lunedì 17 giugno 2013

VAN 'T HOFF E LA CINETICA DELLE REAZIONI CHIMICHE

Nel post "La catalisi e la sua storia" abbiamo parlato di sostanze in grado di accelerare le reazioni chimiche, i catalizzatori, soffermandoci poi sulla loro storia.
Ora scopriremo invece, in modo più approfondito, il concetto di velocità di una reazione chimica, indagando in particolare sulle leggi cinetiche descriventi l'andamento della velocità di reazione in funzione delle concentrazioni dei suoi reagenti e dei suoi prodotti.
Scopriremo inoltre il personaggio che gettò le basi matematiche della cinetica chimica: il chimico olandese van 't Hoff.
Incominciamo ricordando che avevamo definito la velocità media di reazione come:




ovvero come il rapporto tra la variazione della concentrazione e l'intervallo di tempo in cui questa variazione si manifesta.
Cosa possiamo dire invece della velocità istantanea di reazione?
In Fisica, come abbiamo già visto numerose volte, la velocità istantanea di un corpo è la derivata della posizione rispetto al tempo, ossia il limite della velocità media quando l'intervallo di tempo diventa infinitesimale:





Come si traduce tutto ciò nel contesto della cinetica chimica?
Prendiamo una generica reazione chimica



dove le lettere minuscole indicano i coefficienti stechiometrici (ossia i numeri che specificano quante molecole di ciascuna specie partecipano alla reazione), mentre le lettere maiuscole designano le varie molecole presenti nella reazione.
Ebbene, la velocità della suddetta reazione, a un certo tempo t, viene espressa, indifferentemente, dalla derivata della concentrazione rispetto al tempo di uno qualunque dei reagenti o dei prodotti di reazione.
In simboli:




Specifichiamo 2 cose importanti:

1) la scrittura [A] significa concentrazione di A, così come [B] significa concentrazione di B, e così via;
2) Il segno negativo (-) anteposto alle prime 2 derivate è dovuto al fatto che la velocità con cui varia la concentrazione di un reagente (cioè A oppure B) è negativa, dato che avviene una diminuzione di concentrazione di quella specie chimica. Analogamente, il segno diventa positivo (+) nel caso dei prodotti (C e D) di reazione, in quanto la velocità con cui varia (o meglio, aumenta) la loro concentrazione è positiva.

Facciamo ora un esempio concreto.
Consideriamo la seguente reazione chimica:




ove (g) specifica il fatto che i reagenti e i prodotti di reazione sono gas.
La sua velocità, tenendo in considerazione quanto affermato poco fa, è:





Qualcuno dei lettori forse starà pensando: "Certo, è un esempio concreto, ma perché non è stato fornito un valore numerico preciso della velocità?".
Perché non è possibile arrivarci solamente per via teorica.
Quella che abbiamo osservato è appunto la visione dal punto di vista teorico della velocità di una reazione chimica.
Tuttavia, per conoscere i valori numerici delle velocità di reazione bisogna procedere per via sperimentale.
D'altronde possiamo sì immaginare la concentrazione (ad esempio) di un reagente alla stregua di una funzione che decresce col passare del tempo, ma non sappiamo come decresce, questo è il problema!
Vi faccio un esempio di Fisica.
Consideriamo un corpo che si muove seguendo la legge oraria:




Per ottenere la velocità, dobbiamo ovviamente procedere con la derivazione rispetto al tempo.
Le derivate sono:





Specifico che per ottenerle era necessario applicare la regola della catena, in quanto si trattava di derivate composte, dato che il seno e il coseno contenevano nell'argomento ω (ossia la velocità angolare).
Dunque abbiamo trovato, mediante la derivazione, le 2 componenti del vettore velocità.
Il modulo di questo vettore non è altro che la radice quadrata della somma dei quadrati delle componenti:




Come potete vedere, in questo caso (moto circolare uniforme) siamo giunti ad un risultato numerico preciso, cosa che non possiamo invece ottenere nel caso delle concentrazioni, poiché non possediamo le leggi che descrivono come esse variano in funzione del tempo.
D'altronde, se non abbiamo la legge (o, se preferite, la funzione), non possiamo procedere col calcolo della derivata!
Se non calcoliamo la derivata, non troviamo la velocità!
Si arriva alla chiara conclusione che questo problema di natura chimica si può pertanto risolvere solo sperimentalmente.
Si utilizzano infatti i più disparati metodi sperimentali per determinare la velocità di una reazione.
Ad esempio:
  • se una reazione consuma (o produce) gas, allora si può seguire la variazione del volume di questo in funzione del tempo;
  • se una reazione in soluzione acquosa consuma (o produce) ioni, allora si può seguire la conducibilità in funzione del tempo;
  • se in una reazione in fase gassosa o in soluzione si generano o scompaiono specie chimiche di cui sia noto lo spettro, allora si può seguire la variazione di concentrazione di esse nel tempo mediante misure spettrofotoniche, ecc.
Vediamo un esempio di come si possa, attraverso i dati sperimentali, ricavare l'effettiva relazione sussistente tra velocità di reazione e concentrazione dei reagenti.

L'anidride nitrica (N2O5) in soluzione di tetracloruro di carbonio (CCl4) si decompone dando vita alla seguente reazione:



Misurando in tempi successivi la quantità di ossigeno sviluppata, proporzionale alla quantità N2O5 che ha reagito, si ottengono (a 45 °C) i seguenti dati:

Da Fondamenti di chimica (Silvestroni)














Per chi non lo sapesse, la molarità è un'unità di misura delle concentrazioni, definita come le moli di soluto presenti in un singolo litro di soluzione.
La mole è a sua volta l'unità di misura della quantità di sostanza nel Sistema internazionale delle unità di misura (SI).
In particolare, essa è definita come la quantità di sostanza che contiene tante unità elementari (atomi, molecole, ioni, elettroni, gruppi di tali particelle, da definirsi di volta in volta, a seconda della tipologia di sostanza) quanti sono gli atomi contenuti in 12 g esatti di carbonio-12.
Ritornando ai nostri dati, essi possono essere rappresentati in un piano cartesiano con il tempo alle ascisse e la molarità di N2O5 alle ordinate:

Da Fondamenti di chimica (Silvestroni)


 













Come previsto dal modello teorico, la funzione in questione decresce col passare del tempo.
Inoltre, la velocità, che è la derivata della concentrazione rispetto al tempo (dc/dt), diminuisce con il diminuire della concentrazione della specie reagente.
Lo potete notare in particolare dalla pendenza delle successive rette tangenti alla curva tracciate (se ricordate, questa è proprio la definizione geometrica di derivata), la quale si fa sempre meno marcata.
Constatato ciò, per trovare se sussiste una relazione tra velocità e concentrazione dobbiamo procedere per tentativi.
Partiamo dall'ipotesi più semplice, ovvero che la velocità di reazione con cui l'anidride nitrica scompare sia proporzionale alla concentrazione della sostanza stessa.
Se tale ipotesi è esatta, allora i dati riportati in tabella devono soddisfare l'equazione differenziale:




ove k rappresenta proprio una costante di proporzionalità.
Tale equazione può essere ovviamente integrata, sfruttando il famoso metodo di separazione delle variabili:




Il primo integrale l'abbiamo già incontrato diverse volte (è quello che restituisce il logaritmo naturale dell'incognita in questione), mentre il secondo è proprio banale.
Dunque, risolvendoli otteniamo:



dove C indica una costante.
Se andiamo ad analizzare la situazione al tempo t = 0 secondi, allora troviamo che la costante C è equivalente a:



ove c₀ designa la concentrazione al tempo zero.
Sostituendo quanto appena ottenuto nell'equazione



abbiamo che:



 Ossia:



Invertendo i segni:



Una proprietà dei logaritmi ci dice che la differenza di logaritmi è equivalente al logaritmo del quoziente degli argomenti.
Ergo:




Tenendo in considerazione i dati della tabella prima fornita, si può ricavare molto semplicemente il valore della costante k.
Sappiamo intanto che:




Ricordo che c indica la concentrazione ad un qualsivoglia istante t, mentre c₀ designa la concentrazione all'istante t = 0.
Andando a visionare la tabella, sappiamo che la concentrazione all'istante t = 0 è pari a 2,33, mentre quella all'istante t = 184 (potevamo scegliere qualsiasi altro istante) è eguale a 2,08.
Quindi, k è equivalente a:





Se non ci credete, prendete la calcolatrice e verificate!
Grazie ai dati della prima tabella e grazie all'equazione rinvenuta, possiamo ora costruire una nuova tabella:

Da Fondamenti di chimica (Silvestroni)














Nella suddetta, invece del logaritmo naturale (ln), trovate il logaritmo in base 10 (log).
È stato quindi effettuato un cambiamento di base, sfruttando la seguente regola:





dove b è la nuova base, mentre k è quella iniziale.
In particolare, nel nostro caso, abbiamo che:





Inoltre, con il cambio di base del logaritmo, la nostra equazione




diviene ovviamente:





Adesso, con questa seconda tabella, possiamo costruire un nuovo grafico:

Da Fondamenti di chimica (Silvestroni)
















Come potete notare, trattasi di una retta con coefficiente angolare:





Il suddetto grafico conferma pertanto la nostra ipotesi iniziale di proporzionalità tra velocità e concentrazione.
Ah, questa costante k viene detta costante di velocità della reazione (o costante cinetica o velocità specifica).
Come abbiamo visto, hanno dunque fondamentale importanza le cosiddette equazioni cinetiche o equazioni di velocità o leggi cinetiche, ovvero le relazioni determinate per via sperimentale, a temperatura costante, per le varie reazioni.
In generale, data una reazione



una generica equazione cinetica si presenta in questa maniera:




La velocità di una reazione in una direzione è dunque proporzionale al prodotto delle concentrazioni molari dei reagenti, ciascuna delle quali elevata a un esponente α o β.
La costante k è quella che abbiamo incontrato prima, la costante cinetica, le cui dimensioni e unità di misura dipendono dall'espressione dell'equazione cinetica.
Inoltre, i valori degli esponenti α e β sono quasi sempre diversi dai coefficienti stechiometrici a e b che compaiono nell'equazione cinetica.
Le 3 costanti k, α e β si determinano tutte sperimentalmente per ogni reazione.
Particolare importante: questi esponenti α e β determinano l'ordine della reazione.
La reazione è infatti di ordine α in A, β in B e di ordine complessivo (α + β).
Illustriamo degli esempi.
Innanzitutto, riprendiamo la reazione




Per via sperimentale si rinviene la seguente equazione cinetica relativa alla suddetta reazione:




Siccome l'ordine complessivo di reazione è la somma degli esponenti dei termini di concentrazione che appaiono nell'equazione cinetica, allora, nel caso della reazione di decomposizione di N2O5, l'ordine complessivo di reazione è 1.
Consideriamo ora la reazione:



Sperimentalmente si trova che l'equazione cinetica associata è:



Ne consegue che l'ordine complessivo di reazione è 2.
Ancora un esempio:



Tale reazione presenta la seguente equazione cinetica:



L'ordine complessivo di reazione è 1 + 1/2, ovvero 3/2.
Ora andiamo a studiare più approfonditamente le reazioni di ordine 0, 1, 2 ed N (ci renderemo ancor più conto che il calcolo infinitesimale è alla base della cinetica chimica).

REAZIONI DI ORDINE 0:

Le reazioni di ordine complessivo 0 hanno come equazione cinetica generale la seguente:




Dunque, in tal caso (non raro), la velocità risulta indipendente dalla concentrazione dei reagenti.
Integriamo ora sfruttando il solito metodo di separazione delle variabili:




Ovvero:



dove C è una costante che al tempo t = 0 è equivalente a:



dunque C è il valore iniziale della concentrazione del reagente.
In definitiva:



Pertanto il grafico della concentrazione in funzione del tempo di una reazione di ordine 0 è una retta di pendenza -k.
La suddetta reazione si arresta quando




poiché in tale istante il reagente è stato tutto consumato (ossia [A] = 0).

REAZIONI DI ORDINE 1:

Per quanto concerne le reazioni di primo ordine, l'equazione cinetica si presenta in tal modo:




Ovvero la velocità dipende dalla concentrazione di un solo reagente elevato ad un esponente pari a 1.
Come al solito, andiamo ad integrare l'espressione.
In particolare, integriamo, sempre sfruttando il metodo di separazione delle variabili, tra l'istante t = 0 e un istante generico t.
Procediamo!





Dobbiamo risolvere i 2 integrali.
Sono gli stessi che abbiamo affrontato in precedenza.
Quindi, abbiamo:




cioè:



ossia:





Passando agli esponenziali, otteniamo in definitiva:



Abbiamo dunque appurato che nel caso di una reazione del 1° ordine la concentrazione di un reagente diminuisce esponenzialmente con il passare del tempo.

REAZIONI DI ORDINE 2:

Per quanto riguarda le reazioni di secondo ordine, la legge cinetica è di questo tipo:




Quindi, la velocità dipende dalla concentrazione di uno o più reagenti in maniera tale che la somma degli esponenti sia pari a 2.
Come prima, integriamo il tutto tra l'istante di tempo t = 0 e un qualsiasi istante t:





L'integrale che potrebbe creare qualche perplessità è il primo.
Come si risolve?
Consideriamo un integrale del tipo:





esso si può risolvere notando che:




Sfruttando una regola basilare del calcolo integrale:





Ergo, la nostra legge cinetica diventa:





ossia:





Invertendo i segni:





Da cui:





Ovvero:





In definitiva:


 


Quest'ultima equazione mostra come la concentrazione del reagente diminuisca rapidamente all'inizio per poi variare con maggiore lentezza di quanto avvenga in una reazione di 1° ordine avente la stessa concentrazione iniziale.
Tale rallentamento delle reazioni di ordine 2 ha importanti conseguenze sull'ambiente: molti inquinanti scompaiono grazie a reazioni del 2° ordine, per cui rimangono nell'ambiente a basse concentrazioni per lunghi periodi.

REAZIONI DI ORDINE N:

Si definiscono reazioni di ordine N (con N non nullo, positivo, intero o semi-intero e diverso da 1) quelle reazioni la cui velocità dipende dalla concentrazione di uno o più reagenti in maniera tale che la somma degli esponenti sia pari a N.
La legge cinetica generale associata ad una reazione del suddetto tipo è:




Ancora una volta, integriamo sfruttando il metodo di separazione delle variabili:





Questa volta salto i passaggi (simili a quelli utilizzati per le reazioni di ordine 2) e riporto direttamente il risultato dell'integrazione (altrimenti non finiamo più!):






Bene, abbiamo scoperto attraverso il rigoroso linguaggio matematico (che dunque ha un ruolo fondamentale anche in Chimica) le relazioni sussistenti tra velocità di una reazione e concentrazione dei reagenti.
Ora, cambiando stile di narrazione, andiamo a scoprire brevemente la prospettiva storica che si cela dietro tutti questi concetti.
Come anticipato all'inizio del post, c'è una figura in particolare da ricordare per i suoi contributi inerenti alla cinetica chimica: van 't Hoff.




















Jacobus Henricus van 't Hoff nacque il 30 agosto 1852 a Rotterdam.
Era il terzo dei 7 figli di Jacobus Henricus van 't Hoff Sr., un fisico, e di Alida Kolff.
Sin da piccolo van 't Hoff (junior) mostrava grande interesse nei confronti della scienza (in particolare della chimica sperimentale, soprattutto quella degli esplosivi) e della natura, e spesso partecipò ad escursioni botaniche.
Inoltre, nei primi anni di scuola, si interessò fortemente anche alla musica, alla filosofia e alla poesia, con particolare riferimento alle composizioni poetiche di Lord Byron (1788-1824).
Andando contro i desideri del padre, van 't Hoff decise di studiare Chimica al Politecnico di Delft.
Il suo percorso di studi al Politecnico cominciò nel settembre 1869 e si concluse incredibilmente in soli 2 anni, precisamente l'8 luglio 1871, giorno in cui ottenne il diploma.
All'esame finale si era classificato, peraltro, al primo posto tra tutti gli studenti.
Dopodiché decise di dedicarsi alla ricerca scientifica, studiando innanzitutto matematica a Leida per circa un anno.
Successivamente, si recò a Bonn per lavorare nientemeno che con il chimico tedesco August Kekulé (1829-1896) dall'autunno del 1872 sino alla primavera del 1873.
A questo periodo seguì quello trascorso a Parigi, nel quale van 't Hoff lavorò presso il laboratorio Charles-Adolphe Wurtz (1817-1884).
Nel 1874 egli ritornò nella nativa Olanda e nello stesso anno conseguì il dottorato di ricerca a Utrecht, sotto Eduard Mulder, con una dissertazione intitolata Contributo alla conoscenza degli acidi cianoacetico e malonico.
Bisogna segnalare che prima di completare la tesi di dottorato, questi pubblicò un breve scritto di 13 pagine dal titolo Proposta per l'estensione delle formule oggi in uso in chimica allo spazio, assieme a un'osservazione correlata sulla relazione tra il potere ottico rotatorio e la costituzione chimica di composti organici.
Nel suddetto van 't Hoff propose le sue rivoluzionarie idee sulla concezione delle molecole come oggetti con struttura e forma tridimensionale (idee alla base della cosiddetta stereochimica) e propose modelli di molecole organiche in cui gli atomi attorno a ciascun atomo di carbonio avevano un’organizzazione tetraedrica.
Van 't Hoff asserì che i 4 legami dell'atomo di carbonio sono diretti verso gli spigoli di un tetraedro, idea suggerita indipendentemente nello stesso periodo dal francese Joseph-Achille Le Bel, anch'egli a quel tempo, come van 't Hoff, alla scuola di Wurtz a Parigi.
In tal modo si poteva spiegare una diversa attività ottica di certi composti organici; tuttavia l'idea non venne subito accolta.
Nel 1876 van 't Hoff venne assunto come assistente di fisica al collegio veterinario di Utrecht e l'anno seguente si trasferì allo stesso posto presso l'Università di Amsterdam.
Fu solamente nel 1878, quando ormai era famoso in tutta Europa per la sua teoria della stereochimica del carbonio, che fu promosso al posto di professore di chimica, mineralogia e geologia dell'Università di Amsterdam, posto che mantenne per 18 anni finché non accettò di trasferirsi a Berlino come professore onorario e membro dell'Accademia Reale di Prussia.
Il principale motivo di tale spostamento risiedeva nel fatto che ad Amsterdam era troppo carico degli impegni da docente, al punto che gli rimaneva veramente pochissimo tempo da dedicare alle proprie ricerche scientifiche.
Focalizzandoci giusto un attimo sul periodo ad Amsterdam, nella sua lezione inaugurale all'Università, dal titolo La potenza dell'immaginazione nella scienza, egli difese il ruolo dell'immaginazione nell'indagine scientifica, presentando una lunga carrellata di esempi che dimostravano come molti scienziati famosi avessero sviluppata questa capacità di visualizzare le proprietà di oggetti immaginati senza averli osservati direttamente.
Van 't Hoff fu uno dei primi chimici ad interessarsi di chimica fisica grazie alla sua notevole preparazione in matematica e fisica.
Come illustrò nel suo trattato in 2 volumi Ansichten über die organische Chemie (1878-1881), l'esperienza compiuta negli studi di strutturistica molecolare lo convinse che le proprietà chimiche delle molecole organiche dipendevano dalla loro struttura fisica.
L'entrata di diritto per van 't Hoff nel mondo della chimica fisica fu sancita dall'opera Études de Dynamique chimique (1884), in cui affrontò il problema dello studio delle condizioni che spostano l'equilibrio nelle reazioni chimiche.
Ma il principale interesse del chimico negli anni '80 era sicuramente rappresentato proprio dalla velocità delle reazioni chimiche.
Sempre nel 1884, van 't Hoff gettò le basi matematiche della cinetica chimica, partendo dall'idea che ogni reazione stechiometrica è l'insieme di una serie di reazioni elementari nelle quali le molecole, per reagire, devono venire in contatto.
La probabilità che le molecole possano interagire è dunque tanto maggiore quanto più elevata è la concentrazione delle specie reagenti.
Considerando il semplice caso di una reazione monomolecolare, nella quale la velocità della reazione dipende dalla concentrazione c di una singola specie chimica, van 't Hoff pervenne all'equazione differenziale (l'abbiamo già lungamente osservata in precedenza):  



     
Inoltre, basandosi sul numero di molecole che partecipano all'atto elementare di reazione, il chimico classificò le reazione in mono- e bi-molecolari, mostrando successivamente che reazioni maggiormente complesse che sembrano coinvolgere l'urto contemporaneo di più molecole avvengono in realtà tramite una successione di reazioni mono- o bi-molecolari.
Uno dei fondamentali problemi aperti della cinetica chimica di allora era quello dell'effetto della temperatura sulle reazioni reversibili.
Sempre nel profilico 1884, van 't Hoff rinvenne le relazioni termodinamiche chiave che regolano lo spostamento dell'equilibrio di una reazione con la temperatura.
Chiariamo brevemente che cosa si intende per equilibrio di una reazione.
Un sistema chimico è in equilibrio se il rapporto fra il prodotto delle concentrazioni dei prodotti di reazione e il prodotto delle concentrazioni dei reagenti, ciascuna concentrazione elevata a un esponente pari al coefficiente stechiometrico con cui la specie compare nella reazione, è costante a temperatura costante.
Questa frase arzigogolata risulta molto più chiara e comprensibile se si osserva la formulazione matematica dell'equilibrio:





dove K indica appunto la costante di equilibrio.
Questa è una prova di come la Matematica, molte volte, a differenza di quanto molti pensino, semplifica notevolmente le cose!
Ritornando alle ricerche del nostro van 't Hoff, costui, negli Études del 1884, illustrò la dipendenza esponenziale della velocità di reazione dall'inverso della temperatura, assumendo che le costanti di equilibrio k obbedissero alla relazione esponenziale:



dove:
  • A indica un fattore pre-esponenziale, ovvero una costante il cui valore dipende dalla frequenza delle collisioni fra le molecole;
  • ΔG rappresenta la variazione di energia libera nella reazione;
  • R è la costante dei gas. In particolare:


 
  • T designa la temperatura assoluta.
È sì vero che tale equazione è stata ricavata da van 't Hoff nel 1884, tuttavia, essa è ufficialmente chiamata equazione di Arrhenius, in quanto, nel 1889, Svante August Arrhenius (1859-1927) ne fornì un'interpretazione fisica.
Van 't Hoff, peraltro, non aveva capito il significato fisico del fattore pre-esponenziale A.
Fu proprio Arrhenius il primo a comprendere che, affinché una reazione possa avvenire, le molecole dei reagenti devono avere un'energia maggiore di un valore limite, che denominò energia di attivazione Ea.
L'equazione di Arrhenius si può infatti riscrivere in questo modo:




Van 't Hoff sfruttò tale formula per ricavare una relazione che consentisse di determinare la variazione di entalpia (di entalpia abbiamo parlato qui, assieme all'entropia) standard (l'entalpia standard è semplicemente la variazione di entalpia accompagnante la formazione di una quantità di una certa sostanza, in condizioni standard di pressione e temperatura) ΔH° di un processo evitando il ricorso a misure calorimetriche.
Infatti, dall'equazione di Arrhenius, calcolando il logaritmo della costante K, si ottiene:



  
D'altronde, l'energia libera G è data proprio dalla formula:



Ora, assumendo che la variazione con la temperatura dell'entalpia ΔH e dell'entropia ΔS risulti trascurabile in un campo ristretto di temperature (in particolare ΔH = ΔH°), van 't Hoff arrivò alla seguente fondamentale equazione:





Questa magnifica equazione (con tanto di derivata parziale del logaritmo di K rispetto alla temperatura T) veniva chiamata isocora di reazione, poiché ricavata da van 't Hoff per la prima volta relativamente a un sistema a volume costante.
Tuttavia, come potete notare, c'è un pedice P nell'equazione, il quale specifica che la reazione avviene a pressione costante, non a volume costante.
Ergo, il termine "isocora" non è molto rigoroso; si preferisce infatti parlare di equazione di van 't Hoff o isobara di van 't Hoff.
Poniamo fine alla trattazione con le ultime notizie biografiche inerenti a van 't Hoff.
Abbiamo già anticipato che nel 1896 il chimico si trasferì a Berlino.
Il periodo berlinese (1896-1905) fu dedicato principalmente a studi concernenti l'origine dei depositi oceanici, sperimentando in laboratorio (pertanto su piccola scala) processi che in natura avvengono su larga scala.
I risultati di cotal lavoro vennero pubblicati all'interno dei rendiconti dell'Accademia prussiana delle scienze, ed in seguito raccolti nell'opera in 2 volumi intitolata Sulla formazione dei sedimenti salini oceanici.
Compiendo però un piccolo flashback, dobbiamo segnalare che, assieme a Friedrich Wilhelm Ostwald (1853-1932), van 't Hoff fondò, nel 1887, la prima rivista di chimica fisica, lo Zeitschrift für physikalische Chemie.
Nel 1901 van 't Hoff venne insignito del premio Nobel per la Chimica per la scoperta delle leggi della dinamica chimica e della pressione osmotica nelle soluzioni.
Ma il Nobel non fu l'unico riconoscimento di prestigio che ricevette.
Ottenne infatti:
  • dottorati ad honorem da svariate università (Harvard University, Yale University, Victoria University, Manchester University, Heidelberg University);
  • venne premiato, nel 1893, con la Medaglia Davy della Royal Society e, nel 1911, con la Medaglia Helmholtz dell'Accademia prussiana delle scienze;
  • diventò membro onorario del British Chemical Society di Londra, del Royal Dutch Academy of Sciences di Göttingen (1892), dell'American Chemical Society (1898), e dell'Académie des Sciences di Parigi (1905).
Per quanto concerne la sua vita privata, nel 1878 van 't Hoff sposò Johanna Francina Mees, da cui ebbe 2 figlie (Johanna Francina e Aleida Jacoba) e 2 figli (Jacobus Henricus van 't Hoff III e Govert Jacob).
Van 't Hoff si spense il primo marzo 1911 a Steglitz, vicino a Berlino, all'età di 58 anni, a causa della tubercolosi.
Dato che abbiamo ampiamente parlato di velocità, direi che non esiste modo migliore di terminare il post che col noto brano di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov (1844-1908) intitolato Il volo del calabrone, una composizione famosa per l'incredibile velocità di esecuzione che la contraddistingue.
Vi riporto sia un'esecuzione tradizionale, "classica", sia una in stile boogie woogie! ;)
Buon ascolto!





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Fonti principali:

- Fondamenti di Chimica di Paolo Silvestroni
- Storia della Chimica (Volume II) di Salvatore Califano 
- http://it.wikipedia.org/wiki/Ordine_di_reazione

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