Sotto il profilo fisico, un buco nero è una singolarità gravitazionale, cioè un punto dello spazio in cui una massa finita raggiunge una densità infinita.
La massa è concentrata in un volume tanto piccolo che nulla può sfuggire alla sua forza di gravità, nemmeno un raggio di luce, che viaggia a circa 300.000 km/s ( precisamente 299 792 458 m/s ).
Un buco nero è delimitato da una superficie ideale detta “orizzonte degli eventi” dove la velocità di fuga, cioè quella velocità che bisogna raggiungere per sfuggire all’attrazione gravitazionale di un dato corpo celeste, è pari a quella della luce.
Oltre questo confine non possiamo vedere niente, poiché ogni immagine è fatta di luce e per raggiungerci dovrebbe viaggiare più veloce della luce, cosa finora ritenuta impossibile.
Proprio da questo concetto è nato il termine “buco nero”.
Quindi l’orizzonte degli eventi rappresenta una zona dello spazio-tempo inaccessibile all’osservazione.
Secondo la Relatività Generale, ideata da Albert Einstein, una volta oltrepassato questo limite, nulla ne può uscire e tornare indietro e tutto viene risucchiato verso il centro, detto proprio singolarità.
Ma bisogna anche ricordare che la Meccanica Quantistica, che descrive lo spazio e la materia su scale microscopiche, contraddice questa visione.
Infatti la teoria quantistica afferma che un’informazione, anche se risucchiata in un buco nero, non possa mai andare completamente perduta.
Poi, nel 2004 il fisico teorico Stephen Hawking cercò di riconciliare la teoria quantistica con la Relatività Generale affermando che un buco nero possa rilasciare, sia pure in forma diversa, l’informazione che vi è caduta dentro, grazie a continue “perdite” dall’orizzonte degli eventi.
Un osservatore esterno, dotato di tecnologie avanzate, potrebbe quindi decodificare questi messaggi e risalire alle informazioni sulla materia risucchiata.
Generalmente nell’Universo, un buco nero si forma tramite una supernova, che avviene quando una stella di almeno 10 masse solari, bruciando l’idrogeno, arriva a produrre un nucleo di ferro e non essendo più in grado di liberare ulteriore energia, essa collassa, la temperatura si innalza ad alcuni miliardi di gradi in brevissimo tempo e la magnitudine assoluta ( luminosità che avrebbe un oggetto se si trovasse ad una distanza standard di 10 parsec che corrispondo a circa 32 anni luce ) può arrivare anche a circa -20.
Infatti, se il residuo di una supernova è maggiore di 3 masse solari, avviene la formazione di un buco nero, nel caso in cui il residuo fosse minore di 3 masse solari, si forma una stella di neutroni, corpo estremamente denso e compatto ( un cucchiaino di questo corpo celeste peserebbe 1 miliardo di tonnellate!), costituito prevalentemente da neutroni, che ha una massa tra 0,1 e 3 masse solari.
Inoltre, esistono buchi neri supermassicci o supermassivi, con masse milioni o miliardi di volte superiori a quella del Sole, che sono il risultato dell’accumulo di masse stellari collassate al centro delle galassie o della fusione di più buchi neri.
Quindi al centro di molte galassie, se non addirittura di tutte quante, ci sarebbe un buco nero.
Infatti, anche nel centro della Via Lattea ne è presente uno con una massa pari a circa 3 milioni di volte quella del Sole.
Bisogna anche dire che negli Anni 70 Shephen Hawking e Bernard Carr ipotizzarono l’esistenza di mini buchi neri che si sarebbero formati circa un secondo dopo il Big Bang ed avrebbero avuto origine dal collasso di piccole zone ad alta densità, in condizioni di temperatura e pressione elevatissime.
I mini buchi neri non sono mai stati osservati, ma molti studiosi li vorrebbero “rintracciare”, perché potrebbero svelare i misteri della materia oscura, dimostrare l’esistenza della quinta dimensione e conciliare la relatività con la meccanica quantistica in una nuova teoria della gravità quantistica (campo della fisica teorica che tenta di unificare la teoria dei campi (meccanica quantistica relativistica), che descrive 3 delle forze fondamentali della natura (elettromagnetica, debole e forte), con la teoria della relatività generale, riguardante la quarta interazione fondamentale: la gravità.
C’è un particolare teorema che riguarda proprio i buchi neri: il “teorema no hair” o “teorema dell’assenza di capelli”, formulato a partire dal 1967 da Werner Israel, Brandon Carter, David Robinson e Stephen Hawking.
Fondamentalmente dice che per descrivere un buco nero sono sufficienti 3 soli dati:
1) massa;
2) rotazione ( cioè momento angolare );
3) carica elettrica.
L’espressione “ buco nero senza capelli” fu coniata da John Archibald Wheeler e significa che tutte le informazioni sulla stella collassante che dà origine a un buco nero vanno perdute per sempre, ad eccezione di quei 3 fattori, che gli restano attaccati come 3 peli superstiti sulla testa di un calvo.
Il primo scienziato che descrisse le proprietà di un buco nero è stato l’astronomo Karl Schwarzschild che constatò la formula del raggio caratteristico associato ad ogni massa, denominato proprio “raggio di Schwarzschild” o “raggio gravitazionale”.
La formula esprime la velocità di fuga che deve possedere un corpo che si trova a distanza rs dalla massa M, per sfuggire all'attrazione gravitazionale di quest'ultima: rs = 2GM/c² dove
• rs è il raggio di Schwarzschild;
• G è la costante di gravitazione universale;
• M è la massa dell'oggetto;
• c² è il quadrato della velocità della luce nel vuoto.
Bisogna anche dire che i buchi neri sono l'essenza massima dell'entropia, cioè del disordine dell'Universo.
L'entropia di un buco nero è data dalla formula: S = Akc³/4hG dove:
- S è l'entropia;
- A è l'area dell'orizzonte degli eventi del buco nero;
- k è la costante di Boltzmann;
- c³ è il cubo della velocità della luce;
- h è la costante di Planck;
- G è la costante di gravitazione universale.
Possiamo dunque affermare che i buchi neri sono fenomeni misteriosi e molto affascinanti, che nascondono segreti ancora da scoprire e costituiscono la più potente forza attrattiva dell'Universo.
venerdì 25 dicembre 2009
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