venerdì 7 febbraio 2025

LA SPAGHETTIFICAZIONE

Il 6 dicembre 2024 è uscita la versione early access del videogame Path of Exile 2 (abbreviato PoE2), il sequel di un famoso action RPG.
Si potrebbe a lungo parlare della relazione tra PoE e la matematica, dato che per esempio il gigantesco albero delle abilità (skill tree) presente sia nel gioco originale che nel suo sequel potrebbe essere analizzato dal punto di vista della teoria dei grafi, la cui origine risale ad un articolo scritto da Eulero nel lontano 1736. 

Skill tree in PoE2.




















Ma in questo post non ci focalizzeremo su questo aspetto, ma su un preciso nodo di quel monumentale skill tree che ci connette direttamente anche alla fisica moderna! Di seguito l'immagine che lo descrive.




















Trattasi di un nodo piuttosto potente ed utile, specialmente nelle build che si appoggiano su un altro nodo assai significativo chiamato "Chaos Inoculation". Quest'ultimo è un nodo che infatti consente di rendersi immune a qualsiasi fonte di danno di tipo chaos (rendendo quindi quel malus -13% alla resistenza al chaos di Spaghettification totalmente insignificante) a patto di portare la vita del personaggio ad un valore pari a 1, cosa decisamente fattibile se le difese del personaggio che si sta portando avanti vengono basate su altre meccaniche come l'energy shield oppure il mana.
Io stesso ho infatti inserito (tramite un procedimento detto "instilling") il nodo Spaghettification sull'amuleto del mio Gemling Legionnaire, amuleto che potete ammirare qui di seguito.




















Ma cosa diavolo significa spaghettificazione in fisica?
Per capirlo abbiamo bisogno di riferirci alla famosa relatività generale di Einstein, una teoria datata 1915 e che descrive la gravità come curvatura dello spaziotempo (avevamo parlato un po' in dettaglio di spaziotempo qui). 
Le equazioni fondamentali della suddetta teoria sono le equazioni di campo di Einstein:







Esse mettono in relazione la geometria dello spaziotempo (1° membro della formula sopra riportata, in cui per semplicità abbiamo omesso la presenza della celebre costante cosmologica) e la distribuzione di materia-energia (2° membro dell'equazione).
Analizzare in modo dettagliato l'aspetto tecnico di tali equazioni (sottolineiamo che il plurale è d'obbligo, anche se la formula riportata è singola, perché in modo esplicito quella formula rappresenta un sistema di ben 10 equazioni differenziali alle derivate parziali) va ben oltre lo scopo divulgativo di questo post.
Ci basti qui sapere che sussistono 2 modi fondamentali per provare a risolvere tali complicate equazioni: 1) sfruttando specifiche simmetrie 2) facendo uso dell'analisi numerica (cioè usando approssimazioni).
La più semplice soluzione non banale che conosciamo è certamente la metrica pubblicata nel 1916 da Karl Schwarzschild, ossia in simboli:





Qui abbiamo assunto il caso specifico di simmetria sferica (immaginate per esempio la geometria al di fuori di una stella sferica) nel vuoto (ossia il 2° membro delle equazioni di campo di Einstein è 0).
La metrica di Schwarzschild è utile per descrivere buchi neri statici (cioè non rotanti, a differenza dei buchi neri di Kerr) che non posseggono una carica elettrica. Per gli scopi del post ci accontenteremo di considerare solo la "semplice" metrica di Schwarzschild, un modello matematico ideale, ma tenete ben presente che i reali buchi neri astrofisici sono decisamente non statici.  
Quando la coordinata radiale $r$ è uguale a $2GM/c^2$, ovvero al cosiddetto raggio di Schwarzschild (generalmente indicato con $r_s$), ciò che stiamo descrivendo è l'orizzonte degli eventi della situazione.
Attenzione: $r = r_s$ è una singolarità apparente, non una singolarità fisica (mentre $r = 0$ è davvero una singolarità fisica, dunque qui la curvatura diventa infinita).
La chiamiamo apparente (in inglese "coordinate singularity") perché tale singolarità è presente solo in specifici sistemi di coordinate (nel nostro caso quello di Schwarzschild).
Se infatti immaginiamo un raggio di luce che si avvicina al punto $r = r_s$ (si veda immagine qui sotto) nelle coordinate di Schwarzschild, sembrerebbe che esso non arrivi mai ad $r_s$, ma tutto ciò è solo una mera illusione!

Coni di luce nel sistema di coordinate di Schwarzschild.
Figura presa da https://arxiv.org/pdf/gr-qc/9712019.


 











La verità è che un raggio di luce non ha alcun problema nel raggiungere $r_s$, è semplicemente una questione di coordinate.
Difatti si potrebbero introdurre differenti sistemi di coordinate, come il sistema di Eddington-Finkelstein, ove la superficie $r = r_s$ risulta perfettamente regolare, ma globalmente rappresenta un punto di non ritorno giacché sappiamo che un orizzonte degli eventi è una struttura causale. 
Coni di luce nel sistema di coordinate di Eddington-Finkelstein.
Figura presa da https://arxiv.org/pdf/gr-qc/9712019














Ora, dato che nulla (inclusa la luce) può fuggire dall'orizzonte degli eventi, non siamo in grado di vedere cosa c'è dentro!
In altre parole, stiamo definendo i buchi neri come regioni dello spaziotempo separate da $r = \infty$ (la cosiddetta regione asintotica) da un orizzonte degli eventi.
Se immaginiamo adesso di dirigerci vicino al centro di un buco nero, inizieremmo ad avvertire intense forze di marea.

Immagine tratta da https://it.wikipedia.org/wiki/Forza_di_marea.















Nello specifico, riceveremmo uno stiramento verticale bilanciato da una compressione orizzontale, che porta gli oggetti ad assumere forme lunghe e sottili come quella degli spaghetti! Questo è appunto il processo noto come spaghettificazione.




















Si noti che una diversa massa dei buchi neri presi in considerazione andrebbe a condizionare notevolmente tale fenomeno poiché questo parametro influenzerebbe il punto in cui le forze di marea diventano rilevanti.
Infine, segnaliamo che recentemente, nell'articolo https://arxiv.org/pdf/2404.09381, sono state condotte svariate interessanti simulazioni inerenti a questo fenomeno.
Concludiamo in musica con un iconico pezzo dei Soundgarden, datato 1994, intitolato Black Hole Sun.

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Il post che avete letto è una versione estesa del thread che ho pubblicato in inglese il 2 dicembre 2024 su Bluesky.

lunedì 11 novembre 2024

LA LAGRANGIANA DI HEISENBERG-EULER E NUOVI SVILUPPI NELLA FISICA

Dato che in questo periodo sto lavorando alla mia tesi di laurea magistrale in fisica (percorso "fisica teorica e computazionale"), volevo provare a condividere con i lettori del blog una rapida panoramica storico-divulgativa dell'argomento nocciolo della tesi: la Lagrangiana di Heisenberg-Euler (e la corrispondente azione efficace).
Avevamo già introdotto brevemente il fondamentale concetto di Lagrangiana in fisica qui
La Lagrangiana di Heisenberg-Euler è uno dei primissimi concetti non banali sviluppati nell'ambito della cosiddetta elettrodinamica quantistica, spesso abbreviata come QED, ovvero la teoria quantistica del campo elettromagnetico, su cui Richard Feynman (1918-1988) non solo fornì contributi a dir poco essenziali, ma ci scrisse pure un testo divulgativo (pubblicato nel 1985), di brillante chiarezza, intitolato in italiano QED: La strana teoria della luce e della materia.
Tale Lagrangiana risale, nello specifico, ad un articolo pubblicato nel 1936 da Werner Karl Heisenberg (1901-1976), quello del celebre principio di indeterminazione, e dal suo studente di dottorato Hans Heinrich Euler (1909-1941), che potete visionare nella traduzione in inglese cliccando qui.
Ma quale fu il background storico che portò alla realizzazione di tale fondamentale articolo?
Beh, innanzitutto fu ovviamente fondamentale lo sviluppo della meccanica quantistica negli anni '20 del XX secolo da parte di figure come Schrödinger, Born, Pauli, lo stesso Heisenberg e diversi altri pilastri della fisica moderna.
E poi ci fu, nel 1928, la mitica equazione di Dirac e la conseguente scoperta del positrone (la prima antiparticella), di cui abbiamo parlato qui
Proprio in questo clima di grosso fermento culturale si cominciarono a gettare le basi per la QED, teoria che tuttavia presentava difficoltà assai spinose, ossia divergenze (in parole povere risultati infiniti che andrebbero rinormalizzati) che venivano fuori nei calcoli e che portarono inizialmente svariati fisici, tra cui persino Dirac, a non nutrire fede sul futuro della suddetta teoria.
Per farvi intuire il grado di complessità della questione, torniamo un attimo sull'equazione di Dirac




Ciò che l'equazione di Dirac esprime matematicamente in modo elegante, ma decisamente non banale, è l'elettrone visto come un pezzo di carica elettrica in un punto nel vuoto spaziale quantistico.
Il problema è che la realtà della QED è molto più complessa di questo "semplice" modello.
Infatti la QED prevede che l'elettrone sia in verità circondato da campi elettromagnetici, a cui bisogna pure aggiungere coppie di elettroni e positroni virtuali che emergono dentro e fuori dal vuoto (un fenomeno in gergo tecnico chiamato polarizzazione del vuoto, dimostrato sperimentalmente nel 1997 dall'acceleratore di particelle TRISTAN in Giappone).
Pertanto ciò che i fisici sperimentali interpretano come massa dell'elettrone non è quella dell'elettrone "nudo" descritto dall'equazione di Dirac, bensì il risultato dell'interazione del suddetto col proprio campo elettromagnetico e con questa bizzarra polarizzazione del vuoto.
Giungiamo all'anno 1934, anno in cui Heisenberg, prima con lettere scritte a Pauli e Weisskopf, poi con un articolo, Remarks on the Dirac theory of the positron, arriva a formulare qualcosa di molto vicino ad una QED rinormalizzata (poi effettivamente realizzata da altri studiosi alla fine degli anni '40).
Insomma, in questa atmosfera decisamente tesa, Heisenberg propone al suo studente Euler di studiare, come argomento di tesi, lo scattering di 2 fotoni facendo uso di un particolare formalismo (quello della matrice densità) che egli aveva perfezionato per la QED nell'articolo poco fa menzionato.  
Oltre a ciò, Euler lavorò, assieme ad un altro degli studenti di Heisenberg, Bernhard Kockel (1909-1987), ad una analisi dell'ampiezza di scattering fotone-fotone nel limite di bassa frequenza.
Tale studio servì in particolare a mostrare che il vuoto quantistico possa essere visto come un mezzo (teoricamente rilevabile in laboratorio, ma nella pratica tale rilevazione risulta assai complicata) e che le relazioni tra campi elettrici e magnetici fossero non lineari in questa teoria.
Tutto ciò aprì la strada al lavoro sopramenzionato di Heisenberg ed Euler del 1936, nel quale pervennero a quella che oggi chiamiamo proprio in loro onore Lagrangiana di Heisenberg-Euler (d'ora in poi li abbrevieremo con H-E), un oggetto matematico formidabile, capace di fornirci tante informazioni nell'ambito della teoria quantistica dei campi, e che in forma compatta si può esprimere come segue.





 
Non entreremo nei dettagli della discussione e derivazione di tale formula, che vanno ben al di là degli scopi divulgativi di questo post.
Ciò su cui vorrei invece soffermarmi è una recente sorprendente scoperta, riportata da Gies e Karbstein in un articolo (lo trovate cliccando qui, per chi fosse interessato a leggerlo) pubblicato nel 2017, inerente a tale Lagrangiana e alla corrispondente azione efficace.
In parole povere, Gies e Karbstein hanno constatato che, quando si va ad analizzare un'espansione a loop della Lagrangiana di H-E, risultano non nulli dei contributi (i cosiddetti "1PR contributions", dove 1PR sta letteralmente per "one-particle reducible") che prima si riteneva invece svanissero considerando campi elettromagnetici costanti!
Immagino che chiunque abbia più o meno idea di cosa sia un loop in un contesto generico. Interi episodi di serie tv (da Star Trek a Streghe, da Supernatural ad Agents Of S.H.I.E.L.D., da Russian Doll a Triage e tante altre) per esempio sono dedicati a situazioni in cui i personaggi si risvegliano ogni giorno nel medesimo giorno in cui accadono le stesse cose, i cosiddetti loop temporali, cercando disperatamente di uscire fuori da questo ciclo infinito.
Bene, nell'ambito della teoria quantistica dei campi, i loop sono raffigurazioni (spesso di forma circolare) all'interno dei diagrammi di Feynman che costituiscono correzioni quantistiche (matematicamente espresse da integrali sui momenti) rispetto alla teoria classica dei campi (cioè quella in cui la famosa costante ℏ tende a 0).
Il più semplice esempio di loop in tale contesto si ritrova nel tadpole (letteralmente "girino"), il cui diagramma di Feynman riportiamo qui di seguito nella rappresentazione tratta da Wikipedia.




 
 




Ciò che hanno riscontrato Gies e Karbstein nello specifico è che, andando a valutare l'azione efficace di H-E a 2 loop, viene fuori un risultato rappresentabile come segue.



 


Questo significa che, all'ordine correttivo di 2 loop, l'azione efficace di H-E viene fornita da un contributo 1PI (letteralmente "one-particle irreducible"), cioè irriducibile, che visualizziamo a sinistra del "+", e da un contributo 1PR, che possiamo vedere a destra del "+".
Vi potreste magari chiedere perché il primo contributo è chiamato irriducibile, mentre il secondo è detto riducibile.
Beh la risposta è piuttosto semplice. Potete facilmente notare, osservando i due diagrammi, che se proviamo a tagliare il secondo (quello a destra) con una linea immaginaria nel mezzo otterremmo 2 diagrammi ancora sensati, mentre nel caso del diagramma 1PI siamo impossibilitati a compiere questo "taglio" (non si può spezzare un loop a metà!).
Come già detto, il risultato ottenuto da Gies e Karbstein è davvero sorprendente poiché, fino alla pubblicazione del loro articolo, tutta la comunità dei fisici credeva che il contributo del diagramma 1PR sopra rappresentato fosse nullo, invece non lo è!
E ciò spalanca le porte per nuovi rilevanti studi.
Sempre nel 2017, infatti, Edwards e Schubert, nell'articolo (cliccate qui per leggerlo) One-particle reducible contribution to the one-loop scalar propagator in a constant field, non solo hanno derivato nuovamente il risultato di Gies e Karbstein per mezzo del cosiddetto worldline formalism (ne parlammo qui), riottenendo l'elegantissima formula





 
ma si sono spinti oltre andando a calcolare il contributo 1PR ad un loop nel caso del propagatore scalare.
E teoricamente, come sto facendo nella mia tesi, sempre mediante l'uso del worldline formalism, ci si può spingere ancora oltre, andando per esempio a considerare cosa succede ai contributi 1PR della Lagrangiana di H-E se invece dello scambio di fotone (particella di spin 1 rappresentata dalla linea ondulata nel diagramma di cui sopra) si considerasse per esempio lo scambio di uno scalare (particella il cui spin è pari a 0) o addirittura di un gravitone (particella ipotetica di spin 2 mediatrice dell'interazione gravitazionale, su cui recentemente ci sono stati sviluppi teorici in merito alla possibilità di rilevazione, come potete leggere qui)!
Insomma la bellezza della fisica sta anche nel fatto che non finisce mai di sorprenderci e impegnare le menti in una ricerca sempre più profonda della natura delle cose.
Per rimanere in tema gravità, concludiamo in musica con una splendida performance di Gravity, canzone di John Mayer del 2006, nella cover di Clark Beckham e Yebba.


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Fonti essenziali per i dettagli storici:

- QED and the Men Who Made It: Dyson, Feynman, Schwinger, and Tomonaga di S. S. Schweber
- The Infinity Puzzle. Quantum Field Theory and the Hunt for an Orderly Universe di F. Close
- Early Quantum Electrodynamics: A Source Book di A. I. Miller.

lunedì 30 settembre 2024

IL TEOREMA DI MARGHERITA E LA CONGETTURA DI GOLDBACH

"Il teorema di Margherita" è un film del 2023, recentemente divenuto gratuitamente disponibile per la visione sulla piattaforma RaiPlay.

Come il titolo lascia immaginare, al centro della vicenda c'è la matematica.
Non è ovviamente la prima volta che la matematica fa capolino sul grande schermo, si pensi ad esempio ad "A Beautiful Mind" (che racconta la vita del famoso matematico, premio Nobel per l'economia John Nash), a "Will Hunting - Genio ribelle" (il cui protagonista è un giovane prodigio della matematica che fa le pulizie al MIT), a "L'uomo che vide l'infinito" (incentrato sulla breve ma prolifica vita del genio indiano Ramanujan e del suo rapporto con un altro noto matematico, G.H. Hardy), ecc.
Insomma la matematica, seppur considerata notoriamente materia ostica ed arida, in realtà è in grado di mostrare tutto il suo fascino nel mondo cinematografico e non solo (abbiamo per esempio osservato in passato, cliccate qui, come la matematica faccia capolino nello splendido anime Banana Fish).
Ne "Il teorema di Margherita" si compie però, a mio avviso, un passo innovativo, ovvero c'è la possibilità di percepire con maggiore concretezza come lavora un vero matematico.
Chi di professione non fa il matematico (o comunque non è avvezzo ad un formalismo scientifico elevato) può tendere a sminuire la matematica ad un saper far di conto.
Sussistono infatti anche rappresentazioni cinematografiche che mostrano bambini in grado di effettuare mentalmente calcoli mostruosi, come ad esempio la seguente scena tratta dal film del 1991 intitolato "Il mio piccolo genio".


Tuttavia, quando parliamo della vera matematica che si discute all'interno delle università e delle scuole di eccellenza, non si lavora propriamente con cifre numeriche elevate, bensì con lemmi, congetture, teoremi e dimostrazioni, che possono spaziare negli innumerevoli settori specialistici in cui si è evoluta la matematica moderna.
Un'evoluzione così ampia nell'ultimo secolo che per trovare un matematico capace di contribuire in praticamente ogni branca esistente (un cosiddetto "matematico universalista") dobbiamo ancora riferirci a Poincaré (1854-1912) e von Neumann (1903-1957).
"Il teorema di Margherita" ci catapulta immediatamente nella realtà della giovane Marguerite Hoffmann (interpretata da Ella Rumpf, la quale è stata insignita per tale interpretazione dei premi César e Lumière come migliore promessa femminile), dottoranda in matematica all’École Normale Supérieure (ENS) di Parigi, con un'intervista. 
Marguerite è una ragazza incredibilmente intelligente ma molto riservata (infatti non sembra molto entusiasta di dover partecipare all'intervista), la cui vita, almeno fino a quel momento, risulta totalmente focalizzata sulla passione per la matematica.
Ricalca dunque, almeno all'inizio, un po' la visione stereotipata che si ha tipicamente di un genio della matematica.
Come una qualsiasi persona che decide di intraprendere l'arduo percorso del dottorato di ricerca, la sua ricerca si focalizza su un preciso tema tecnico, nel caso specifico il nocciolo della ricerca è costituito da questioni vicine alla famosa congettura di Goldbach, che ispirò tra le altre cose anche il romanzo "Zio Petros e la congettura di Goldbach" (1992) di Apostolos Doxiadis.
Viene puntualizzato sin dagli attimi iniziali della pellicola che si tratta di una congettura, cioè un enunciato matematico non dimostrato, e non di un teorema, ovvero un enunciato già dimostrato.
La suddetta congettura asserisce che "ogni numero pari maggiore di 2 può essere scritto come somma di due numeri primi" (che possono essere anche uguali).
Come potete constatare, l'enunciato è facilissimo, persino un bambino potrebbe coglierne il significato. E allora dove sta il problema? Il problema (un po' come per il famosissimo ultimo teorema di Fermat) sta nel dimostrare rigorosamente la veridicità di tale affermazione, cosa che nessuno fino ad ora è mai riuscito a fare! 
La congettura di Goldbach è stata formulata per la prima volta, nel 1742, in uno scambio epistolare tra Christian Goldbach e il più celebre Eulero (cliccate qui per un altro aneddoto che li riguarda).
In verità la suddetta congettura è spesso chiamata "congettura forte di Goldbach" giacché la sua dimostrazione implicherebbe in automatico la veridicità di un'altra congettura nota come "congettura debole di Goldbach" (naturalmente la dimostrazione della "debole" non implicherebbe la veridicità della "forte").
La congettura "debole" afferma che "ogni numero dispari maggiore di 7 può essere espresso come somma di tre primi dispari" o, equivalentemente, che "ogni numero dispari maggiore di 5 può essere espresso come somma di tre numeri primi".
Buone notizie almeno su questo fronte: la congettura "debole" di Goldbach è stata dimostrata nel 2013 dal matematico peruviano Harald Andrés Helfgott
Infatti la sua dimostrazione (se volete per curiosità darci uno sguardo, cliccate qui) è stata accettata, nel 2015, per la pubblicazione sugli Annals of Mathematics Studies, anche se, va rimarcato, tutt'oggi la pubblicazione su rivista peer-reviewed non è ancora stata effettuata in modo integrale, come si legge qui.
Ma torniamo al film. La nostra Marguerite si ritrova ben presto a dover affrontare un importante seminario inerente alle sue ricerche. 
E qui entra in gioco il delicato tema dell'ansia e della pressione sociale
Tutti prima o poi nella propria vita si ritrovano a dover soddisfare delle aspettative più o meno grandi nella scuola o nel lavoro. Nei casi estremi ciò può portare alla vera e propria disperazione, alla depressione se non addirittura al suicidio, come testimoniato da casi di cronaca come quello di Chieti (cliccate qui). 
Un tema, questo, che ritroviamo anche nel film, datato 2014, Whiplash, in cui la mente di un giovane batterista jazz viene psicologicamente turbata dal suo, a dir poco severo, direttore d'orchestra. La scena qui di seguito rende molto bene l'idea.


Ma cerchiamo di prendere come motto quanto afferma la commovente canzone sudcoreana "Breathe" di Lee Hi:"fai un respiro profondo, finché entrambe le parti del tuo cuore non diventano insensibili. Va bene commettere errori a volte, perché chiunque può farlo".
 

Tornando a Marguerite, ella non regge la pressione del seminario (oltretutto pieno zeppo di uomini; pochissime le donne presenti), quando un collega, Lucas, nuovo protetto del suo professore relatore, le fa presente un errore che invaliderebbe il suo lavoro (errore dovuto anche alla poca disponibilità ed umanità che lo stesso professore mostra nei confronti di Marguerite).
Insomma tale seminario va a rappresentare, nel bene o nel male, un punto di rottura (un fisico, per ironizzare, direbbe una rottura spontanea di simmetria!) nella ripetitiva esistenza di Marguerite, portandola infatti a chiedere le dimissioni dal dottorato ed incominciare una vita in un ambiente decisamente diverso da quello accademico.
Vengono così fuori disparati nuovi temi come la sessualità (buona per esempio la battuta "non sei mai stata con un uomo o con una donna" della sua amica e coinquilina Noa, che rompe lo schema stereotipato di dare per scontata l'eterosessualità o l'omosessualità di una persona appena conosciuta solo guardando il suo aspetto fisico e il suo modo di vestire), l'applicazione della matematica in contesti inimmaginabili come il mahjong (celebre gioco da tavolo cinese, che ha ispirato anche altri personaggi intellettualmente molto brillanti come Akagi, protagonista dell'omonimo manga di Nobuyuki Fukumoto) ed ovviamente l'amore, che certamente può essere riservato alla matematica ma non per questo deve escludere anche il suo significato romantico.
D'altronde "Love wins all", come afferma la recente canzone della cantante e attrice sudcoreana IU.


Senza fare ulteriori spoiler, "Il teorema di Margherita" rappresenta in conclusione un interessante ed intrigante percorso di formazione personale di una giovane ragazza in una società ancora piuttosto maschilista e che non vede di buon grado l'essere "diversi" (ne abbiamo parlato un po' qui e qui), un racconto che sicuramente appassionerà i patiti di matematica, ma che può essere apprezzato anche da chi la matematica la detesta; e magari, chissà, la detesterà un po' meno dopo la visione del film!

mercoledì 10 aprile 2024

IL PARADOSSO DI BERTRAND

Tra i grandi problemi della matematica c'è sicuramente il paradosso di Bertrand (così denominato da Poincaré).
Esso fu formulato per la prima volta dal matematico francese Joseph Louis François Bertrand (1822-1900) nella sua opera, datata 1889, intitolata Calcolo delle probabilità.
Immaginiamo di possedere 3 scatole identiche, ciascuna avente 2 scompartimenti ed una medaglia inserita in ciascuno di essi.
Supponiamo che:

- cassa n.1: contiene 2 medaglie d'oro;
- cassa n.2: contiene 1 medaglia d'oro ed 1 d'argento;
- cassa n.3: contiene 2 medaglie d'argento.

Scegliendo una scatola a caso ne consegue ovviamente che la probabilità che i compartimenti della scatola selezionata contengano medaglie diverse è 1/3.


Ma ci si potrebbe anche chiedere quale sia la probabilità che nel secondo scompartimento della scatola vi sia una medaglia diversa dal primo scompartimento.
Ingenuamente si potrebbe immaginare che il primo scompartimento, per esempio, contenga una medaglia d'oro, dunque il secondo una d'oro o d'argento, con relativa probabilità pari a 1/2, il 50%, come quella del lancio di una moneta.
Tuttavia tale soluzione è sbagliata (la soluzione corretta è 1/3)! Perché?
Beh, non abbiamo stabilito che vi sia equiprobabilità tra i casi possibili.
In altre parole, gli errori a cui ci conducono tali ingenue argomentazioni si devono al fatto che non abbiamo definito sin dal principio in modo rigoroso lo spazio campionario, ovvero l'insieme totale dei risultati per un esperimento aleatorio.
Da Wikipedia osserviamo la seguente buona rappresentazione del problema appena descritto (il cosiddetto paradosso delle 3 scatole di Bertrand, spesso introdotto come paradosso delle 3 carte) con la richiesta opposta (cioè la probabilità di trovare una medaglia dello stesso tipo).

















Il suddetto esempio è davvero uno standard nella teoria della probabilità, tanto che la soluzione risulta intimamente legata ai cosiddetti assiomi di Kolmogorov, per la cui spiegazione vi rimando a Wikipedia
Analoghe fallacie si manifestano se l'esperimento di natura aleatoria che stiamo analizzando non è correttamente definito e può quindi essere interpretato in modi diversi, risultando decisamente ambiguo.
Quanto appena descritto rappresenta l'idea alla base del vero e proprio paradosso di Bertrand.
Tale paradosso è decisamente rilevante non solo in ambito puramente matematico ma anche nel mondo della fisica, in quanto ci mostra chiaramente l'ambiguità di alcune idee apparentemente intuitive spesso invocate a sproposito in ambito fisico.
Ad esempio sarebbe senza senso buttare a caso una frase del tipo "è naturale assumere che una densità di probabilità sia uniforme" senza una rigorosa spiegazione di natura fisica.
A tal proposito è di frequente utilizzo in ambito fisico il cosiddetto "principio di indifferenza" di Laplace, il quale viene definito dall'economista britannico John Maynard Keynes, in A Treatise on Probability (1921), come segue:

"If there is no known reason for predicating of our subject one rather than another of several alternatives, then relatively to such knowledge the assertions of each of these alternatives have an equal probability".   

Il principio di indifferenza, volente o nolente, è stato usato efficacemente in una moltitudine di applicazioni, dal lancio di monete e giochi d'azzardo al conteggio delle configurazioni nella meccanica statistica. 
Ciò però non ha azzerato i dibattiti filosofici sulla sua applicabilità e correttezza; basti pensare proprio agli studi effettuati da Bertrand.
Scopriamo ora la versione originale del paradosso di Bertrand, di natura geometrica, che riportiamo nell'ottima descrizione effettuata da Boffetta e Vulpiani nel testo Probabilità in Fisica:

"Si consideri il problema: dato un cerchio di raggio unitario si disegni una corda a caso. Calcolare la probabilità che la lunghezza della corda sia maggiore di $\sqrt{3}$ (il lato del triangolo equilatero inscritto).

Prima risposta. Prendiamo un punto $P$ sul bordo del disco. Tutte le corde che partono da P sono parametrizzate da un angolo $\theta$, vedi Fig. 1.3a.



















Se si vuole che la corda sia più lunga di $\sqrt{3}$ l'angolo $\theta$ deve essere compreso in un settore di 60 gradi in un intervallo di 180, quindi la probabilità è 60/180 = 1/3.

Seconda risposta. Consideriamo un punto $P$ su un raggio e la corda passante per $P$ e perpendicolare al raggio, vedi Fig. 1.3b. La corda è più lunga di $\sqrt{3}$ se il suo centro $P$ è nella parte interna (di lunghezza 1/2), quindi poiché il raggio è 1 la probabilità è 1/2.

Terza risposta. Se il centro della corda cade nel disco di raggio 1/2 allora la corda è più lunga di $\sqrt{3}$, vedi Fig. 1.3c, poiché l'area di questo cerchio è π/4 mentre l'area totale è π, la probabilità è 1/4.

Qual è la risposta giusta? Semplicemente la domanda è mal posta, perché “si disegni una corda a caso” è decisamente troppo vago, ed in ognuna delle tre risposte c'è un'assunzione nascosta che sembra naturale, ma è invece arbitraria. Nella prima si è assunto che l'angolo $\theta$ sia uniformemente distribuito, nella seconda che il centro della corda sia uniformemente distribuito sul diametro, mentre nella terza che il centro della corda sia uniformemente distribuito all'interno del cerchio."

In altri termini, si è constatato come non esista un unico metodo di selezione, pertanto non esiste un'unica soluzione! 
Abbiamo nello specifico 3 soluzioni rinvenute da Bertrand corrispondenti a 3 diversi metodi di selezione e, qualora non ci venga fornita alcuna informazione aggiuntiva, l'unica conclusione logica è che non c'è un metodo (e dunque una soluzione) migliore di un altro.
Abbastanza recentemente, nel 2014, Diederik Aerts e Massimiliano Sassoli de' Bianchi hanno pubblicato un paper (cliccate qui per leggerlo) nel quale hanno mostrato che il paradosso di Bertrand contiene in fin dei conti 2 problemi diversi: un problema "facile" ed uno "difficile"!
Il problema "facile" può essere risolto formulando la domanda di Bertrand in termini sufficientemente precisi, permettendo in tal modo una modellizzazione non ambigua dell’entità soggetta al processo aleatorio.
Dopodiché, una volta risolto il problema "facile", gli studiosi hanno mostrato che si spiana così la strada alla risoluzione del problema "difficile", a patto che il principio di indifferenza venga applicato non ai risultati dell'esperimento, bensì ai diversi possibili “modi di selezionare” un'interazione tra l'entità sotto indagine e quella che ha prodotto la randomizzazione.
Concludiamo riportando il bel video sul paradosso di Bertrand presente sul canale YouTube Numberphile

 

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Fonti essenziali:

Probabilità in Fisica. Un'introduzione di Guido Boffetta e Angelo Vulpiani
- Kolmogorov. La dualità tra caos e determinismo di Manuel García Piqueras

venerdì 8 marzo 2024

I NUMERI NORMALI

Continua (purtroppo) ad essere di recente attualità il tema sociale di cosa sia e non sia normale, grazie specialmente alle dichiarazioni e pubblicazioni di un certo generale dell'esercito italiano ormai sulla bocca di tutti, a cui è stata data, a mio avviso, fin troppa visibilità.
Siamo arrivati nell'anno 2024 avendo compreso nel corso degli ultimi secoli che noi esseri umani e il pianeta Terra non siamo che granelli infinitesimi comparati alla vastità e alla complessità dell'Universo ed ancora stiamo qui a discutere polemicamente di cosa sia normale nel modo di essere (persino sin dalla nascita) e nel modo di vestirsi delle persone. 
Abbiamo scoperto grazie alla meccanica quantistica che, almeno a livello delle particelle, le leggi della fisica sono piene di "stranezze" (almeno dal punto di vista intuitivo dell'essere umano), dall'effetto tunnel al paradosso del gatto vivo/morto di Schrödinger, dall'entanglement all'introduzione di particelle ausiliarie "fantasma" (i ghost di Fadeev-Popov) necessarie per descrivere teorie di gauge non abeliane.
Insomma siamo giunti ad un punto in cui la fisica si è spinta ormai ben più in là della descrizione dei fenomeni che possiamo visivamente scorgere attorno a noi ogni giorno, svelandoci che non abbiamo bisogno necessariamente della fantascienza per restare stupefatti.
Siamo per fortuna pure pervenuti ad un punto in cui le donne (oggi si celebra la Giornata internazionale della donna) possono studiare ed affermarsi nelle discipline STEM, cosa che adesso diamo forse abbastanza per scontata ma per molto tempo non è stato così.

A Wikipedia representation for the theme "Women in STEM".















Donne come Sof'ja Kovalevskaja, Sophie Germain, Emmy Noether, Marie Curie, Rosalind Franklin, Hedy Lamarr, Rita Levi Montalcini, Margherita Hack (la cui vita è stata rappresentata solo pochi giorni fa su Rai 1 nel film Margherita delle stelle), Katherine Johnson, Jocelyn Bell, giusto per citarne alcune, con il loro talento, passione e forza di volontà hanno dimostrato che è assolutamente normale (e qui uso volutamente tale parola per rimarcare questo concetto) per una donna conquistare le più alte vette intellettive, fino ad allora riservate per stupido pregiudizio unicamente agli uomini.
In ogni caso ancora oggi si parla purtroppo del cosiddetto "effetto Matilda" e la battaglia per la sacrosanta parità tra uomini e donne è tutt'altro che terminata.
Il tema della diversità, talvolta ingenuamente correlato a quello della "normalità" (ne parlammo anche qui) come se ne fosse l'antitesi, è indubbiamente alla base stessa della ricerca scientifica.
A tal proposito, l'11 febbraio (in occasione della Giornata internazionale delle donne e ragazze nella scienza), l'account Twitter del Nobel Prize ha pubblicato un bel video con protagoniste due recenti vincitrici dell'ambito premio (la rappresentanza femminile per il suddetto prestigioso riconoscimento continua purtroppo ad essere molto scarsa, come potete leggere qui), Andrea Ghez e Carolyn Bertozzi, che discutono dell'importanza della diversità in modo generale ma anche focalizzandosi sul campo scientifico. 

E, nonostante questo, in politica, sui giornali e sui social si continua a discutere stupidamente della superiorità di un colore della pelle su un altro, di un orientamento sessuale su un altro, di essere nati senza patologie che comportano disabilità mentali e/o fisiche, ecc., pensando magari di creare nelle scuole classi separate per i "reietti anormali", "deviati", che disturberebbero l'equilibrio dei bambini e ragazzi "normali".
No, questa non è normalità, questa è semplicemente disumanità (ne abbiamo già parlato un po' qui)!
E se il cinema, la televisione e la letteratura osano dare spazio a tali delicate tematiche, non di rado si grida alla "cultura woke", all'indottrinamento (o fantomatica teoria del) gender (che scientificamente non esiste; le persone LGBT+ non vanno in giro a sparare "raggi gender" in grado di mutare i bambini, se non magari nella fervida immaginazione di qualche bigotto!).
Insomma si fa leva, quando fa comodo, su questioni statistiche per cui se c'è una minoranza qualsiasi che non rientra esattamente nei "canoni perfetti e consolidati" del paese o della società in questione, ma indubbiamente esiste, in realtà secondo certe persone non dovrebbe esistere ed essere rappresentata, così come le donne un tempo non dovevano poter addirittura votare!
Non ci facciamo problemi a dar spazio a supereroi, vampiri, streghe, ecc., che non esistono, ma non appena ci si ritrova a rappresentare la diversità che sussiste nella realtà di tutti i giorni si grida allo scandalo, si arriva a richiedere addirittura la censura (sì, non molto tempo fa, proprio qui in Italia, si è arrivati a chiedere la censura persino di Peppa Pig per la presenza di una coppia formata da 2 mamme in un episodio su gli oltre 300 da cui è composta la serie).
Recentemente ho avuto modo di guardare un film italiano, Nata per te, che racconta la storia vera di un giovane omosessuale, Luca Trapanese, il quale ha deciso, tra mille battaglie contro le difficoltà poste dal retrogrado sistema giuridico italiano, di adottare una bambina affetta da sindrome di Down e che nessuna delle cosiddette "coppie normali" voleva. Un piccolo gioiellino di film che fa riflettere non solo sul tema della diversità in modo ampio, ma pure su quello di cosa sia l'umanità stessa.
Se questa premessa serve per ricordarci che in un contesto sociale l'espressione "non normale", "anormale", possa essere spesso offensiva e totalmente fuori luogo, in un contesto di matematica pura la normalità può avere una connotazione totalmente diversa, che possiamo descrivere senza offendere gratuitamente nessuno.
In questo post parleremo infatti brevemente di numeri normali.
La definizione di numero normale è abbastanza semplice.
Consideriamo una certa base $b$. Diciamo che un numero è normale nella suddetta base se sviluppandolo in tale base tutte le cifre appaiono con la stessa frequenza $\frac{1}{b}$, tutte le coppie di cifre appaiono con frequenza $\frac{1}{b^2}$ e, generalizzando, qualsivoglia $n$-upla compare con frequenza $\frac{1}{b^n}$.
In altre parole, qualsiasi successione finita di cifre costituente un numero normale si presenta con la stessa frequenza di una sequenza totalmente casuale.
Beh tutto questo richiama un po' la celebre definizione frequentista della probabilità, per cui se per esempio lanciamo una moneta un gran numero di volte, circa la metà dei lanci ci restituirà testa e l'altra metà croce.
Il concetto di numero normale risale al 1909, quando il matematico e politico francese Émile Borel lo introdusse al fine di caratterizzare le cifre di un famosissimo numero, il pi greco $\pi$ (ricordiamo che il 14 marzo si celebra il Pi Day), che appunto sembravano possedere le peculiarità di una stringa casuale di cifre.
Borel fece in particolare uso del cosiddetto lemma di Borel-Cantelli (Francesco Paolo Cantelli fu un matematico italiano che fornì rilevanti contributi alla teoria della probabilità, ma pure alla meccanica celeste), dimostrando che quasi tutti (in parole povere in matematica ciò significa tutti, eccetto delle quantità praticamente trascurabili) i numeri reali sono normali!
Questo non significa che si possano incontrare numeri normali facilmente. Per esempio i numeri razionali non possono essere normali in tutte le basi.
E poi, ritornando a $\pi$, si suppone generalmente che esso sia un numero normale, ma ciò non è ancora stato dimostrato rigorosamente.
Il primo numero effettivamente normale in qualsivoglia base (spesso numeri del genere vengono detti "assolutamente normali") fu rinvenuto dal matematico polacco Wacław Franciszek Sierpiński nel 1916 (la pubblicazione del paper in cui esso è contenuto risale però al 1917). 
Si legga (cliccando qui) questo interessante articolo di Becher e Figueira per saperne di più circa il risultato ottenuto da Sierpiński.
Sicuramente normale è pure, in base 10, la costante di Champernowne, di cui avevamo già parlato in dettaglio qui
Un altro numero certamente normale, sempre in base 10, è la costante di Copeland-Erdős (0,235711131719232931374143…), la quale prende la propria denominazione dai matematici Arthur Herbert Copeland e Paul Erdős (quest'ultimo spesso noto non solo per i suoi rilevanti contributi matematici, ma pure per lo scherzoso concetto di numero di Erdős), i quali nel 1946 dimostrarono appunto la "normalità" di tale costante.
Si osservi che sia la costante di Champernowne sia quella di Copeland-Erdős sono numeri costruiti artificialmente.
Come per il pi greco, resta ipotetica invece la "normalità" di altre rilevanti costanti quali $\sqrt{2}$, $e$, $\ln 2$.
A dir la verità, non è stato nemmeno dimostrato che tutte le cifre effettivamente ricorrano un numero infinito di volte nelle espansioni decimali delle suddette costanti.
Insomma fare ricerca inerente ai numeri normali è cosa tutt'altro che banale! 
Per concludere, vi propongo due video.
Nel primo trovate una bella spiegazione, relativa al pi greco e sulla possibilità, già qui anticipata, che possa essere normale, da parte del docente, blogger (chi segue i Carnevali della Matematica sa bene che il suo blog è Mr. Palomar) e divulgatore scientifico Paolo Alessandrini.

 

Il secondo è la celebre canzone I Am What I Am, tratta dal musical del 1983 La Cage aux Folles, nella maestosa interpretazione di Shirley Bassey, canzone la quale ci ricorda che ognuno è quello che è, con le sue differenze, piccole o grandi che siano, di cui non bisogna vergognarsi perché alla fine la vita è una soltanto.