martedì 27 dicembre 2011

LA FISICA ALL'INTERNO DEI FILM

La scienza occupa, come sappiamo, un ruolo molto importante nella nostra vita quotidiana.
Ma cosa possiamo dire di alcuni svaghi, come guardare un film al cinema?
Ebbene, in alcune trasposizioni cinematrografiche sono presenti espliciti riferimenti ad argomenti scientifici.
In questo contesto, andremo a scoprire 2 film in cui ci sono riferimenti alla Fisica e ad illustrare i suddetti.
Cominciamo con un film dove la Fisica è protagonista assoluta: Il mio amico Einstein (il cui titolo originale è Einstein and Eddington).




















In questa splendida pellicola riscontriamo il particolare rapporto di collaborazione presente fra Einstein e Arthur Eddington, nel bel mezzo della Prima guerra mondiale.
Il film analizza le figure dei 2 scienziati e contemporaneamente offre uno scorcio sugli effetti negativi della guerra e sulla corsa alla dimostrazione della Relatività Generale.
Infatti, Eddington, in un primo momento, legge il noto saggio di Einstein del 1905, "Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento", cercando di comprendere a fondo le idee dello scienziato tedesco.
Inizialmente, l'inglese appare alquanto scettico sui concetti introdotti da Einstein, soprattutto tenendo presente che in Inghilterra, a quel tempo, le leggi enunciate da Newton (il più grande scienziato inglese di tutti i tempi) erano considerate sacre, inviolabili e descriventi ogni cosa della realtà.
Nel frattempo, siamo nel 1914 e scoppia la guerra, che vede contrapposte la Triplice Intesa (Regno Unito, Francia, Russia) e la Triplice Allenza (Germania, Austria-Ungheria, Italia (quest'ultima rimane neutrale fino al 1915)).
Anzi, dal punto di vista storico è necessario sottolineare che sussisteva una tensione ancora più profonda fra Germania e Regno Unito.
Infatti, la Germania, a partire dal 1888, anno della salita al trono di Guglielmo II, desiderava arrivare a costituire un "pangermanesimo", ovvero una grande Germania unificata, forte di una flotta navale devastante.
Proprio la flotta navale tedesca destava, già prima della guerra, profonda preoccupazione al Regno Unito, in quanto quest'ultimo doveva la propria sopravvivenza proprio al dominio sul mare.
La Germania, quindi, poteva infastidire molto il Regno Unito in tal senso (essa, in un secondo momento, sviluppò pure i sottomarini, arrivando a produrne più di 300 entro la fine della guerra!).
Vi ricordo brevemente quale fu l'atto fondamentale ("la goccia che fece traboccare il vaso") scatenante il primo conflitto mondiale, denominato dagli storici "Grande Guerra": trattasi dell'assassinio da parte del giovane serbo Gavrilo Princip ai danni dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Austria, l'erede al trono designato, il 28 giugno 1914!
Questo episodio comportò la stipulazione di un ultimatum (da accettare entro 48 ore) da parte dell'Austria nei confronti della Serbia, il 23 luglio 1914, di cui la Serbia accettò tutti i punti previsti tranne il famigerato articolo 6, stabilente che funzionari austriaci sarebbero dovuti entrare nelle indagini per stabilire chi fosse il mandante dell'assassinio.
Alla risposta negativa della Serbia, il 28 luglio l'Austria dichiarò guerra alla Serbia.
Il suddetto atto comportò l'entrata in guerra della Russia, alleata della Serbia, che a sua volta scatenò l'entrata della Germania, la quale a sua volta, invandendo il Belgio (nazione neutrale), determinò l'entrata prima della Francia e poi del Regno Unito!
Un botta e risposta senza precedenti!
Adesso torniamo all'aspetto della vicenda relativo alla Fisica.
Una domanda interessante a cui il film fa riferimento è: cosa potrà mai fare Einstein per la propria patria, la Germania?
Sicuramente, il fisico non progetterà mai armi, in quanto la guerra non è proprio nel suo interesse (egli prova un profondo disprezzo per un'attività umana così futile e allo stesso tempo così dispendiosa di vite umane), al contrario di alcuni suoi colleghi, fra cui spicca Fritz Haber.
Questi, infatti, si è reso noto (sotto una prospettiva estremamente negativa) per aver implementato l'uso dei gas nocivi in guerra.
Ci fu a tal proposito proprio una battaglia, avvenuta ad Ypres, città del Belgio, dove venne utilizzato dai tedeschi un gas di cloro, denominato Iprite, opera dello stesso Haber.
Tra l'altro, la quantità minima di gas letale per l'uomo è stata chiamata non a caso, Costante di Haber.
Troverete interessanti informazioni aggiuntive sulla figura di Fritz Haber nell'interessante articolo "Fritz Haber: il maledetto", sul blog Popinga.
Per le ragioni sopra elencate, Simon Singh, nell'introduzione al libro "Codici & Segreti", non sbaglia a definire la Prima guerra mondiale la "guerra dei chimici".
Einstein, come abbiamo appena detto, non sviluppò alcuna nuova arma o cose del genere; quello che avrebbe fatto per la Germania è dimostrare che il più grande scienziato inglese, Newton, aveva torto, riscrivendo di fatto le leggi della gravità.
Pertanto, Einstein avrebbe contribuito non a un danno fisico verso l'Inghilterra, bensì a un vero e proprio smacco morale, anche se egli non voleva considerare il suo importante lavoro in funzione della guerra!
In un secondo momento, Eddington comincia a rimanere affascinato dalla teoria di Einstein e capisce che già nel trattato del 1905, il fisico tedesco aveva posto una condizione ben differente da Newton: siccome la velocità della luce è finita, la forza gravitazionale, a detta di Einstein, non può essere istantanea (cioè più veloce della luce), come invece asseriva Newton.
Solamente uno dei 2 poteva aver ragione!
Eddington si accorge che le leggi di Newton descrivono perfettamente il moto dei pianeti attorno al Sole, tranne per un piccolissimo particolare: l'orbita di Mercurio.
Essa, per un frazione estremamente piccola, non risponde alle leggi di Newton.
Eddington scrive proprio ad Einstein riguardo questa particolarità di Mercurio, innestando nella sua mente nuove idee per arrivare alla formulazione della Relatività Generale, la quale, come sappiamo, dice che la gravità non è altro che la curvatura dello spazio tempo provocata da una massa, e che non è istantanea.
Il finale del film non ve lo svelo: vi consiglio di guardare l'intera pellicola attentamente poiché offre moltissimi spunti di riflessione su variegati argomenti, scientifici e non.
Prima di passare al prossimo film, però, diciamo qualcosa in più sulla storia della gravità.
Il concetto intuitivo di gravità è sicuramente noto fin dalla notte dei tempi, quando l'uomo (se vogliamo essere puntigliosi, homo sapiens) ha messo piede sulla Terra.
Ovviamente, l'uomo preistorico non ha descritto per mezzo di equazioni differenziali la gravità, ma si sarà sicuramente reso conto che lasciando cadere dalle mani, ad esempio, una pietra, questa giungerà a terra.
Il medesimo vale per gli altri oggetti.
Si può dunque affermare che la gravità è un concetto insito nell'uomo, e forse, anche in alcuni animali.
Una comprensione un po' più approfondita della gravità viene dai popoli antichi, come egizi e babilonesi, che non ne descrivano la natura, ma osservavano meccanismi derivanti da essa (alternarsi delle stagioni, eclissi, maree, ecc.) e stilavano appositi calendari per appuntare il passaggio dei giorni (e quindi del tempo, altro concetto legato strettamente alla gravità e alla fisica einsteiniana).
Una descrizione rigorosa della gravità non esisteva: tuttavia, gli antichi greci cominciarono a studiare una nozione molto vicina alla gravità: il moto.
Aristotele (384 o 383 a.C - 322 a.C.) aveva cominciato uno studio sul moto, distinguendolo in 2 tipologie:

1) circolare: il movimento perfetto, quello che è proprio soltanto degli oggetti perfetti e incorruttibili, non altri che i pianeti e gli oggetti del cosmo;
2) rettilineo: interessava i corpi terrestri, quelli imperfetti e corruttibili.

Quest'ultimo moto era a sua volta suddiviso in 2 categorie:

1) moto di leggera ascesa: il corpo viene lanciato in aria e sale fino a una certa quota; dopodiché riscende per effetto della gravità;
2) moto di caduta dei gravi: il corpo lasciato andare cade a terra.

Aristotele ha anche il merito di aver intuito il moderno concetto di accelerazione: egli aveva compreso che un corpo, quando veniva lasciato cadere da una certa altezza, non percorreva i tratti di spazio con la stessa velocità, ma tendeva man mano ad andare più velocemente.
Tuttavia, il grande filosofo dipanava la questione sull'accelerazione affermando che i corpi tendevano ad accelerare in quanto spinti a ritornare nei pressi dei loro luoghi naturali di appartenenza.
Nel caso non lo sapeste, Aristotele aveva proclamato che sussistevano 4 elementi fondamentali della natura, l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco, più uno, l'etere o quintessenza, caratterizzante solo i luoghi celesti incorruttibili.
Dunque, ad esempio, un sasso tendeva per tali motivi a raggiungere la terra il più in fretta possibile.
Aristotele ha quindi fornito solamente una spiegazione qualitativa (e peraltro errata) dell'accelerazione.
Oggi, secondo la meccanica classica, la si definisce (l'accelerazione media) come il rapporto tra la velocità media e il tempo percorso.
Se volete la definizione di accelerazione istantanea, ovvero l'accelerazione in un determinato istante di tempo, ve la fornisco attraverso la formula rigorosa:




Come potete notare, l'accelerazione istantanea è la derivata prima (in funzione del tempo) della velocità ed è, in maniera equivalente, la derivata seconda della posizione del corpo preso in riferimento.
Si può affermare senza dubbio che si iniziò ad utilizzare una descrizione quantitativa per i concetti di moto e gravità solo con Galileo Galilei (pertanto quasi 20 secoli dopo le idee di Aristotele), per poi arrivare ai perfezionamenti dovuti a Newton, Lagrange, Hamilton, Einstein e altri ancora!
Passiamo ora all'altro film: V per Vendetta.















Nella nota pellicola, il protagonista, V (avente il volto celato dalla sorridente maschera di Guy Fawkes, cospiratore brittanico che tentò nel 1605 di far saltare in aria il parlamento inglese), ad un certo punto, asserisce: "ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria" (se volete guardare la scena, cliccate qui).
La suddetta affermazione non è altro che l'enunciato del Terzo principio della dinamica newtoniana.
Cerchiamo quindi di approfondire meglio la questione in merito a tale legge.
Newton comprese che sussisteva una relazione di forze tra 2 corpi.
Se un oggetto 1 esercita una determinata forza su un oggetto 2, allora quest'ultimo deve esercitare una forza di reazione sull'oggetto 1.
Questa forza (ricordiamo che la forza è un vettore) di reazione risulta pari in modulo alla forza del oggetto 1, ma diretta in verso opposto.
In termini più rigorosi: se l'oggetto 1 esercita una forza F₂₁ sull'oggetto 2, allora l'oggetto 2 esercita una reazione F₁₂ sull'oggetto 1 tale che: F₁₂ = -F₂₁.
Per fare un esempio, se un individuo muove una cassa verso destra, la cassa, a sua volta, eserciterà una forza di reazione uguale e contraria alla forza impiegata dal soggetto.














Volete sapere una conseguenza della terza legge della dinamica?
Risposta: la legge di Hooke, formulata da Robert Hooke nel 1675.
Per illustrare tale legge, immaginiamo un piano orizzonatale delimitato (a sinistra) da una parete, a cui è attaccata una molla, alla quale, a sua volta, è agganciato un certo corpo.










Il suddetto corpo, inizialmente, si troverà quindi in una condizione di equilibrio.
Ma cosa succede se noi proviamo a comprimere o ad allungare la molla?
Se la comprimiamo (dunque avviciniamo il corpo alla parete) e poi la rilasciamo, la molla tenderà a esercitare una forza (diretta verso destra) di richiamo allontanante il corpo dalla parete, riportandolo all'iniziale condizione di equilibrio.
Se, al contrario, allunghiamo la molla (ergo allontaniamo il corpo dalla parete), questa, una volta rilasciata, eserciterà una forza diretta verso la parete e in grado di ricondurre il corpo alla primaria condizione di equilibrio.
Generalizzando il tutto, se proviamo ad allungare o comprimere la molla, essa tenderà ad esercitare una forza elastica di uguale intensità e diretta in verso opposto rispetto alla forza da noi utilizzata, capace di riportare il corpo alla condizione di equilibrio.
Ciò dimostra che la legge di Hooke non è altro che un caso particolare della terza legge di Newton!
Ora cerchiamo di comprendere meglio le caratteristiche della forza elastica.
Supponendo che il moto avvenga, come nell'immagine di cui sopra, lungo la direzione x (delle ascisse) e posto x = 0 la coordinata del corpo nella configurazione di equilibrio, possiamo asserire che:
  • x minore di 0: corrisponde a una compressione della molla e ad una conseguente forza di richiamo positiva;
  • x maggiore di 0: significa allungamento della molla e forza di richiamo negativa.
 Detto ciò, la forza elastica è un vettore avente:
  • direzione: equivalente alla retta passante per il centro o punto di equilibrio O del sistema, e per il punto P in cui il corpo è situato;
  • verso: è quello che va dal punto P in cui si trova il corpo verso il punto di equilibrio O;
  • intensità: fornita dalla legge di Hooke:


ove k è la costante elastica della molla, sempre maggiore di 0, la quale si misura generalmente in Newton/metro (N/m).
Nel caso specifico di un moto unidimensionale, possiamo esprimere la legge di Hooke con la più familiare formula:



dove x è la deformazione della molla.
Da notare che è stata tralasciata la notazione vettoriale (la freccia sopra il simbolo) per quanto concerne la F indicante la forza, in quanto siamo in presenza di un moto unidimensionale.
Proviamo adesso a manipolare l'espressione.
La seconda legge della dinamica ci dice che F = ma; pertanto posso scrivere:



Ora isolo l'accelerazione al primo membro:





Come abbiamo visto poco prima, l'accelerazione è la derivata seconda della posizione.
Ergo, posso scrivere l'equazione differenziale:





Posto k/m = ω², l'equazione diventa:




Quella appena riportata non è altro che l'equazione differenziale del moto armonico semplice!
Se non lo sapeste, la legge oraria del moto armonico semplice è:



Derivando 2 volte tale espressione otteniamo proprio l'equazione differenziale del moto armonico.
È importante sottolineare come la Fisica, partendo da un dato argomento, attraverso una serie di passaggi matematici, può ricondurci, come in tal caso, a concetti differenti.
Infatti, siamo partiti dalla terza legge newtoniana, spingendoci verso la legge di Hooke e arrivando all'equazione differenziale del moto armonico.
Qui risiede uno dei motivi della bellezza della Fisica!
In conclusione, vi lascio alcuni video inerenti splendidi brani musicali provenienti proprio dal film V per Vendetta:





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