Solitamente sul blog Scienza e Musica l’argomento centrale di un post è di carattere scientifico-matematico o musicale o entrambe le cose.
Oggi però ci concentriamo sul mondo degli anime/manga e in particolare sull’opera intitolata Banana Fish. Quella che segue è una sorta di recensione/analisi, ma alla fine si parlerà anche di qualche riferimento matematico.
Di primo acchito il nome sembra richiamare qualcosa di divertente e ambiguo; ecco, qualche spezzone a parte, l’opera è tutt’altro che una commedia!
Banana Fish nasce come manga, classificato abbastanza impropriamente come shōjo (ovvero come una storia rivolta principalmente ad un pubblico femminile) per opera del fumettista giapponese Akimi Yoshida, che lo pubblicò dal 1985 sino al 1994.
L’opera è stata citata da Frederik L. Schodt nel suo libro Dreamland Japan come "uno dei pochi manga shōjo che un uomo può leggere senza vergognarsi”.
Nel 2018 è stato finalmente mandato in onda l’anime omonimo, formato da 24 episodi, basato sulle vicende del manga.
Certamente ognuno di noi ricorda opere meravigliose adatte a tutta la famiglia, come per esempio i classici Disney.
Una buona parte degli anime giapponesi, però, è costituita da opere molto dure, dense di tematiche complesse persino più di gran parte della filmografia e delle serie tv che vanno normalmente in onda.
Vengono trattate tematiche per niente banali come bullismo, depressione, suicidio, terrore, violenze, razzismo, omofobia, pedofilia, sete di potere, disabilità, utilizzo improprio della scienza, significato della vita e della morte e così via.
Alcuni di questi manga/anime scavano così a fondo che la crudezza delle immagini è quasi secondaria rispetto alla profondità dei temi analizzati.
Banana Fish è tra le opere che meglio riassume tutto ciò.
Questo non significa che durante la visione o lettura dell’opera non ci siano, come detto, momenti più leggeri, di comicità tipicamente giapponese, che spezzano un po’ il dramma (o che non esistano anime/manga con tematiche più frivole), ma l’attenzione alla fine si concentra tutta sul dramma stesso.
D’altronde dai drammi spesso nascono capolavori: si pensi per esempio all’atto III dell’opera lirica Tosca di Giacomo Puccini (1858-1924) dove viene intonata la struggente aria E lucevan le stelle, che si conclude con l’emblematica sequenza di parole:
E muoio disperato!
E non ho amato mai tanto la vita!
Tanto la vita!
Ma di cosa parla nello specifico Banana Fish?
Evitando di fornire grossi spoiler e basandomi sull’anime (che è quello che ho visto personalmente), la storia si concentra sulle vicende di un 17enne, Ash Lynx, beniamino di un boss mafioso molto importante nella città di New York, Dino Golzine.
Il vero incipit della storia però non avviene a New York, bensì in Vietnam, ove 12 anni prima del filone principale della vicenda un soldato americano impazzisce improvvisamente, tanto da uccidere alcuni suoi compagni d’armi. Il suddetto soldato è il fratello maggiore di Ash, Griffin Callenreese.
Facendo ritorno al presente, Ash è sempre seriamente intenzionato a scoprire cosa sia davvero successo al fratello, in particolare dopo che per strada un uomo gli è morto dinanzi agli occhi pronunciando come ultime parole l’emblematica dicitura “Banana Fish” e consegnandogli un piccolo flacone con all’interno una polvere bianca.
Questo flacone è il casus belli della storia iniziale: Dino Golzine è infatti intenzionato a recuperarlo a tutti i costi, persino se ciò dovesse significare mettersi contro il suo "prediletto" Ash.
Nel frattempo arriva a New York un giornalista giapponese, Ibe Shunichi, assieme al suo giovane assistente 19enne Okumura Eiji. I 2 giapponesi sono seriamente intenzionati ad intervistare Ash al fine di realizzare un reportage sulle gang giovanili.
Tuttavia, ad un certo punto irrompe nel locale dove si stava realizzando l’intervista una banda di manigoldi commissionata da Golzine.
Nella confusione, Eiji viene rapito assieme a Skip, amico di Ash. Quest'ultimo si lancia subito all’inseguimento della banda e da quel momento in poi incomincia una serie di vicende da mozzare il fiato.
Questa è la premessa dell’intrigante vicenda. Sarebbe però riduttivo affermare che si tratti soltanto di una storia di mafia, sparatorie ed inseguimenti.
Il vero nocciolo della questione risiede nella vita che il giovane Ash si trova purtroppo ad intraprendere, non da quel momento, ma da quando era appena un bambino innocente.
Il piccolo Ash è vittima di continue violenze sessuali da parte di uomini (anche per via della sua grande bellezza), tra cui il boss Golzine, che lo tratta come fosse un giocattolo con cui divertirsi e non un essere umano! In una scena molto pesante Ash afferma di essere “il gabinetto” di Golzine! Come se questo non bastasse, non solo il giovane subisce violenze inimmaginabili, ma questi atti di violenza vengono persino registrati!
Insomma le sofferenze del piccolo Ash ricordano quelle di Gatsu, il protagonista del manga/anime Berserk, di cui abbiamo parlato un po' nel post L’eclissi tra scienza e cultura varia (cliccate qui per leggerlo). In particolar modo nel manga Berserk (infatti nell'anime del 1997 questo dettaglio è solamente intuibile) viene data la rappresentazione di questi atti immondi nei confronti del piccolo Gatsu e da quel momento in poi Gatsu, così come Ash, avrà alcuni momenti di reazione di immensa rabbia qualora qualcuno lo provi anche solo a toccare con un dito. Di seguito la parte più "soft" della terribile scena dal manga Berserk.
I parallelismi tra Banana Fish e Berserk non finiscono qui: se ricordate ho raccontato come l’evento dell’eclissi in Berserk fosse la rappresentazione dell’orrore puro, al di là dell’elemento fantasy ivi presente.
Bene, in un episodio compreso tra le prime 10 puntate di Banana Fish (rimango vago così da non spoilerare troppo) si assiste ad una lunga scena che è equiparabile a quella dell’eclissi, anzi forse è pure più agghiacciante!
L’impatto emotivo di quella scena è dilaniante e ciò che la rende forse ancora più straziante è il fatto che l’elemento che porta a tutto ciò è un frutto della ricerca scientifica (non posso dire di più) adoperato per scopi politici-militari, un po’ come (nella realtà) la bomba atomica e il gas iprite (arma supervisionata dal chimico tedesco Fritz Haber durante la Prima Guerra Mondiale; se volete approfondire circa la figura di Haber potete leggere, cliccando qui, l'ottimo post di Popinga).