Il primo analizzava soprattutto i rapporti della Musica con la Chimica, mentre il secondo quelli con la Fisica.
Adesso, sollecitato da una recente ricerca, di cui parleremo meglio tra poco, andremo a scoprire il rapporto tra la Musica e la Matematica, o meglio, tra la musica e la geometria frattale.
Partiamo innanzitutto dalla questione principale: cosa sono i frattali?
I frattali (o oggetti frattali) sono oggetti geometrici introdotti dal matematico Benoît Mandelbrot (deceduto abbastanza di recente, ovvero il 14 ottobre 2010) per far fronte ad alcune spinose questioni riguardanti figure geometriche irregolari.
Non a caso, il termine "frattale" deriva dal latino "fractus" che significa "interrotto", "irregolare".
L'ambizione di Mandelbrot era quella di sviluppare una nuova geometria, basata su queste semplici ma singolari nozioni, in grado di descrivere oggetti che non presentano forme regolari.
Nell'introduzione al suo famoso libro Gli oggetti frattali, egli dice che desidera, ad esempio, studiare "la Terra, il cielo e l'oceano".
Questi concetti, come asserisce il matematico, sono appannaggio di discipline scientifiche differenti (l'astronomia, la geologia, la meteorologia, la teoria delle pertubazioni, ecc.) e presentano forme non regolari, non semplici da studiare.
Un monito che giunge dallo stesso Mandelbrot è che non si può affermare che egli sviluppò dal nulla, di punto in bianco, questa rivoluzione geometrica.
Egli asserisce che non avrebbe potuto svolgere il suo lavoro e compiere le sue straordinarie scoperte se non avesse avuto delle basi e nozioni, sviluppate da altri matematici, su cui poggiarsi.
In particolare, le sue principali fonti di ispirazione furono:
- Le polveri di Georg Cantor;
- Le curve di Giuseppe Peano e di Helge von Koch;
- Il concetto di dimensione "frazionaria" di Felix Hausdorff.
In particolare, la dimensione frazionaria fu introdotta da Hausdorff a partire dal 1918 ed è sostanzialmente differente dal comune concetto di dimensione.
In genere, in geometria, indichiamo come:
- dimensione 0: il punto o 0-spazio;
- dimensione 1: la retta o 1-spazio;
- dimensione 2: il piano o 2-spazio;
- dimensione 3: lo spazio (3-spazio).
Le dimensioni "frazionarie" di Hausdorff, invece, sono appunto frazioni (numeri razionali) alla stregua di 1/2, 5/3, ecc. ma anche numeri irrazionali come log4/log3 (= 1,2618).
Pertanto, il concetto di frattale è accompagnato da quello di dimensione frattale D (equivalente alla dimensione di Hausdorff), ovvero una misura del grado di interruzione o irregolarità dell'oggetto.
Possiamo non a caso affermare che:
- curve piane decisamente irregolari presentano una dimensione frattale compresa tra 1 e 2;
- superfici con grande densità di fogli e ricche di convoluzioni hanno D compresa tra 2 e 3;
- polveri, sulla retta, possiedono D compresa tra 0 e 1.
Riporto la descrizione di tali concetti che lo stesso Mandelbrot compie a pagina 16 del libro Gli oggetti frattali:
"È ben noto che descrivere la Terra fu uno dei primi problemi formali che si sia posto l'uomo. Per opera dei Greci, la "geo-metria" diede alla luce la geometria matematica. Tuttavia - come succede così spesso nello sviluppo delle scienze! - la geometria matematica dimenticò molto presto le sue origini, dopo avere appena grattato la superficie del problema iniziale. Nelle scienze essa si rivelò peraltro "di una irragionevole efficacia", secondo la bella espressione di Wigner [del] 1960, "un regalo meraviglioso, che non comprendiamo né meritiamo, di cui dobbiamo essere riconoscenti, nella speranza che...continuerà ad applicarsi, per il meglio o per il peggio, per il nostro piacere e magari anche per il nostro sbalordimento, a larghe branche della conoscenza". Per esempio, la geometria uscita direttamente dai Greci ha trionfalmente spiegato il movimento dei pianeti, pur continuando a trovare delle difficoltà nei confronti della distribuzione delle stelle. Analogamente, è riuscita a rendere conto del movimento delle maree e delle onde, ma non della turbolenza atmosferica e oceanica. Insomma [sussistono] oggetti assai familiari, ma troppo irregolari per essere alla portata della geometria classica: la Terra, la Luna, il cielo, l'atmosfera e l'oceano."
Per analizzare il concetto di dimensione di Hausdorff (o dimensione frattale), Mandelbrot prende come riferimento le coste naturali:
"Se si ammette che diverse coste naturali siano "in realtà" di lunghezza infinita, e che le loro lunghezze antropocentriche non possano darne altro che un'idea estremamente parziale, come si potranno allora confrontare queste lunghezze? Dal momento che l'infinito è uguale a 4 volte l'infinito, è senz'altro lecito affermare che qualsiasi costa è 4 volte più lunga di ciascuno dei suoi quarti: risultato, in verità, privo d'interesse. Come potremmo dunque esprimere l'idea, saldamente ancorata, che ogni curva ha un "contenuto" 4 volte più grande di ciascuno dei suoi quarti? Esiste, per far questo, un procedimento ingegnoso, dovuto a Hausdorff. La sua motivazione intuitiva prende le mosse dai fatti seguenti: un contenuto lineare si calcola sommando dei passi η non trasformati, cioè elevati alla potenza 1, che è la dimensione della retta, e il contenuto di un'area formata da piccoli quadrati si calcola sommando i lati dei quadrati elevati alla potenza 2, che è la dimensione del piano."
Come ci fa notare l'autore, parlando di dimensione di Hausdorff, si va ad illustrare solamente il disordine soggiacente figure geometriche come le coste.
Tuttavia, esse nascondono un ordine, un'armonia che scaturisce proprio dal caos.
Mandelbrot asserisce infatti:
"Il fatto è che se le coste sono molto irregolari, i gradi di irregolarità che corrispondono alle diverse scale sono suppergiù uguali. È impressionante, infatti, constatare che se si prendono in considerazione una baia o una penisola, riportate su una carta alla scala di 1:100 000, e le si riesamina su una carta alla scala di 1:10 000, si distinguono sul loro contorno innumerevoli sotto-baie e sotto-penisole. Su una carta alla scala di 1:1000 si vedono comparire sotto-sotto-baie e sotto-sotto-penisole, e così via. Non si può andare avanti all'infinito, ma si può andare molto lontano, e si scoprirà che, per quanto le diverse carte corrispondenti ai livelli di analisi successivi siano molto differenti in quello che hanno di specifico, esse presentano tuttavia il medesimo carattere globale, gli stessi tratti generici. In altri termini si è indotti a credere che, a meno della scala, lo stesso meccanismo abbia potuto generare tanto i minuti dettagli quanto i caratteri globali delle coste. Si può vedere questo meccanismo come una specie di cascata, o meglio come un fuoco d'artificio a stadi successivi, in cui ogni stadio genera dettagli più piccoli dello stadio che lo ha preceduto. Nel caso in cui ogni pezzetto di costa sia così, statisticamente parlando, omotetico al tutto - fatti salvi alcuni particolari -, si dirà che la costa possiede un'OMOTETIA INTERNA."
Spieghiamo brevemente cos'è l'omotetia.
Come si dovrebbe intuire, l'omotetia è una trasformazione geometrica con la quale si ottiene nel piano (o nello spazio) l'ingrandimento o la riduzione di una figura, senza modificarne la forma.
Più precisamente, dati un punto O e un numero reale k non nullo, l'omotetia di centro O e rapporto k è la trasformazione che associa al punto P il punto P' in modo che:
- P' appartenga alla retta passante per O e P;
- OP' = k · OP.
Come scrive Mandelbrot:
"La cascata geometrica di una costa può essere [così] semplificata. Supponiamo che un tratto di costa tracciato in maniera semplificata alla scala di 1:1000 000 sia semplicemente un triangolo equilatero. Che il nuovo dettaglio visibile sulla carta a 3:1000 000 corrisponda a sostituire il terzo centrale di ogni lato con un promontorio a forma di triangolo equilatero, sì da ottenere infine un'immagine formata da 4 segmenti uguali. Che il nuovo dettaglio che compare a 9:1000 000 consista nel sostituire ciascuno di questi 4 segmenti con 4 sotto-segmenti della stessa forma, ma più piccoli secondo un rapporto di 1/3, in modo da formare dei sotto-promontori. Continuando così all'infinito, si perviene a una curva limite chiamata CURVA DI KOCH [datata] 1904. È una celebre figura che Cesàro [nel] 1905 descrive nei termini estatici che seguono: "È questa similitudine tra il tutto e le sue parti, perfino quelle infinitesimali, che ci porta a considerare la curva di von Koch alla stregua di una linea veramente meravigliosa fra tutte. Se fosse dotata di vita, non sarebbe possibile annientarla senza sopprimerla al primo colpo, poiché in caso contrario rinascerebbe incessantemente dalle profondità dei suoi triangoli, come la vita nell'universo". È vero che si tratta di una curva, ma ogni tappa della sua costruzione, senza possibilità di dubbio, aumenta la lunghezza totale nel rapporto di 4/3, quindi la curva di Koch ha una lunghezza infinita - proprio come una costa. Inoltre, cosa importante, essa è continua, ma in quasi tutti i suoi punti non ammette la retta tangente; è un essere geometrico vicino ad una funzione continua senza derivata."
Ecco l'immagine illustrativa delle iterazioni che portano alla curva di Kock:
La curva di Koch (detta anche fiocco di neve/stella/isola/merletto di Koch) è pertanto un esempio significativo di frattale.
Possiamo quindi constatare che la proprietà fondamentale di un oggetto frattale è l'autosomiglianza, ovvero la caratteristica di presentarsi identico a prima anche se visto su proporzioni differenti.
A qualunque proporzione si voglia osservare un frattale, esso sarà sempre uguale, presenterà sempre il medesimo schema regolare.
Ecco dunque quell'armonia celata dietro l'irregolarità, l'imperfezione, il caos, di cui si parlava in precedenza.
Qual è la dimensione frattale della curva di Koch?
D = log4/log3 = 1,26.
Volete un altro esempio di frattale?
Ecco allora l'immagine di un albero frattale:
Ed ecco ancora un altro oggetto frattale:
Ora passiamo ad esempi di frattali che si trovano in natura.
Il mollusco Nautilus:
L'Echinacea purpurea:
Il cavolfiore:
Ed ecco un filmato ove la parte video è rappresentata da frattali 3D mentre la parte musicale è data dal valzer op.69 n.2 di Chopin eseguito da Valentina Lisitsa (semplicemente un capolavoro!):
Ma a questo punto sorge una domanda: come abbiamo fatto a dire che la dimensione D del fiocco di Koch è pari a circa 1,26 o, più in generale, esiste una formula per determinare D?
Per arrivare alla risposta, instauriamo un piccolo confronto tra le dimensioni classiche (0,1,2,3) e quelle frattali.
Prendiamo un oggetto di un certo numero di dimensioni.
Vogliamo sapere quanti oggetti simili, ma più piccoli, sono necessari per formarlo.
Se il nostro oggetto è ad esempio una linea (oggetto monodimensionale), dividendola a metà abbiamo 2 segmenti (con un fattore di riduzione f pari a 1/2).Prendiamo un oggetto bidimensionale, ad esempio un quadrato; dividendolo in sotto-quadrati con lati lunghi la metà di quelli originali (con un fattore di riduzione f sempre pari a 1/2) si ottengono 2² (=4) sotto-quadrati.
Se variamo f, per esempio, assumiamo che sia eguale a 1/3 (il che significa che dividiamo il lato del nostro quadrato in 3 segmenti uguali), abbiamo 3² (=9) sotto-quadrati.
Adesso prendiamo un oggetto tridimensionale, un cubo; una divisione in cubi con lati lunghi metà dei lati originali (f =1/2) porta a 2³ (=8) cubi, mentre una divisione in cubi di lato pari a 1/3 di quelli originali (f=1/3) crea invece 3³ (=27) cubi.
Si capisce che sussiste pertanto una stretta relazione fra il numero di oggetti prodotti n, il fattore di riduzione f, e la dimensione degli oggetti D.
L'equazione alla base di tutto ciò è la seguente:
Sfruttando le proprietà dei logaritmi, possiamo ricavarci la dimensione D:
Le relazioni che abbiamo scritto sono valide anche per gli oggetti frattali.
Per verificare ciò, riprendiamo in considerazione il merletto di Koch.
Ogni curva contiene 4 sotto-curve la cui grandezza è 1/3 di quella della curva.
Da ciò consegue che, per quanto concerne il fiocco di Koch, n=4 e f=1/3.
Applicando la regola appena scritta abbiamo:
Come volevasi dimostrare!
A questo punto, torniamo alla questione iniziale citata all'inizio dell'articolo: quale relazione sussiste tra la (buona) musica e i frattali?A questo proposito, di recente, è stata pubblicata una ricerca sui "Proceedings of the National Academy of Sciences", effettuata da un gruppo di ricercatori americani e canadesi, fra cui Vinod Menon, Daniel Levitin e Parag Chordia.
Ergo, andiamo a scoprire cosa ha portato alla luce tale ricerca.
I ricercatori hanno analizzato ben 1778 movimenti da 558 composizioni tratte dalla musica classica occidentale.
Mentre le ricerche precedenti si erano concentrate su pochi brani, con particolare riferimento a Bach, Mozart e ad alcune canzoni popolari europee, Menon e colleghi hanno cercato di allargare il database di composizioni da analizzare.
Si sono concentrati dunque su brani risalenti fino a 3 secoli fa e su dozzine di compositori e stili.
Essi erano già a conoscenza di alcuni dati di fatto provenienti da ricerche precedenti.
Innanzitutto, la maggior parte del piacere nell'ascoltare la musica deriva da un equilibrio tra la prevedibilità e la sorpresa.
Le variazioni nel pitch (altezza dei suoni) musicale seguono una legge di potenza 1/f, ove f designa la frequenza temporale degli eventi, la quale consente di raggiungere questo equilibrio.
La quantità 1/f, come abbiamo visto, è propria appunto dei frattali.
La distribuzione 1/f è la chiave di diversi fenomeni naturali e sensoriali.
Ad esempio, analizzando la frequenza di vari disastri naturali, fra cui terremoti, frane, alluvioni, impatti di meteoriti/asteroidi, Kenneth Hsü in Actualistic catastrophism, ha rinvenuto una "relazione frattale" tra la frequenza e l'intensità dei suddetti eventi:
ove:
- M = parametro designante l'intensità dei disastri;
- c = costante di proporzionalità;
- D = (ovviamente) la dimensione frattale.
Cosa ha scoperto allora la squadra di Menon?
Analizzando la struttura spettrale di ritmi musicali i ricercatori hanno dimostrato che, oltre al pitch, pure i ritmi musicali rispondono a una legge di potenza 1/f.
Inoltre, si sono resi conto che i compositori, perfino quelli appartenenti alla stessa era, mostrano sistematicamente "spettri di ritmo 1/f" distintivi, unici.
Ad esempio, i ritmi di Beethoven erano i più prevedibili, mentre quelli di Mozart i meno!
Come abbiamo già detto, l'equilibrio perfetto tra prevedibilità e sorpresa rappresenta la chiave di un capolavoro musicale.
Gli autori della ricerca, inoltre, mettono in evidenza il fatto che queste strutture frattali nella musica non sono meri artifizi delle perfomance, bensì sussistono nella composizione scritta, prima che venga eseguita al pubblico.
Infine, essi ci avvertono che i compositori manipolavano (volontariamente o inconsciamente) la prevedibilità in ritmi 1/f al fine di fornire alle loro composizioni delle identità uniche, speciali!
Tirando le fila del discorso, i frattali sono oggetti geometrici fantastici, sorprendenti, in grado non solo di stupire per la loro bellezza e armonia, ma anche in quanto riescono a descrivere un'ingente quantità di fenomeni naturali e persino la buona musica.
Infine, giacché abbiamo citato Bach, Mozart e Beethoven (che, tra l'altro, rappresentano probabilmente la triade di compositori classici più famosi in assoluto), vi fornisco un po' di video musicali relativi a magnifiche interpretazioni di brani di tali compositori:
Bell'articolo,molto interessante. Mi ha aperto un mondo del tutto sconosciuto...W la musica e W la matematica!
RispondiEliminaGrazie mille!!!
RispondiEliminastupendo
RispondiEliminaGrazie per l'apprezzamento!
EliminaOttimo articolo.
RispondiEliminaGrazie dell'apprezzamento!
EliminaQuando si spiega la matematica nelle scuole, non si riesce a far appassionare i ragazzi come si dovrebbe. I frattali potrebbero essere un modo divertente per far capire che la matematica non è solamente 2+2 ma qualcosa che può veramente divertire e divenire utile nella vita. Complimenti per l'articolo ben scritto.
RispondiEliminaGrazie mille!!
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