sabato 8 ottobre 2022

L'EQUAZIONE DI LANE-EMDEN

Il presente post è dedicato a un'equazione rilevante in ambito astrofisico: l'equazione di Lane-Emden.
L'ispirazione nel voler approfondire tale tematica è venuta tempo fa leggendo su Twitter uno splendido thread di Nereide, alias la Prof.ssa Annarita Ruberto, che riguardava l'affascinante nebulosa oscura Barnard 68.
Infatti, nel thread (che potete leggere cliccando qui) ho trovato il riferimento ad un paper di ricerca astrofisica, di Burkert ed Alves, nella cui appendice si discute brevemente di una forma speciale della sopracitata equazione utile in quel contesto specifico.
Cerchiamo dunque di scoprire il più dolcemente possibile (maggiori dettagli possono essere reperiti nella bibliografia in fondo al post) l'interessante equazione di Lane-Emden.
Per cominciare dobbiamo fare alcune considerazioni di natura idrostatica.
Agli inizi del XX secolo il problema della struttura interna e dell'evoluzione futura del Sole costituiva un vasto ambito di ricerca.
Tuttavia, nonostante non fossero ben chiare le origini del "potere radiativo" della nostra stella (fondamentale fu il contributo, nel contesto della fusione nucleare, di Hans Bethe, nel 1939, con l'introduzione della famosa catena protone-protone), questo non impedì di risolvere equazioni inerenti alla sua struttura interna.
Infatti, il primo contributo in tal direzione giunse da parte dell'astronomo statunitense Jonathan Homer Lane (1819-1880).
Le sue ricerche (condensate nell'articolo "On the theoretical temperature of the Sun, under the hypothesis of a gaseous mass maintaining its volume by its internal heat, and depending on the laws of gases as known to terrestrial experiment", datato 1869) hanno infatti dimostrato le relazioni termodinamiche tra pressione, temperatura e densità del gas all'interno del Sole.
Il punto essenziale della questione risiede nel fatto che la configurazione statica di una sfera gassosa (come il Sole o una qualsivoglia generica stella), tenuta insieme dall'autogravità, deve soddisfare la condizione di equilibrio idrostatico:

$\nabla p = - \rho g$,

dove $p$ è la pressione (che ricordiamo essere una quantità scalare), $\rho$ è la densità, $g$ è l'accelerazione di gravità e $\nabla$ è, come sempre, l'operatore nabla che applicato a $p$ fornisce il gradiente di pressione $\nabla p$.
In pratica tale equazione ci dice che la pressione ad ogni punto nell'interno di una stella è sufficiente per bilanciare il peso degli strati sovrastanti. 
Tenendo ora conto della legge di gravitazione universale possiamo scrivere che

$g = G \frac{M_r}{r^2}$,

in cui $G$ è la costante di gravitazione universale ed $M_r$ è la massa contenuta entro la sfera avente raggio $r$.
Tale massa è in particolare fornita da:

$M_r = \int_0^r 4 \pi \, r^{'2} \rho(r') \,  \mathrm{d}r'$.

L'equilibrio meccanico di una stella può pertanto essere riassunto nelle seguenti 2 equazioni differenziali:

$\nabla p = - G \frac{\rho M_r}{r^2}$

$\frac{\mathrm{d}M_r}{\mathrm{d}r} = 4 \pi \, r^2 \rho$. 

Esse si possono condensare nell'unica equazione:

$\rho = - \frac{1}{4 \pi G r^2} \frac{\mathrm{d}}{\mathrm{d}r} \left ( \frac{r^2}{\rho} \frac{\mathrm{d}p}{\mathrm{d}r} \right )$.

La suddetta equazione differenziale contiene entrambe le variabili fisiche $p$ e $\rho$, per tal ragione non è sufficiente a risolvere il problema del modello dell'interno di una stella.
Soltanto attraverso l'utilizzo di una relazione funzionale tra le 2 variabili, relazione per forza approssimata, si può ricavare una soluzione del problema.
Un tipico esempio di questo modo di procedere è proprio dato dalla soluzione di Lane-Emden, la quale si ottiene supponendo che l'equazione di stato barotropica (ovvero la relazione $p$-$\rho$) sia una relazione politropica del tipo

$p = K \, \rho^{1+ \frac{1}{n}}$,

ove $K$ è una costante di proporzionalità (dipendente dalla natura del fluido politropico), mentre $n $ denota il cosiddetto indice politropico.
Come spiegò il famoso fisico indiano (premio Nobel nel 1983) Subrahmanyan Chandrasekhar (1910-1995) nel suo brillante testo, datato 1939, Introduction to the Study of Stellar Structure, "Le trasformazioni politropiche furono inizialmente introdotte in termodinamica da G. Zeuner e sono state ampiamente utilizzate da Helmholtz e, in particolare, da Emden".
Un'interessante curiosità: l'astrofisico svizzero Jacob Robert Emden (1862-1940), tra i fondatori nel 1930 e redattore della rivista Zeitschrift fur Astrophysik, fu il marito di Klara Schwarzschild, sorella del celebre fisico tedesco Karl Schwarzschild (1873-1916), noto per i suoi fondamentali contributi inerenti alla relatività generale e, in particolare, per il concetto di raggio di Schwarzschild nello studio dei buchi neri.
Tornando al nocciolo della narrazione, dato che la trasformazione politropica (il suddetto termine tecnico venne utilizzato per la prima volta proprio da Emden nella sua opera Gaskugeln del 1907) deve essere in equilibrio idrostatico, ne consegue che la distribuzione di pressione e densità deve essere consistente con l'equazione dell'equilibrio idrostatico e con la legge di conservazione della massa.
Nel dettaglio, se riprendiamo la nostra equazione dell'equilibrio idrostatico (esplicitando $\nabla p$ come $\mathrm{d}p/\mathrm{d}r$)

$\frac{\mathrm{d}p}{\mathrm{d}r} = - \rho g = - \rho G \frac{M_r}{r^2}$

e adesso dividiamo tutto per $\rho$, moltiplichiamo tutto per $r^2$ e consideriamo la derivata rispetto ad $r$ in entrambi i membri dell'equazione, otteniamo la seguente formula:

$\frac{\mathrm{d}}{\mathrm{d}r} \left ( \frac{r^2}{\rho} \frac{\mathrm{d}p}{\mathrm{d}r} \right ) = - G \frac{\mathrm{d}M_r}{\mathrm{d}r} = - 4 \pi G r^2 \rho$.

Essa può essere riscritta come

$\frac{1}{r^2} \frac{\mathrm{d}}{\mathrm{d}r} \left ( \frac{r^2}{\rho} \frac{\mathrm{d}p}{\mathrm{d}r} \right ) = - 4 \pi G \rho$.

Questa è l'equazione di Poisson per il potenziale gravitazionale!
Per convincersene, è sufficiente ricordare che

$g = \frac{\mathrm{d} \Phi}{\mathrm{d}r} = G \frac{M_r}{r^2}$,

ove $\Phi$ denota il potenziale gravitazionale, e far riferimento al fatto che

$\frac{\mathrm{d}p}{\mathrm{d}r} = - \frac{G M_r}{r^2} \rho$.

Infatti, con pochi semplici passaggi si arriva alla celebre formula

$\nabla^2 \Phi = 4 \pi G \rho$,

ossia l'equazione di Poisson per il potenziale gravitazionale nell'usuale formalismo con il laplaciano del potenziale $\nabla^2 \Phi$.
Per capire l'origine storica e matematica del concetto di potenziale vi consiglio di leggere un post d'archivio cliccando qui
Se avete visionato il link appena fornito vi sarete resi conto come l'equazione di Poisson non sia altro che una generalizzazione dell'equazione di Laplace.
Vorrei aggiungere qui che l'equazione di Poisson, specialmente nell'ambito dell'elettrostatica, cioè $\nabla^2 \phi = - \frac{\rho}{\varepsilon}$ (ove $\phi$ è il potenziale elettrico, $\rho$ è la densità di carica ed $\varepsilon$ è la permittività elettrica), ha un'importanza cruciale.
Il suo ruolo è per esempio essenziale quando vogliamo studiare strutture formate da semiconduttori (alla base dei moderni dispositivi elettronici a stato solido), come la nota giunzione p-n (ma anche strutture più complesse), e arrivare a determinare il campo elettrico ed il potenziale elettrico ivi presente.