mercoledì 15 settembre 2021

THE UNTAMED E IL POTERE DELLA MUSICA

Come ben sapete, il blog Scienza e Musica è essenzialmente dedicato a post di divulgazione scientifica e/o musicale. 
Qualche mese fa, tuttavia, c'è stata l'occasione di affrontare per la prima volta un post di recensione, in particolare di una serie anime molto intensa, ovvero Banana Fish (cliccate qui per leggerlo).
Quello con le recensioni non sarà un appuntamento frequente, ma nel momento in cui ci sarà un'occasione notevole magari legata a qualcosa di scientifico-matematico o musicale, non faranno mancare la loro presenza.
Il presente post deriva dalla visione di una spettacolare serie televisiva cinese del 2019 di 50 episodi, intitolata The Untamed (o Chen qing ling), vincitrice di numerosi premi.

Essa è un adattamento del romanzo fantasy Mó dào zǔ shī, scritto dall'autrice Mò Xiāng Tóng Xiù nel 2015, ambientato in una Cina antica, da cui è stato tratto pure un manhua/dònghuà, cioè un manga/anime cinese.
Un adattamento quello di The Untamed, aggiungiamo, non esente da censure (dovute alle dure ed assurde leggi cinesi relative alle rappresentazioni aventi tematiche LGBT), dato che il romanzo originale contiene un'esplicita storia d'amore tra i due protagonisti maschili, mentre la serie tv mantiene il tutto su un livello puramente platonico, ma non banale.
Ma sintetizzare The Untamed come la storia d'amore (platonico) tra due protagonisti sarebbe assolutamente ridicolo, al di là della deprecabile censura attuata.
Per comprendere ciò, presentiamo innanzitutto una brevissima sintesi (senza grossi spoiler) degli aspetti peculiari della trama, per poi condurre un'analisi di alcune tematiche rilevanti affrontate nella serie e comprendere il grossissimo ruolo giocato dalla musica!
L'inizio della storia è in medias res, nel senso che ci viene presentata sin dal primo episodio una scena molto intensa riguardante i 2 protagonisti, Wei Wuxian (interpretato dall'attore e cantante Xiao Zhan) e Lan Wangji (interpretato dall'attore e cantante Wang Yibo).
Il primo infatti sembrerebbe morire, per poi "resuscitare" 16 anni dopo, ripresentandosi in mezzo alla gente facendosi chiamare Mo Xuanyu e indossando una maschera per evitare di essere riconosciuto.
Le prime puntate potrebbero sembrare un po' confusionarie alla primissima visione, ma tutto diverrà molto chiaro col proseguire della serie.
Infatti, dopo pochi episodi iniziali, incomincia un lunghissimo e meraviglioso flashback che ci permette di comprendere tutti i dettagli e il perché si arrivi alle scene presentate nelle prime puntate.
Un altro aspetto che inizialmente potrebbe confondere un po' lo spettatore è l'uso frequente di nomi diversi che vengono utilizzati per riferirsi ad un medesimo personaggio.
C'è infatti da sapere che tutti i personaggi fondamentali di The Untamed appartengono ad una società suddivisa in clan, alcuni più importanti, altri meno, e ci si può rivolgere alle persone con i propri nomi più formali o quelli più diretti, oltre a vari appellativi tipici.
Per esempio Wei Wuxian è spesso chiamato Wei Gongzi, dove l'appellativo "Gongzi" significa in cinese "giovane maestro", mentre Lan Wangji (Lan è il nome di uno dei clan principali) viene spesso chiamato Lan Zhan.
Tutti i clan principali sono formati da membri più o meno abili nel combattimento, ma il potere non deriva tanto dalla forza fisica bensì dalla cosiddetta "coltivazione spirituale", che consente di sviluppare delle facoltà sovrannaturali ed è anche il motivo per cui molti personaggi non sembrano invecchiare.
Opere che affrontano un tale tipo di tematica vengono in particolare dette appartenenti al genere Xiānxiá.
Il flashback ci consente di capire pure che il protagonista, Wei Wuxian, ha avuto un'infanzia travagliata dalla morte dei genitori ed è stato accolto come discepolo in uno dei clan più illustri, ossia il clan Jiang.
Il rapporto di Wei Wuxian con la sorella acquisita, Jiang Yanli, sarà strettissimo, commovente, mentre quello con il fratellastro, Jiang Cheng, non sarà sempre così roseo e rappresenterà uno dei nodi centrali di molte disavventure e fraintendimenti.
L'altro legame fondamentale è naturalmente quello con Lan Zhan.
I due si conoscono quando il giovane Wei Wuxian si reca nella dimora del clan Lan per compiere l'addestramento nella coltivazione spirituale.
Inizialmente essi appaiono come due personalità diametralmente opposte, come il giorno e la notte.
Wei Wuxian ha un carattere allegro, solare e tende a non curarsi molto delle regole, mentre Lan Wangji appare freddo, glaciale, impassibile, totalmente rispettoso delle rigide regole (ben 3000) del suo clan.
Le delicate vicende che si susseguiranno nel corso degli episodi, dovute a tematiche quali la sete di potere perseguita senza scrupoli (rappresentata in particolare da un oggetto misterioso chiamato metallo Yin) e la vendetta, porteranno man mano non solo ad un'evoluzione caratteriale dei due protagonisti, ma a tanti colpi di scena, intrighi e momenti che faranno riflettere su tutto ciò che si è visto in precedenza.
Tuttavia il tema che forse più di tutti colpisce in The Untamed è la riflessione sul concetto di bene e male.
La riflessione che tutta la serie porterà a compiere sta nel fatto che non si possano categorizzare il bene e il male come delle caratteristiche nette, ben definite, come il nero e il bianco, senza alcuna sfumatura.
Ci possono infatti essere delle persone (anche nella realtà quotidiana) che all'apparenza dimostrano un atteggiamento di pura bontà e generosità, ma che nascondono dietro esso un fine crudele e spietato; d'altro canto possono esistere delle persone i cui atteggiamenti un po' irruenti, anticonvenzionali, "arroganti", ma con un buon fine, vengono interpretati come azioni inqualificabili o addirittura come il male assoluto a cui dare la caccia.
Il personaggio di Wei Wuxian è quello che più di tutti fornisce l'emblema perfetto dell'ultima considerazione.
Costui si ritroverà ad essere una sorta di sacco da boxe su cui (quasi) tutti quanti scaricheranno colpe da costui non commesse e a dover portare sulle spalle un peso colossale, nonostante molte delle sue scelte di vita siano state compiute per aiutare gli altri, rimettendoci egli stesso.
La serie è dunque colma di momenti assai intensi, intervallati da momenti divertenti e da belle scene di combattimento.
Le ambientazioni e i costumi sono spettacolari, ma c'è un elemento assolutamente notevole su cui, come anticipato, è necessario focalizzarsi: la musica!

mercoledì 8 settembre 2021

L'ABC DEL PATH INTEGRAL E DEL WORLDLINE FORMALISM

Abbiamo già avuto modo in passato di accennare brevissimamente al concetto di path integral (o, se volete, integrale sui cammini) qui.
Dato che in questo periodo sto lavorando ad una tesi (che magari condividerò qui in futuro) assai attinente a tal concetto, volevo provare a fornire ai lettori del blog un'introduzione a tale importante nozione leggermente più ampia di quanto precedentemente fatto, che si focalizzi sugli aspetti che non richiedono immensi prerequisiti per la comprensione ed anche sull'interessante origine storica di tale concetto, oltre che su uno sviluppo relativamente recente come il worldline formalism.
Incominciamo dicendo che l'approccio della meccanica quantistica basato sui path integrals venne sviluppato da Richard Feynman (1918-1988) nella sua tesi di dottorato del 1942, scritta sotto la supervisione nientemeno che di John Archibald Wheeler (1911-2018), noto, tra le altre cose, anche per aver coniato nel 1967 il termine "buco nero".
Alcuni anni dopo, Feynman pubblicò un articolo fondamentale (Space-time approach to non-Relativistic Quantum Mechanics, datato 1948) e pure un celebre libro, assieme ad Albert R. Hibbs (Quantum Mechanics and Path Integrals, datato 1965), circa la suddetta tematica.
Il grande merito di Feynman in tal ambito fu quello di riuscire a dar vita a una formulazione della meccanica quantistica in cui lo "spazio-tempo" giocasse un ruolo essenziale e non solo lo spazio di Hilbert, come nella versione tradizionale della meccanica quantistica.
Il fondamento di tale approccio innovativo si basava su un concetto già ben noto in meccanica classica, ovvero quello di azione, che in termini matematici è un funzionale (abbiamo già parlato qui di tale nozione). 
In simboli possiamo scrivere l'azione $S[x(t)]$ come:






dove $x(t)$ denota una qualsivoglia traiettoria (non necessariamente classica) compresa tra $(x_0, t_0)$ e $(x_1, t_1)$, $\dot{x}(t)$ è la derivata rispetto al tempo di $x(t)$, mentre $\mathcal{L}$ è la Lagrangiana del sistema.
Feynman pervenne nello specifico alla seguente formula fondamentale:





Messa così, alla stregua di un inizio in medias res letterario, il lettore non troppo esperto potrebbe non capire molto dell'ultima rilevante equazione.
Don't worry, procediamo con calma!
L'esponenziale in questione lo avete già visto in forma molto simile nel vecchio post; l'unica differenza qui è che manca totalmente la presenza della costante di Planck $\hbar$.
Perché?  
No, non è che a Feynman stesse antipatico Planck e abbia deciso di trollare tutta la comunità scientifica eliminando la celebre costante universale; semplicemente, in certi ambiti della fisica teorica (come la teoria quantistica dei campi), non è così insolito ricorrere alle cosiddette unità naturali, cioè porre per esempio la semplificazione (senza perdita di generalità) $c = \hbar = 1$, cosa che rende più compatte le formule in cui originariamente compare la velocità della luce $c$ e la costante di Planck $\hbar$.
In altre parole, il vero esponenziale precedente sarebbe $e^{\frac{i}{\hbar}S[x(t)]}$, ma, avendo posto $\hbar = 1$, si riduce semplicemente a ciò che leggete sopra.
Passiamo ora a $\mathcal{D}[x(t)]$. Che diavolo rappresenta?
Innanzitutto, il fatto che sia un'espressione che ha un argomento racchiuso tra parentesi quadre dovrebbe subito farvi intuire che si tratta di un funzionale (se fosse stata una tradizionale funzione avreste letto $\mathcal{D}(x(t))$.
Diciamo che complessivamente l'espressione $\int_{(x_0,t_0)}^{(x_1,t_1)} \mathcal{D[x(t)]}$ indica un'integrazione funzionale corrispondente approssimativamente ad una somma su tutte le traiettorie comprese tra $(x_0,t_0)$ e $(x_1,t_1)$.
Ciò che generalmente si fa con la formula fondamentale fornita in precedenza è inserire una traiettoria in $e^{iS[x(t)]}$, calcolare tale quantità e "sommare" ciò alla medesima espressione con una traiettoria differente e continuare in tal modo per tutte le traiettorie comprese tra $(x_0,t_0)$ e $(x_1,t_1)$.
Questo discorso dovrebbe rendere palese il motivo per cui tale metodo si chiama integrale sui cammini (path integral).
Rimane da capire cosa sia $\mathcal{K}(x_1,t_1; x_0,t_0)$. 
Qui dovrete purtroppo accontentarvi di sapere che il suddetto oggetto matematico si chiama propagatore ed è l'analogo della funzione di Green che troviamo spesso nell'ambito dell'elettrodinamica. 
Si potrebbe infatti dimostrare la relazione strettissima (sono praticamente la stessa cosa) sussistente tra propagatore e funzione di Green, ma ciò andrebbe ben oltre gli scopi divulgativi del presente post.
Chiaramente si potrebbe anche fornire una derivazione rigorosa (per esempio sfruttando la cosiddetta formula di Trotter) della formula fondamentale fornita precedentemente in modo secco, ma anche ciò oltrepassa il livello di trattazione che ci siamo qui prefissati.
Un'interpretazione maggiormente "concreta" e divulgativa del concetto di path integral si deve allo stesso Feynman, che nel libro del 1965 prima citato ha fatto riferimento al famoso esperimento della doppia fenditura e lo ha generalizzato a un sistema di schermi con un numero infinito di fenditure aperte e chiuse.
Se adesso volessimo calcolare l'ampiezza di transizione (in parole semplici, la grandezza che caratterizza il passaggio da un certo stato quantico iniziale ad uno finale) da un certo $x_0$ ad $x_1$, cioè la funzione d'onda $\psi_{x_0,x_1}$, allora dovremmo scrivere

$\psi_{x_0,x_1} = \sum_{(\mathrm{cammini})} \psi_{cammino},$

dove "cammino" serve ad etichettare l'ampiezza associata ad una configurazione di schermi con solo una fenditura aperta attraverso cui il cammino passa.
Naturalmente, alla fine i cammini possibili saranno tutti quelli tra $x_0$ e $x_1$ perché stiamo assumendo che gli schermi abbiano infinite fenditure.
Tutto ciò fornisce pertanto un'interpretazione fisica del perché i cammini, anche se li trattiamo solo come dei simboli o etichette, contribuiscono alle ampiezze di transizione.
Vediamo una splendida illustrazione tratta da Wikipedia:









 


Ora che i rudimenti essenziali della nozione di path integral dovrebbero esservi (spero) abbastanza chiari, è interessante compiere un breve resoconto storico della provenienza del suddetto concetto, che sarebbe assolutamente sbagliato associare soltanto al nome di Feynman, nonostante i suoi indiscussi straordinari meriti.