lunedì 7 gennaio 2013

IL PIÙ GRANDE MATEMATICO "DILETTANTE" DELLA STORIA: FERMAT

Il nome di Fermat è molto noto non solo ai matematici di professione, ma anche al grande pubblico, che lo conosce come colui che lasciò ai posteri un importantissimo e semplicissimo teorema che nessuno sarebbe tuttavia riuscito a dimostrare per secoli e secoli, sino all'arrivo di un matematico inglese, Andrew Wiles, che riuscì a compiere l'impensabile impresa nel 1994.
Dunque, analizzeremo brevemente la vita del grande matematico francese e, successivamente, ci concentremo su un suo fondamentale teorema; no, non il famoso "Ultimo Teorema" a cui si alludeva poco prima, bensì un importante teorema dell'analisi matematica: il teorema sui punti stazionari.
Cominciamo!

Alla stregua di introduzione, riporto un interessante passo dal celebre libro I grandi matematici di Eric T. Bell:

"Dobbiamo giustificare l'asserzione, frequente e raramente contraddetta, che il più grande matematico del Diciassettesimo secolo sia stato Fermat (1601?-1665), contemporaneo di Descartes. Quest'asserzione metterebbe Newton (1642-1727) da parte, ma si può giustificare osservando che come matematico puro, Fermat è stato per lo meno pari a Newton, e che circa un terzo della vita di Newton si è svolta nel Diciottesimo secolo, mentre quella di Fermat non esce dai limiti del Diciassettesimo. Newton ha considerato la matematica come uno strumento di esplorazione scientifica, e a quest'ultima ha dedicato la sua principale attività; al contrario, Fermat era maggiormente attirato dalla matematica pura, benché abbia svolto anche considerevoli lavori nelle applicazioni della matematica alla scienza, in particolare all'ottica. Solo nel 1637, con la pubblicazione della geometria analitica di Descartes, la matematica è entrata nel periodo moderno: essa doveva occupare ancora per molti anni un posto così modesto, che un uomo di talento poteva ragionevolmente sperare di riuscire al tempo stesso in matematica pura e nelle sue applicazioni. Come matematico puro, Newton raggiunse il suo apogeo con l'invenzione del calcolo infinitesimale, invenzione fatta anche, indipendentemente da Leibniz...Si può osservare che Fermat concepì e applicò l'idea base del calcolo differenziale 13 anni prima della nascita di Newton e 17 anni prima di quella di Leibniz; tuttavia non ridusse il suo metodo, come fece Leibniz, a una complessa serie di regole pratiche che chiunque può applicare ai problemi più facili. Quanto a Descartes e a Fermat, si può dire che essi inventarono, indipendentemente l'uno dall'altro, la geometria analitica, e la corrispondenza che tennero su questo argomento non contraddice tale affermazione. La quasi totalità degli sforzi di Descartes fu dedicata a ricerche scientifiche diverse, all'elaborazione della sua filosofia e alla sua assurda "teoria dei vortici" del sistema solare, che fu per molto tempo, perfino in Inghilterra, una seria rivale della teoria della gravitazione universale di Newton, magnificamente semplice e senza metafisica. Al contrario, non sembra che Fermat abbia mai avuto, come Descartes e Pascal, la tentazione insidiosa di filosofare su Dio, sull'Uomo e sull'Universo; cosicché, dopo aver consacrato una parte del suo tempo al calcolo differenziale e alla geometria analitica, e aver condotto un'esistenza serena e laboriosa per guadagnarsi la vita, era ancora libero di dedicare le rimanenti energie al suo passatempo preferito, la matematica pura, e di compiere la sua più grande opera, la fondazione della teoria dei numeri, sulla quale si basa il suo diritto assoluto e indiscutibile all'immortalità. Inoltre Fermat [partecipò] con Pascal alla creazione della teoria matematica delle probabilità. Se tutte queste opere di capitale importanza non sembrano sufficienti per dare a Fermat uno dei primi posti fra i suoi contemporanei, in matematica pura, che cosa si pretende di più? Fermat era un creatore nato; era anche, almeno per ciò che concerne i suoi lavori scientifici e matematici, un matematico amatoriale, nel senso più esatto del termine, e come tale è senza dubbio in prima fila, se non al primo posto, nella storia della scienza."

Pierre de Fermat nacque nell'agosto del 1601 (la data esatta è ignota; sappiamo soltanto che venne battezzato il 20 agosto del medesimo anno) nella città di Beaumont-de-Lomagne, nel sudovest della Francia.
Fermat era figlio di un ricco mercante di pellami, Dominique Fermat, secondo console della città di Beaumont-de-Lomagne, e di Claire de Long, la quale proveniva da una famiglia di magistrati dell'ordine giudiziario.
Ricevette la prima istruzione nella città natale, poi frequentò il monastero francescano di Grandselve, sin quando non giunse a Tolosa per compiere gli studi universitari che lo avrebbero portato a diventare magistrato (percorso di studi influenzato fortemente dai suoi genitori).
Nel 1631, all'età di 30 anni, divenne Commissario alle Richieste proprio del Parlamento di Tolosa.
Se le popolazioni locali desideravano rivolgere una petizione al re su qualsivoglia materia dovevano prima convincere Fermat o un suo collega dell'importanza della loro richiesta.
I consiglieri di tali Parlamenti locali erano l'emblema del legame vitale sussistente fra la provincia e Parigi.
Oltre al compito di tenere i rapporti tra le popolazioni locali e il sovrano, i consiglieri si occupavano che i regi decreti, emanati nella capitale, venissero effettivamente attuati nelle regioni.
Fermat era un laborioso funzionario pubblico che, basandosi su tutti i resoconti, espletava le sue mansioni in modo scrupoloso, ma clemente.
Un resoconto interessante dell'attività giuridica di Fermat è quello fornito dal matematico inglese sir Kenelm Digby.
Digby aveva richiesto di poter incontrare Fermat, ma in un'epistola a un amico comune, il matematico John Wallis, rivela che il francese era stato occupato da seri affari giudiziari e pertanto era stato impossibilitato ad incontrarlo.
Fermat intratteneva spesso corrispondenze con i 2 matematici appena citati, talvolta osservando toni non molto amichevoli.
Fermat si erse rapidamente ai vertici della pubblica amministrazione, diventando membro dell'élite sociale e ottenendo persino il privilegio di anteporre il de al suo cognome.
Inoltre, è da sottolineare che la sua ascesa nei ranghi più elevati derivò soprattutto dalla sua salute.
A quel tempo, l'Europa era devastata dalla peste e i sopravvissuti venivano di conseguenza elevati di rango per rimpiazzare i svariati morti nelle cariche rimaste vacanti.
Pure Fermat si ammalò di peste nel 1652 e le sue condizioni si fecero gravissime, tanto che l'amico Bernard Medon dovette annunciare la sua morte, per poi smentirla successivamente, in quanto il matematico si era ben ripreso da quella sciagura.
Ma non sussistevano soltanto rischi per la salute a quei tempi: Fermat doveva sopravvivere anche a pericoli di natura politica.
Infatti, la sua nomina al Parlamento di Tolosa si concretizzò 3 anni dopo che il cardinale Richelieu era stato designato primo ministro.
Fermat viveva, o meglio, sopravviveva in un'epoca di trame, intrighi e complotti: ciò che contribuì alla sua salvaguardia fu il suo svolgere le mansioni efficacemente, ma senza attirare l'attenzione su di sé e senza manifestare ambizioni politiche.
Nel frattempo, sempre a Tolosa, il 1° giugno 1631 Fermat prese in sposa Louise de Long, una cugina della madre.
Pierre e Louise ebbero ben 5 figli: 3 maschi e 2 femmine.
Uno dei figli maschi, Clément Samuel, diventò l'esecutore testamentario scientifico del padre e si adoperò per pubblicare postume le sue preziose opere.
L'edizione delle opere di Fermat che è pervenuta fino a noi è appunto quella pubblicata dal figlio, ed è grazie ad essa che noi conosciamo, peraltro, il noto Ultimo Teorema.
Clément Samuel, infatti, resosi conto dell'importanza di quel teorema annotato a margine di una pagina di una copia dell'Arithmetica di Diofanto posseduta dal padre, l'aveva aggiunto all'edizione del testo di Diofanto da lui stesso ripubblicata.
Giusto come curiosità, mentre Clément Samuel decise di portare alla luce le opere del padre, le 2 figlie femmine di Fermat divennero suore.
Tutta la vita di Fermat fu calma, tranquilla, stabile e priva di eventi esteriori.
Come detto in precedenza, egli adempiva ai suoi compiti con precisione e con onestà, tanto da esser promosso, nel 1648, a una funzione importante, ovvero quella di consigliere del re al Parlamento provinciale di Tolosa, posizione che conservò sino alla morte, occorsa il 12 gennaio 1665 a Castres.
Quella appena narrata era la vita da magistrato di Fermat, certamente importante, ma non abbastanza da permettergli di esser considerato uno dei più grandi personaggi della storia.
Ciò che lo condusse nell'immortalità fu ovviamente la Matematica!
Il tempo che Fermat non dedicava al "primo lavoro" lo spendeva nella sua amata Matematica; ecco il motivo per cui lo stesso Eric T. Bell lo definisce il principe dei dilettanti.
Egli non era un matematico di professione, ma scatenò rivoluzioni a questa disciplina alla pari dei più eminenti matematici del tempo.
Il talento di Fermat era così straordinario che quando Julian Coolidge scrisse Mathematics of Great Amateurs, escluse il francese dalla sua narrazione in quanto era "davvero così grande da dover essere considerato un professionista".
Una figura importante nell'attività matematica di Fermat è stata sicuramente quella di padre Marin Mersenne.
Costui, nonostante diede solamente piccoli contributi alla teoria dei numeri, giocò un ruolo decisamente importante nella cultura matematica seicentesca.
Infatti, egli cercò strenuamente di rendere la Matematica libera e non più, come accadeva spesso in quel periodo, segreta.
Infatti, i matematici solevano nascondere le proprie scoperte e dunque non comunicarle assolutamente ai colleghi e, a maggior ragione, ad un vasto pubblico.
Un notissimo caso è quello di Tartaglia che svelò a Cardano la sua formula risolutiva dell'equazione generale di 3° grado, ma gli fece promettere di non pubblicarla, facendolo giurare su Dio (giuramento che poi venne spezzato!).
Quando padre Mersenne giunse a Parigi, la sua volontà era quella di combattere contro questa vera e propria "moda" di segretezza, cercando di invogliare i matematici a scambiarsi le idee e a lavorare con spirito collaborativo.
Padre Mersenne organizzò incontri regolari e il suo gruppo divenne successivamente il nucleo dell'Accademia di Francia.
Compiendo una similitudine con i tempi odierni, Mersenne fece nel XVII secolo ciò che internet e gli strumenti informatici stanno portando avanti nel XXI secolo, ossia un accesso libero alle nozioni matematiche consolidate e persino alle nuove scoperte matematiche, che tutti quanti, in qualunque parte del mondo, possono osservare con i propri occhi, grazie al mezzo informatico.
Inoltre, in un'epoca in cui la Chiesa perseguitava i pensatori e scienziati che si discostavano dai dogmi religiosi, come Giordano Bruno e Galileo, padre Marsenne difese strenuamente appunto quelli considerati "eretici" per via del pensiero razionale e di ipotesi che cozzavano contro le Sacre Scritture, atteggiamento decisamente non molto comune tra gli uomini di Chiesa!
Mersenne girovagò per tutta la Francia e oltre, allo scopo di diffondere informazioni sulle scoperte più recenti e proprio nei suoi viaggi incontrò nientedimeno che Fermat.
L'influenza che il frate ebbe sul matematico francese fu probabilmente seconda solamente all'Arithmetica di Diofanto, testo che Fermat teneva sempre con sé.
Tuttavia, nonostante le numerose esortazioni di padre Mersenne, Fermat rifiutò con fermezza di rivelare le proprie dimostrazioni.
Egli non dava alcuna importanza alle pubblicazioni e al riconoscimento del proprio valore da parte degli altri intellettuali; si accontentava di godere del piacere di dar vita a nuovi ed originali teoremi.
Tuttavia, nonostante fosse un genio timido e riservato, Fermat era anche un tantino birichino; questo lato del suo carattere si rendeva manifesto quando comunicava con gli altri matematici al fine di provocarli.
Ad esempio, Fermat redigeva lettere che enunciavano il teorema appena scoperto, ma senza la relativa dimostrazione; nelle stesse sfidava i contemporanei a ricavarsi per proprio conto le dimostrazioni!
Questo modo di fare comportò grande frustazione all'interno della comunità matematica.
Cartesio lo definì uno "sbruffone", mentre il già citato John Wallis era solito chiamarlo "quel maledetto francese"!
Ma quest'abitudine di non pubblicare la dimostrazione non serviva a Fermat solo per irritare i colleghi, ma pure per risparmiare tempo e procedere nel focalizzarsi su altri problemi da dipanare.
Quando Blaise Pascal lo invitò a pubblicare almeno qualche suo lavoro, Fermat gli rispose: "Qualunque mia opera sia giudicata degna di pubblicazione, non voglio che vi compaia il mio nome".
Proprio la corrispondenza con Pascal portò, come noto, alla creazione di una nuova branca della matematica: la teoria delle probabilità.
Per maggiori informazioni sulla storia del concetto di probabilità, recatevi all'articolo "2 distribuzioni importanti: poissoniana e binomiale".
Fermat non si limitò però alla teoria dei numeri (a cui ha fornito i maggiori contributi) e alla teoria della probabilità, ma fornì decisivi apporti anche al calcolo differenziale.
Per secoli si è ritenuto che Newton avesse scoperto il calcolo infinitesimale autonomamente e senza conoscere l'opera di Fermat (e, ovviamente, quella di Leibniz), ma, nel 1934, il professor Louis Trenchard Moore scoprì un appunto che rimetteva in discussione la vicenda.
Come sottolinea Moore, Newton scrisse di aver sviluppato il calcolo basandosi sul "metodo del signor Fermat di ricavare le tangenti".
Ora, per concludere la nostra trattazione, parliamo del teorema di Fermat sui punti stazionari, un teorema inerente al calcolo differenziale.
Esso riguarda appunto i cosiddetti punti stazionari (o critici), in cui la derivata di una certa funzione si annulla.
Prima di enunciare e dimostrare il teorema, scopriamo cosa affermò Fermat a proposito del suddetto teorema o, come lo chiamò lui, metodo, in una lettera ad un collega, datata 1638:

"Il metodo non fallisce mai e può essere esteso a un gran numero di questioni molto belle; per mezzo di esso abbiamo infatti trovato il centro di gravità di figure limitate da linee curve e rette, di solidi e molte altre cose delle quali tratterò un'altra volta, se avremo il tempo."

Passiamo all'enunciato:

Se x ∈ (a, b) è un punto di massimo o minimo locale per la funzione f, definita nell'intervallo chiuso [a, b] e derivabile nel punto x, ne consegue che:



Cerchiamo di spiegarlo in termini più comprensibili e umani!
Immaginiamo di avere una certa funzione, cioè una curva come la seguente:














Sappiamo che il punto x è un punto di massimo o minimo (nella figura è un punto di massimo) locale, cioè un massimo all'interno di un intervallo ristretto (a, b) della funzione, un intervallo che non comprende gli estremi, ovvero (utilizzando una terminologia rigorosa) aperto.
Inoltre, tale funzione risulta derivabile nel punto x, ossia esistono sicuramente la derivata destra e la derivata sinistra e risultano finite e uguali.
Che significa?
Non è molto difficile!
La derivata l'avevamo definita, nell'articolo "Derivate e integrali indefiniti: storia, proprietà e applicazioni", come il limite del rapporto incrementale, cioè:





Nel vecchio post abbiamo però tralasciato, per semplificare la narrazione, un dettaglio: esistono i concetti di limite destro e limite sinistro e, di conseguenza, di derivata destra e derivata sinistra.
Cerchiamo di capire meglio.
La derivata destra è il limite destro del rapporto incrementale, ovvero:





Praticamente, essendo una derivata destra, ossia un limite destro, dovete immaginare che il valore h tenda a 0 da destra, ovvero partendo da un valore positivo del medesimo.
Allo stesso modo, la derivata sinistra è definita come:


  


Dunque, questa volta dovete immaginare che il valore h si avvicini a 0 da sinistra, ossia assumendo un h negativo che tende sempre più a 0.
Specifichiamo: qui, nel caso delle derivate sinistre, assumiamo h negativo in quanto stiamo parlando di derivate e quindi di limiti per h che tende a 0.
Se avessimo un generico limite sinistro, allora dovremmo semplicemente capire che h tende al valore prefissato (non importa che sia 0, che sia 1, che sia 2, che sia infinito, o un numero negativo) a partire da sinistra, ossia da valori più piccoli di quel valore a cui h vorrebbe arrivare.
Se non avete ancora capito, osservate la seguente immagine:

Limite destro (in alto) e limite sinistro (in basso) per xc
Vi starete forse chiedendo: ma perché è così importante definire la derivata destra e quella sinistra?
Ebbene, come già detto, una funzione è derivabile in un punto se e solo se la derivata destra e quella sinistra in quel punto coincidono e sono finite.
Inoltre, non è così scontato che i limiti destri e sinistri siano identici.
Volete un esempio chiarificante?
Prendiamo la funzione:




e calcoliamone il limite sinistro e destro per x tendente a 1:

LIMITE SINISTRO:




Perché?
Per fare una prova concreta, provate a sostituire un valore appena più piccolo di 1, ad esempio 0,9, a x.
Vi verrà una quantità negativa: -17,29.
Generalizzando, il limite tende a -∞.

LIMITE DESTRO:




Dovrebbe ormai essere chiaro il motivo di tale risultato.
Avete visto?
I 2 limiti portano a risultati differenti!
Ergo, può certamente accadere che, data una certa funzione, in un determinato punto la derivata sinistra risulti diversa da quella destra: in tal caso la funzione si dice non derivabile nel punto designato.
Ora dovreste certamente aver capito perché è importantissimo asserire con certezza che una funzione è derivabile in un punto se e solo se la derivata destra è identica a quella sinistra.
Ciò che abbiamo appena spiegato ci servirà per comprendere senza problemi la dimostrazione del teorema di Fermat sui punti stazionari.
Abbiamo definito punto stazionario (o critico) un punto in cui la derivata si annulla.
Se volete comprendere veramente cosa significhi tale nozione, dovete ricordare la definizione geometrica di derivata, ossia quella che ci dice che la derivata in un certo punto di una funzione è il coefficiente angolare della retta tangente alla curva in quel specifico punto.
In parole più semplici, la derivata designa la pendenza della retta tangente alla curva data in un certo punto.
Ora, cosa succede se la derivata risulta nulla in un punto?
Ne deriva che il coefficiente angolare della retta tangente è nullo; dunque non sussiste pendenza ed avremo che la nostra retta tangente sarà una linea perfettamente dritta, come nel caso della figura che abbiamo riportato in precedenza (dove appare tratteggiata), ovvero:














A seguito di questa doverosa premessa, passiamo a dimostrare il teorema di Fermat!

DIMOSTRAZIONE:

Supponiamo che il nostro x sia un punto di massimo locale.
Ciò significa che per h sufficientemente piccolo abbiamo che:



D'altronde, se la funzione in x assume un valore massimo, allora se prendiamo un punto poco più distante, appunto x + h, in quest'ultimo la funzione non può assumere un valore più elevato di quello che aveva in x₀, altrimenti otterremmo l'ipotesi assurda che esista un punto in cui la funzione abbia valore più alto persino del massimo: una vera e propria contraddizione con la definizione di massimo.
Per farvi un esempio banale, se il massimo numero di giocatori di una squadra che possono stare simultaneante nel campo di gioco, durante una partita di calcio, è 11, si determinerebbe una contraddizione e una violazione delle regole se in campo ce ne fossero 12 a giocare col pallone.
A proposito di calcio, guardatevi questo simpatico video:



Dopo questa breve e divertente parentesi, ritorniamo alla nostra dimostrazione!
Eravamo arrivati ad affermare che vale la seguente relazione:



Essa si può riscrivere anche come:



Quello appena scritto è il numeratore del rapporto incrementale; ora sappiamo che esso risulta negativo.
Dato che f è derivabile, ne consegue che ammette sia derivata destra sia derivata sinistra in x e queste sono eguali.
Giacché conosciamo il segno del numeratore del rapporto incrementale, possiamo senza problemi scrivere le 2 seguenti considerazioni:

PUNTO 1)




D'altronde, al numeratore abbiamo una quantità negativa, mentre al denominatore una quantità positiva.
Dalla suddetta espressione ricaviamo il fatto che la derivata destra nel punto xsia negativa (o nulla), cioè, in simboli:



PUNTO 2)




da cui deriva il fatto che la derivata sinistra sia:



Guardate bene ora!
Abbiamo che la derivata destra è:



mentre quella sinistra è:



Ma, siccome i 2 valori devono essere per forza uguali, alla fine abbiamo che:



Come volevasi dimostrare!
Il medesimo procedimento sarebbe valso anche nel caso in cui avessimo supposto xpunto di minimo locale.
Evidenziamo inoltre che tale splendido teorema (raramente affrontato nei licei) è alla base dei ben più famosi teoremi di Rolle, Lagrange, Cauchy e così via.
Vi lascio con il magnifico brano Sous le ciel de Paris intrerpretato da Richard Galliano & Eddy Louiss:



-----------------------------------------------------------------------------------------

Fonti principali:

- I grandi matematici di Eric T. Bell
- L'ultimo teorema di Fermat di Simon Singh
- L'enigma di Fermat di Amir D. Aczel

4 commenti:

  1. E meno male che era un "dilettante"! Ma anche per questo la Matematica è fantastica perché non segue percorsi prestabiliti, ti "salta addosso" quando meno te l'aspetti. Ora, il problema è che in tanti vorrebbero farsi saltare addosso ma lei sembra non volerne sapere; studi, leggi, ristudi e poi rileggi... sudi (si, sudi, non manca la t. Che poi se ce le metti il senso più o meno rimane quello). Ma niente. Poi ti arriva un Fermat o un Ramanujan qualunque e succede il miracolo.
    Eh, non è proprio così, è il genio che fa la differenza (Lei adora i geni) e chi quel genio non ce l'ha deve per forza mettersi sotto e sudare sui numeri, con la speranza di provare almeno a percorre una parte, una piccola parte del cammino verso la "Cima Matematica".

    ARTICOLONE. Grazie per tutte le informazioni contenute molte delle quali non conoscevo assolutamente.
    Un saluto
    Marco

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie mille Marco!
      E' sempre un piacere leggere i tuoi magnifici e interessanti commenti!
      Hai perfettamente ragione, la storia della Matematica è fatta sicuramente da figure geniali, che hanno portato a rivoluzioni straordinarie, ma anche da coloro che magari non possiedono quel "genio" incredibile alla stregua di un Ramanujan, ma che con la fatica, l'impegno, la passione e la determinazione hanno apportato anch'essi dei contributi decisamente rilevanti.
      Un salutone!
      Leonardo

      Elimina
  2. Mi piace l'idea di questo blog, da profana della matematica sono stata aiutata ad amarla e ad apprezzarla proprio da una collega che me ne ha fatto vedere gli aspetti più particolari! Io insegno lettere e ho un blog, se ti va passa a trovarmi... io nel frattempo mi sono iscritta tra i tuoi lettori!

    RispondiElimina