"La musica è il piacere che la mente umana prova quando conta senza essere conscia di contare" (Gottfried Wilhelm von Leibniz)
"Nonostante tutta l'esperienza che io possa aver acquisito nella musica per il fatto di essermi associato tanto a lungo con essa, devo confessare che solo con l'aiuto della matematica le mie idee si sono chiarite" (Jean-Philippe Rameau)
"La musica non può progredire senza l'ausilio della scienza" (Pierre Boulez)
Tre citazioni che evidenziano in modo perfetto lo stretto rapporto che intercorre tra musica e matematica, una relazione già scoperta in tempi antichi da Pitagora, come racconta ad esempio Giamblico nella sua Vita di Pitagora.Un giorno Pitagora, mentre passeggiava nella città di Crotone seguito dai suoi discepoli, capitò di fronte alla bottega di un fabbro ferraio e si fermò ad ascoltare i suoni dei martelli che battevano sulle incudini.
Il filosofo si accorse che alcuni di questi suoni stavano bene insieme (ossia erano consonanti), mentre altri no (dissonanti). Abbiamo parlato in maniera approfondita di consonanza e dissonanza in musica nell'articolo "Helmholtz e la dissonanza".
Curioso di comprendere perché avvenisse questo singolare fenomeno, entrò e incominciò a fare esperimenti.
Innanzitutto prese 2 martelli di peso identico, li batté sull'incudine e si rese conto che producevano il medesimo suono.
Poi afferrò altri 2 martelli, questa volta di peso differente: il primo pesava il doppio del secondo.
Battendoli su un'incudine, si rese conto che la nota prodotta era sempre la stessa, tuttavia a 2 altezze differenti (nello specifico, a una distanza che oggi viene chiamata ottava, l'intervallo più armonioso).
Nella successiva prova un martello pesava una volta e mezzo l'altro, dunque si aveva un rapporto dei pesi pari a 3:2.
I suoni furono differenti e in particolare produssero ciò che oggi viene chiamato intervallo di quinta.
I successivi esperimenti produssero ulteriori intervalli musicali.
Quello che Pitagora aveva scoperto era un vero e proprio ponte tra la musica, disciplina che apparteneva al mondo delle arti, e il mondo fisico, un ponte rappresentato dalla matematica!
Risulta necessario specificare che nel 1589 Vincenzo Galilei, padre di Galileo, nell'opera Discorso intorno alle opere di Messer Zarlino da Chioggia, fece notare che le leggi dell'armonia enunciate da Pitagora sono valide solamente per le lunghezze delle corde, ma non per i pesi, che devono invece essere quadrati.
I giusti rapporti numerici tra i suoni sono elencati in questa tabella:
Pitagora avrebbe dovuto accorgersi che per i pesi non valevano le stesse leggi che sussistevano per le corde.
Ciò fa capire che quanto racconta Giamblico potrebbe non essere del tutto veritiero (per maggiori approfondimenti sulla questione si veda qui)!
Vero però è il fatto che alla base della musica ci sia la matematica!
In questo post andremo ad analizzare un po' di relazioni che sussistono tra 2 mondi apparentemente così distaccati quali quello della musica e quello della matematica.
Così come la Chimica ha gli atomi, anche la musica si basa su dei "mattoncini" fondamentali: le note.
Ogni nota viene percepita come una certa altezza con una specifica frequenza acustica.
L'altezza percepita di un suono aumenta appunto all'aumentare della frequenza delle vibrazioni acustiche.
Le note, suonate in successione, creano una melodia, mentre suonate simultaneamente generano armonia.
La qualità soggettiva di una nota, o meglio, lo strumento musicale che richiama con il suo suono, viene detto timbro.
La durata delle note e gli intervalli temporali tra una nota e l'altra vanno a determinare invece il ritmo della musica.
Le note sono in effetti degli indicatori temporali; ogni nota può infatti avere una sua durata che viene espressa attraverso una diversa figura musicale.
Così come nel pentagramma l'altezza a cui è posizionata la nota ne indica la frequenza, allo stesso modo il simbolo mediante il quale la nota viene indicata ne esprime la durata.
Piccola segnalazione matematica: come si può facilmente constatare, il valore di durata di una certa nota è fornito dalla successione
con n numero intero non negativo.
Bisogna precisare che la durata di una nota non è assoluta, cioè non indica un intervallo di tempo assoluto (espresso per esempio in secondi), bensì relativa alla durata delle altre note.
Per determinare la durata effettiva delle note, occorre stabilire un tempo, il quale solitamente si esprime in battiti per minuto (bpm).
In uno spartito musicale, la durata di una nota può essere estesa semplicemente ponendo dei puntini alla destra della nota stessa.
In particolare, il punto ne allunga la durata della metà del valore della nota stessa o, in altri termini, va a moltiplicare la durata originaria per 3/2.
Consideriamo ad esempio il caso di una nota semiminima, il cui valore di durata è pari a 1/4.
Quando la semiminima è seguita da un punto, come nell'immagine che segue
il suo valore di durata aumenta appunto della metà del valore di quello originario.
Ergo, la nuova durata sarà semplicemente data da 1/4 + 1/8 = 3/8.
Che cosa succede però se i punti diventano 2?
La risposta è molto semplice: si va ad aggiungere a questa somma 1/4 della durata originaria della nota.
In pratica si ha 1/4 + 1/8 + 1/16 = 7/16.
È facile intuire che nel caso di 3 puntini si debba andare ad aggiungere a tale somma 1/8 della durata originaria: 1/4 + 1/8 + 1/16 + 1/32 = 15/32
Questa somma può essere riscritta in modo equivalente raccogliendo la durata originaria
In generale, dunque, si osserva che una nota di durata originaria d seguita da m punti avrà una durata pari a:
Alcuni potrebbero aver riconosciuto questa particolare serie; trattasi infatti della serie geometrica, di cui abbiamo parlato qui.
Se ricordate, in quel post avevamo provato (mediante il principio di induzione) che una serie geometrica si potesse riscrivere anche nel modo che segue:
Pertanto nessuno ci vieta di scrivere la nostra serie relativa alla durata delle note così:
Svolgendo qualche calcolo:
La suddetta formula mostra che la durata di una nota seguita da m punti tende a 2d al tendere di m all'infinito.
Infatti, il seguente limite è proprio uguale a 2:
Quindi il valore di dm deve sempre essere più piccolo di 2d.
Proviamo a sfruttare la formula ricavata per calcolare una certa durata.
Immaginiamo di essere in un contesto in cui una nota semibreve ha una durata di 2 battiti del metronomo.
Vogliamo sapere ad esempio qual è la durata di una semicroma seguita da 3 puntini. Come dobbiamo procedere?
Determiniamo innanzitutto la durata della semicroma senza punti.
Il suo valore d è pari a 1/16 della durata della semibreve, dunque 1/16 di 2, ovvero 1/8.
Ora ponendo il nostro numero di punti m = 3, la formula ci restituisce:
Ergo, la durata di una semicroma con 3 punti è pari a 15/64 di un battito.
Come abbiamo già visto, suonare contemporaneamente 2 note produce un certo distacco di frequenze tra esse, un intervallo.
Il palese carattere matematico della musica spinse i pitagorici a cercare di determinare numericamente l'armoniosità dei vari intervalli musicali, basandosi sull'ipotesi che essa fosse tanto maggiore, quanto minori erano i numeri coinvolti.
Nello specifico, al rapporto armonico a/b veniva associato un coefficiente di armoniosità
che equivaleva a 1 nel caso dell'ottava, a 3 per la quinta e a 5 per la quarta.
La progressione crescente rendeva bene l'idea di un progressivo allontanamento dall'armonia!
Nel II secolo d.C. l'astronomo Claudio Tolomeo criticò il sistema pitagorico nel suo Trattato sull'armonia.
La critica non era tuttavia rivolta, come ci si potrebbe aspettare, al fatto che sia assurdo tentare di dare una quantificazione numerica di un fattore estetico come l'armonia.
L'aspro giudizio di Tolomeo era invece dovuto al fatto che i pitagorici, invece di procedere con un'assegnazione in un certo senso assoluta dei numeri, si erano basati sulla supposizione che i rapporti dovessero essere ridotti ai minimi termini e quindi sulla loro rappresentazione frazionaria.
L'idea di valutare matematicamente la bellezza della musica venne ripresa nel 1739 nientemeno che dal grande matematico svizzero Eulero.
Costui, nel Saggio sulla nuova teoria della musica, cercò di giustificare una versione aggiornata di tale teoria, sostenendo che il piacere deriva dallo scoprire leggi e ordine, e che un rapporto è tanto più facilmente scopribile (e quindi il rispettivo accordo tanto più piacevole) quanto minori sono i numeri coinvolti.
Una sua prima proposta fu quella di identificare il grado di armonia di un intervallo misurato attraverso un rapporto a/b, ridotto ai minimi termini, con il minimo comune multiplo di a e b.
Una grossa cantonata!
Infatti, basta, per esempio, assegnare 20 all'intervallo di terza e 12 alla quarta per avere come risultato una quarta più armoniosa della terza, un'assurdità!
Inoltre, a rapporti come 21/10, 201/100, 2001/1000, ecc., che tendono all'ottava, Eulero assegnava gradi via via maggiori, che tendono all'infinito, non all'ottava.
Una seconda idea di Eulero fu quella di decomporre il prodotto a ∙ b in fattori primi:
e di assegnare al rapporto a/b il numero:
In particolare, alla terza, alla quarta e alla quinta vengono adesso assegnati i gradi 7, 5 e 4, ma la quarta continua ancora ad essere più armoniosa della terza secondo questa visione!
Ciò dimostra che anche i "mostri" della matematica come Eulero qualche volta commettono colossali sbagli.
Per concludere la nostra trattazione, riporto uno splendido passo sul rapporto tra musica e simmetria dal libro Il disordine perfetto di Marcus du Sautoy:
"Bach usava spesso la simmetria come una scorciatoia per evitare di dover scrivere per esteso un intero spartito. Per esempio, nei canoni alla quarta e alla quinta delle Variazioni Goldberg, la seconda voce è una riflessione orizzontale (un'inversione) della frase di apertura. Per indicare che la seconda voce dev'essere suonata in modo inverso, Bach include semplicemente una seconda chiave all'inizio del pezzo, ma la scrive capovolta...Uno dei modi più palesi in cui Bach incorporava la simmetria nelle sue opere consisteva in una forma nota come il canone retrogrado (o "cancrizzante"), di cui si servì in un'altra raccolta di pezzi nota come l'Offerta musicale. In questo caso, una voce esegue un brano dall'inizio alla fine, mentre la seconda voce inizia dall'ultima nota e lo esegue all'indietro. Dipende naturalmente dall'arte del compositore essere in grado di trovare anche solo una singola riga che possa essere suonata in questo modo retrogrado. Siamo di fronte a una sorta di palindromo musicale. Alcuni musicisti sono riusciti a comporre pezzi realmente palindromi in cui, a metà del brano, la musica inizia semplicemente a procedere all'indietro. Il minuetto della Sonata per piano n.41 di Haydn è un palindromo perfetto.
Negli interludi della sua opera Lulu, Berg usa delle strutture musicali palindrome, così come Béla Bartok nel suo Quinto quartetto per archi. Anche Wolfgang Amadeus Mozart amava esplorare la musica palindroma. La natura profondamente strutturale della musica antica è una chiave per comprendere uno dei famosi aneddoti sul precoce talento musicale di Mozart. Durante la Settimana Santa, le funzioni mattutine alla Cappella Sistina si chiudevano con l'esecuzione del Miserere di Gregorio Allegri. Scritto originariamente per papa Urbano VIII, il pezzo veniva cantato mentre 27 candele venivano progressivamente spente per lasciarne accesa soltanto una. Mentre i cantori castrati si libravano nei loro acuti, il papa cadeva in ginocchio di fronte all'altare, concludendo con drammaticità la funzione. Il papa amava questo brano musicale a tal punto che decise di riservarlo per il solo uso del Vaticano. Un decreto papale proibì quindi l'esecuzione del Miserere in qualunque altra occasione che non fosse durante la Settimana Santa nella Cappella Sistina. Nessun manoscritto poteva lasciare il Vaticano e, qualora qualcuno avesse cercato di trascriverlo, sarebbe incorso nella scomunica. Nel dicembre 1769, il quattordicenne Mozart partì per un giro dell'Europa assieme a suo padre. Uno dei momenti più importanti del viaggio fu la partecipazione alle funzioni mattutine della Settimana Santa in Vaticano per ascoltare il Miserere, l'unica occasione offerta nel corso dell'anno per poter ascoltare questo splendido brano. Il ragazzo rimase talmente impressionato dall'esecuzione che quella sera, una volta tornato nel suo alloggio, si mise a sedere e scrisse di getto, a memoria, l'intera trascrizione del pezzo, lungo 12 minuti. Pur rischiando la scomunica, tornò quindi furtivamente alla funzione del Venerdì Santo per sentirlo un'altra volta e controllare l'accuratezza del proprio manoscritto. Inutile dire che furono necessarie solo poche correzioni secondarie. L'aver trascritto pressoché correttamente l'intero pezzo non fu tanto un merito della sua memoria, quanto piuttosto una conseguenza della straordinaria abilità di Mozart nell'afferrare la struttura logica della composizione. Gli schemi e la simmetria che attraversano l'opera da un capo all'altro permisero infatti a Mozart di cogliere, forse nel suo subconscio, un algoritmo che lo mise in grado di strutturare il pezzo corale in 9 parti. È quasi impossibile ricordare una sequenza casuale di numeri come 9 9 3 75 1 0 5 8 2 0 9 7 4 9 4 4 5 9 2, ma non una sequenza come 1 2 3 4 5 5 4 3 2 1 1 2 3 4 5 5 4 3 2 1. Quest'ultima ha infatti una simmetria che permette al nostro cervello di memorizzare i 20 numeri utilizzando un programma, e ciò richiede uno sforzo cerebrale molto meno intenso che dover semplicemente ricordare a memoria una serie di numeri casuali. Questo stesso principio sta alla base della prodigiosa memoria musicale di Mozart: anziché per le sequenze numeriche, il genio di Salisburgo aveva un'accentuata sensibilità per gli schemi musicali. L'eccezionale talento musicale gli fornì l'intuizione necessaria per decostruire il pezzo di Allegri sfruttandone la simmetria interna...Mentre Mozart suonava la sua musica davanti alle corti d'Europa, un fisico tedesco le impressionava con un diverso modo di vedere la simmetria nella musica. Nato nello stesso anno di Mozart, Ernst Chladni scoprì come è possibile vedere il suono di un tamburo. Ponendo della sabbia sulla superficie del tamburo e facendone vibrare la pelle, Chladni era in grado di produrre una straordinaria gamma di forme nella sabbia, piene di simmetria.
Queste forme assomigliano alle lunghezze d'onda delle diverse armoniche di una corda di violino. Quando una corda di violino vibra, essa produce una combinazione di tutte le differenti onde sinusoidali che corrispondono alla lunghezza della corda stessa. Facendo una leggera pressione con un dito su diversi punti della corda, è possibile selezionare le armoniche che costituiscono il suono del violino. Per esempio, ponendo un dito a metà della corda selezioniamo la prima armonica, una nota che si trova un'ottava sopra la nota fondamentale della corda di violino. La seconda armonica, che ha un suono più alto della prima ed è la sua quinta perfetta, si ottiene ponendo il dito a un terzo della lunghezza della corda. Chladni scoprì che anche il tamburo ha delle proprie versioni di queste armoniche, ma in questo caso, al posto delle vibrazioni di una corda monodimensionale, si ottengono delle stupefacenti forme bidimensionali che appaiono sulla superficie del tamburo. Ognuna di queste forme si ottiene attraverso un procedimento simile a quello di porre il dito su diversi punti della corda del violino. È la combinazione di tutti questi diversi schemi e delle loro corrispondenti frequenze che genera il suono caratteristico di ogni tamburo. Le sue dimostrazioni riscuotevano un così grande successo che Chladni fece il giro delle corti europee esibendo la simmetria nascosta nei suoni di diversi strumenti musicali. Napoleone fu particolarmente colpito dallo spettacolo ambulante di Chladni e lo ricompensò elargendogli la considerevole somma di 6000 franchi."
Come ciliegina sulla torta, un magnifico video relativo alle figure di Chladni.
Dioniso Dionisi
RispondiEliminaIeri alle ore 22:51
Bel post complimenti.
Per quanto riguarda il discorso delle incudini e dei martelli, credo che ad essere sbagliati nel racconto di Giamblico non fossero solo i rapporti. Credo che in un esperimento del genere i suoni non dipenderebbero affatto dalle dimensioni dei martelli. A meno che non siano i martelli gli oggetti che emettono il suono. Ma a intuito mi verrebbe a dire che il suono prevalente dovrebbe essere quello prodotto dalle incudini. Per cui il suono dovrebbe dipendere esclusivamente dalla dimensione delle incudini. Sei d'accordo, oppure mi sto perdendo qualcosa?
Saluti
Dioniso Dionisi
Ieri alle ore 23:25
Bella la serie delle note puntate. Non ci avevo mai pensato.
Leonardo Petrillo
Ieri alle ore 23:56
+Dioniso Dionisi Ti ringrazio dell'apprezzamento! Interessante questione quella dei martelli e delle incudini. Credo che se si considerasse una singola incudine o 2 incudini uguali, il peso dei martelli dovrebbe influire sul suono prodotto. Al tempo stesso si potrebbero considerare incudini di dimensione differente e in quel caso probabilmente sarebbero le incudini a produrre il suono prevalente.
Dioniso Dionisi
00:04
Ad intuito direi che tra due martelli diversi su una stessa incudine possa cambiare il timbro ma non l'altezza del suono prodotto dall'incudine. La sua frequenza di risonanza sarà sempre la stessa. Così come martelletti diversi su di una corda o bacchette diverse su uno xilofono o un vibrafono producono note di stessa altezza.
Leonardo Petrillo
13:38
+Dioniso Dionisi Ho cercato un po' sulla rete riguardo tale interrogativo ma per il momento non ho trovato nulla. Mi riserverò ulteriori ricerche. Ti ringrazio di aver segnalato l'interessante e non banale questione.
Dioniso Dionisi
14:25
Grazie a te. Fammi sapere se trovi qualcosa.
Ovviamente io non sono in possesso di dati sperimentali. Da troppi anni non entro in una bottega di un fabbro :-) Quelli potrebbero fugare ogni dubbio. Ma credo che, sulla questione martelli e incudini di Pitagora, l'equivoco creato da Giamblico non sia stato ancora del tutto ripulito. Secondo la mia logica dovrebbe bastare la considerazione di quale sia l'oggetto che produce il suono. È il martello? Allora l'altezza del suono dipende dalla dimensione del martello secondo la legge che hai scritto. È l'incudine? Allora l'altezza del suono dipende dalla dimensione dell'incudine secondo la stessa legge.
Quello che mi viene da pensare è che la struttura fisica del martello, che generalmente ha un testa metallica, ma con una struttura poco adatta alla vibrazione prolungata, e un manico di legno, che contribuisce allo smorzamento, non favorisce una vibrazione prolungata. A differenza dell'incudine. Quindi, il suono prevalente nell'urto tra incudine e martello sarà quello prodotto dall'incudine. Ma magari sbaglio.
Sto pensando che forse questa discussione dovrebbe essere inclusa come commento al post. Così qualche altro lettore potrebbe contribuire. Se vuoi potrei citarla pure nel carnevale.
Leonardo Petrillo
14:32
+Dioniso Dionisi Citala pure nel Carnevale, sarebbe interessante sentire le opinioni degli altri carnevalisti.
E sarei sì lieto che questa discussione fosse anche pubblicata come commento al post
uau
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