martedì 27 dicembre 2011

LA FISICA ALL'INTERNO DEI FILM

La scienza occupa, come sappiamo, un ruolo molto importante nella nostra vita quotidiana.
Ma cosa possiamo dire di alcuni svaghi, come guardare un film al cinema?
Ebbene, in alcune trasposizioni cinematrografiche sono presenti espliciti riferimenti ad argomenti scientifici.
In questo contesto, andremo a scoprire 2 film in cui ci sono riferimenti alla Fisica e ad illustrare i suddetti.
Cominciamo con un film dove la Fisica è protagonista assoluta: Il mio amico Einstein (il cui titolo originale è Einstein and Eddington).




















In questa splendida pellicola riscontriamo il particolare rapporto di collaborazione presente fra Einstein e Arthur Eddington, nel bel mezzo della Prima guerra mondiale.
Il film analizza le figure dei 2 scienziati e contemporaneamente offre uno scorcio sugli effetti negativi della guerra e sulla corsa alla dimostrazione della Relatività Generale.
Infatti, Eddington, in un primo momento, legge il noto saggio di Einstein del 1905, "Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento", cercando di comprendere a fondo le idee dello scienziato tedesco.
Inizialmente, l'inglese appare alquanto scettico sui concetti introdotti da Einstein, soprattutto tenendo presente che in Inghilterra, a quel tempo, le leggi enunciate da Newton (il più grande scienziato inglese di tutti i tempi) erano considerate sacre, inviolabili e descriventi ogni cosa della realtà.
Nel frattempo, siamo nel 1914 e scoppia la guerra, che vede contrapposte la Triplice Intesa (Regno Unito, Francia, Russia) e la Triplice Allenza (Germania, Austria-Ungheria, Italia (quest'ultima rimane neutrale fino al 1915)).
Anzi, dal punto di vista storico è necessario sottolineare che sussisteva una tensione ancora più profonda fra Germania e Regno Unito.
Infatti, la Germania, a partire dal 1888, anno della salita al trono di Guglielmo II, desiderava arrivare a costituire un "pangermanesimo", ovvero una grande Germania unificata, forte di una flotta navale devastante.
Proprio la flotta navale tedesca destava, già prima della guerra, profonda preoccupazione al Regno Unito, in quanto quest'ultimo doveva la propria sopravvivenza proprio al dominio sul mare.
La Germania, quindi, poteva infastidire molto il Regno Unito in tal senso (essa, in un secondo momento, sviluppò pure i sottomarini, arrivando a produrne più di 300 entro la fine della guerra!).
Vi ricordo brevemente quale fu l'atto fondamentale ("la goccia che fece traboccare il vaso") scatenante il primo conflitto mondiale, denominato dagli storici "Grande Guerra": trattasi dell'assassinio da parte del giovane serbo Gavrilo Princip ai danni dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria, l'erede al trono designato, il 28 giugno 1914!
Questo episodio comportò la stipulazione di un ultimatum (da accettare entro 48 ore) da parte dell'Austria nei confronti della Serbia, il 23 luglio 1914, di cui la Serbia accettò tutti i punti previsti tranne il famigerato articolo 6, stabilente che funzionari austriaci sarebbero dovuti entrare nelle indagini per stabilire chi fosse il mandante dell'assassinio.
Alla risposta negativa della Serbia, il 28 luglio l'Austria dichiarò guerra alla Serbia.
Il suddetto atto comportò l'entrata in guerra della Russia, alleata della Serbia, che a sua volta scatenò l'entrata della Germania, la quale a sua volta, invandendo il Belgio (nazione neutrale), determinò l'entrata prima della Francia e poi del Regno Unito!
Un botta e risposta senza precedenti!
Adesso torniamo all'aspetto della vicenda relativo alla Fisica.
Una domanda interessante a cui il film fa riferimento è: cosa potrà mai fare Einstein per la propria patria, la Germania?
Sicuramente, il fisico non progetterà mai armi, in quanto la guerra non è proprio nel suo interesse (egli prova un profondo disprezzo per un'attività umana così futile e allo stesso tempo così dispendiosa di vite umane), al contrario di alcuni suoi colleghi, fra cui spicca Fritz Haber.
Questi, infatti, si è reso noto (sotto una prospettiva estremamente negativa) per aver implementato l'uso dei gas nocivi in guerra.
Ci fu a tal proposito proprio una battaglia, avvenuta ad Ypres, città del Belgio, dove venne utilizzato dai tedeschi un gas di cloro, denominato Iprite, opera dello stesso Haber.
Tra l'altro, la quantità minima di gas letale per l'uomo è stata chiamata non a caso, Costante di Haber.
Troverete interessanti informazioni aggiuntive sulla figura di Fritz Haber nell'interessante articolo "Fritz Haber: il maledetto", sul blog Popinga.
Per le ragioni sopra elencate, Simon Singh, nell'introduzione al libro "Codici & Segreti", non sbaglia a definire la Prima guerra mondiale la "guerra dei chimici".
Einstein, come abbiamo appena detto, non sviluppò alcuna nuova arma o cose del genere; quello che avrebbe fatto per la Germania è dimostrare che il più grande scienziato inglese, Newton, aveva torto, riscrivendo di fatto le leggi della gravità.
Pertanto, Einstein avrebbe contribuito non a un danno fisico verso l'Inghilterra, bensì a un vero e proprio smacco morale, anche se egli non voleva considerare il suo importante lavoro in funzione della guerra!
In un secondo momento, Eddington comincia a rimanere affascinato dalla teoria di Einstein e capisce che già nel trattato del 1905, il fisico tedesco aveva posto una condizione ben differente da Newton: siccome la velocità della luce è finita, la forza gravitazionale, a detta di Einstein, non può essere istantanea (cioè più veloce della luce), come invece asseriva Newton.
Solamente uno dei 2 poteva aver ragione!
Eddington si accorge che le leggi di Newton descrivono perfettamente il moto dei pianeti attorno al Sole, tranne per un piccolissimo particolare: l'orbita di Mercurio.
Essa, per un frazione estremamente piccola, non risponde alle leggi di Newton.
Eddington scrive proprio ad Einstein riguardo questa particolarità di Mercurio, innestando nella sua mente nuove idee per arrivare alla formulazione della Relatività Generale, la quale, come sappiamo, dice che la gravità non è altro che la curvatura dello spazio tempo provocata da una massa, e che non è istantanea.
Il finale del film non ve lo svelo: vi consiglio di guardare l'intera pellicola attentamente poiché offre moltissimi spunti di riflessione su variegati argomenti, scientifici e non.
Prima di passare al prossimo film, però, diciamo qualcosa in più sulla storia della gravità.
Il concetto intuitivo di gravità è sicuramente noto fin dalla notte dei tempi, quando l'uomo (se vogliamo essere puntigliosi, homo sapiens) ha messo piede sulla Terra.
Ovviamente, l'uomo preistorico non ha descritto per mezzo di equazioni differenziali la gravità, ma si sarà sicuramente reso conto che lasciando cadere dalle mani, ad esempio, una pietra, questa giungerà a terra.
Il medesimo vale per gli altri oggetti.
Si può dunque affermare che la gravità è un concetto insito nell'uomo, e forse, anche in alcuni animali.
Una comprensione un po' più approfondita della gravità viene dai popoli antichi, come egizi e babilonesi, che non ne descrivano la natura, ma osservavano meccanismi derivanti da essa (alternarsi delle stagioni, eclissi, maree, ecc.) e stilavano appositi calendari per appuntare il passaggio dei giorni (e quindi del tempo, altro concetto legato strettamente alla gravità e alla fisica einsteiniana).
Una descrizione rigorosa della gravità non esisteva: tuttavia, gli antichi greci cominciarono a studiare una nozione molto vicina alla gravità: il moto.
Aristotele (384 o 383 a.C - 322 a.C.) aveva cominciato uno studio sul moto, distinguendolo in 2 tipologie:

1) circolare: il movimento perfetto, quello che è proprio soltanto degli oggetti perfetti e incorruttibili, non altri che i pianeti e gli oggetti del cosmo;
2) rettilineo: interessava i corpi terrestri, quelli imperfetti e corruttibili.

Quest'ultimo moto era a sua volta suddiviso in 2 categorie:

1) moto di leggera ascesa: il corpo viene lanciato in aria e sale fino a una certa quota; dopodiché riscende per effetto della gravità;
2) moto di caduta dei gravi: il corpo lasciato andare cade a terra.

Aristotele ha anche il merito di aver intuito il moderno concetto di accelerazione: egli aveva compreso che un corpo, quando veniva lasciato cadere da una certa altezza, non percorreva i tratti di spazio con la stessa velocità, ma tendeva man mano ad andare più velocemente.
Tuttavia, il grande filosofo dipanava la questione sull'accelerazione affermando che i corpi tendevano ad accelerare in quanto spinti a ritornare nei pressi dei loro luoghi naturali di appartenenza.
Nel caso non lo sapeste, Aristotele aveva proclamato che sussistevano 4 elementi fondamentali della natura, l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco, più uno, l'etere o quintessenza, caratterizzante solo i luoghi celesti incorruttibili.
Dunque, ad esempio, un sasso tendeva per tali motivi a raggiungere la terra il più in fretta possibile.
Aristotele ha quindi fornito solamente una spiegazione qualitativa (e peraltro errata) dell'accelerazione.
Oggi, secondo la meccanica classica, la si definisce (l'accelerazione media) come il rapporto tra la velocità media e il tempo percorso.
Se volete la definizione di accelerazione istantanea, ovvero l'accelerazione in un determinato istante di tempo, ve la fornisco attraverso la formula rigorosa:




Come potete notare, l'accelerazione istantanea è la derivata prima (in funzione del tempo) della velocità ed è, in maniera equivalente, la derivata seconda della posizione del corpo preso in riferimento.
Si può affermare senza dubbio che si iniziò ad utilizzare una descrizione quantitativa per i concetti di moto e gravità solo con Galileo Galilei (pertanto quasi 20 secoli dopo le idee di Aristotele), per poi arrivare ai perfezionamenti dovuti a Newton, Lagrange, Hamilton, Einstein e altri ancora!
Passiamo ora all'altro film: V per Vendetta.















Nella nota pellicola, il protagonista, V (avente il volto celato dalla sorridente maschera di Guy Fawkes, cospiratore brittanico che tentò nel 1605 di far saltare in aria il parlamento inglese), ad un certo punto, asserisce: "ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria" (se volete guardare la scena, cliccate qui).
La suddetta affermazione non è altro che l'enunciato del Terzo principio della dinamica newtoniana.
Cerchiamo quindi di approfondire meglio la questione in merito a tale legge.
Newton comprese che sussisteva una relazione di forze tra 2 corpi.
Se un oggetto 1 esercita una determinata forza su un oggetto 2, allora quest'ultimo deve esercitare una forza di reazione sull'oggetto 1.
Questa forza (ricordiamo che la forza è un vettore) di reazione risulta pari in modulo alla forza del oggetto 1, ma diretta in verso opposto.
In termini più rigorosi: se l'oggetto 1 esercita una forza F₂₁ sull'oggetto 2, allora l'oggetto 2 esercita una reazione F₁₂ sull'oggetto 1 tale che: F₁₂ = -F₂₁.
Per fare un esempio, se un individuo muove una cassa verso destra, la cassa, a sua volta, eserciterà una forza di reazione uguale e contraria alla forza impiegata dal soggetto.














Volete sapere una conseguenza della terza legge della dinamica?
Risposta: la legge di Hooke, formulata da Robert Hooke nel 1675.
Per illustrare tale legge, immaginiamo un piano orizzonatale delimitato (a sinistra) da una parete, a cui è attaccata una molla, alla quale, a sua volta, è agganciato un certo corpo.










Il suddetto corpo, inizialmente, si troverà quindi in una condizione di equilibrio.
Ma cosa succede se noi proviamo a comprimere o ad allungare la molla?
Se la comprimiamo (dunque avviciniamo il corpo alla parete) e poi la rilasciamo, la molla tenderà a esercitare una forza (diretta verso destra) di richiamo allontanante il corpo dalla parete, riportandolo all'iniziale condizione di equilibrio.
Se, al contrario, allunghiamo la molla (ergo allontaniamo il corpo dalla parete), questa, una volta rilasciata, eserciterà una forza diretta verso la parete e in grado di ricondurre il corpo alla primaria condizione di equilibrio.
Generalizzando il tutto, se proviamo ad allungare o comprimere la molla, essa tenderà ad esercitare una forza elastica di uguale intensità e diretta in verso opposto rispetto alla forza da noi utilizzata, capace di riportare il corpo alla condizione di equilibrio.
Ciò dimostra che la legge di Hooke non è altro che un caso particolare della terza legge di Newton!
Ora cerchiamo di comprendere meglio le caratteristiche della forza elastica.
Supponendo che il moto avvenga, come nell'immagine di cui sopra, lungo la direzione x (delle ascisse) e posto x = 0 la coordinata del corpo nella configurazione di equilibrio, possiamo asserire che:
  • x minore di 0: corrisponde a una compressione della molla e ad una conseguente forza di richiamo positiva;
  • x maggiore di 0: significa allungamento della molla e forza di richiamo negativa.
 Detto ciò, la forza elastica è un vettore avente:
  • direzione: equivalente alla retta passante per il centro o punto di equilibrio O del sistema, e per il punto P in cui il corpo è situato;
  • verso: è quello che va dal punto P in cui si trova il corpo verso il punto di equilibrio O;
  • intensità: fornita dalla legge di Hooke:


ove k è la costante elastica della molla, sempre maggiore di 0, la quale si misura generalmente in Newton/metro (N/m).
Nel caso specifico di un moto unidimensionale, possiamo esprimere la legge di Hooke con la più familiare formula:



dove x è la deformazione della molla.
Da notare che è stata tralasciata la notazione vettoriale (la freccia sopra il simbolo) per quanto concerne la F indicante la forza, in quanto siamo in presenza di un moto unidimensionale.
Proviamo adesso a manipolare l'espressione.
La seconda legge della dinamica ci dice che F = ma; pertanto posso scrivere:



Ora isolo l'accelerazione al primo membro:





Come abbiamo visto poco prima, l'accelerazione è la derivata seconda della posizione.
Ergo, posso scrivere l'equazione differenziale:





Posto k/m = ω², l'equazione diventa:




Quella appena riportata non è altro che l'equazione differenziale del moto armonico semplice!
Se non lo sapeste, la legge oraria del moto armonico semplice è:



Derivando 2 volte tale espressione otteniamo proprio l'equazione differenziale del moto armonico.
È importante sottolineare come la Fisica, partendo da un dato argomento, attraverso una serie di passaggi matematici, può ricondurci, come in tal caso, a concetti differenti.
Infatti, siamo partiti dalla terza legge newtoniana, spingendoci verso la legge di Hooke e arrivando all'equazione differenziale del moto armonico.
Qui risiede uno dei motivi della bellezza della Fisica!
In conclusione, vi lascio alcuni video inerenti splendidi brani musicali provenienti proprio dal film V per Vendetta:





martedì 20 dicembre 2011

DIVAGAZIONI CIRCA IL GHIACCIO

Il ghiaccio è, come ben noto, una delle sostanze più comuni della stagione invernale, assieme alla neve.
Ma cos'è precisamente e come si forma?
Alla prima domanda è molto semplice rispondere: avete presente l'acqua (H2O)?
Il ghiaccio non è altro che acqua allo stato solido!
Infatti, l'acqua, quando viene riscaldata fino a 100 °C diventa vapor acqueo mediante il cambiamento di stato noto come evaporazione, mentre, in generale, quando viene sottoposta a una temperatura di 0 °C muta appunto in ghiaccio, tramite la transizione di fase denominata solidificazione.
Dunque, ecco perchè quando mettiamo l'acqua nel congelatore, ritroveremo in un secondo momento cubetti di ghiaccio.
Volete sapere una cosa particolare su tale processo?
Lo sapevate che per generare del ghiaccio più rapidamente è necessario usare l'acqua calda piuttosto che quella fredda?
Per quale motivo?
Perché sussiste il cosiddetto effetto Mpemba.
Nel 1969 uno studente della Tanzania, Erasto Mpemba, scoprì praticamente per caso che, se viene riscaldata, una mistura per gelato congela con maggiore rapidità.
Ciò avviene, secondo uno studio (per visualizzare la pubblicazione originale cliccare qui) della New York State University a Binghamton, guidato da James Brownridge, a causa delle impurità casuali dell'acqua.
A detta di Brownridge, l'acqua più calda ha una temperatura di congelamento più alta di quella fredda (nell'esperimento la differenza esistente era di circa 6 gradi) e tale proprietà dipenderebbe proprio dalla presenza di impurità casuali favorenti la formazione di cristalli di ghiaccio.
Dunque, l'acqua fredda tenderebbe a scendere sotto zero senza congelare (sopraffusione), per poi tornare lentamente verso lo zero e trasformarsi in ghiaccio più tardi.
Dalla trattazione sull'effetto Mpemba abbiamo pertanto capito che non è una regola sempre valida dire che l'acqua congela a 0 °C.
Infatti, l'acqua può essere considerata un liquido anomalo.
Come abbiamo appena constatato, in determinate condizioni può restare liquida fino a decine di gradi Celsius sotto zero ("acqua sopraffusa"), mediante il processo noto come sopraffusione (o sottoraffreddamento).
Quest'acqua "ultrafredda" è stata al centro di ferventi dibattiti all'interno della comunità scientifica.
Infatti, per interpretare lo stato e la struttura microscopica della suddetta sostanza sono state elaborate ben 4 diverse teorie.
Abbastanza di recente è stato pubblicato sui "Proceedings of the National Academy of Sciences" uno studio in merito a tale questione, il quale è riuscito a delineare un'unica teoria unificante le 4 già esistenti, riducendole a casi particolari di un medesimo quadro (un po' come la M-Teoria unifica sotto una singola prospettiva 5 teorie delle stringhe differenti!).
La conclusione più significativa di questa ricerca sta nel fatto che, al di sotto di una certa temperatura, nonostante l'acqua sembri liquida come quella uscente dal rubinetto, in realtà si presenta in un nuovo stato della materia: liquido, ma con alta densità.
Ora, dopo tutte queste discussioni su proprietà singolari dell'acqua, ritorniano al tema principale: il ghiaccio.
Abbiamo visto che esso si genera, in generale, attraverso la solidificazione di H2O.
Ma come avviene il processo della sua formazione sulle strade in inverno?
Dobbiamo fare una breve premessa.
L'aria può contenere soltanto quantità limitate di vapore, le quali variano a seconda della temperatura: più l'aria è calda, maggiore risulta la quantità di vapore che può essere immagazzinata.
Quando l'aria non riesce più ad ospitare altro vapore acqueo, allora ha raggiunto il cosiddetto punto di saturazione.
Il vapor acqueo incomincierà di conseguenza a tornare allo stato liquido, mediante il processo di condensazione.
La temperatura alla quale il vapore inizia a condensare è chiamata punto di rugiada.
Nel caso la condensazione avvenga vicino al suolo, le molecole d'acqua liquida tenderanno a raggrupparsi su varie superfici, generando piccole goccioline: la rugiada.
Quando poi la temperatura delle superfici è inferiore al punto di congelamento, ossia il punto di rugiada è minore di 0 °C, il vapore acqueo si trasforma immediatamente in cristalli di ghiaccio, attraverso un processo di condensazione solida: si forma così la brina.
Se la rugiada si deposita prima che la temperatura sia scesa sotto il fatidico zero, le goccioline di rugiada muteranno proprio in ghiaccio mediante solidificazione.
Inoltre, in alcune particolari condizioni, le goccioline d'acqua che si generano per condensazione nell'aria possono rimanere in forma liquida anche in presenza di temperature negative; non sono altro che goccioline sopraffuse.
Queste ultime congelano immediatamente non appena pervengono su una qualsiasi superficie che abbia una temperatura minore di 0 °C.
Tale fenomeno è avvenuto nel 1998 nella città canadese di Montreal: le superfici con cui la pioggia sopraffusa è venuta in contatto si sono congelate immediatamente.
Ciò ha comportato una vera e propria "tempesta di ghiaccio", che ha distrutto i pali dell'elettricità, lasciando 4 milioni di persone senza elettricità e dunque senza riscaldamento: una vera catastrofe con un bilancio di 35 morti e danni per miliardi di euro.
Ora che abbiamo scoperto come si forma il ghiaccio, proviamo a rispondere a un'altra interessante domanda: come è possibile sciogliere il ghiaccio o la neve presente sulle strade?
Semplice: sfruttando alcune sostanze chimiche, come l'acetato di potassio, il cloruro di sodio, il cloruro di calcio, il cloruro di magnesio e l'urea.
Tutte le citate sostanze interferiscono infatti con la formazione dei cristalli di ghiaccio e possono essere usate per scioglierlo.
Tuttavia, esse differiscono una dall'altra per efficacia, per i danni che possono causare all'ambiente e per i costi.
Andiamo quindi ad analizzare vantaggi e svantaggi delle suddette sostanze:
  • Il comune sale da cucina, il cui nome chimico rigoroso è cloruro di sodio (NaCl), è sicuramente poco costoso e in grado di sciogliere il ghiaccio fino a -20 °C, ma può determinare danni al territorio e alla vegetazione, contaminare l'acqua di superficie e nel sottosuolo, e aumentare la corrosione del cemento e dei metalli;
  • L'acetato di potassio (CH3COOK) è molto meno dannoso per l'ambiente rispetto al sale, ma purtroppo è anche 20 volte più costoso;
  • Il cloruro di calcio (CaCl2) scioglie la neve e il ghiaccio molto più rapidamente del sale ed è pure meno corrosivo. Tuttavia, danneggia la flora e la fauna ed è più caro del comune cloruro di sodio;
  • Il cloruro di magnesio (MgCl2) è meno corrosivo del cloruro di sodio, ma è valido solamente fino a -15 °C e costa 5 volte più del sale;
  • L'urea (CH4N2O) non è corrosiva e non danneggia la vegetazione, ma purtroppo scioglie il ghiaccio solo sino a -4 °C.
Ergo, non sussiste una modalità perfetta per sciogliere il ghiaccio e la neve: ci sono sempre dei "piccoli" inconvenienti da valutare.
Volete sapere un'ultima curiosità concernente il ghiaccio e in particolare l'hockey sul ghiaccio?
Ebbene, durante la stagione 1949-50, la National Hockey League, per cercare di far vedere meglio agli spettatori il dischetto (pack) alla base dello sport, decise di dipingere il ghiaccio della pista da hockey.
Infatti, senza alcuna modifica, il colore grigio del cemento di cui è costituita la pista si vedrebbe attraverso il ghiaccio, e non si andrebbe così a determinare alcun contrasto con il colore nero del pack.
Per ovviare a tale inconveniente, si decise appunto di dipingere il ghiaccio con un pigmento bianco, probabilmente il biossido di titanio (TiO2), avente un elevato indice di rifrazione.
Gli spettattori da casa poterono pertanto assistere, per mezzo della tv, l'11 ottobre 1952 alla prima puntata di "Hockey Night in Canada", durante la quale videro proprio il ghiaccio dipinto.
Adesso, ecco un video con i momenti più esilaranti di Scrat, simpatico scoiattolo del film d'animazione L'era glaciale (per chi non lo sapesse, la musica presente verso la fine del video è l'Adagio da Spartacus e Phrygia di Aram Khachaturian):



Vi lascio infine con una carrellata di video relativi a musiche natalizie:

































sabato 17 dicembre 2011

10 LIBRI SCIENTIFICI DA REGALARE A NATALE

Le tematica del prossimo Carnevale dei Libri di Scienza, che si terrà sul sito Gravità Zero il 21 dicembre, è "10 libri da regalare a Natale".
Ho allora deciso di fornire anch'io la lista dei testi che consiglierei, accompagnata da brevi spiegazioni.
Una premessa: non è facile stilare una lista di 10 libri, quando ne sussistono numerosi altri estremamente interessanti e arricchenti culturalmente.
Proverò comunque ad intraprendere questo simpatico "esperimento".
Comincerò dal decimo libro fino ad arrivare al primo, seguendo, non un ordine di preferenza personale, bensì un ordine di difficoltà crescente (diciamo che all'inizio la differenza di difficoltà sussistente tra i libri non è molta; da metà lista si sale di livello).
Partiamo allora!

Posizione n.10: La Fisica dei supereroi di James Kakalios 


















La Fisica dei supereroi non è recentissimo, ma rimane un capisaldo per iniziare ad addentrarsi all'interno del meraviglioso universo della Fisica!
E quale miglior modo di far appassionare alla Fisica, facendo riferimento alle straordinarie vicende dei supereroi Marvel e DC Comics?
Risulta pertanto un testo adatto praticamente a tutte le età, dal ragazzino fino all'adulto.
Può interessare l'appassionato di fumetti che vuole scoprire, ad esempio, cosa c'è di vero dietro le straordinarie capacità dei suoi beniamini, ma allo stesso tempo è interessante anche per un appassionato di fisica o di scienze, che vi troverà un modo singolare di raccontare la disciplina.
Può essere inoltre utilissimo agli studenti di liceo, i quali magari si trovano ad affrontare una nuova materia, la Fisica, che può risultare a prima vista estremamente ostica e per niente interessante.
Leggendo il suddetto testo ci si accorge dell'esatto contrario: la Fisica può essere spiegata in modo semplice e può essere appassionante.
Una domanda: uno studente avrà maggiori possibilità di appassionarsi alla Fisica studiando esperimenti antichi e poco attuali (ma sempre interessanti dal punto di vista di un fisico!) come il piano inclinato, la caduta dei gravi, ecc., o magari, scoprendo quante calorie consuma Flash nella sua velocissima corsa, quale altezza Superman può raggiungere con un salto, come funziona il potere di Magneto, l'antagonista principale degli X-Men, ecc?
La risposta sarà quasi certamente la seconda.
Ovviamente La Fisica dei supereroi non può essere visto come una trattazione completa della Fisica, ma solo come una buonissima introduzione ai concetti base!
Vi avverto, se avete paura della formulazione matematica della Fisica, nel libro troverete solamente una manciata di semplicissime equazioni, niente concetti più avanzati come limiti, derivate, integrali, e chi più ne ha più ne metta!

Posizione n.9: Storia dei disastri naturali di Henrik Svensen




















Storia dei disastri naturali è un libro del 2010, concernente, come si evince dal titolo, la trattazione storica di alcune delle più importanti forze della natura, le quali periodicamente affliggono la Terra e gli esseri umani (terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche, alluvioni, ecc.).
Esso tratta pertanto argomenti del tutto differenti da Fisica dei Supereroi, ma risulta altrettanto interessante, soprattutto alla luce delle numerose catastrofi occorse nel recente periodo.
Oltre alla parte inerente le calamità accadute recentemente (il testo si sofferma pure sul sisma del 2009 che ha devastato l'Aquila), molto profonda e significativa è la porzione relativa ai disastri dell'antichità e alla spiegazione dell'ignoranza delle popolazioni rispetto a tali fenomeni naturali.
È una lettura che richiede dunque molta attenzione, ma ne vale la pena!

Posizione n.8: Seconda stella a destra di Amedeo Balbi




















Seconda stella a destra è un testo veramente ben fatto concernente le vite dei più grandi astronomi della storia.
Tuttavia, non vi aspettate le solite biografie seriose, concentrate solamente sulle scoperte degli scienziati in questione: avrete di fronte curiosità e aneddoti veramente divertenti relativi ai suddetti astronomi.
Vi renderete conto che le vite degli astronomi citati sono più interessanti di quanto avreste mai potuto credere!
Un libro divulgativo semplicemente meraviglioso!
Inoltre, l'immagine di copertina è una sorta di quiz: riuscite a riconoscere tutti gli astronomi/scienziati raffigurati? 

Posizione n.7: Universo, Istruzioni per l'uso di Dave Goldberg e Jeff Blomquist














Una sola parola su Universo, Istruzioni per l'uso: magnifico!
Il testo (uscito ad aprile di quest'anno) racconta la fisica moderna in maniera irriverente, singolare, simpatica, sfruttando anche l'ausilio di immagini divertenti e che vi rimarranno in mente!
Gli autori, per illustrare Relatività, Meccanica Quantistica, Big Bang, teletrasporto, viaggi nel tempo et similia, fanno riferimento a situazioni e personaggi bizzarri.
Un esempio: conoscete l'esperimento della doppia fenditura di Thomas Young?
Se non lo conoscete, il libro ve lo spiegherà facendo riferimento al dottor Jekyll e Mr. Hyde.
Non vi anticipo di più; leggetelo: vi farete due risate e capirete sicuramente (se non ne siete già a conoscenza) alcuni concetti della fisica moderna, senza che vi andiate a impelagare in complicate equazioni!

Posizione n.6: Il quanto di Natale di Robert Gilmore




















All'interno di una lista di 10 libri scientifici da regalare a Natale, come faccio a non inserire Il quanto di Natale?
Avete presente la meravigliosa storia di Charles Dickens "A Christmas Carol", quella dove è presente il vecchio e avaro Scrooge, che odia profondamente tale festività e che subirà la visita di 3 spiriti, influenzanti in modo rilevante il suo futuro?
Se la conoscete o meno, Il quanto di Natale vi ricondurrà entro la suddetta vicenda, illustrandovi tuttavia i principi della Meccanica Quantistica.
Cosa c'è di meglio di un po' di teoria quantistica e di Dickens a Natale!

Posizione n.5: La scienza di tutti i giorni di Andrea Frova




















Volete comprendere i meccanismi fisici e chimici alla base della vita quotidiana? 
Questo è un libro giusto per rispondere a tale esigenza.
Forse è leggermente più complicato di quelli precedentemente elencati, ma riesce a far scoprire i principi scientifici sottostanti alla musica, allo sport, agli elettrodomestici, ai fenomeni che accompagnano la nostra vita.
Vi consente dunque di capire come funzionano alcuni apparecchi, da cosa dipende la traiettoria di un calcio di punizione, perchè al tramonto il Sole diventa rosso e così via.
Inoltre, vi fornisce alcuni esempi di esperimenti da compiere a casa vostra.

Posizione n.4: Le grandi domande, Matematica di Tony Crilly



















Volete scoprire la bellezza della Matematica?
Quale miglior modo di andare a leggere una trattazione sulle domande più importanti della disciplina, illustrate nel presente libro?
Tra le domande a cui l'autore cerca di fornire una risposta ci sono, ad esempio: "A cosa serve la Matematica?", "I numeri immaginari sono davvero immaginari?", "La Matematica può farci diventare ricchi? "Che forma ha l'Universo?", "Quanto è grande l'infinito?", ecc.
D'altronde la Matematica è, come già asseriva Galileo nel Saggiatore, la lingua dell'Universo, i cui "caratteri son triangoli, cerchi e altre figure geometriche"

Posizione n.3: Il mistero dell'alef di Amir Aczel
















Rimanendo nell'ambito della Matematica, Il mistero dell'alef è uno splendido testo inerente la spasmodica ricerca del matematico Georg Cantor sulla natura dell'infinito.
Infatti, Cantor è arrivato ad un'importante conclusione, l'ipotesi del continuo, la cui dimostrazione rappresenta il primo dei 23 problemi proposti da Hilbert nella famosa conferenza di Parigi del 1900.
Vedrete che Il mistero dell'alef vi condurrà in un viaggio entusiasmante alla scoperta della singolare vita di Cantor, dell'infinito e, in generale, dei cardini su cui si fonda l'intera Matematica.

Posizione n.2: L'universo elegante di Brian Greene



















Secondo me, probabilmente L'universo elegante di Brian Greene è il libro scientifico divulgativo migliore in assoluto.
Dal suddetto ho veramente compreso per la prima volta (antecedentemente alle mie numerose letture scientifiche successive) a livello concettuale la Relatività di Einstein e la Meccanica Quantistica.
L'autore spiega i concetti con una chiarezza assolutamente straordinaria, facendoti immergere nel meraviglioso mondo della fisica moderna.
Inoltre, ti fa scoprire l'affascinante teoria delle stringhe (o meglio M-Teoria), la cui bellezza ed eleganza è inequivocabile.
Infatti, tale teoria afferma, in sintesi, che scendendo ad un livello ancora più profondo degli atomi e  delle particelle elementari, l'Universo è costituito da corde (o stringhe) vibranti, le quali tramite la loro modalità di vibrazione vanno a generare le caratteristiche di questa o di quell'altra particella.
È come se l'Universo fosse una grande orchestra costituita di archi, che suonando, va a generare una sinfonia cosmica!
Fantastico!
Ovviamente, come spiegherà l'autore, la teoria deve essere confermata sperimentalmente!
L'unico difetto del saggio, se difetto si può definire, risiede nella parte finale, dove diventa abbastanza ostico in quanto si addentra nei meandri piuttosto tecnici della teoria delle stringhe (anche se non sono presenti equazioni).
Ergo, per un lettore che non possieda abbastanza basi scientifiche può diventare complicato seguire il filo del discorso.
Ecco il motivo per cui l'ho inserito alla seconda posizione della mia lista.
Le note presenti, poi, sono adatte solo al lettore alquanto esperto.
Tuttavia, i primi capitoli, a mio giudizio, sono IMPERDIBILI per chiunque, esperto o non.
Da leggere assolutamente, per chi non l'abbia già fatto!

Posizione n.1: Equazioni, Le icone del sapere di Sander Bais












Equazioni, Icone del sapere l'ho inserito al primo posto della lista, poiché è sicuramente più complicato degli altri testi sopra elencati.
Si potrebbe definire una sorta di galleria d'arte delle principali equazioni della Fisica.
La difficoltà sta nel fatto che, mentre le equazioni illustrate nelle prime pagine sono ad un livello accessibile a molti, da circa metà testo in poi vengono introdotte formule aventi un formalismo matematico decisamente più elevato.
Troviamo derivate parziali, operatori differenziali, integrali, tensori, ecc.
Nonostante ciò, il libro è molto bello e cerca di illustrare queste equazioni in maniera semplice e mediante apposite "finestrelle" dedicate agli interessanti dettagli storici.

La mia lista è conclusa!
Come già anticipato nella premessa, sono rimasti fuori interessantissimi saggi divulgativi, ma la suddetta classifica può essere un punto di partenza per incominciare ad entrare nel fantasmagorico mondo della scienza o, nel caso di lettori esperti, per andare ad approfondire alcune questioni storiche e scoprire curiosi aneddoti.

sabato 10 dicembre 2011

IL PIÙ GRANDE MATEMATICO ITALIANO DEL XVIII SECOLO: LAGRANGE

Qualcuno dei lettori forse si starà chiedendo: Cosa? Lagrange il più grande matematico italiano del XVIII secolo? Ma non era francese?
Ebbene no: Joseph Louis Lagrange, annoverato generalmente tra i più importanti matematici francesi del periodo della Rivoluzione (1789), era in realtà italiano!















Lagrange è infatti nato a Torino il 25 gennaio 1736 e il suo vero nome italiano è Giuseppe Lodovico Lagrangia o Giuseppe Luigi Lagrangia.
D'ora in poi lo chiameremo semplicemente Lagrange ed andremo ad analizzare la sua vita assieme ad alcune sue fondamentali scoperte, soffermandoci in particolare sul noto teorema dell'analisi matematica che porta il suo nome!
Lagrange era figlio di un ricco signore, ma grande speculatore.
Per tali ragioni, nel momento in cui Lagrange avrebbe dovuto ereditare il cospicuo patrimonio della famiglia, questo si era intanto ridotto a delle briciole.
Ma questo avvenimento non fu visto da Lagrange come qualcosa di negativo; anzi lo riteneva la più grande fortuna che fosse mai capitata nella sua vita.
Egli, a tal proposito, asseriva: "Se avessi avuto una ricca eredità, non mi sarei probabilmente occupato di matematica".
Questa frase si può paragonare, con le dovute differenze, agli ultimi anni della vita di Eulero, il quale nonostante la sua cecità, causata dalla cataratta, riuscì ad essere ancora più proficuo in campo matematico, poiché il non poter vedere acuiva la sua immaginazione e lo teneva lontano dalle distrazioni.
Non ho citato a caso il grande Eulero; infatti, Lagrange era considerato un matematico alla pari dei Bernoulli e di Eulero, con il quale, come vedremo fra poco, stringerà un rapporto di profonda amicizia.
A dir la verità, durante la giovinezza Lagrange non era estremamente interessato alla matematica, bensì ai classici della letteratura, tanto che la lettura dei lavori di Euclide e Archimede inerenti la geometria non l'aveva portato alla conversione per la matematica.
Fu al contrario un saggio di Edmund Halley, amico di Newton, che vantava la superiorità del calcolo infinitesimale sulla matematica degli antichi Greci, la cosa in grado di riuscire a scuotere profondamente Lagrange, a tal punto da spingerlo a studiare seriamente matematica.
In un brevissimo lasso di tempo egli riuscì ad acquisire tutte le nozioni che sussistevano all'epoca relative all'analisi matematica.
Risulta incredibile pensare che un ragazzo di soli 16 anni, Lagrange, venne nominato professore di matematica alla Scuola reale di artiglieria a Torino!
Ma ancora più incredibile è la scrittura della magistrale opera Mécanique analytique (Meccanica analitica) concepita da Lagrange a soli 19 anni a Torino, anche se pubblicata solamente nel 1788 a Parigi, quando il matematico aveva 52 anni.
Una trattazione della Meccanica lagrangiana in tal contesto sarebbe estremamente difficile da svolgere, senza aver soprattutto prima illustrato approfonditamente le leggi rigorose delle Meccanica newtoniana.
Tuttavia, possiamo certamente affermare che la formulazione lagrangiana presenta 2 importanti vantaggi rispetto a quella newtoniana:

1) le equazioni di Lagrange, a differenza di quelle di Newton, mantengono la medesima forma in ogni sistema di coordinate;
2) nello studio dei sistemi vincolati, come ad esempio una biglia che scorre su una guida metallica, l'approccio lagrangiano consente di eliminare le forze vincolari (la naturale reazione della guida che vincola la biglia a rimanere su di essa).

William Rowan Hamilton, colui che implementò un'ulteriore tipologia di Meccanica, ovvero la Meccanica hamiltoniana, spese nel 1834 le seguenti parole a proposito di Lagrange:

"Quello di trovare la migliore formulazione teorica delle leggi del moto è uno dei problemi la cui importanza e il cui interesse sono sempre stati tali da stimolare le menti dei matematici più eminenti sin dal tempo della prima fondazione della dinamica come scienza da parte di Galileo e dalla meravigliosa generalizzazione data successivamente da Newton. Fra i successori di questi grandi fondatori, forse quello che ha saputo portare i contributi maggiori alla teoria, conferendo nuove generalizzazioni e una nuova forma particolarmente armoniosa, fu Lagrange. Egli dimostrò che molti dei risultati della teoria, anche molto diversi fra loro, potevano essere dedotti da un'unica formula di base; la bellezza del metodo e la profondità dei risultati che ha permesso di ottenere fanno dell'opera di Lagrange una specie di poema scientifico".

Per dirla con le parole di Bernardo di Chartres, filosofo francese del XII secolo, Lagrange "si è poggiato sulle spalle dei giganti" (Galileo e Newton) e ha migliorato il lavoro sulla meccanica dei suoi antecedenti eminenti colleghi.
Riguardo la meccanica lagrangiana vi introduco solo, nel modo più semplice possibile, il concetto fondamentale di lagrangiana.
Consideriamo una particella che si muove nello spazio tridimensionale, sotto l'effetto di una certa forza conservativa F.
L'energia cinetica della particella è:


 

Ora scriverò in maniera leggermente più complicata tale formula, tenendo conto che la velocità è la derivata prima in funzione del tempo del vettore posizione (si noti che per indicare la derivata fatta rispetto al tempo utilizzerò la notazione newtoniana, consistente nell'inserire un puntino sopra al simbolo della grandezza da derivare):




Ora scriviamo il vettore posizione come somma delle sue 3 componenti (siamo in uno spazio tridimensionale!) ed abbiamo che:




Ora consideriamo l'energia potenziale della particella:



Osservato ciò, si può definire la funzione lagrangiana, o semplicemente lagrangiana, come la differenza fra l'energia cinetica e l'energia potenziale:



Ritorniamo ora alla biografia di Lagrange: come abbiamo visto, egli si interessò specialmente all'analisi, tralasciando un po' la geometria, anche se, in Meccanica analitica, fa notare come la meccanica possa essere considerata la geometria di uno spazio a 4 dimensioni (3 coordinate spaziali e una coordinata temporale).
Essa risulta sufficiente per determinare lo stato di una particella in moto nello spazio e anche nel tempo: questi concetti sono pertanto precursori della Relatività di Einstein di quasi 2 secoli!
A 19 anni, Lagrange inviò ad Eulero alcuni suoi lavori: l'illustre matematico tedesco ne riconobbe immediatamente i meriti e incoraggiò il giovane collega a continuare.
4 anni più tardi Lagrange comunicò ad Eulero il metodo migliore (il calcolo delle variazioni) per affrontare i problemi isoperimetrici.
Eulero, che aveva provato invano a risolvere i suddetti problemi con metodi semigeometrici, ringraziò profondamente il giovane per avergli fornito un metodo per superare le difficoltà che lo avevano arrestato fino a quel momento, e decise, invece di pubblicare immediatamente tale soluzione a lungo cercata, di aspettare finché Lagrange non ebbe pubblicato la sua.
Eulero, inoltre, fece eleggere il giovane amico membro straniero dell'Accademia di Berlino (2 ottobre 1759) all'inusuale età di soli 23 anni.
Eulero desiderava che Lagrange si trasferisse a Berlino e diventasse un brillante matematico di corte.
Prima del suo approdo a Berlino, Lagrange si interessò e risolse il problema della librazione della Luna.
In altri termini, egli cercò di fornire una soluzione allo spinoso interrogativo: perché il nostro satellite presenta sempre la medesima faccia alla Terra, con certe leggere e spiegabili irregolarità?
Il tutto si deduce dalla legge di gravitazione di Newton.
Questo è infatti un esempio del problema dei 3 corpi (nel suddetto caso la Terra, il Sole e la Luna) che si attirano a vicenda seguendo la legge del quadrato inverso delle distanze tra i loro centri di gravità.
La soluzione del problema consentì a Lagrange di essere insignito del gran premio dell'Accademia delle scienze di Parigi nel 1764.
La vicenda non finisce qui: infatti la prestigiosa accademia, stupita dal risultato del giovane matematico, gli propose un problema ancor più complicato, per il quale Lagrange ottenne il premio nel 1766.
Il suddetto problema riguardava Giove e i suoi satelliti.
A quell'epoca erano noti solamente 4 satelliti (Io, Europa, Ganimede, Callisto, scoperti da Galileo e denominati satelliti medicei o galileiani) del gigante Giove.
Ergo, si trattava di risolvere un problema di 6 corpi celesti (il Sole, il pianeta e i suoi satelliti).
Lagrange continuò per tutta la vita ad interessarsi alle applicazioni della teoria di Newton a problemi di questo genere.
Infatti, nel 1772 vinse ancora una volta il premio dell'Accademia di Parigi per la sua dissertazione sul problema dei 3 corpi.
In seguito, nel 1774 e nel 1778 conseguì altri successi scaturiti da lavori inerenti il movimento della Luna e le perturbazioni delle comete.
Il primo di questi magistrali successi spinse il re di Sardegna, nel 1776, a pagare a Lagrange le spese di un viaggio a Parigi e a Londra.
Tuttavia, a Parigi, per colpa di un banchetto troppo copioso dato in suo onore, Lagrange si sentì poco bene e fu costretto a rimanere nella capitale francese per un po' di giorni, durante i quali conobbe illustri intellettuali, fra cui il futuro amico l'Abbé Marie.
Il 6 novembre 1766, Lagrange fu calorosamente accolto a Berlino da Federico II di Prussia e questi lo fece insediare come successore di Eulero all'interno dell'Accademia di Berlino.
Lagrange rimase a Berlino fino alla morte del sovrano, occorsa il 17 agosto 1786.
Successivamente accettò il cordiale invito di Luigi XVI a continuare i suoi lavori a Parigi, come membro dell'accademia francese.
Da questo momento in poi, il matematico rimase a Parigi, muovendosi sempre con prudenza, soprattutto nel periodo della Rivoluzione, per non rischiare di incorrere in guai politici o peggio, di essere ghigliottinato!
Persino Napoleone Bonaparte rimase veramente colpito dal talento di Lagrange, tanto da nominarlo senatore, conte dell'impero e Grande ufficiale della Legion d'onore, e definirlo "l'alta piramide delle scienze matematiche".
L'ultimo sforzo di Lagrange fu la progettazione di una seconda edizione ampliata e revisionata della Meccanica analitica, quando aveva ormai più di 70 anni.
Ma il suo corpo era debole, stanco, soggetto a frequenti svenimenti.
Il suo supplizio terminò all'alba del 10 aprile 1813, quando morì alla veneranda età di 76 anni.
Adesso andiamo a scoprire, come promesso, il teorema di Lagrange, detto anche teorema del valor medio.
Vi fornisco innanzitutto l'enunciato: se f è una funzione continua in un intervallo [a, b] e derivabile in (a, b) allora esiste (almeno) un punto c ∈ (a, b) tale che:





Ora cerchiamo di dimostrarlo!
Consideriamo la seguente immagine:


















Nel grafico è presente la funzione f insieme ad una retta passante per i punti A (a, f(a)) e B (b, f(b)), appartenenti anche alla funzione stessa.
Ricordiamo che l'equazione di una retta passante per 2 punti è:




Andiamo quindi a sostituire le coordinate dei punti A e B nella suddetta equazione:





Portando l'equazione in forma esplicita, ossia isolando la y nel primo membro, otteniamo:






Dunque il valore [f(b)-f(a)]/[b-a] che riscontriamo nell'enunciato del teorema di Lagrange corrisponde alla pendenza (coefficiente angolare) della retta AB.
Ora consideriamo una funzione ausiliaria, pari alla differenza tra f e l'equazione della retta AB:





La funzione g(x) ha 3 caratteristiche facilmente verificabili:

1) è continua (nel modo più semplice possibile, una funzione è continua se nel disegnare il suo grafico non è necessario mai staccare la penna o matita dal foglio) su [a, b];
2) è derivabile su (a, b);
3) g(a) = g(b) = 0

Queste 3 condizioni ci permettono di utilizzare un altro importante teorema dell'analisi matematica, il teorema di Rolle, il quale infatti afferma che: data una funzione f continua in [a, b] e derivabile in (a, b), con f(a) = f(b), allora esiste (almeno) un punto c ∈ (a, b) tale che la derivata prima di f nel punto c è pari a 0.
In simboli: f'(c) = 0.
Applicando Rolle alla situazione precedente, troviamo che deve esistere per forza un punto c interno all'intervallo (a, b) tale che g'(c) = 0.
Quindi, innanzitutto deriviamo i 2 membri dell'espressione della funzione g(x):




Ora, rifacendoci al teorema di Rolle, otteniamo:





ossia:




Abbiamo dimostrato il teorema di Lagrange!
La conseguenza fondamentale del teorema di Lagrange risiede nel seguente criterio di monotonia (una funzione è monotòna quando cresce o decresce) concernente il grafico di una funzione.
A causa del teorema di Lagrange, infatti, presa una funzione f continua in [a, b] e derivabile in (a, b), ne consegue che: 
  • se, per ogni x ∈ (a, b), la derivata prima della funzione è maggiore-uguale a 0 (f'(x) ≥ 0), allora la funzione f è crescente in [a, b]; 
  • se, per ogni x ∈ (a, b), f'(x) ≤ 0, allora f è decrescente in [a, b].