, maneggiare tessuti trattati con resine a base di metanale è stato associato all'insorgenza di disturbi cutanei e, in particolare, l'esposizione a tali sostanze è stata posta in stretta connessione con diversi sintomi quali:
  • cefalee;
  • irritazione del naso e della gola;
  • prurito agli occhi.
Se vogliamo aggiungere carne al fuoco, la formaldeide determina il cancro negli animali da laboratorio.
Per le ragioni appena elencate, i chimici hanno messo tutto il loro impegno per cercare di rinvenire una modalità per trattare la cellulosa, con esposizioni minime alla formaldeide.
Buoni risultati si sono ottenuti con la dimetildiidrossietilenurea (abbreviato DMDHEU). 
Il bello sta nel fatto che il rilascio di formaldeide da questa sostanza è praticamente nullo.
Ritorniamo un attimo sulla storia del cotone: esso fu fondamentale per la Gran Bretagna.
Infatti, è vero che il commercio dello zucchero aveva fornito il capitale necessario allo sviluppo della Rivoluzione industriale, ma gran parte della prosperità della Gran Bretagna nell'Ottocento si doveva proprio alla domanda di cotone.
I tessuti di cotone erano economici e attraenti, ideali per l'abbigliamento e l'arredamento.
Il cotone poteva essere combinato facilmente con altre fibre e risultava semplice da lavare e cucire.
Ergo, esso prese rapidamente il posto del più costoso lino come fibra vegetale preferita dalla gente comune.
Il cotone fu però anche alla base di avvenimenti negativi, come l'incremento dello schiavismo in America.
La coltivazione del cotone richiedeva infatti un impiego intensivo di manodopera.
Nel 1860, negli Stati Uniti, il numero totale di schiavi ammontava addirittura a 4 milioni!
Cambiando prospettiva, una cosa interessante a proposito della cellulosa è il fatto che, nonostante nel nostro mondo esista una quantità gigantesca di polisaccaridi di riserva, c'è una quantità ancora più grande di cellulosa.
Alcuni studiosi hanno addirittura asserito che metà di tutto il carbonio organico è legato nella cellulosa!
Ogni anno viene biosintetizzata e degradata una quantità di cellulosa pari a circa 10¹⁴ kg!
Ma la cellulosa, oltre a essere il costituente principale di molte fibre vegetali, è anche una potente bomba.
Infatti, tra il 1830 e il 1840 fu scoperto che tale sostanza si scioglieva in acido nitrico (HNO3) concentrato, e che la soluzione risultante, se versata in acqua, generava una polvere bianca altamente infiammabile ed esplosiva.  
La commercializzazione di questo prodotto non avvenne prima del 1845, quando lo svizzero Friedrich Schönbein, di Basilea, pervenne ad una singolare scoperta.
Schönbein stava compiendo particolari esperimenti nella sua cucina, con mix di acido nitrico e acido solforico (H2SO4), contro la volontà della moglie, la quale gli aveva proibito di compiere le suddette prove in casa!
Cosa accadde allora?
Quel giorno la moglie era uscita, e il chimico rovesciò, in maniera accidentale, un po' di quel miscuglio acido.
Volendo rimediare al danno fatto, si precipitò ad afferrare la prima cosa che gli fosse capitata tra le mani; questo oggetto non fu che il grembiule (di cotone) della moglie!
Dopo aver ripulito, appese il grembiule sopra la stufa in modo da farlo asciugare con maggiore celerità.
Non l'avesse mai fatto!
Il grembiule esplose con un potente "boom" e produsse un imponente lampo luminoso.
Rimane un mistero: non sappiamo assolutamente come abbia reagito la moglie, una volta tornata a casa, dopo aver visto che il marito stava continuando i suoi esperimenti in cucina (da lei proibiti) e, a maggior ragione, che il suo grembiule era esploso!
Ciò di cui siamo a conoscenza è che Schönbein denominò il suo materiale Schiessbaumwolle, o "cotone fulminante".
Il cotone fulminante non è altro che nitrocellulosa, ovvero il composto che si crea quando il gruppo nitro (NO₂) sostituisce l'H del gruppo OH in un certo numero di posizioni sulla molecola di cellulosa.
Ecco un esempio di formula di struttura di una nitrocellulosa:













Non tutte queste posizioni devono risultare necessariamente nitrate, ma quanta più nitrazione si è verificata sulla cellulosa, tanto maggiormente esplosivo sarà il cotone fulminante prodotto.
Inoltre, Schönbein, capendo che questa scoperta gli poteva apportare molto profitto, iniziò a fondare delle fabbriche per la produzione di nitrocellulosa, con l'auspicio che diventasse ben presto l'alternativa alla polvere da sparo.
Tuttavia, la nitrocellulosa può essere estremamente pericolosa, a meno che non venga tenuta asciutta e trattata con la dovuta cura.
A quel tempo si era totalmente ignari riguardo l'effetto destabilizzante dell'acido nitrico residuo sul materiale.
La conseguenza di ciò fu la distruzione accidentale di alcune fabbriche per mano di violente esplosioni.
Questi episodi costrinsero Schönbein ad abbandonare quell'attività.
Solamente negli anni 70' del XIX secolo, quando vennero scoperti metodi efficaci per ripulire il cotone fulminante dell'acido nitrico in eccesso, il materiale poté essere reso abbastanza stabile da essere utilizzato con sicurezza in esplosivi commerciali.
Tirando le fila del discorso, ci siamo resi conto che la cellulosa rappresenta una sostanza fondamentale in molti ambiti del nostro mondo, dal sostentamento di alcuni animali, alla creazione di capi di abbigliamento, sino alla produzione di potenti esplosivi.
Vorrei concludere riportando un video molto interessante inerente alla nitrocellulosa: