martedì 9 marzo 2021

MECCANICA QUANTISTICA: PACCHETTI D'ONDA E FUNZIONI D'ONDA DI PIÙ PARTICELLE

Continuiamo il nostro viaggio inerente ai rudimenti essenziali della meccanica quantistica.
Prima di far ciò, l’elenco delle puntate precedenti:

- puntata 1: “L’equazione di Schrödinger: una “semplice” introduzione”;
- puntata 2: “Equazione di Schrödinger in forma operatoriale e regole di commutazione”.

Per introdurre l’equazione di Schrödinger ci siamo riferiti a delle onde piane in una singola dimensione spaziale del tipo  
Dal punto di vista matematico le onde piane sono ottime (con il piccolo difetto di essere normalizzabili solo alla delta di Dirac, ma non preoccupiamoci troppo di questo dettaglio per ora).
Il problema si presenta dal punto di vista fisico: l’onda piana infatti è un’entità totalmente delocalizzata nello spazio!
Che diavolo significa?
Significa semplicemente che tali onde si estendono in modo infinito nello spazio.
Vediamo questa bella animazione sulla propagazione di un’onda piana presa da Wikipedia:

Dunque se si cerca qualcosa che abbia un maggiore significato fisico, cioè un’entità localizzata nello spazio, l’onda piana non è sicuramente lo strumento adeguato.
La soluzione a tale problema si trova nel concetto di pacchetto d’onda.
Sostanzialmente quello che si va a fare è considerare un pacchetto d’onda che abbia appunto un’estensione finita Δx e una durata finita Δt. Guardiamo a tal proposito un’altra animazione presa da Wikipedia:

Avete quindi potuto osservare come il pacchetto sia ben localizzato tra 2 estremi.
Senza ancora immettere i dettagli relativi alla meccanica quantistica, diciamo che il numero di oscillazioni (cicli) N contenute nel nostro pacchetto è fornito dalle seguenti relazioni:


ove λ è la lunghezza d’onda e T il periodo. In particolare, possiamo esprimere il vettore d’onda (in questo caso potremmo chiamarlo più propriamente numero d’onda) k e la pulsazione ω del pacchetto come:

Se ammettiamo che N non sia un numero fissato, ma presenti invece una certa indeterminazione (assumiamo per semplicità che sia ΔN = 1), allora avremmo le seguenti indeterminazioni:

Ricordando poi che
dove ν (lettera greca "ni") denota la frequenza, allora con semplici passaggi algebrici si constata che:
Quello che si può concludere è che l’onda piana ha i parametri fondamentali k, ω, ν fissati, mentre il pacchetto (come si nota dalle “relazioni di indeterminazione” appena scritte) risulta caratterizzato da una banda (range) di frequenze e numeri d’onda nell’intorno di k e ν.
Nell’ambito quantistico quale funzione può essere usata per definire un pacchetto d’onda?
Beh è sufficiente considerare una combinazione lineare continua di onde piane (che abbiamo già avuto modo di introdurre in un post precedente):
Naturalmente il fatto di considerare combinazioni lineari di onde piane non è l’unico modo di ottenere dei pacchetti; esistono per esempio i pacchetti d’onda gaussiani.
Per i nostri scopi accontentiamoci però del pacchetto definito dalla formula precedente.
Vi starete forse chiedendo: ma come è possibile che combinando varie onde piane (che abbiamo detto essere entità delocalizzate) si possa ottenere un’entità limitata nello spazio come il pacchetto?

La risposta è da cercare in un fenomeno che è tipico delle onde: l’interferenza.
Quando andiamo per esempio a sovrapporre più onde (nello specifico onde emesse da 2 o più sorgenti coerenti) luminose, come nel famoso esperimento della doppia fenditura di Young (1801), il risultato è una figura formata da un’alternanza di frange chiare e scure, la figura di interferenza.
Come si sono formate?
Per via del fatto che il fenomeno di interferenza di più onde porta ad avere massimi (frange chiare) e minimi di intensità (frange scure); si parla nello specifico di interferenza costruttiva (nel primo caso) e di interferenza distruttiva (nel secondo caso).
Vediamo un paio di belle immagini tratte da Wikipedia (precisamente da qui e qui).

Naturalmente l’interferenza è un fenomeno che può avvenire non solo per le onde elettromagnetiche, ma per onde qualsiasi, come le onde sonore o le onde del mare, come mostra la seguente immagine sempre tratta da Wikipedia.


Il succo del discorso per i nostri interessi è che è possibile combinare le onde piane in modo tale che facciano interferenza costruttiva in una certa zona limitata dello spazio e interferenza distruttiva in tutto il restante spazio, in modo da identificare una funzione che sia ragionevolmente localizzata nello spazio: il pacchetto d’onda appunto.
Oltre ad essere perfettamente localizzato, l’altra peculiarità del pacchetto è di essere normalizzabile. Avremo modo di capire in un post successivo cosa ciò significhi nello specifico.
Come già detto, le quantità A(k) sono in generale complesse, quindi hanno un modulo e un fattore di fase.
Un altro modo di scrivere il pacchetto d’onda è il seguente:

Sappiamo che ogni componente piana del pacchetto si muove con una certa velocità di fase data da
Se tutte le componenti avessero la stessa velocità, il pacchetto si muoverebbe anch’esso alla medesima velocità mantenendo la stessa forma. Questo avviene con le onde elettromagnetiche.
Nel nostro caso, invece, ricordando la relazione tra frequenza e vettore d’onda, si ha:
Dunque nel caso delle onde di materia le frequenze maggiori (ossia le lunghezze d’onda minori) viaggiano più velocemente e il pacchetto si deforma (si parla di spread naturale del pacchetto d’onda).
Possiamo ancora definire una velocità del pacchetto?
Sappiamo che il centro del pacchetto è collocato nel punto in cui tutte le componenti sono in fase costruttiva.
In simboli ciò si esprime come:
Stiamo sostanzialmente valutando il massimo della funzione (porre a 0 la derivata di una funzione è il metodo classico per determinare massimi o minimi della stessa). Tutto ciò implica la legge oraria:
Il pacchetto si muove pertanto con la velocità di gruppo
che è sostanzialmente p/m come la velocità classica. Va constatato che la velocità di gruppo ora definita dipende da k e nel pacchetto sono contenuti k diversi. Quale va preso?
Affinché il pacchetto sia tale, cioè conservi la sua identità in modo che possa essere definita una sua velocità, è necessario che le componenti  presenti non siano troppo diverse, ovvero che la A(k) sia significativamente diversa da 0 in una regione di k abbastanza stretta attorno ad un certo k₀. In questa maniera, la velocità di fase calcolata in k₀ non risulterebbe troppo differente da quella calcolata in altri vettori d’onda presenti nel pacchetto.
Se infatti i k che compongono il pacchetto risultassero troppo diversi tra loro, il pacchetto andrebbe a deformarsi assai rapidamente e non sarebbe definibile, neppure intuitivamente, una sua precisa velocità.
Bene, abbandoniamo ora la questione del pacchetto d’onda e torniamo a concentrarci sulla funzione d’onda più in generale e, nello specifico, su quella di più particelle.
Se abbiamo un sistema formato da più particelle, per esempio un protone ed un elettrone, la funzione d’onda è semplicemente funzione delle coordinate delle diverse particelle:
L’interpretazione fisica di questa funzione è che

Più nel dettaglio, in meccanica quantistica le particelle andrebbero considerate indistinguibili, perché non è possibile etichettarle, in quanto non è possibile seguire con precisione le loro traiettorie. Tutto ciò vale, a meno che le particelle non siano particolarmente distanti tra loro e ci si possa quindi assicurare che siano entità diverse.


Perciò deve valere:
Numeri complessi con lo stesso modulo possono differire solo per un fattore di fase, ma se eseguiamo lo scambio una seconda volta dobbiamo tornare alla funzione di partenza e dunque il fattore di fase potrà essere solo -1 oppure +1.
Se il nostro operatore di scambio è un operatore hermitiano (che ha sempre autovalori reali), dobbiamo aspettarci che
con λ autovalore reale. Senza entrare nei grossi dettagli tecnici, va infatti detto che la matrice associata ad un operatore hermitiano è la matrice hermitiana, la quale, se ricordate, ha come elementi sulle diagonali numeri reali e i suoi autovalori sono quindi sempre reali.
L’uguaglianza tra i moduli della funzione d’onda al quadrato, come dicevamo, mostra che l’unica soluzione all’equazione appena riportata è data da λ = ±1, ovvero: 

La funzione d’onda deve avere pertanto una delle 2 tipologie della cosiddetta simmetria di scambio, nella maniera seguente:

Questo argomento è valido per particelle in 3 dimensioni, tuttavia fallisce in 2 dimensioni, perché in 2 dimensioni sussistono ulteriori possibilità oltre a bosoni e fermioni: i cosiddetti qualunquoni, in inglese anyions.
Infatti in sistemi bidimensionali possono essere osservate tali quasiparticelle che obbediscono a una statistica che varia con continuità tra la statistica di Fermi-Dirac e quella di Bose-Einstein e questo fenomeno è stato osservato per la prima volta da Jon Magne Leinaas e Jan Myrheim nel 1977.
Ma oltre a ciò, qual è la differenza sostanziale tra fermioni e bosoni?
I bosoni possono condividere stati quantici, mentre i fermioni non possono.
In altre parole, possiamo dire che i bosoni non sono soggetti al principio di esclusione di Pauli, mentre i fermioni lo sono!
Chiaramente ricordiamo che per quanto riguarda gli elettroni di un atomo:
In maniera più generale, il principio di esclusione afferma che 2 fermioni identici (ad esempio gli elettroni) non possono occupare simultaneamente lo stesso stato quantico.
La differenza nell’abilità di condividere stati quantici (derivante dalla “simmetria di scambio”) ha una notevole influenza nella distribuzione statistica di queste particelle sugli stati energetici del sistema.
Tale distribuzione sugli stati di energia viene comunemente detta statistica di queste particelle.
Si potrebbe inoltre mostrare che un’ulteriore differenza tra bosoni e fermioni è data dal tipo di momento angolare di spin che essi possiedono.
Ciò viene venerato dal teorema spin-statistica, il quale afferma che i bosoni presentano spin intero, mentre i fermioni hanno spin semintero.
Esempi di bosoni sono:


L’indistinguibilità delle particelle identiche e il principio di esclusione hanno un effetto importante sulla statistica; in quanti modi possiamo collocare due particelle su due stati?
Dalla figura qui sotto si vede che se tutti i possibili stati sono equiprobabili, il mero conteggio mostra che la probabilità di trovare le due particelle sullo stesso stato (inferiore), che è ovviamente nulla per i fermioni, è per i bosoni maggiore (1 su 3) che per particelle classiche distinguibili (1 su 4).

Per oggi ci fermiamo qui. La prossima volta parleremo di normalizzazione e deriveremo la fondamentale equazione di continuità.

1 commento:

  1. Ottimo articolo, Leo. Una trattazione rigorosa e chiara di un argomento non certamente tra i più facili da affrontare.

    RispondiElimina