David Hilbert (1862-1943) è considerato uno dei matematici più influenti di sempre.
Il suo nome appare in svariati ambiti rilevanti della matematica, oltre che in fisica, ove l'introduzione degli spazi di Hilbert è stata fondamentale per lo sviluppo matematico della meccanica quantistica.
Leggendo il libro Hilbert, Alla ricerca di assiomi universali (della collana Geni della Matematica) di Carlos M. Madrid Casado, mi sono imbattuto in un interessantissimo passo relativo al sistema assiomatico introdotto da Hilbert.
Il presente post è un riassunto dei concetti fondamentali illustrati nel libro sopracitato.
Un giorno Hilbert si stancò della teoria dei numeri, abbandonandola, per dedicarsi allo studio dei fondamenti della geometria.
Questo cambio di rotta colse di sorpresa tutti i suoi nuovi colleghi di Gottinga.
Nel 1899 pubblicò (per l’inaugurazione a Gottinga di una statua in onore di Gauss e Wilhelm Weber che commemorava l’invenzione del telegrafo) i celebri Grundlagen der Geometrie (Fondamenti della geometria).
L’opera diventò subito un modello essenziale per la ricerca dei fondamenti di qualunque disciplina e fece per la promozione della pratica assiomatica nel XX secolo quello che gli Elementi di Euclide avevano fatto nei secoli precedenti.
Il libro conteneva un’assiomatica della geometria che superava di gran lunga non solo quella di Euclide, ma anche quelle proposte da Pasch o Peano.
Hilbert aveva visto con chiarezza che c’era ancora da lavorare per stabilire il numero minimo di supposizioni da cui far derivare tutta la geometria.
Fu così che propose un totale di 21 assiomi, che non estrasse dal cilindro, ma che erano stati usati in forma implicita o esplicita sin dall’Antichità e che, in ogni caso, non erano solo il frutto del pensiero puro, ma anche dell’intuizione sensibile (il che giustifica perché in apertura del libro ci sia una citazione nientemeno che di Kant).
La geometria, per come la concepiva Hilbert, era più vicina alla meccanica e alla fisica che all’algebra e alla teoria dei numeri.
Hilbert formulò i suoi assiomi per 3 sistemi di oggetti indefiniti.
Per comodità chiamò gli oggetti del primo sistema punti; quelli del secondo rette; e quelli del terzo piani.
A differenza di Euclide, tuttavia, non si mise mai a definire gli enti geometrici primitivi.
Sono gli assiomi a definirli implicitamente, poiché stabiliscono quali relazioni legano gli uni agli altri.
Determina ciò che si può dire e fare con punti, rette e piani.
Secondo Hilbert bisognava depurare il significato che gli oggetti elementari lasciavano filtrare di nascosto.
Sono gli assiomi, e solo essi (senza alcun disegno o idea preconcetta) a definire gli oggetti elementari attraverso le loro relazioni reciproche.
≪Bisognerebbe poter dire sempre “tavoli, sedie e boccali di birra” invece di “punti, rette e piani”≫, scrisse.
Gli assiomi ammettono molteplici interpretazioni e questa caratteristica è la principale differenza tra l’assiomatica materiale di Euclide e la nuova assiomatica formale di Hilbert.
Ma c’è dell’altro.
Hilbert mise in campo tutta la sua abilità matematica e organizzò i suoi 21 assiomi per la geometria euclidea in 5 gruppi:
1) Assiomi di incidenza o collegamento: mettono in corrispondenza tra loro i diversi oggetti e, ad esempio, permettono di affermare che “questo punto si trova su questa retta” o “questa retta si trova in questo piano”;
2) Assiomi di ordinamento: permettono di dire, ad esempio, “questo punto si trova tra questi due” (come aveva notato Pasch, tale classe di assiomi era del tutto assente dall’elenco dei postulati euclidei);
3) Assiomi di congruenza: servono a paragonare e uguagliare i segmenti;
4) Assiomi di parallelismo: gruppo di assiomi contenente solo il celebre assioma delle parallele;
5) Assiomi di continuità: sono soltanto 2:
- assioma di Archimede: dati 2 segmenti a scelta, se ripetiamo in successione uno dei 2, possiamo costruire un segmento maggiore dell’altro di un numero finito di passi;
- assioma di completezza lineare o di continuità della retta: i punti di una retta formano un sistema che non è suscettibile di ampliamento a patto di conservare l’ordinamento lineare, gli assiomi di congruenza e l’assioma di Archimede.
Quest’ultimo assioma spiccava per la sua assenza dagli Elementi, nonostante sia indispensabile per dimostrare la Proposizione I del libro I.
L’averlo portato alla luce è uno dei grandi meriti di Hilbert.
Senza di esso, ℚ2 (ossia il piano in cui sono rimaste solo le coordinate razionali) sarebbe un modello della geometria euclidea, poiché soddisferebbe tutti i precedenti assiomi.
Tuttavia, come sottolineò Richard Dedekind (1831-1916), in questo piano traforato, 2 circonferenze, ciascuna passante per il centro dell’altra, non avrebbero motivo di intersecarsi (una presupposizione contenuta nella Proposizione I), perché possono farlo in un punto con coordinate irrazionali (cioè in un buco).
L’assioma di completezza lineare o di continuità della retta permette di identificare qualunque retta con i numeri reali ℝ e, così facendo, il piano ℝ2 (ovvero con il piano completo, con tutti i punti aventi coordinate razionali e irrazionali), dove siamo sicuri che le 2 circonferenze di cui sopra si intersechino.
Ma oltre a enunciare gli assiomi, Hilbert fu uno dei primissimi a passare dal livello puramente matematico di studio della geometria al livello metamatematico o metageometrico, che si occupa delle proprietà che deve avere ogni sistema assiomatico, in particolare quello da lui prescritto per la geometria.
Che cosa si può pretendere dagli assiomi?
Hilbert indicò 3 caratteristiche fondamentali:
1) indipendenza;
2) coerenza;
3) completezza.
Un sistema di assiomi è indipendente se nessun assioma può essere dedotto dagli altri, cioè se risulta caratterizzato dalla massima economicità possibile perché non è ridondante.
Sebbene non tutti gli assiomi formulati da Hilbert fossero indipendenti tra loro (come si scoprì in seguito), egli dimostrò l’indipendenza tra i diversi gruppi di assiomi.
Nello specifico, dimostrò che l’assioma delle parallele era indipendente, ovvero che non si poteva dedurre dagli altri, e così chiuse definitivamente una questione aperta da secoli.
Hilbert ci riuscì usando un metodo che ben presto diventò la regola: costruendo modelli di geometrie che verificano tutti gli assiomi richiesti tranne quello di cui si sta studiando l’indipendenza, nel cui caso tale assioma non può derivare dagli altri (poiché se così fosse avremmo una contraddizione: l’assioma e la sua negazione).
Per dimostrare l’indipendenza dell’assioma delle parallele costruì un modello di geometria non euclidea.
Per quanto riguarda la seconda proprietà fondamentale, un sistema di assiomi si dice coerente se non genera contraddizioni, ovvero se non è possibile dedurre da essi alcuna contraddizione.
I modelli di Beltrami, Klein, Poincaré e Riemann (ne abbiamo parlato un po' qui) avevano dimostrato la coerenza relativa delle geometrie non euclidee rispetto a quella euclidea, poiché tali modelli non euclidei erano contenuti all’interno dello spazio euclideo.
Ma la geometria euclidea era coerente?
Hilbert ne dimostrò la coerenza rispetto all’aritmetica, proponendo per la prima volta un modello puramente numerico.
Costruì un insieme di numeri che soddisfaceva tutti gli assiomi geometrici, dove i punti erano determinate coppie di numeri algebrici; le rette, le terne di questi numeri; e dove l’incidenza di una retta su un punto indicava una certa equazione numerica, ecc.
In tal modo, qualunque incoerenza del suo sistema assiomatico della geometria sarebbe sfociata in una incoerenza aritmetica.
Qualsiasi contraddizione nelle deduzioni fatte a partire dagli assiomi geometrici sarebbe stata riconosciuta alla stregua di una contraddizione aritmetica (ad esempio, 0 = 1).
Pertanto Hilbert ridusse la coerenza della geometria euclidea a quella dell’aritmetica, che all’epoca dava per scontata, anche se non gli ci volle molto per riconoscere che si trattava di un problema aperto e della massima priorità.
Era naturale.
Le geometrie non euclidee poggiavano su quella euclidea e quest’ultima poggiava a sua volta sull’aritmetica dei numeri reali.
Come nel sogno del saggio indiano, il mondo poggiava sopra un elefante e l’elefante sopra una tartaruga.
E la tartaruga?
La domanda sulla coerenza dell’aritmetica si pose a stretto giro di boa in tutta la sua urgenza.
Hilbert non l’affrontò nel libro, ma in quel momento credeva che la compatibilità degli assiomi dell’aritmetica si potesse dimostrare in modo relativamente semplice (quanto si sbagliava!).
Da ultimo, una terza caratteristica di cui dopo pochi anni Hilbert riconobbe l’importanza era, laddove possibile, la completezza.
Un sistema assiomatico è completo se possiamo dimostrare al suo interno tutte le proposizioni che sono vere rispetto agli oggetti del sistema, ossia se nessuna verità sfugge al potere della dimostrazione, se tutte le verità sono dimostrabili.
Mentre la coerenza ci assicura che tutto ciò che è dimostrabile è vero ≪tutti i teoremi sono verità≫, la completezza ci garantisce la proprietà reciproca: tutto ciò che è vero è dimostrabile ≪tutte le verità sono teoremi≫.
Se il sistema di assiomi proposto da Hilbert per la geometria euclidea fosse stato completo, avrebbe permesso di dedurre tutti i risultati noti e ignoti della geometria euclidea.
Tuttavia, Hilbert, alla fine, avrebbe scoperto che qualsiasi sistema assiomatico minimamente interessante è incompleto.
In esso il vero non coincide con il dimostrabile.
Ci sono proposizioni vere che non si possono dimostrare.
Nel 1951, il logico polacco Alfred Tarski (1902-1983) dimostrò che una versione molto elementare della geometria euclidea è completa - ovviamente tale versione non contiene l’aritmetica, ragion per cui non viola i famosi teoremi di incompletezza dell’aritmetica, del 1931, di Kurt Gödel (1906-1978).
Concludiamo con una simpatica immagine presa dal web!
giovedì 6 giugno 2019
IL SISTEMA ASSIOMATICO DI HILBERT PER LA GEOMETRIA
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