Oggi sappiamo che l'atomo è formato da:
- protoni: possiedono carica elettrica positiva;
- neutroni: non hanno carica elettrica;
- elettroni: possiedono carica elettrica negativa.
Dunque, un atomo è elettricamente neutro quando contiene lo stesso numero di protoni ed elettroni.
Viene definito numero atomico (Z) il numero di protoni, e quindi di elettroni, presenti in un qualsiasi atomo.
Invece, viene detto numero di massa (A) il numero totale di protoni (Z) e di neutroni (N) presenti nel nucleo di un atomo: A = Z + N.
Un nucleo di cui si conoscano sia Z che A viene chiamato nuclide.
Pertanto, i protoni e i neutroni costituiscono il nucleo dell'atomo e per questo motivo vengono anche detti nucleoni.
In particolare, i neutroni sono quegli elementi che forniscono una massa aggiuntiva, a seconda di quanti ne siano presenti nel nucleo di un atomo.
Infatti, vengono definiti isotopi ( dal greco isos topos = "stesso luogo" ) gli elementi chimici che hanno lo stesso numero atomico Z dell'elemento considerato, ma numero di massa A maggiore.
Gli esempi più famosi di isotopi sono quelli dell'idrogeno (H) e sono 3:
1) idrogeno o protio: costituito da un solo protone nel nucleo e quindi avente Z = 1 e A = 1; inoltre rappresenta circa il 99% dell'idrogeno presente in natura;
2) deuterio o idrogeno pesante: ha nel nucleo un protone e un neutrone, e dunque, pur conservando il numero atomico Z = 1, presenta un numero di massa A = 2; inoltre rappresenta circa lo 0,015% dell'idrogeno presente in natura;
3) trizio: il suo nucleo è costituito da un protone e da 2 neutroni, avente quindi A = 3; inoltre rappresenta circa lo 0,0001% dell'idrogeno presente in natura.
Bisogna sottolineare che gli isotopi differiscono tra loro solo per la massa del nucleo, conservando tuttavia le medesime proprietà chimiche.
Infatti, i 2 isotopi del carbonio 14C ( carbonio-14, detto anche radiocarbonio ) e 12C ( carbonio-12 ), disciolti nell'atmosfera terrestre, possono essere entrambi assorbiti dagli organismi viventi, senza che questi ultimi subiscano alcuna dannosa conseguenza al metabolismo.
Altri isotopi comuni sono quelli dell'elio:
- 3He ( elio-3 ): con 2 protoni e un neutrone;
- 4He ( elio-4 ): con 2 protoni e 2 neutroni.
Bisogna sottolineare che questa visione dell'atomo non è completa, visto che si è scoperto che i protoni e i neutroni sono formati a loro volta da particelle ancora più piccole, dette quark, teorizzate nel 1963 da Murray Gell-Mann, che vinse successivamente il premio Nobel per la Fisica nel 1969.
In particolare, il protone è formato da 2 quark up e 1 quark down (up-down-up), mentre il neutrone è costituito da 2 quark down e 1 quark up (down-up-down).
I quark up e down sono soltanto 2 tipi delle 6 varietà di questa particella scoperte:
1) up;
2) down;
3) charm;
4) strange;
5) top;
6) bottom, chiamato anche beauty.
Detto ciò, possiamo constatare che la forza che lega gli elettroni al nucleo dell'atomo è di natura elettrostatica, manifestandosi tra particelle dotate di carica opposta ( protoni ed elettroni ).
Ma la forza che tiene insieme i protoni e i neutroni nel nucleo di un atomo non è di natura elettrostatica, ma è una forza adronica ( dal greco adros = "forte" ) o interazione nucleare forte.
Questa denominazione deriva dal fatto che essa deve essere molto più potente della forza elettrostatica repulsiva tra gli stessi protoni, per poter mantenere stabili i nuclei.
Inoltre, tutte le particelle che risentono di questo tipo particolare di forza formano la categoria degli adroni, che furono storicamente suddivisi in 2 sottogruppi:
1) barioni: le particelle più pesanti;
2) mesoni: le particelle di massa intermedia, compresa tra quella dei barioni e quella degli elettroni.
Tuttavia, oggi la distinzione ha perso il significato originario, visto che sono stati scoperti mesoni con masse addirittura superiori a quelle dei barioni più pesanti.
Una distinzione importante riguarda invece lo spin ( verso del moto rotatorio delle particelle intorno al proprio asse, che può essere orario o antiorario ) delle varie particelle:
1) i barioni sono fermioni: hanno spin semintero;
2) i mesoni sono bosoni: hanno spin intero o nullo.
Tutti i 6 tipi di quark hanno spin 1/2 e quindi sono fermioni.
Dunque, l'interazione forte rappresenta il "collante" dei nucleoni e agisce con un'intensità che è dello stesso ordine di grandezza sia per la coppia protone-neutrone, sia per quella protone-protone.
In quest'ultimo caso, però, l'esistenza della repulsione elettrostatica rende meno efficace l'effetto attrattivo della forza adronica.
Bisogna anche dire che l'interazione nucleare forte rappresenta una delle cosiddette 4 interazioni fondamentali della natura, che per ordine di intensità sono:
1) nucleare forte;
2) elettromagnetica;
3) nucleare debole;
4) gravitazionale.
Inoltre, nel 1979, Sheldon Lee Glashow, Steven Weinberg e Abdus Salam ricevettero il premio Nobel per la Fisica per aver unificato l'interazione elettromagnetica e quella nucleare debole, che vennero considerate come manifestazione di un'unica interazione, detta elettrodebole, un po' come James Clerk Maxwell, nel 1873, tramite le sue famose 4 equazioni, è riuscito ad unificare elettricità e magnetismo, che sono semplicemente 2 aspetti dell'interazione elettromagnetica ( 2 facce della stessa medaglia ).
Bisogna considerare però che esistono altre particelle fondamentali, oltre ai quark, che vengono dette leptoni.
Esistono 6 tipi di leptoni:
1) elettrone;
2) muone;
3) tau ( o tauone );
4) neutrino elettronico;
5) neutrino muonico;
6) neutrino tauonico.
Le prime 3 particelle elencate hanno carica elettrica unitaria e negativa ( uguale a quella dell'elettrone ) mentre differiscono per la massa: l'elettrone è il più leggero e la tau la più pesante.
Le ultime 3, invece, sono neutrini, che come suggerisce il nome, non hanno carica elettrica.
Inoltre, il neutrino elettronico e quello muonico, sono praticamente privi di massa.
Tutti e 6 i leptoni hanno esattamente lo stesso spin uguale a 1/2: sono quindi, come i quark, tutti fermioni.
Bisogna anche dire che, ogni particella, ha una corrispondente antiparticella, che presenta la stessa massa della particella corrispondente, ma carica elettrica opposta.
Quindi tutti i quark, tutti i leptoni e tutte le particelle hanno le corrispettive antiparticelle: ad esempio:
- antiquark;
- antileptoni.
In particolare, è costituito da un nucleo di antiprotoni e antineutroni circondato dagli antielettroni, detti generalmente positroni.
I quark e i leptoni con tutte le loro antiparticelle costituiscono il fondamento del cosiddetto "modello standard", che riesce a descrivere tutte le particelle elementari ad oggi note e 3 delle 4 interazioni fondamentali della natura ( elettromagnetica, nucleare debole e nucleare forte ), tramite delle particelle mediatrici di queste forze:
- fotoni: per quella elettromagnetica;
- gluoni: per la nucleare forte;
- bosoni W+, W− e Z ( denominato anche Z0) : per la nucleare debole.
Una soluzione, ancora non verificata, potrebbe essere fornita dalla celebre teoria delle stringhe, che assumendo il fatto che le particelle in realtà non sono puntiformi, ma delle stringhe o corde vibranti, è riuscita ad unificare la gravità ( che poi rappresenta la Relatività Generale di Einstein ) con le altre 3 forze ( che rappresentano la Meccanica Quantistica ).
In generale, questa teoria ci dice che, vibrando, queste stringhe creano a seconda dei loro moti di vibrazione, le varie particelle della materia, come se suonassero una sorta di "sinfonia cosmica".
MECCANISMO DELLE REAZIONI NUCLEARI:
Si definisce reazione nucleare un processo, spontaneo o prodotto artificialmente, che trasforma un nucleo atomico in un altro.
Attualmente conosciamo diverse centinaia di reazioni nucleari, ciascuna delle quali caratterizzata da un particolare valore di energia, detto energia di reazione o fattore Q della reazione, corrispondente all'energia che può essere liberata o assorbita durante la reazione stessa, secondo la famosissima equazione di Albert Einstein: E = mc2, dove:
- E sta per energia, espressa in Joule (J);
- m sta per massa, espressa in chilogrammi (kg);
- c2 sta per velocità della luce al quadrato. La costante c = 299.792.458 m/s ( circa 300.000 km/s ).
Inoltre possiamo definire 2 categorie di reazioni nucleari:
1) esoenergetiche ( Q maggiore di 0 ): producono energia verso l'esterno;
2) endoenergetiche ( Q minore di 0): per realizzarsi assorbono energia dall'esterno.
Le reazioni esoenergetiche rivestono inoltre un grande interesse pratico, visto che possono produrre energia.
Alcuni esempi di reazioni spontanee sono i decadimenti α e β, scoperti insieme a quello γ da Ernest Rutherford nel 1899, come 3 diversi tipi di radiazione.
Oggi sappiamo che sono il prodotto di particolari decadimenti nucleari e sono stati ordinati a seconda della loro capacità di penetrazione dei materiali:
- decadimento α: la radiazione emessa poteva essere fermata anche da un semplice foglio di carta. Tale radiazione si rivelò essere formata da atomi di elio ionizzato, o ancora meglio, da nuclei di 4He;
- decadimento β: la radiazione passava attraverso sottili superfici di metallo ed era composta da elettroni molto energetici;
- decadimento γ: la radiazione associata, i raggi gamma, si mostrava molto simile ai raggi X, ma aveva frequenza molto maggiore.
Una reazione generale è del tipo: A + B → C + D, dove:
- A = nucleo bersaglio;
- B = particella proiettile;
- C = nucleo ottenuto dalla reazione;
- D = particella prodotta dalla reazione.
Δm = (ma + mb ) - ( mc + md ).
che produce l'energia di reazione:
Q = (Δm)c2 maggiore di 0.
In una reazione endoenergetica, invece, avviene esattamente il contrario, perchè la massa totale di C e D è maggiore di quella di A e B e quindi il fattore Q della reazione è negativo:
Q = (Δm)c2 minore di 0.
Il primo a scoprire la trasmutazione degli elementi a seguito dei bombardamenti fu sempre Rutherford nel 1919.
Egli bombardò un gas di azoto utilizzando le particelle α (4He) come proiettili e notò che una certa quantità del gas si trasformava in ossigeno.
La reazione in questione è: 4He + 14N → 18F → 17O + p.
Quindi, se il nucleo di azoto, composto da 7 protoni e 7 neutroni, è colpito da una particella α formata da 2 protoni e 2 neutroni, esso può assorbirla trasformandosi in un nucleo composto da 9 protoni e 9 neutroni, cioè un isotopo del fluoro, il 18F.
Trattandosi di un prodotto di reazione instabile, esso decade in brevissimo tempo, emettendo un protone (p) o 1H e costituendo un nucleo di 8 protoni e 9 neutroni, che è l'isotopo dell'ossigeno 17O.
Inoltre, la scoperta del neutrone si deve a Chadwick nel 1932.
La reazione che evindenziò è la seguente: 4He + 9Be → 12C + n.
Dunque, il nucleo di berillio, costituito da 4 protoni e 5 neutroni, viene bombardato da una particella α, andando a formare un isotopo del carbonio, costituito da 6 protoni e 6 neutroni.
Chadwick dedusse che la particella che emergeva dopo la reazione doveva avere carica nulla e massa circa uguale a quella del protone: il neutrone.
Bisogna dire che le più importanti e famose reazioni nucleari esonergetiche sono 2:
1) fusione nucleare;
2) fissione nucleare.
FUSIONE NUCLEARE:
FUSIONE NUCLEARE IN LABORATORIO
La fusione termonucleare controllata rappresenta una delle grandi speranze dell'umanità per un futuro energetico sostenibile.
La fusione è già ampiamente presente in natura come fonte di energia: pensiamo al processo che alimenta il Sole e tutte le stelle.
Sulla Terra realizzare questo tipo di reazione è molto difficile.
Nel processo di fusione che si cerca di produrre in laboratorio un nucleo di deuterio (D) si fonde con uno di trizio (T), dando origine ad un atomo di elio, secondo la reazione:
D + T → 4He (3,5 MeV) + n (14,1 MeV).
L'energia disponibile dalla reazione appare come energia cinetica (1/2 mv2) dell'atomo di elio (3,5 MeV) e del neutrone (14,1 MeV) che viene utilizzata per scaldare il plasma, nel caso dell'elio, o convertita in calore nel caso del neutrone.
Essa deriva proprio dal fatto che la massa dei prodotti di reazione è inferiore a quella dei reagenti.
Dunque, della massa è stata convertita in energia secondo la relazione E = mc2.
Nei processi nucleari è in gioco un'energia enorme: infatti, se tutta la materia contenuta in 500 kg fosse convertita in energia, essa darebbe origine a 45 trilioni (1018) di joule, pari al consumo elettrico mondiale in un anno.
Per produrre artificialmente energia occorre far avvenire le reazioni termonucleari in un reattore di dimensioni limitate e per realizzarle in maniera corretta ed efficiente, il combustibile ( plasma ), deve essere portato a temperature di decine di milioni di gradi, confinato per un tempo sufficientemente lungo e con una densità sufficientemente elevata.
Tutte queste condizioni sono riassunte in una soglia per il triplo prodotto di temperatura T, densità ρ e tempo di confinamento del combustibile t, espressa dalla relazione nota come criterio di ignizione: ρTt > 3 x 1021 m-3 keV s.
Questa formula è valida per temperatura e densità costanti nel plasma.
La temperatura T è misurata in kiloelettronvolt ( 1 eV = 11600 K ).
A queste temperature la materia si trova, appunto, nello stato di plasma, proprio uno degli stati di aggregazione della materia.
Infatti, in natura, la materia ordinaria può manifestarsi in 5 stati fondamentali diversi:
1) solido;
2) liquido;
3) gassoso;
4) condensato di Bose-Einstein;
5) plasma.
STATO SOLIDO
Un solido può essere spostato come se fosse un oggetto unico.
Quindi conserva forma e volumi propri.
Infatti, in un solido, le particelle di materia sono legate in maniera così forte che non si possono spostare.
Le particelle possono solo compiere limitate oscillazioni intorno a punti ben definiti, determinati dalle stesse forze attrattive.
L'energia cinetica delle particelle è quindi limitata e in condizioni normali non può vincere la forza dei legami.
Esistono 2 tipi di solidi:
1) cristallini: si sono formati in seguito a un lento raffreddamento della massa fusa. In questo caso le particelle hanno avuto il tempo di raggiungere posizioni reciproche che permettono di formare il maggior numero di legami chimici e avere strutture caratterizzate dal massimo ordine. In queste strutture le particelle si trovano ai vertici di figure geometriche ben definite;
2) amorfi: si sono formati in seguito a un rapido raffreddamento della massa fusa che non ha permesso alle particelle di disporsi in modo ordinato, per cui nella loro struttura prevale la casualità e il disordine. Inoltre, in questo tipo di solidi, le particelle sono legate tra di loro da legami diversi e quindi di diversa forza. Poi, quando la temperatura aumenta, si rompono i legami deboli e il solido "rammolisce" e dopo si rompono i legami forti, con la conseguente fusione del solido.
Da tutto ciò si può capire che, mentre un solido cristallino fonde a una temperatura ben precisa, un solido amorfo fonde in un intervallo di temperatura abbastanza ampio, durante il quale esso diventa sempre più molle fino alla completa fusione.
Dunque, i solidi amorfi possono essere considerati liquidi talmente viscosi da aver perso la possibilità di modificare la loro forma.
Esempi di solidi amorfi sono:
- burro;
- cera;
- gomma;
- vetro;
- alcune resine.
Un liquido è un fluido che ha volume proprio, ma assume la forma del recipiente in cui è contenuto.
Proprio per queste caratteristiche, è molto complicato comprimerlo in un volume più piccolo.
Bisogna anche dire che presentano una densità generalmente superiore a quella dei gas.
Inoltre, i liquidi si diffondono l'uno nell'altro meno velocemente dei gas, visto che, nonostante posseggano energia cinetica sufficiente a spostarsi, sono impediti a farlo velocemente dalla presenza delle altre particelle con cui urta di continuo nel poco spazio a disposizione e che li rallentano.
Hanno anche la capacità di fluire, cioè di scorrere in modo continuo lungo superfici o condotti.
Questa capacità viene meno nei liquidi ad alta viscosità, che rappresenta l'attrito interno del liquido, cioè la tendenza che uno strato di liquido possiede a trascinare o a trattenere con sè gli strati vicini.
Alcuni esempi di liquidi molto viscosi sono:
- oli lubrificanti;
- olio di ricino;
- alcune resine.
Un gas è un fluido che occupa tutto il volume del recipiente che lo contiene e può essere compresso in un volume più piccolo.
Quindi non ha nè volume nè forma propria.
Infatti, l'aria contenuta in una stanza non si deposita sul pavimento, ma occupa tutto lo spazio disponibile.
Le particelle dei gas sono in costante, rapido, disordinato movimento.
Perciò posseggono un'elevata energia cinetica.
Queste particelle hanno un diametro molto piccolo, per cui si trovano a notevole distanza fra di loro.
Proprio per questo motivo, a differenza dei solidi e dei liquidi, sono facilmente comprimibili.
Inoltre, le forze attrattive tra le particelle sono trascurabili e ciò giustifica il comportamento dei gas a occupare tutto il volume che hanno a disposizione.
Bisogna anche sottolineare che le collisioni o urti tra le particelle di un gas, e tra le particelle e le pareti del contenitore, sono di tipo elastico.
Infatti gli urti possono essere classificati in 2 categorie fondamentali:
1) elastici: conservano l'energia cinetica;
2) anelastici: non conservano l'energia cinetica: avvengono quando un corpo si conficca in un altro.
Tuttavia, per definire in modo preciso le condizioni di un gas bisogna far riferimento a 3 parametri fondamentali:
1) temperatura T;
2) volume V;
3) pressione P.
Tali condizioni sono dette condizioni termodinamiche del gas e le 3 grandezze che le descrivono sono strettamente connesse tra di loro.
In particolare, sussistono delle leggi che mettono in relazione questi 3 parametri, ma ci deve essere una condizione particolare per far sì che queste formule siano valide: il gas in questione deve essere un gas perfetto o ideale.
Un gas per essere definito "perfetto" deve avere i seguenti requisiti:
- le sue particelle devono essere puntiformi, in modo che il loro volume sia del tutto trascurabile rispetto al volume del gas;
- le sue particelle devono essere così lontane tra loro da poter ritenere nulle le forze attrattive tra esse;
- le sue particelle devono essere perfettamente elastiche, in modo che, urtandosi, non disperdano energia per attrito.
LEGGE DI BOYLE ( ISOTERMA ) DEL 1662:
Il volume occupato da una massa di gas, mantenuta a temperatura costante, è inversamente proporzionale alla pressione alla quale esso è sottoposto.
In simboli: P1V1 = P2V2 = PV, con T = costante, dove:
- P1V1: sono i valori iniziali di pressione e volume;
- P2V2: sono i valori finali.
A pressione costante, il volume di una data massa di gas è direttamente proporzionale alla sua temperatura assoluta.
In simboli: V1/T1 = V2/T2 = V/T, con P = costante.
2° LEGGE DI GAY-LUSSAC ( ISOCORA ):
A volume costante, la pressione di una massa data di gas è direttamente proporzionale alla sua temperatura assoluta.
In simboli: P1/T1 = P2/T2 = P/T, con V = costante.
EQUAZIONE DI STATO DEI GAS PERFETTI
Tutte queste 3 leggi possono essere riunite matematicamente tramite la cosidetta "equazione di stato" dei gas perfetti: PV = nRT, dove:
- n = numero di moli (1 mole = 6,023 x1023 (numero di Avogadro) particelle) della massa di gas considerato;
- R = costante identica per tutti i gas che vale 8,316 J/(K mol) = 0,0821 atm l/(K mol).
I condensati di Bose-Einstein (BEC), così chiamati perchè furono previsti per la prima volta da Einstein nel 1925 e si basano sulle idee del fisico indiano Satyendranath Bose, sono stati ottenuti in laboratorio per la prima volta nel 1995.
Questo condensato è un particolare stato della materia che si ottiene quando si porta un insieme di bosoni a temperature estremamente vicine allo zero assoluto (0 K = -273,15 °C).
In queste condizioni di grande raffreddamento, una frazione non trascurabile delle particelle si porta nello stato quantistico di più piccola energia, e gli effetti quantistici si manifestano addirittura su scala macroscopica.
Tra gli effetti più importanti e particolari ci sono:
- superconduttività ;
- superfluidità ( completa assenza di viscosità );
- facoltà di ridurre drasticamente la velocità della luce.
Quando si riscalda un gas ad alte temperature, questo diventa ionizzato, cioè gli elettroni si staccano dagli atomi e il gas risultante ( plasma ) è composto da una miscela di nuclei carichi positivamente ed elettroni carichi negativamente entrambi liberi.
I nuclei all'interno di un plasma possono fondere e produrre energia.
Inoltre, proprio per queste caratteristiche il plasma possiede la capacità di condurre elettricità.
il termine "plasma" è stato introdotto dal fisico americano Langmuir, che pose le basi per uno studio approfondito sull' argomento.
Egli scoprì che una qualsiasi sostanza, portata a una determinata temperatura, che in ogni caso deve essere elevatissima, passava ad uno stato fino ad allora sconosciuto, grazie alla scissione degli atomi in seguito agli urti che avvenivano fra molecole e atomi oltre che con gli ioni e con elettroni già presenti.
Questo processo viene chiamato "ionizzazione termica".
In altre parole, affinché una sostanza si ionizzi, occorre che l'energia cinetica relativa delle particelle che si urtano deve essere superiore all' energia di legame dell' elettrone piu' labile nell' atomo o nella molecola.
Ovviamente ad atomi di sostanze diverse corrispondono valori differenti di queste energie di legame.
Ad esempio, per ottenere un plasma di cesio a pressione atmosferica, è necessario elevarne la temperatura fino a circa 3000 C°, mentre per l' elio, la cui energia di ionizzazione è circa 10 volte più grande, bisogna raggiungere temperature dell' ordine di 20000 C°.
Dunque, la maggior parte della materia dell'Universo visibile è sotto forma di plasma: pensiamo alle stelle o al gas interstellare.
Tuttavia, è possibile ottenere questo stato della materia anche irraggiando una sostanza con un fascio luminoso di sufficiente intensità: in questo processo, chiamato "fotoionizzazione" , si ha la scissione degli atomi in conseguenza all'assorbimento di quanti di luce.
L'esistenza della ionosfera, cioè di uno strato di plasma nell'atmosfera terrestre a un'altezza di circa 100 km, è proprio il frutto della fotoionizzazione dovuta alla luce solare, e in particolare ai fotoni ultravioletti, che sono i più energetici.
Ritornando alla fusione nucleare in laboratorio, bisogna dire che ci sono 2 strade per produrre energia da fusione:
1) confinamento inerziale;
2) confinamento magnetico.
Nel primo caso il combustibile, iniettato nella camera di combustione sotto forma di piccoli bersagli, viene compresso tramite intensi fasci laser a densità elevatissime fino a 1000 volte superiori a quelle dello stato solido!
Negli esperimenti a confinamento magnetico, invece, il plasma, che come abbiamo detto è costituito da particelle cariche, è mantenuto confinato da campi magnetici.
In questi esperimenti si utilizzano impianti dalla forma toroidale, cioè a ciambella, dove si produce, si riscalda e si studia proprio il plasma.
Le tipologie di esperimenti maggiormente studiate sono 3:
1) tokamak;
2) stellarator;
3) reversed field pinch (RFP).
Tutte e 3 condividono la forma toroidale del contenitore del plasma, ma si differenziano per la struttura del campo magnetico di confinamento.
TOKAMAK
Nel tokamak ( acronimo del nome russo "cella toroidale con bobine magnetiche" ) la miscela di gas presenti all'interno è generalmente composta da deuterio e trizio.
Questi mix di gas allo stato di plasma risulta essere completamente ionizzato e pertanto controllabile attraverso degli opportuni campi elettromagnetici esterni.
STELLARATOR
Nello Stellator, oltre alle normali bobine toroidali, vengono utilizzati degli avvolgimenti elicoidali attorno alla camera da vuoto.
Questi avvolgimenti generano un ulteriore campo magnetico elicoidale, nella camera toroidale.
REVERSED FIELD PINCH (RFP)
Nella Reversed Field Pinch ( "strizione a campo rovesciato" ), a differenza del tokamak, che come abbiamo detto, richiede un campo magnetico prodotto da bobine esterne, la maggior parte del campo magnetico necessario al confinamento del plasma è generato dallo stesso plasma.
Per questo motivo l'RFP è più semplice da costruire rispetto al tokamak, tuttavia ha un lato negativo: infatti la sua capacità di confinare il plasma a parità di campo magnetico prodotto è inferiore a quella del tokamak.
FUSIONE NUCLEARE NELLE STELLE:
L'energia delle piccole-medie stelle proviene dalla fusione nucleare dell'idrogeno in elio.
Invece, nelle stelle di massa superiore, si ha la fusione dell'elio negli altri elementi del Sistema Periodico.
Nel Sole, avviene una reazione che prende il nome di catena protone-protone, che può essere indicata in modo:
1H + 1H → 2H + e+ + v
2H + 1H → 3He + γ
3He + 3He → 4He + 2 1H.
Complessivamente si ha:
6 1H → 4He + 2 1H + 2e+ + 2v + 2γ, dove:
- 1H indica un nucleo di idrogeno o protio;
- 2H indica il deuterio;
- e+ indica un positrone;
- v indica un neutrino;
- 3He indica l'elio-3;
- 4He indica l'elio-4;
- γ indica i raggi gamma.
Il processo nucleare della catena protone-protone è il principale processo di produzione di energia per stelle di massa inferiore a 2 masse solari.
Per stelle più massicce, la fonte primaria è data da un ciclo diverso, detto ciclo CNO, che coinvolge carbonio (C), azoto (N) e ossigeno (O).
Viene anche chiamato ciclo di Bethe, perchè proposto nel 1938 da Hans Bethe.
Il risultato finale di questo ciclo è la fusione di 4 protoni in una particella α più 2 positroni e 2 neutrini, con rilascio di energia sotto forma di raggi gamma.
Inoltre, i nuclei di carbonio, azoto e ossigeno agiscono da catalizzatori ( sostanze che intervengono in una reazione chimica aumentandone la velocità ma rimandendo inalterate al termine della stessa ).
FISSIONE NUCLEARE:
La fissione ( deriva dal latino fingere = "spaccare" ) è quella reazione che avviene in senso inverso alla fusione.
Infatti, si parte da un nucleo molto pesante che si scinde in più nuclei con numero di massa inferiore a quello di partenza.
Dunque la massa totale dei prodotti di reazione è minore della massa totale del nucleo iniziale e per questo motivo c'è un difetto di massa positivo.
Si ottiene pertanto una liberazione di energia verso l'ambiente esterno.
Il primo tentativo riuscito di scindere un nucleo fu realizzato nel 1932.
Infatti, a Cambridge, in Inghilterra, Cockroft e Walton spararono fasci di protoni ad alta velocità contro alcuni metalli, che cambiavano composizione ed emettevano energia.
Però, per avvenire, questi esperimenti richiedevano più energia di quante ne producessero.
Poi, nel 1938, si provò a bombardare nuclei di 235U con un fascio di neutroni.
Questa reazione realizzata dai tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann, al Kaiser Wilhelm Institut fur chemie di Berlino, portò alla formazione di elementi intermedi ( con massa uguale ad appena la metà di quella dell'uranio ) come il bario e il lantanio, insieme con un'emissione di 2 o 3 neutroni liberi e di circa 0,2 GeV di energia residua.
Hahn descrisse questo fenomeno in una lettera a Lise Meitner, la loro collega austriaca che era appena fuggita dalla Germania nazista rifugiandosi in Svezia.
La Meitner rimase perplessa, così come i 2 scienziati autori dell'esperimento, perchè tutti si aspettavano che da questo bombardamento sarebbero scaturiti elementi ancora più pesanti dell'uranio, non più leggeri!
La scienziata discusse di questo argomento con suo nipote, il fisico Otto Frisch ed essi capirono che quando il nucleo si spaccava doveva essere emessa energia, perchè nel suo complesso le 2 metà formatesi, dopo la reazione, possedevano meno energia.
Allora Frisch raccontò la sua idea a Niels Bohr, che imbarcandosi per un viaggio verso l'America, iniziò a cercare di trovare una spiegazione al fenomeno.
Lui stesso riferì in un secondo momento la notizia ad Enrico Fermi, che si trovava alla Columbia University a New York.
Intanto, Meitner e Frisch pubblicarono il loro articolo, introducendo proprio il termine "fissione"
Dopodichè, Fermi e Léo Szilard ebbero l'idea che i neutroni prodotti in questo modo potessero essere utilizzati per innescare ulteriori reazioni di fissione, costituendo una catena di reazioni nucleari.
Tuttavia, questo accade solo se il materiale fissile ( contenente cioè i nuclei da dividere ) ha una massa superiore a un certo valore soglia, denominato massa critica, per cui ciascuna fissione causa altre fissione, estendendosi a tutto il materiale.
L'energia liberata dalla reazione riesce a scaldare sufficientemente la massa di ura
Se 2 campioni di materiale fissile puro, inferiori ognuno alla massa critica, sono posti in contatto, tramite un dispositivo automatico a tempo, per formare un unico pezzo e raggiungono insieme una massa superiore alla massa critica, le reazioni che ne seguono sono molto veloci ed esplosive: si ha una bomba atomica.
Il controllo della reazione a catena si ottiene inibendo o favorendo la diffusione dei neutroni nel materiale.
- Emilio Segrè: premio Nobel per la Fisica nel 1959 per la scoperta dell'antiprotone;
- Edoardo Amaldi: artefice della ricostruzione della ricerca fisica in Italia e in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale;
- Ettore Majorana: giovane di origine siciliana dalle doti eccezionali,
Infatti, se i neutroni molto energetici e leggeri scambiano nell'urto la loro energia con dei nuclei molto più pesanti, si ha la diffusione del neutrone in altre direzione, mentre il nucleo rimane presocché fermo.
Bisogna anche dire che 235U (uranio-235) e 239Pu (plutonio-239) sono gli unici isotopi radioattivi che riescono a subire la fissione tramite neutroni lenti.
Szilard, però, era molto preoccupato al pensiero che gli scienziati tedeschi potessero realizzare per primi un'arma atomica.
Così contattò Albert Einstein e nel 1939 lo indusse a scrivere una lettera congiunta di avvertimento al presidente Roosevelt.
Tuttavia non avvenne nulla di particolare fino al 1941, quando i fisici britannici resero noto un calcolo che dimostrava quanto fosse semplice costruire un ordigno nucleare.
Ciò coincise con l'attacco giapponese a Pearl Harbor e poco dopo Roosevelt dette inizio al progetto americo per lo sviluppo della bomba atomica, il Progetto Manhattan, guidato dal fisico Robert Oppenheimer in una base remota e segreta a Los Alamos, nel New Mexico, a 2200 m di altitudine.
Qui fu costruita dal nulla una vera e propria città, che arrivò a contare circa 6000 persone tra scienziati, ingegnieri, operai, addetti ai servizi e le loro famiglie.
Nell'estate del 1942 il gruppo di Oppenheimer progettò il meccanismo di funzionamento della bomba.
Per attivare la reazione a catena che avrebbe prodotto la devastante esplosione era necessaria la presenza di una massa critica di uranio, che però doveva essere tenuta separata prima della detonazione.
Esistevano, all'epoca, 2 tecniche principali per svolgere questo compito:
1) metodo del cannone: prevedeva di completare la massa critica sparando un pezzo di uranio in un altro per mezzo di esplosivi convenzionali;
2) meccanismo a implosione: in cui gli esplosivi convenzionali causavano l'implosione di una sfera cava di uranio su un nocciolo di plutonio.
L'uranio si presenta sotto 2 isotopi:
1) uranio-238: è il più comune: infatti rappresenta il 99,3% dell'uranio radioattivo che si presenta in natura;
2) uranio-235: rappresenta lo 0,7% dell'uranio radioattivo presente in natura.
Bisogna dire che per una bomba a fissione è più efficace l'uranio-235: per questo motivo l'uranio grezzo viene arricchito in uranio-235.
Quando l'uranio-238 acquista un neutrone si trasforma in plutonio-239, che è instabile e decade producendo un numero ancora superiore di neutroni per grammo di sostanza.
Dunque, l'aggiunta di plutonio può facilitare l'innesco della reazione a catena.
Il metodo del cannone fu applicato utilizzando uranio arricchito per costruire il primo tipo di bomba, chiamata
Il 6 agosto 1945 "Little Boy" fu sganciata su Hiroshima, mentre 3 giorni dopo "Fat Man" distrusse Nagasaki.
Ciascun ordigno nucleare rilasciò l'equivalente di circa 20.000 tonnellate di dinamite, uccidendo circa 70.000-100.000 persone sul colpo e il doppio col trascorrere del tempo.
La decisione di sganciare le bombe fu presa dalle massime autorità politiche degli Stati Uniti.
Le bombe di Hiroshima e Nagasaki sono rimaste le uniche armi atomiche che siano state effettivamente utilizzate.
Però, già nell'immediato dopoguerra si verificò una corsa ad accumulare il maggior numero di armi e sempre più potenti.
Nel 1949 l'Unione Sovietica fece esplodere la sua prima bomba atomica.
Poi, nel 1952, gli Stati Uniti sperimentarono una bomba ancora più distruttiva, che utilizzava l'energia derivante dalla fusione di isotopi dell'idrogeno: la cosiddetta bomba H o bomba termonucleare, che già nell'anno successivo fu seguita da quella sovietica.
Fu in questo clima di grande tensione che il filosofo e logico Bertrand Russell maturò l'intenzione di sensibilizzare l'opinione pubblica sui terribili pericoli posti da quelle nuove armi per la sopravvivenza del genere umano.
Russell coinvolse Einstein nell'iniziativa e preparò la bozza di un Manifesto, che conteneva l'appello a bandire la guerra dai rapporti internazionali.
Il Manifesto fu sottoscritto in totale da 11 personalità scientifiche importanti:
1) Max Born;
2) Percy Williams Bridgman;
3) Albert Einstein: dette la sua adesione una settimana prima di morire;
4) Leopold Infeld;
5) Fréderic Joliot-Curie;
6) Herman Joseph Muller;
7) Linus Pauling;
8) Cecil Frank Powell;
9) Joseph Rotblat;
10) Bertrand Russell;
11) Hideki Yukawa.
I problemi sollevati dal Manifesto furono discussi nel luglio del 1957 da 22 scienziati che si incontrarono nella cittadina canadese di Pugwash.
Da quell'incontro ha avuto origine il Movimento Pugwash che ancora oggi lavora per il disarmo e per la pace.
Anima di questo movimento è stato il fisico di origine polacca Joseph Rotblat, uno dei firmatari del Manifesto e unico scienziato ad aver abbandonato il Progetto Manhattan appena saputo che i tedeschi non possedevano la bomba atomica.
Nonostante tutto ciò, nel 1961, in Unione Sovietica fu costruita la bomba all'idrogeno più potente mai sperimentata dall'uomo: la bomba Zar o Tsar Bomba o RDS-220.
Possedeva un potere esplosivo superiore di circa 5000 volte a quello della "Little Boy".
L'ordigno è stato sganciato il 30 ottobre 1961 alle ore 8:33, sull'isola di Novaja Zemlja, a nord del Circolo Polare Artico.
La sfera di plasma (fireball) si espanse fino a un diametro di 8 km.
Se fosse stata lanciata su, per esempio, il centro di Londra avrebbe distrutto ogni cosa nel raggio di 30 km e incendiato tutto ciò che si fosse trovato entro 90 km dal luogo di esplosione: tutto ciò ci fa capire le disastrose conseguenze dell'impatto di un'arma nucleare sulla Terra.
REATTORI NUCLEARI A FISSIONE
Partendo dalla prima realizzazione di Fermi nel 1942 a Chicago, il reattore nucleare ha subito nel corso dei tempi un'evoluzione di tipo tecnologico, mirata ad aumentarne la sicurezza e l'efficienza, ma il principio fisico di funzionamento è rimasto sostanzialmente invariato da quello scoperto da Fermi.
L'isotopo responsabile della fissione innescata dai neutroni lenti in un reattore è generalmente l'uranio-235.
Nei reattori, il moderatore che controlla la diffusione dei neutroni nel materiale fissile può essere costituito, solitamente, da:
- acqua pesante (2H20 o D2O, dove D sta per deuterio) oppure;
- grafite ( carbonio allo stato puro ) oppure;
- acqua (H2O).
La parte centrale del reattore, detta nocciolo, contiene le parti più importanti:
- barre del combustibile nucleare: uranio o plutonio;
- barre del materiale di controllo;
- impianto di raffreddamento.
L'energia scambiata fa aumentare notevolmente la temperatura del liquido, ottenendo così calore, che viene usato per generare vapore acqueo ad alta pressione, il quale, convogliato in un'apposita turbina, muove un alternatore responsabile dell'energia elettrica.
Bisogna constatare che l'efficienza delle centrali nucleari è molto più alta rispetto a tutti gli impianti di produzione elettrica che usano combustibili fossili come carbone e petrolio.
Tuttavia, questo meccanismo di produzione di energia ha un lato molto sfavorevole, cioè lo smaltimento nell'ambiente delle scorie nucleari radioattive.
Qualsiasi centrale nucleare produce scorie radioattive.
Una minima parte delle scorie sono normalmente disperse nell'ambiente senza provocare danni per l'uomo: ad esempio, i reflui del raffreddamento sono scaricati direttamente nelle acque dei fiumi poichè considerati non pericolosi per l'ambiente.
Per scorie nucleari si intendono soprattutto quei materiali che, trovandosi nel reattore o nei pressi, sono soggetti a una continua emissione di radiazioni: dal semplice bullone alle componenti metalliche più grandi ( pareti, contenitori, ecc. ).
Al termine del ciclo di vita della centrale nucleare, questi oggetti devono essere trattati come rifiuti speciali da trattare con molta attenzione in quanto fortemente radioattivi, e quindi pericolosi e nocivi.
Tuttavia, le scorie nucleari non sono tutte uguali: infatti si distinguono in base al grado di radioattività da cui dipende anche la durata del decadimento e la loro pericolosità in 3 categorie:
1) alta attività ( scorie di 3° grado ): l'elevato grado di radioattività in queste scorie implica un lungo periodo di decadimento, fino a 100.000 anni. Le scorie di terza categoria sono soprattutto le ceneri prodotte dalla combustione dell'uranio e gli oggetti vicini al reattore ( ad esempio, le pareti metalliche );
2) media attività ( scorie di 2° grado );
3) bassa attività ( scorie di 1° grado ).
Questi ultimi 2 tipi hanno una vita radioattiva inferiore e quindi necessitano soltanto di poche centinaia di anni per decadere.
Queste scorie provengono in particolare dagli ospedali ( residui della medicina nucleare ).
Dunque, il grande problema delle scorie è rappresentato da quelle di terza categoria, provenienti dalle centrali nucleari.
CONCLUSIONE
Possiamo quindi concludere che le reazioni nucleari portano sia effetti molto positivi, come quello di produrre energia ( soprattutto se si riuscisse ad ottenere energia dalla fusione, in modo da ridurre notevolmente il tasso di scorie radiattive ed avere energia pulita, come quella delle stelle ) e aspetti negativi, come l'applicazione della fissione nella costruzione di bombe atomiche e le scorie radioattive che si producono.
Nonostante anche questi aspetti negativi, gli scienziati hanno portato avanti le ricerche e si spera, in futuro, di sfruttare al massimo le potenzialità di queste particolari reazioni (esoenergetiche).
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