Una sfilza di personalità geniali (Bohr, Heisenberg, Schrödinger, Planck, ecc.) e di sensazionali scoperte nell'ambito della teoria quantistica si è susseguita.
Fra questi fondamentali personaggi, tuttavia, va annoverato sicuramente anche quello (meno conosciuto al grande pubblico) di Louis de Broglie.
Andremo pertanto a tracciare una biografia di questo importante fisico francese e a parlare dei suoi fondamentali contributi allo sviluppo della teoria dei quanti.
Il principe Louis-Victor Pierre Raymond de Broglie appare nei quadri dell'epoca come il tipico esempio di aristocratico francese, con i baffi curati e abbigliato formalmente con il colletto alato.
In effetti, Louis proveniva da una famiglia, originaria di Chieri in Piemonte, la quale ha dato, sin dal XVIII secolo, svariati marescialli, politici, diplomatici.
I de Broglie avevano infatti servito con grande onore i re di Francia, al punto che a un antenato era stato conferito da Luigi XV, nel 1742, il titolo ereditario di Duca, il quale passerà persino al fisico Maurice de Broglie (fratello di Louis) e a Louis stesso.
Louis, il più giovane di 4 fratelli, nacque a Dieppe il 15 agosto 1892.
Come si confaceva al loro elevato rango sociale, i de Broglie ricevettero la loro istruzione direttamente nella loro dimora, per opera di istruttori privati.
Con grande gioia dei familiari, Louis cominciò presto a tenere discorsi basati sui servizi di politica dei giornali.
Tra l'altro, avendo avuto un nonno primo ministro, "a Louis fu predetto un grande futuro da statista", come raccontò sua sorella Pauline.
Osservando le cose a posteriori, per fortuna diventò un fisico!
Nel 1906 accadde un evento che sconvolse la sua vita: la morte del padre quando Louis aveva ancora solo 14 anni.
Da quel momento in poi fu il fratello Maurice a prendersi cura della famiglia in veste di capo e sesto duca de Broglie.
Come richiedeva la tradizione, Maurice aveva intrapreso una carriera militare, tuttavia in marina, non in esercito, conseguendo straordinari risultati nelle discipline di carattere scientifico.
Questi interessi scientifici lo avrebbero portato al progetto di realizzare un sistema affidabile di comunicazione senza fili tra nave e nave.
Al 1902 risale il primo scritto scientifico (sulle "onde radioelettriche") di Maurice, che, contrariamente al volere del padre, scelse di dedicarsi totalmente alla ricerca scientifica.
Appunto nel 1906, alla morte del padre, costui si ritrovò sulle spalle nuove responsabilità da sesto duca.
E fu proprio Maurice ad indirizzare il fratello verso la scuola.
Louis risultava bravo in francese, storia, fisica e filosofia, mentre non se la cavava molto bene, sorprendentemente, con la matematica e la chimica.
Si diplomò nel 1909 e, a differenza di Maurice, in un primo momento si avviò verso una carriera universitaria più tradizionale, dato che studiò storia medievale all'Università di Parigi (la Sorbona).
All'età di 20 anni si accorse che lo studio critico di testi, fonti e documenti non faceva per lui.
Inoltre, avendo trascorso diverso tempo in laboratorio col fratello (entusiasmato dalla ricerca sui raggi X), il suo interesse per la Fisica stava maturando sempre più.
Ma Louis aveva seri dubbi sulle proprie capacità, dubbi che si fecero maggiormente forti quando non riuscì a superare un esame di fisica.
Nonostante queste perplessità, sappiamo bene che Louis riuscì a diventare un ottimo e rispettato fisico.
D'altronde, come ha sottolineato il fratello: "Perduti gli entusiasmi e la gaiezza della sua adolescenza! La brillante loquacità della sua fanciullezza era stata smorzata dalla profondità delle sue riflessioni".
Sempre a detta del fratello, Louis sarebbe diventato "uno studioso austero e piuttosto indomito" che non lasciava volentieri la casa!
La prima volta che de Broglie si allontanò dalla nativa Francia fu nell'ottobre 1911: si recò a Bruxelles, luogo di ritrovo dei più grandi scienziati del pianeta nei famosi Congressi Solvay.
Ebbene, Maurice de Broglie partecipò in veste di segretario al primissimo Congresso Solvay, ritrovandosi accanto a eminenti fisici tra cui Einstein, Lorentz, Marie Curie, Planck e Rutherford.
La seguente è un'immagine tratta proprio dal 1° Congresso Solvay:
Vi starete forse chiedendo dove si trovava Louis in quel momento.
Questi alloggiava all'Hotel Metropole assieme a tutti i delegati, però tenendosi a distanza.
Solo dopo essere ritornato in Francia, quando Maurice gli raccontò delle discussioni che si erano tenute nel congresso, Louis iniziò davvero ad appassionarsi alla nuova fisica, ovvero alla teoria dei quanti.
Al momento della pubblicazione, Louis lesse gli atti del congresso e si convinse che la strada che avrebbe intrapreso sarebbe stata quella del fisico.
A quell'epoca aveva già abbandonato i libri di storia per tuffarsi in quelli di Fisica, e nel 1913 ottenne la sua Licence ès Science, l'equivalente di una laurea.
Purtroppo, nel momento stesso che l'interesse per la Fisica si acuì, la sfortuna abbracciò Louis, dato che venne arruolato come soldato semplice in una compagnia di stanza alle porte di Parigi.
Grazie all'aiuto del fratello, presto fu trasferito al Servizio di comunicazione senza fili di stanza sotto la Torre Eiffel.
Ma lo scoppio, nel 1914, della Prima guerra mondiale ostacolò totalmente il desiderato ritorno agli studi.
Congedato nell'agosto 1919, Louis era profondamente irritato dal fatto di esser stato costretto a trascorrere ben 6 anni della sua vita (dai 21 ai 27) in uniforme.
Non si pensi però che questo lo demoralizzò; anzi, ritornò dal servizio militare più motivato di prima a conseguire la sua strada come fisico.
Intanto, il fratello Maurice lo ragguagliava sempre sull'importanza della fisica sperimentale, mettendo in evidenza il fatto che "le costruzioni teoriche della scienza non hanno nessun valore se non sono sostenute da fatti".
Nei primi anni '20 Louis redasse una serie di articoli sull'assorbimento dei raggi X e rifletté attentamente sul dilemma rappresentato dalla doppia natura della luce.
I 2 fratelli de Broglie erano strenuamente convinti che sia la teoria ondulatoria sia la teoria corpuscolare della luce fossero in un certo senso corrette, in quanto nessuna delle 2 riusciva a spiegare da sola i fenomeni di diffrazione ed interferenza e, allo stesso tempo, l'effetto fotoelettrico.
Ricordiamo che Einstein, nel 1905, fornì una descrizione dell'effetto fotoelettrico (ovvero l'emissione di elettroni da parte di un metallo soggetto a particolari frequenze della luce) basata sull'assunto che la luce dovesse essere composta da corpuscoli, i fotoni.
Ma l'esistenza di tali fotoni venne dimostrata solamente nel 1923 dal fisico statunitense Arthur Holly Compton (1892-1962), mediante la fondamentale scoperta dell'effetto Compton.
Spieghiamo brevemente cos'è l'effetto Compton!
Immaginate di urlare verso una parete distante, la quale genera l'eco della vostra voce.
Sicuramente non vi aspettereste di sentire tornare indietro la vostra voce più bassa di un'ottava.
In effetti, le onde acustiche rimbalzano alla stessa frequenza, dunque la vostra voce ritornerà alle vostre orecchie alla medesima frequenza iniziale.
Ma che succede se invece del suono consideriamo i raggi X?
Compton si concentrò proprio su questo caso particolare, notando che quando i raggi X vengono riflessi dagli elettroni, i raggi riflessi presentano una frequenza e un'energia inferiori!
Compton capì che tale strano effetto non poteva essere spiegato utilizzando i modelli ondulatori classici della radiazione elettromagnetica.
Infatti, i raggi X si comportano alla stregua di palle da biliardo, le quali trasmettono parte dell'energia agli elettroni (anch'essi immaginabili come palle da biliardo).
Cambiando prospettiva, ciò significa che parte della quantità di moto iniziale di una particella X risulta acquisita da un elettrone.
Nel caso delle palle da biliardo, l'energia di quelle che rimbalzano a seguito della collisione dipende dall'angolo con cui si allontanano le une dalle altre, una relazione che Compton rinvenne nei suoi esperimenti in cui i raggi X urtano gli elettroni.
Ora, in un modello classico puramente ondulatorio dei raggi X e degli elettroni ci si dovrebbe aspettare che questi ultimi vengano messi in oscillazione alla frequenza dell'onda incidente e quindi diano vita a una radiazione alla stessa frequenza, ma non è quello che Compton trovò.
Per spiegare il fenomeno, Compton dovette assumere i raggi X come fotoni, basandosi sulle idee di Einstein e dimostrandone la veridicità.
Perché però i fotoni riescono a spiegare il singolare fenomeno osservato da Compton?
Beh, è come abbiamo detto prima: i fotoni, così come delle palle da biliardo, essendo dotati di una certa quantità di moto, negli urti elastici contro gli elettroni cedono loro parte della propria energia.
Dopo questo veloce excursus sull'effetto Compton, torniamo al nostro de Broglie.
La cosa sorprendente sta nel fatto che costui aveva già accettato con fermezza l'esistenza di "atomi di luce" ancor prima che Compton dette annuncio dei suoi significativi esperimenti.
Infatti, quando il fisico statunitense pubblicò i suoi risultati nel 1923, de Broglie aveva già imparato a convivere con lo strano dualismo della luce.
Nel frattempo, de Broglie era rimasto alquanto scottato dal fatto di non aver avuto il permesso di prender parte al terzo Congresso Solvay, tenutosi nel 1923, tanto da giurare che al prossimo Consiglio sarebbe stato pregato di partecipare per le sue fondamentali scoperte.
In effetti, tale previsione si concretizzò, dato che nel 1927 egli partecipò al quinto Congresso.
Ma ritorniamo al 1923.
A proposito del suddetto anno egli scrisse: "Dopo lunghe riflessioni e meditazioni in solitudine, improvvisamente, nel 1923, mi venne l'idea che la scoperta fatta da Einstein nel 1905 potesse essere generalizzata ed estesa a tutte le particelle materiali, in particolare agli elettroni".
De Broglie aveva avuto l'audacia e il coraggio di porsi la spinosa domanda: se le onde luminose possono comportarsi come particelle, allora possono particelle come gli elettroni comportarsi alla stregua di onde?
La risposta fu affermativa, giacché scoprì che, se assegnava a un elettrone "un'onda associata fittizia" (detta onda pilota) di frequenza ν e lunghezza d'onda λ, era capace di spiegare la precisa collocazione delle orbite nel modello atomico quantistico di Bohr (per i dettagli vi rimando qui).
Un elettrone poteva infatti occupare solamente quelle orbite in cui poteva trovare posto un numero intero di lunghezze d'onda della sua "onda fittizia associata".
Come noto, Bohr introdusse per giustificare il suo modello atomico dei numeri quantici.
Il bello sta nel fatto che ciò che Bohr aveva introdotto soltanto al fine di salvaguardare la sua idea di atomo quantistico trovava la sua piena giustificazione nel dualismo onda-corpuscolo sostenuto da de Broglie.
D'altronde, quando si tuffò nei calcoli, il "principe dei quanti" constatò che il numero quantico principale di Bohr, indicato generalmente con la lettera n, contrassegnava solamente quelle orbite dove potevano trovar posto onde elettroniche stazionarie (onde che rimangono confinate in un certo spazio e la cui oscillazione si verifica solo nel tempo) attorno al nucleo dell'atomo di idrogeno.
Onda stazionaria ottenuta per interferenza di 2 onde di stessa frequenza. |
Questo rappresentava il motivo per cui tutte le altre orbite elettroniche risultavano proibite nell'atomo di Bohr.
Tra settembre e ottobre del 1923 de Broglie pubblicò negli Actes dell'Accademia di Parigi 3 brevi saggi in cui spiegò perché tutte le particelle dovevano essere considerate dotate di un carattere duale onda-particella, ma non fu subito chiaro quale fosse la natura della relazione sussistente tra particelle simili a palle da biliardo e l'onda pilota.
Forse si trattava di una relazione simile a quella che c'è tra un surfista e l'onda che cavalca?
Decisamente no; si trattava infatti di qualcosa di molto più profondo.
La verità è che gli elettroni, allo stesso modo dei fotoni e di tutte quante le particelle elementari, sono effettivamente sia onde sia particelle!
A seconda degli esperimenti in cui tali particelle sono coinvolte, esse mostrano una delle 2 facce (ondulatoria e corpuscolare) della stessa medaglia, tuttavia mai entrambe simultaneamente, come stabilisce il principio di complementarità enunciato da Bohr nel 1927.
De Broglie lavorò a fondo alla sua idea del dualismo onda-corpuscolo e presentò in esteso la sua scoperta nella tesi di dottorato, discussa il 25 novembre 1924.
3 dei 4 esaminatori erano professori alla Sorbona:
1) Jean-Baptiste Perrin: aveva avuto il merito di confermare sperimentalmente l'ipotesi di Einstein inerente al moto browniano;
2) Charles Mauguin: eminente fisico focalizzato sullo studio delle proprietà dei cristalli;
3) Elie Cartan: matematico noto specialmente per i suoi contributi fondamentali alla teoria dei gruppi di Lie.
Il quarto membro della commissione esaminatrice era un esterno, Paul Langevin, l'unico tra i 4 veramente esperto di teoria dei quanti e relatività.
Prima di procedere ufficialmente alla presentazione della dissertazione, de Broglie chiese gentilmente a Langevin di leggere le sue conclusioni.
Questi acconsentì, procedette alla lettura e rimase alquanto perplesso, dicendo a un collega che la tesi di de Broglie gli sembrava "un po' forzata".
Tuttavia, prima di trarre delle conclusioni affrettate, Langevin desiderava consultare una certa persona, Albert Einstein.
Langevin sapeva che l'eminente fisico aveva affermato nel 1909 che la futura ricerca sulla radiazione avrebbe mostrato una sorta di fusione tra l'onda e la particella.
Gli esperimenti di Compton avevano poi contribuito a far accettare sempre di più questa tesi dalla comunità scientifica.
Langevin inviò una copia della dissertazione di de Broglie ad Einstein, il quale rispose che il giovane fisico francese "ha sollevato un lembo del grande velo".
Il giudizio nettamente positivo di Einstein non poté non convincere la totalità degli esaminatori a congratularsi con de Broglie per "aver compiuto con grande maestria uno sforzo che andava tentato al fine di superare le difficoltà in mezzo alle quali si trovavano i fisici".
Grazie all'appoggio di Einstein, il principe Louis de Broglie, a partire dal novembre 1924, acquisì il diritto di farsi chiamare dott. de Broglie e il suo nome divenne da quel momento immortale.
Ma cosa aveva descritto di tanto straordinario de Broglie nella sua dissertazione?
La cosa più importante è rappresentata dalla seguente semplice equazione:
Tale formula lega la quantità di moto p di una particella alla lunghezza d'onda λ dell'onda pilota associata, per mezzo della costante di Planck h.
La genialità di questa equazione sta nel fatto che in essa viene sfruttato l'apparato della Meccanica Quantistica per esprimere un'elegante ed esplicita relazione fra onde e corpuscoli!
Inoltre, a sottolineare ancor più quanto siano superlative le supposizioni del "principe dei quanti", il valore della lunghezza d'onda degli elettroni trovato grazie all'interpretazione ondulatoria convalidata dal famosissimo esperimento della doppia fenditura (la cui realizzazione con gli elettroni si concretizzò però soltanto nel 1961 per opera dell'allora dottorando dell'Università di Tubinga Claus Jönsson) coincide con quello calcolato da de Broglie.
Rimaneva però aperta una questione: è sì vero che de Broglie aveva sostenuto nella sua tesi di dottorato il dualismo onda-corpuscolo dell'elettrone, ma come si poteva verificare ciò sperimentalmente?
La risoluzione del problema avvenne, nel gennaio del 1927, per mano dei fisici americani Clinton Davisson e Lester Germer, i quali spararono elettroni a velocità ridotta contro un bersaglio di nichel cristallino, riscontrando che essi potevano essere soggetti a diffrazione, come se si trattasse di onde.
Peraltro, Davisson calcolò le lunghezze d'onda degli elettroni diffratti e scoprì che risultavano consistenti con quelle previste nella tesi di de Broglie.
Nonostante i grandi successi, bisogna specificare che de Broglie non riuscì a pervenire a un'equazione in grado di fornire una descrizione della propagazione dell'onda associata a una particella.
Tale cruciale questione fu invece risolta da Schrödinger, che, come ben noto, enunciò la sua fondamentale equazione nel 1926.
Tuttavia, questo piccolo neo nell'attività scientifica di de Broglie non inficiò assolutamente sulle possibilità di conquista del Nobel per la Fisica, che ricevette infatti nel 1929.
L'omaggio dell'Accademia di Svezia a de Broglie si conclude con le seguenti parole:
"Da giovane lei si è lanciato nell'accesa controversia sul più profondo problema della fisica. Ha avuto il coraggio di affermare, senza il supporto di alcun fatto conosciuto, che la materia ha non solo natura corpuscolare, ma anche natura ondulatoria. In seguito sono giunti gli esperimenti a confermare la correttezza della sua idea. Ha ricoperto di nuova gloria un nome già incoronato da secoli di onore."
Una curiosità: l'accoglienza dell'ambiente scientifico alle rivoluzionarie idee del fisico francese sono sottolineate da un singolare episodio raccontato da Max Born (insignito del Nobel nel 1954).
Nel 1925 Einstein lo aveva appunto invitato a leggere la tesi di de Broglie, dicendogli: "La legga! Sebbene sembri scritta da un pazzo, è una costruzione solida".
Nel 1932 venne affidata a de Broglie la prestigiosa cattedra di fisica teorica all'Institut Henri Poincaré, diretto attualmente da Cédric Villani, vincitore della Medaglia Fields nel 2010.
Molti studenti, sia francesi che stranieri, lavorarono con lui e molte tesi di dottorato furono realizzate sotto la sua saggia guida.
Tra il 1930 e il 1950 gli studi di de Broglie si focalizzarono sulle varie estensioni della meccanica ondulatoria:
- la teoria dell'elettrone relativistico di Dirac;
- la nuova teoria della luce;
- la teoria generale degli spin delle particelle;
- le applicazioni della meccanica ondulatoria alla fisica nucleare, ecc.
- Ondes et mouvements (1926);
- La mécanique ondulatoire (1928);
- Une tentative d'interprétation causale et non linéaire de la mécanique ondulatoire: la théorie de la double solution (1956);
- Introduction à la nouvelle théorie des particules de M Jean-Pierre Vigier et de ses collaborateurs (1961);
- Étude critique des bases de l'interprétation actuelle de la mécanique ondulatoire (1963).
Nel 1933 divenne il più giovane membro (all'epoca) dell'Accademia delle Scienze, della quale, nel 1942, diventò persino Segretario Permanente per le Scienze.
La stessa Accademia lo aveva insignito, nel 1929, della Medaglia Henri Poincaré (assegnata, tra l'altro, per la prima volta) e del Premio Alberto I di Monaco, nel 1932.
Nel 1938 ricevette un altro prestigioso riconoscimento, ovvero la Medaglia Max Planck, assegnata annualmente dal Deutsche Physikalische Gesellschaft (Istituzione fisica tedesca) ai maggiori contributori nel campo della fisica teorica.
Addirittura, nel 1952, l'UNESCO lo insignì del primo Kalinga Prize per il suo impegno nella divulgazione della fisica moderna.
L'ultimo grande riconoscimento fu la medaglia d'oro del CNRS (Centro Nazionale della Ricerca Scientifica) nel 1956, oltre che dottorati ad honorem di svariate università.
Nel 1960, alla morte del fratello Maurice, ereditò il prestigioso titolo di famiglia divenendo il settimo duca de Broglie.
Su tal fatto sussiste un curioso aneddoto.
Quando Louis de Broglie era già un eminente scienziato, il fisico George Gamow (autore, peraltro, di capolavori di divulgazione come il libro Trent'anni che sconvolsero la fisica) lo andò a trovare nella sua dimora a Parigi.
Suonò il campanello al cancello della tenuta, venendo ricevuto dal maggiordomo di casa de Broglie.
Gamow affermò: "Vorrei vedere il professor de Broglie."
Al che il maggiordomo lo corresse: "Volete dire, il signor Duca de Broglie!"
E Gamow ribatté: "OK, il Duca de Broglie".
"Il principe dei quanti" si spense a Louveciennes, in Francia, il 19 marzo 1987 alla veneranda età di 94 anni.
Concludiamo il post con questo video illustrante le straordinarie idee di de Broglie:
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