giovedì 28 luglio 2016

IL GRUPPO 14 DELLA TAVOLA PERIODICA (1° PARTE)










Il gruppo 14 della tavola periodica degli elementi (detto anche gruppo IVA) è quello comprendente nientemeno che il carbonio, l’unico elemento ad avere una branca della chimica tutta sua (chimica organica) ed essere costituente fondamentale della materia vivente (sotto forma di proteine, carboidrati e grassi).
Infatti, il carbonio pur non essendo molto abbondante nella crosta terrestre (ne costituisce soltanto lo 0,04% circa della massa), forma un numero esorbitante di composti con gli altri elementi.
Oltre agli elementi riportati in tabella, il gruppo 14 comprende anche il
flerovio (Fl), l’elemento numero 114 denominato così in onore dello scopritore russo Georgij Flërov, tuttavia ne sono stati prodotti solo pochi atomi e le sue proprietà chimiche risultano poco note.
Pur avendo la medesima configurazione elettronica (in parole povere, il modo in cui gli elettroni si dispongono sugli orbitali) di valenza (ns2 np2), cioè sul livello più esterno, le proprietà degli elementi variano in modo notevole all’interno del gruppo 14.  
Stagno e piombo (alla fine del gruppo) hanno proprietà prevalentemente metalliche.
Il germanio è un metalloide (semi-metallo), avente un comportamento da semiconduttore.
Il silicio, sebbene presenti proprietà da semiconduttore, manifesta per lo più un comportamento chimico da non metallo.
Il carbonio (primo degli elementi del suddetto gruppo) è un non metallo
.
Le differenze tra C e Si sono probabilmente le più sorprendenti osservabili tra qualsiasi coppia di elementi del secondo e terzo periodo di un gruppo della tavola periodica.
Se si mettono infatti a confronto il carbonio e il silicio si osserva che: 


il primo genera forti legami C-C (348 kJ mol-1), dando vita a catene più o meno lunghe (che possono chiudersi pure ad anello). Catene riscontrabili in un elevatissimo numero di composti, fra cui gli idrocarburi (composti di carbonio ed idrogeno);

il secondo forma invece pochi composti a catena in cui i legami Si-Si risultano piuttosto deboli (222 kJ mol-1).
  
Più precisamente, le differenze sussistenti fra C e Si scaturiscono dal più breve raggio atomico del primo; ciò spiega l’ampia diffusione dei doppi legami C=C e C=O rispetto alla rarità di quelli Si=Si o Si=O.
Gli atomi di silicio sono infatti troppo grossi per consentire la sovrapposizione laterale di orbitali p necessaria al fine di instaurare legami π

Formazione di un legame π per sovrapposizione di 2 orbitali p











La suddetta sovrapposizione è possibile soltanto in alcune disposizioni particolarmente artefatte, in cui altri atomi a ponte comprimono i 2 atomi di silicio.
Ricordiamo che il numero quantico secondario o numero quantico angolare l va a definire quanti orbitali di forma diversa possano esistere nello stesso livello energetico (n).
Infatti, per ogni valore di n, l può assumere tutti i valori compresi tra 0 e n-1
Se, per esempio, l = 0, l'orbitale è sferico ed è detto s; se l ≠ 0, l'orbitale assume altre forme. 
La spettroscopia ha dimostrato che in realtà ogni livello energetico è costituito da più "stati" energetici, detti sottolivelli
Il numero di sottolivelli che costituiscono un livello è pari al numero n
Così avremo per n = 1, un solo sottolivello; per n = 2, 2 sottolivelli, e così via fino al IV livello.
Dopodiché il numero di sottolivelli diventa inferiore ad n
Dunque:
  • per l = 1 si hanno orbitali p, la cui forma presenta 2 lobi uniti al centro, dove si trova il nucleo; 
  • per l = 2 avremo orbitali con 4 lobi, detti d
  • per l = 3 avremo orbitali con 8 lobi, detti f
  • per l = 4 si hanno orbitali con 16 lobi, chiamati g. Come si può notare all'aumentare di l, la forma degli orbitali si fa sempre più complessa;










 












Il carbonio è in grado persino di dar vita a tripli legami come CC e CO.
I 4 elettroni di valenza degli elementi del gruppo 14 sono all’incirca ugualmente disponibili ai fini del legame negli elementi più leggeri (carbonio e silicio), i quali si caratterizzano per la loro attitudine a formare 4 legami covalenti

 

Gli elementi più pesanti, al contrario, manifestano il cosiddetto effetto della coppia inerte. Trattasi della tendenza a formare ioni di carica minore di 2 unità rispetto al numero massimo possibile nel gruppo di riferimento (in tal caso +4 appunto).
Tale effetto risulta massimamente pronunciato appunto tra gli elementi pesanti del blocco p

 

Discendendo infatti lungo il gruppo 14, gli intervalli energetici tra gli orbitali s e p aumentano, e gli elettroni s si rendono progressivamente meno disponibili al legame.
Non a caso, per il piombo il numero di ossidazione (numero di elettroni che un atomo cede, acquista o altrimenti usa per unirsi ad altri atomi nei composti o, in altri termini, la carica elettrica formale che si può attribuire a un elemento di un composto, supponendo che i legami siano di tipo ionico) più comune è +2. 



STATO ELEMENTARE DEL CARBONIO 

Il carbonio si trova in forma elementare come grafite e diamante: la prima risulta termodinamicamente più stabile in condizioni ordinarie e piuttosto abbondante in natura, mentre il secondo si ritrova in quantità decisamente più modeste. 
Grafite e diamante sono esempi di solidi covalenti.
La struttura dei solidi covalenti dipende dal numero e dalla direzionalità dei legami chimici, giacchè gli atomi sono legati fra loro mediante, appunto, legami covalenti.
Detto in parole povere, un legame covalente è un legame chimico nel quale 2 atomi condividono fra loro delle coppie di elettroni, come viene mostrato nella seguente animazione:

  

In tal caso si parla, in particolare, di legame covalente singolo, ma esistono pure legami covalenti doppi e tripli nei quali vengono condivisi rispettivamente 2 e 3 coppie di elettroni.
Va specificato che per formare un legame covalente non risulta necessario che ogni atomo contribuisca al legame con un elettrone.
Un legame covalente in cui i 2 elettroni della coppia condivisa sono forniti da uno stesso atomo si dice legame covalente coordinativo, chiamato anche legame dativo.
Nel diamante, ogni atomo di carbonio è legato tetraedricamente ad altri 4 atomi di C in una struttura tridimensionale, ovvero in una molecola gigante o macromolecola, che si estende a tutto il cristallo.
La distanza fra atomi di C (154 pm) è equivalente a quella osservata in altri composti, per esempio negli idrocarburi saturi o alcani
La densità del diamante è ρ = 3,52 g/cm3.
Presentano struttura simile a quella del diamante pure:

- silicio;
- germanio;
- stagno grigio: forma non metallica dello stagno;
 
L’estensione tridimensionale dei legami presenti in tali sostanze giustifica la loro notevole durezza e il loro alto punto di fusione (3550 °C per il diamante, 1410 °C per il silicio).
Il diamante è un isolante elettrico, mentre il silicio e il germanio sono semiconduttori.

 
Il carbonio grafite designa anch’esso un esempio di cristallo covalente, ma qui gli atomi di C si legano fra loro per generare anelli esagonali riuniti in strati. 
La distanza fra gli atomi di C legati tra di loro in un anello della grafite è 142 pm, inferiore a quella del diamante e simile a quella presente nell’anello del benzene (139 pm). 
Nella grafite gli strati sono tenuti insieme da deboli forze di van der Waals (forze intermolecolari), con distanze tra gli strati pari a 340 pm
La grafite presenta alta conducibilità elettrica nei piani degli strati.
Essa risulta inoltre tenera e facilmente sfaldabile, poiché i piani possono scorrere gli uni sugli altri.
Ecco da dove derivano le proprietà lubrificanti della grafite nei confronti di superfici metalliche a stretto contatto fra loro e le proprietà delle mine delle matite.
Da tali mine, formate appunto da grafite, quando si scrive vengono graffiati via strati che vanno a costituire la traccia lasciata dalla matita sulla carta.  

Essa presenta temperatura di fusione assai elevata (3652 °C) e densità pari a 2,25 g/cm3, minore di quella del diamante, vista l’inferiore compattezza.

 


La grafite può esser prodotta anche industrialmente per riscaldamento ad altissime temperature di carbone coke, ossia il residuo solido del riscaldamento fuori dal contatto dell’aria (distillazione secca) del carbon fossile litantrace.
I carboni fossili derivano dalla lenta carbonizzazione (in tempi geologici) del legno di foreste antiche sepolte oppure sommerse, il quale (in assenza di aria) a forte pressione e in presenza di microrganismi, si è trasformato in una massa carboniosa, eliminando in quantità più o meno elevata gli altri elementi (H, O, N).
Il carbone vegetale (o carbone di legna, carbone artificiale o carbonella) è invece ottenuto per distillazione secca della legna o della cellulosa ed è utilizzato alla stregua di combustibile domestico.
Più recentemente è stata ottenuta artificialmente una nuova forma del carbonio, nota come fullerene.
 
Il più noto e piccolo dei fullereni, il buckminsterfullerene (da Richard Buckminster Fuller, architetto celebre per aver diffuso la cupola geodetica con la forma dello stesso poliedro, un icosaedro troncato), solido scuro e tenero di formula C60, ottenuto per la prima volta il 4 settembre 1985 per condensazione di vapori di carbonio, costituisce un esempio di cristallo molecolare.
I cristalli molecolari sono costituiti da molecole tenute assieme da legami intermolecolari assai più deboli di quelli che tengono uniti gli atomi nelle molecole stesse.
Esempi: 


- iodio solido I2;
- CO
2 sotto forma di ghiaccio secco; 
- fosforo bianco P4;
- zolfo S
8;
- gran parte dei composti organici.

I cristalli molecolari presentano bassi punti di fusione ed alta volatilità, in quanto per vincere flebili forze attrattive occorrono modeste quantità di energia.
Tuttavia,
la presenza di legami a idrogeno intermolecolari rende i punti di fusione dei cristalli molecolari più alti.
Esempio principe di cristallo molecolare con legami a idrogeno è il ghiaccio.
L’intelaiatura strutturale molto aperta del ghiaccio, dovuta al carattere direzionale dei legami a idrogeno, si rompe quando il ghiaccio fonde.
Venendo meno la disposizione ordinata, le molecole si impacchettano meno uniformemente ma più densamente.
 
Il carattere aperto del reticolo del ghiaccio, a confronto con quello del liquido, spiega perché esso possieda densità minore dell’acqua liquida.
Ritornando al fullerene, considerato la terza modificazione del carbonio, esso presenta (come confermato grazie a studi di diffrazione a raggi X) una struttura con 60 atomi di C distribuiti in modo da formare 20 esagoni e 12 pentagoni regolari, saldati fra loro, affinché ogni pentagono sia circondato da 5 esagoni e ogni esagono da 3 esagoni e da 3 pentagoni disposti in modo alternato.
Gli atomi di C formano fra loro legami lievemente piegati (un angolo è di 108° anziché di 120°), così da generare una struttura a gabbia chiusa che approssima una sfera, similmente a quella di un pallone da calcio.
La distanza fra gli atomi di C è di 139 pm alla saldatura di 2 esagoni (come nel benzene) e di 143 pm alla saldatura di un esagono con un pentagono.
Dopo la scoperta di C60 sono stati isolati dalla normale fuliggine diversi altri fullereni con un numero maggiore di atomi di carbonio, fra cui C70, C74, C82.
I fullereni presentano interessanti prospettive di applicazione in campo elettronico, viste le proprietà superconduttrici dei complessi da essi formati con i metalli alcalini, e nelle tecnologie dei materiali alla stregua di lubrificanti


 

Le ricerche sui fullereni hanno poi portato alla scoperta di allotropi (allotropia significa che uno stesso elemento esiste in forme diverse, le quali differiscono per il modo in cui gli atomi si legano fra loro e/o per il numero di atomi costituenti le unità molecolari) del carbonio correlati: i nanotubi.
Per comprendere la struttura di un nanotubo, immaginiamoci una struttura bidimensionale di anelli esagonali di atomi di C, chiamata strato grafenico.
Nella realtà quotidiana, una simile struttura macroscopica la ritroviamo ad esempio in una rete per i pollai.
Immaginiamo ora di arrotolare lo strato grafenico in un cilindro.
Alla fine, si chiude l’estremità di ciascun cilindro con un fullerene.
Il diametro di questi tubi è dell’ordine di alcuni nanometri (da qui la denominazione “nanotubi”).
La loro lunghezza varia da alcuni nanometri ad un micrometro o più.
E poi c’è il
grafene.
Trattasi di un foglio di atomi di C dello spessore di un solo atomo.
Gli strati di grafite consistono di grafene.
Un nanotubo di carbonio è un foglio di grafene arrotolato in un cilindro.
Il fullerene si ottiene quando un numero opportuno di anelli esagonali nel grafene viene rimpiazzato da anelli pentagonali: la presenza degli anelli pentagonali determina l’incurvamento del foglio originariamente piano, che va a generare una sfera. 


 
  
Il grafene presenta proprietà elettroniche decisamente interessanti, poiché gli elettroni contenuti in tali fogli si muovono assai rapidamente, a circa 1/300 della velocità della luce.
Sino a poco più di una decina di anni fa si riteneva impossibile preparare o isolare un singolo foglio di carbonio, dello spessore di un solo atomo. 
Tuttavia, 2 fisici dell'Università di Manchester (Andrej Gejm e Konstantin Novoselov) riuscirono ad isolare il grafene nel 2004, usando una tecnica detta scissione micromeccanica
In parole povere, il processo è analogo a scrivere con la matita, la cui mina contiene grafite, e poi cercare nel tratto lasciato dalla matita dei pezzi di grafene.
Grazie ai loro pionieristici esperimenti relativi al grafene, vinsero il premio Nobel per la fisica nel 2010. 

OSSIDI DEL CARBONIO 

I principali ossidi di carbonio sono il monossido (CO) e il diossido (o biossido) di carbonio (CO2).
Nell’aria il contenuto di CO
2 è di circa 380 ppm (0,038% in volume), mentre quello di CO è assai minore.
Il monossido di carbonio si ottiene per combustione del carbonio o dei composti organici in difetto d’aria.
Esso si prepara specialmente mediante la reazione di
steam reforming con vapore d’acqua del gas naturale: 

  
Il termine “steam” si riferisce al vapor d’acqua, mentre il termine “reforming” indica la ristrutturazione di un composto di carbonio, come da CH4 a CO.
Il monossido di carbonio si ottiene anche per
disidratazione dell’acido formico (o acido metanoico) con H2SO4 concentrato caldo (a circa 150 °C) come disidratante

 
CO è un gas assai tossico, incolore, inodore, infiammabile, quasi insolubile, che condensa in liquido incolore a -90 °C.
Non è molto reattivo, data la sua elevata energia di legame (1074 kJ mol-1), superiore a quella di qualunque altra molecola.
Tuttavia, esso
configura una base di Lewis (cioè una qualsivoglia molecola o ione capace di formare un legame coordinativo donando una coppia di elettroni), ergo la coppia solitaria di elettroni dell’atomo di C genera legami covalenti con gli atomi e gli ioni del blocco d, dando vita a composti carbonilici.
La sua tossicità si deve al fatto che, legandosi al ferro dell’emoglobina del sangue sostituendo l’ossigeno, va a creare un complesso stabile, bloccando così l’ossigenazione dei tessuti.
3 sono gli impieghi fondamentali del CO nella sintesi di altri composti:


1) Spesso dal reforming del metano o di altri idrocarburi si ottiene una miscela di CO e H2, detta gas di sintesi, la quale viene poi convertita in un nuovo composto organico, come nel caso della sintesi del metanolo (CH3OH):

 
 2) come riducente. Per esempio, può venir usato per ridurre l’ossido di ferro a ferro metallico:

 
La reazione può essere effettuata riscaldando Fe2O3 e coke in un altoforno.
Il carbonio viene dapprima convertito in CO, dopodiché CO riduce Fe
2O3 a Fe. 

3) come combustibile, generalmente in miscela con CH4, H2 e altri gas combustibili.

Ora è il turno del diossido di carbonio, noto anche come anidride carbonica.
Trattasi dell
’unico ossido di carbonio che si genera quando viene bruciato il carbone o composti contenenti C in un eccesso di aria (in grado perciò di fornire un eccesso di O2). Questa è la condizione che si verifica quando si brucia una miscela “povera di carburante” nel motore di un’automobile.
Per la combustione dell’
ottano (componente della benzina), si ha infatti: 

 

L’anidride carbonica si genera pure per decomposizione termica dei carbonati o per azione di acidi diluiti su CaCO3.
Trattasi di un gas incolore che solidifca a -78 °C senza liquefare, originando il "ghiaccio secco", il quale sublima passando direttamente allo stato gassoso.

A temperatura e pressione ambiente esso risulta inodore.
Tuttavia, respirare un’atmosfera particolarmente ricca di CO2 produce un sapore acidulo in bocca e un senso di irritazione nel naso, nella faringe e nella laringe, dovuto al suo reagire con l’acqua (è appunto moderatamente solubile in acqua) per formare acido carbonico H2CO3.
L’utilizzo principale di CO
2 (circa il 50%) è come refrigerante, sotto forma di ghiaccio secco per la conservazione e il trasporto degli alimenti.
Le bevande addizionate di CO
2 assorbono il 20% del CO2 prodotto.
Altri rilevanti utilizzi riguardano il recupero dell’olio negli impianti petroliferi e nei sistemi antincendio.
Ma il consumo principale di tale gas è sicuramente riservato non all’uomo, bensì alle piante e alle alghe.
Il CO
2 atmosferico è infatti la fonte di tutti i composti organici nella vita delle piante, mediante il processo di fotosintesi clorofilliana
Il processo della fotosintesi implica circa 100 passaggi successivi per la conversione di 6 moli di CO2 in una mole di C6H12O6 (glucosio) secondo l'equazione netta:





Una reazione fortemente endotermica, avviata grazie all’energia luminosa del Sole. 

PREPARAZIONE DEL SILICIO 

Tra gli elementi, il silicio è secondo solo all’ossigeno per abbondanza sulla crosta terrestre (27,7% circa).
Il silicio sta al mondo minerale come il carbonio sta al mondo vivente: ne è l’elemento fondamentale.

Siamo letteralmente circondanti da materiali contenenti silicio: 

- mattoni;
- ceramiche;
- porcellane;
- lubrificanti;
- sigillanti;
- microcircuiti di computer (la rivoluzione dei computer è appunto basata sulle proprietà di semiconduttore del silicio);

- celle solari. 

Il silicio elementare viene prodotto per riduzione del quarzo o della sabbia (SiO2) attraverso una reazione con coke di grande purezza (o con magnesio) in forno ad arco elettrico:


Silicio di altissima purezza per le celle solari si può ottenere riducendo Na2SiF6 con Na metallico.
Na2SiF6 è un sottoprodotto della fabbricazione di fosfati fertilizzanti.
Il silicio ad alta purezza trova largo impiego anche nella fabbricazione di transistor e di altri semiconduttori.

Il processo di raffinazione è lungo e costoso.
Il silicio, come il carbonio, è inerte all'aria e, una volta ricavato dalla silice, si presenta con struttura tipo diamante, lucentezza argentea e scarsa conducibilità.


1 commento: