lunedì 26 settembre 2011

NEUTRINI: PIÙ VELOCI DELLA LUCE?

Stiamo assistendo in questi giorni ad un periodo (probabilmente) rivoluzionario per il mondo della fisica: i neutrini, in accordo con l'esperimento OPERA tenuto in collaborazione fra il CERN di Ginevra e l'Istituto nazionale di fisica nucleare presso i Laboratori del Gran Sasso (Abruzzo), viaggerebbero più veloci della luce, ossia più veloci di quel valore, considerato una delle costanti fondamentali della fisica moderna, pari a 299.792.458 m/s.
Facciamo un po' di chiarezza: diverse volte i giornalisti hanno scritto che la velocità della luce è stata superata dai neutrini di 60 nanosecondi: ERRATO!
Il nanosecondo è un'unità di misura inerente il tempo, dell'ordine di grandezza di 10-9 secondi, non la velocità!
La velocità, come ben noto, è il rapporto tra lo spazio e il tempo; quindi la sua unità di misura può essere ad esempio il km/s oppure il km/h, oppure il m/s e così via.
Pertanto, la notizia reale non ci dice che la velocità della luce è stata superata dai neutrini di 60 nanosecondi, bensì che i neutrini hanno attraversato lo spazio sussistente fra Ginevra e il Gran Sasso (ovviamente non mediante il fantomatico tunnel Gelmini, che sta scatenando l'ilarità del web) 60 nanosecondi prima della luce!
Chiariamo adesso quello che è l'aspetto fondamentale: cos'è un neutrino?
Si tratta di una particella elementare, teorizzata per la prima volta da Wolfgang Pauli nel 1930, facente parte della famiglia dei leptoni, che non possiede carica elettrica (alla stregua del più noto e più pesante neutrone) e ha una massa estremamente piccola, quasi insignificante.
Per tale motivo, esso è una sorta di "particella fantasma" che può attraversare senza problemi la materia: ecco perché non c'è assolutamente bisogno di un tunnel per far arrivare i neutrini dal CERN al Gran Sasso!
Ne esistono 3 tipologie:

1) neutrino elettronico;
2) neutrino muonico;
3) neutrino tauonico.

Ora, abbiamo visto alcune caratteristiche fondamentali del neutrino, ma sorge una domanda: siccome tutte le particelle, come sappiamo, posseggono una corrispettiva antiparticella, che cosa distingue un neutrino da un antineutrino?
Il problema si pone anche nel caso del neutrone, visto che anch'esso è una particella neutra.
Tuttavia, la risposta nel caso del neutrone risulta abbastanza semplice: cambia la conformazione interna fra neutrone e antineutrone.
Infatti, mentre il primo è composto da 3 quark, il secondo è costituito da 3 antiquark.
Per quanto concerne il neutrino, però, il problema non può essere dipanato in tale maniera in quanto, in base a ciò che sappiamo, il neutrino non ha una struttura interna: è una particella elementare.
Possiamo immaginarlo come un qualcosa di infinitamente piccolo, un fantasma microscopico che gira alla stregua di una trottola e svolazza qua e là.
Proprio la proprietà di girare come una trottola ci permette di far chiarezza sulla questione materia-antimateria.
Per diversi anni si è infatti creduto che proprio questa proprietà consentisse di distinguere un neutrino da un antineutrino, ma sussistono anche teorie differenti.
Un'interpretazione fisica molto particolare e stravagante inerente il neutrino è quella di Ettore Majorana, uno dei ragazzi di via Panisperna, noto oltre per la sua genialità e i suoi importantissimi contributi in campo scientifico, soprattutto per la sua misteriosa scomparsa occorsa nella notte del 26 marzo 1938 (anno in cui Fermi vinse il Nobel) a 31 anni.
Egli, prima di imbarcarsi su una nave a Palermo, aveva preso con sè l'equivalente di 70.000 dollari e il passaporto.
Tuttavia, di lui non si seppe più nulla.
Le congetture sulla sua scomparsa sono veramente numerose: c'è persino chi sostiene che sia stato rapito dagli alieni!
Quel genio dagli "occhi penetranti, scurissimi, pieni di sentimento", che scriveva i calcoli sui pacchetti delle amate sigarette Macedonia, aveva teorizzato rivoluzionarie implicazioni inerenti il neutrino.
Infatti, come scrive Joao Magueijo nel saggio La particella mancante:

"Secondo Ettore il neutrino è indistinguibile dall'antineutrino, la particella e la sua antiparticella coincidono. Egli asserì con audacia che un neutrino a ritroso nel tempo è uguale a un neutrino in avanti nel tempo. Quel che viene chiamato neutrino è in realtà la sovrapposizione di particelle che si muovono sia avanti sia a ritroso nel tempo, in ugual misura, ovvero con uguali probabilità, senza asimmetria. Pensavate che il gatto di Schrödinger, incerto del proprio stato, vivo o morto, fosse schizofrenico? Ebbene, il neutrino di Ettore è peggio: è una sovrapposizione psicotica di frecce del tempo antagoniste resa possibile dalla capacità quantistica di sovrapporre stati contrapposti. Non esiste una freccia del tempo per un neutrino di Majorana, poiché esso contiene dentro di sé entrambe le direzioni del tempo. La musica di Majorana potrebbe definirsi come l'insieme di tutte le canzoni che sono indistinguibili quando le si esegue al diritto e al rovescio...Il neutrino di Majorana tratta le 2 frecce del tempo in modo democratico: è ambidestro nel tempo. Vomita e mangia il pasto simultaneamente...L'unico cambiamento che subisce un neutrino di Majorana quando si muove a ritroso nel tempo è la sua manulateralità. Un neutrino di Majorana destro diventa mancino...Invertite il corso del tempo e i 2 si scambieranno. Il neutrino continua a essere massimamente chirale, ma soltanto a causa del modo in cui interagisce con altre particelle...Il neutrino di Majorana non è un Dracula. Se un neutrino sinistro si guardasse allo specchio, vedrebbe riflessa un'immagine destrorsa. Particella e antiparticella coincidono, ma il neutrino possiede un'immagine speculare."
      
Ergo trattasi di una teoria paradossale agli occhi di un comune mortale, ma che, osservata sotto la prospettiva della Meccanica Quantistica, si va soltanto ad aggiungere alle altre stranezze di questa teoria fisica, come il principio di indeterminazione, l'entanglement, il gatto di Schrödinger e così via.
Prima di concludere, nel passo riportato sopra, Magueijo ha fatto riferimento al concetto di chiralità.
Cerchiamo allora di chiarirlo meglio.
Prendiamo in considerazione le nostre mani, le quali godono di una proprietà estramamente singolare: quando si sovrappongono i palmi entrambi volti verso il basso o verso l'alto, le dita non coincidono: al pollice dell'una corrisponde il mignolo dell'altra e viceversa.
Lo stesso ovviamente avviene anche per le restanti dita.
Se poi si prova a porre davanti ad uno specchio una mano, per esempio la destra, col palmo rivolto allo specchio, quest'ultimo riflette esattamente l'immagine del palmo della mano sinistra e viceversa.
Pertanto ogni mano non è sovrapponibile alla sua immagine speculare.
Tuttavia, non solo le mani godono di tale peculiarità: pensiamo alle orecchie, agli occhi, ai piedi.
Ma pure oggetti quotidiani posseggono la suddetta proprietà: scarpe, guanti, pinne da sub, ecc.
Tutti i corpi che godono di tale proprietà sono detti appunto chirali.
In natura la chiralità è molto diffusa: basti pensare alle numerosissime molecole chirali.
In esse, vi è sempre presente un centro chirale, rappresentato da un carbonio chirale, detto anche carbonio asimmetrico, il quale è legato a 4 atomi o gruppi atomici differenti.
In conclusione, la veridicità del risultato dell'esperimento sopracitato, cioè del fatto che i neutrini abbiano superato la velocità della luce, deve essere ancora verificata tramite ulteriori esperimenti ed è necessario aspettare verifiche circa eventuali errori di misurazione per trarre conclusioni più precise.
Ciò non toglie che potremmo trovarci in un periodo molto interessante per la fisica moderna, in quanto la teoria della Relatività di Einstein (per informazioni su essa vi rimando all'articolo "Dio non gioca a dadi con l'Universo": Relatività Generale vs Meccanica Quantistica) potrebbe subire qualche ripercussione importante.
Tuttavia risulta difficile, diversamente da come hanno sbandierato i giornali, che sia destinata ad un vero crollo!
Per il resto, i neutrini rimangono comunque particelle misteriose (bisognerà verificare, a fronte di tale esperimento, se tutte le tipologie di neutrini riescono ad oltrepassare il limite della velocità della luce) e si dovrà far luce sulla bizzarra teoria di Majorana!

martedì 20 settembre 2011

LA CHIMICA TRA I BANCHI DI SCUOLA

Visto che la tematica del Carnevale della Chimica n.9 è "la Chimica nei ricordi di scuola", mi accingo a scrivere, diversamente da come solitamente avviene in questo blog, non un articolo divulgativo della disciplina, ma delle riflessioni sulla mia esperienza personale con la Chimica che ho vissuto a scuola.
Devo affermare che il mio primo vero approccio con la chimica risale al 2° liceo scientifico, anno scolastico in cui essa era prevista come materia di studio.
In antefatto al racconto delle mie esperienze liceali, devo specificare che prima di incominciare ad addentrarmi nel meraviglioso mondo della Chimica, ero già un ragazzo appassionato di scienze, in particolare, sin dalla 5° elementare, svolgevo ricerche su internet inerenti diversi fenomeni della natura, come terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche, tornado, uragani, ecc. e guardavo numerosi documentari in tv, da cui cercavo di apprendere il più possibile su tali argomenti.
Dopo qualche anno, il mio interesse si è ampliato anche verso l'Astronomia, la prima scienza sviluppata dall'uomo e fui affascinato da fenomeni come supernovae, buchi neri, Big Bang e altre questioni concernenti il nostro Universo.
Leggevo (e continuo a leggere) numerosi libri su tali argomenti.
Adesso però andiamo al nocciolo della questione: l'approccio con la Chimica.
Come sopra citato, esso incomincia in 2° liceo (alle scuole medie avevo studiato solamente nozioni basilari di chimica, non sufficienti a fornirmi una vera idea della disciplina).
Per mia fortuna, ho avuto un professore estremamente bravo e simpatico, che amava veramente la Chimica e sapeva comunicare la sua passione agli studenti!
Mi ricordo che durante una delle sue prime lezioni ci spiegò che la Chimica era alla base di tutto ciò che ci circonda, in quanto ogni singolo oggetto con cui abbiamo a che fare è costituito da atomi, i quali a loro volta formano strutture un po' più complesse, le molecole e così via.
Inoltre, un altro concetto chiave che ci aveva illustrato era l'affermazione di Lavoisier: "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma", illuminandoci sul fatto che la natura, sotto la sfera della chimica, non va a creare o a distruggere una certa cosa, bensì la trasforma in qualcosa di differente: ciò costituisce il principio basilare delle reazioni chimiche, con queste ultime che possono essere reversibili o irreversibili.
Un giorno il professore ci fece vedere un video sulle eruzioni vulcaniche e sulla chimica alla base di esse estremamente interessante (soprattutto visto dalla mia prospettiva, considerato che ero appassionato di vulcani!) e rimasi colpito!
Indimenticabili poi sono le lezioni che egli ha tenuto in laboratorio: non posso dimenticare, ad esempio, il saggio alla fiamma, un esperimento utile al fine di identificare gli elementi chimici in base alla colorazione della fiamma, ma allo stesso tempo spettacolare!
Sembrava incredibile che, a seconda dell'elemento chimico (o meglio del composto) posto su un filo di platino, la fiamma assumeva una colorazione completamente differente.
Era come se la Scienza e l'Arte si stessero mescolando letteralmente insieme in una fusione perfetta!
Dunque, fu interessante per 2 anni studiare argomenti come le reazioni chimiche, la nomenclatura, i legami, i gas perfetti, gli acidi e le basi, ecc.
Al quarto anno cambiammo professore, anche se il prof. di cui ho parlato sopra era sempre presente nella nostra scuola.
Purtroppo, un tragico giorno, egli ebbe un attacco cardiaco e morì, lasciandoci in lacrime e con una sensazione di vuoto indescrivibile: la scuola aveva perso uno dei professori più amati dagli studenti in assoluto, un docente insostituibile, capace di farti ridere durante le sue lezioni e apprezzare la sua materia.
Nessuno voleva credere che non ci fosse più, ma bisognava rassegnarsi alla tragica conclusione.
Tuttavia, io continuo a ricordare i suoi insegnamenti, le sue battute, l'amore per la Chimica che possedeva e anche se sto per intraprendere un corso di laurea in Fisica (la mia attuale più grande passione), continuo a leggere e informarmi pure riguardo la Chimica e a scrivere articoli per il Carnevale della Chimica.

Leonardo Petrillo

lunedì 12 settembre 2011

2 TERMINI CELEBRI IN MATEMATICA: INDETERMINATO E IMPOSSIBILE

La matematica è la lingua dell'Universo, quel linguaggio che ci permette di descrivere i fenomeni che avvengono in natura, ma anche di entrare in un mondo completamente astratto, fuori dalle comuni umane concezioni.
Probabilmente la base della matematica a livello elementare è rappresentata dalle equazioni.
Sin dalle scuole medie impariamo le basi per risolvere semplici equazioni, ossia uguaglianze tra termini numerici e letterali separate dal simbolo uguale (=).
Un esempio di equazione basilare è:

2x = 5

Il cui risultato è x = 5/2.
Le equazioni non sono sempre così semplici o così prive di altri elementi matematici fondamentali.
Sussistono equazioni di secondo grado, di terzo grado, di grado n, goniometriche, esponenziali, logaritmiche, con modulo, irrazionali, differenziali, alle derivate parziali, integrali e così via.
Esistono pure sistemi di equazioni, con n variabili ed m righe.
Immaginando un sistema di 2 equazioni di 1° grado, ossia di 2 rette, troveremo generalmente, risolvendo il sistema, il punto in cui le suddette rette si incontrano.
Ma come ben noto, non è sempre così.
Nei migliori casi, riscontreremo la soluzione e il sistema sarà determinato.
Se così non fosse, allora incorreremmo in soluzioni indeterminate o impossibili.
A cosa alludono tali termini?
Per illustrare questi concetti, è meglio proseguire mediante degli esempi chiari.
Prendiamo come esempio il sistema costituito dalle equazioni:

4x - 4y - 16 = 0
x - y - 4 = 0

Risolvendolo tramite uno dei metodi di risoluzione noti, come quello di sostituzione, di riduzione, ecc., riscontriamo la soluzione finale 0 = 0.
Il sistema risulta indeterminato, ossia ha un numero infinito di soluzioni.
Ciò, graficamente, sta a significare che le 2 rette rappresentanti le equazioni combaciano perfettamente.
Adesso, consideriamo quest'altro sistema:

5x = -3y - 9
100x + 60y = -80

Risolvendolo, troviamo la soluzione -100 = 0, il che non è mai vero.
Il sistema è appunto impossibile ed ergo: le 2 rette non si incontreranno in nessun punto.
Rimaniamo intorno al concetto di impossibile.
Consideriamo adesso l'equazione di 2° grado:




Sfruttando la formula (la cui forma attuale è stata pubblicata per la prima volta da Cartesio nel 1637 nell'opera La geometria) di risoluzione (ridotta) delle equazioni di 2° grado:







dove t = b/2, troviamo che





Cosa succede adesso?
L'equazione è stata risolta?
Ha fornito un risultato accettabile?
Assolutamente NO!
O meglio, almeno per quanto concerne il campo dei numeri reali.
Infatti, nell'insieme dei numeri reali R, l'equazione risulta impossibile, in quanto non esiste la radice quadrata di un numero negativo (nel caso in questione la radice di -6).
In realtà la questione può essere portata avanti e risolta, addentrandoci nel campo dei numeri complessi.
Rafael Bombelli (1530-1573) fu il primo, nel 1572, a riconoscere che anche le radici quadrate di numeri negativi posseggono una loro utilità.
Questi numeri vengono denominati oggi numeri immaginari, e assieme ai numeri reali vanno a costituire l'insieme dei numeri complessi.
Bombelli chiamava la √-1 più di meno, mentre il suo opposto, cioè -√-1 men di meno.
Inoltre, riconosceva che √-1 ⋅ √-1 = -1.
Traslato nel suo lessico: "Più di meno via più di meno fa meno".
Possiamo affermare allora che:








i è detta unità immaginaria.
Pertanto, i numeri complessi sono quei numeri che si possono scrivere come somma tra un numero reale e un numero immaginario:





dove x (chiamata parte reale) e y (detta parte immaginaria) sono numeri reali qualsiasi.
Ne consegue che i numeri reali non sono altro che numeri complessi aventi parte immaginaria pari a zero.
A proposito di numeri immaginari e complessi, come spiega Keith Devlin nel libro I problemi del millennio:

"Il numero i non è un numero reale; in altre parole non è un punto appartenente alla retta dei numeri reali. È tuttavia possibile moltiplicare i per un qualsiasi numero reale k per dare un nuovo numero ki. I numeri così ottenuti sono denominati "numeri immaginari". Per esempio, 5i è un numero immaginario. Nessuno dei numeri immaginari si trova sulla retta dei numeri reali (con la sola eccezione di 0i, che non è altri che lo zero). Dal punto di vista geometrico, i numeri immaginari formano una seconda retta, perpendicolare a quella dei numeri reali.   

















È possibile sommare un qualsiasi numero reale a un qualsiasi numero immaginario per ottenere un nuovo numero. Per esempio, possiamo sommare il numero reale 1 + 2/3 al numero immaginario 5i per ottenere il nuovo numero (1 + 2/3) + 5i. Queste combinazioni di un numero reale e di un numero immaginario sono denominate "numeri complessi". Dal punto di vista geometrico, i numeri complessi sono punti appartenenti al piano bidimensionale il cui asse x è la retta dei numeri reali e il cui asse y è la retta dei numeri immaginari. Il numero complesso (1 + 2/3) + 5i è il punto di ascissa (1 + 2/3) e di ordinata 5....I numeri complessi possono essere sommati, sottratti, moltiplicati e divisi, proprio come i numeri reali....Quando si eseguono operazioni su 2 numeri complessi, il risultato è un altro numero complesso. Pertanto, per fare dell'aritmetica, i numeri complessi sono proprio come i numeri reali, se non per il fatto che nel loro caso valgono regole un po' più complicate".

Sussistono inoltre importanti formule matematiche legate ai numeri complessi.
Ad esempio, c'è la formula di De Moivre, sviluppata dal matematico francese Abraham De Moivre (1667-1754).
La formula ci dice che per ogni numero intero maggiore o uguale a 1:




Tale formula, però, è un caso particolare di una formula più generale e ancor più importante, dovuta al grande matematico Eulero, la quale consente di definire l'operazione esponenziale per numeri complessi.
L'identità di Eulero afferma che l'esponenziale di un numero immaginario puro (per ogni ϑ ∈ R) può essere definito come:





Una conseguenza della suddetta espressione è la famosissima formula:




Tale equazione possiede una bellezza ed un'eleganza matematica insuperabile, in quanto riesce a mettere in relazione in una formula veramente sintetica (più sintetica di una poesia ermetica!) le 5 costanti più importanti della matematica (e, i, π, 1, 0), assieme agli operatori "somma", "moltiplicazione", "elevamento a potenza", "uguaglianza", altrettanto fondamentali in matematica.
L'equazione aveva colpito così profondamente i matematici tanto che Benjamin Pierce, durante una conferenza del 1864, esclamò: "Signori, non abbiamo la minima idea di che cosa significhi questa equazione, ma siamo sicuri che è qualcosa di molto importante".
Riagganciandoci alla descrizione compiuta da Keith Devlin, dobbiamo specificare che il piano bidimensionale in cui vengono rappresentati i numeri complessi si chiama piano di Argand-Gauss e prende il nome ovviamente da Jean-Robert Argand (1768-1822) e Carl Friedrich Gauss (1777-1855).
Inoltre, ogni numero complesso possiede un "compagno", o in termini più rigorosi, un "coniugato".
Il coniugato di 1 + 2i è 1 - 2i, il numero che si ottiene cambiando di segno il secondo termine.
Dunque, allo stesso modo, il coniugato di 1 - 2i è 1 + 2i.
La cosa interessante è che sommando o moltiplicando 2 numeri coniugati si ottiene un numero reale.
Abbiamo quindi discusso riguardo ad alcune peculiarità dei numeri complessi.
Tuttavia, essi furono considerati in un certo qual senso "mistici", fin quando non furono oggetto di intenso studio da parte di Sir William Rowan Hamilton, il più eminente matematico irlandese del XIX secolo.
Riporto la splendida descrizione, intrisa di interessanti aneddoti, sulle scoperte di Hamilton inerenti i numeri complessi di John C. Baez e John Huerta, presente nel numero 515 della rivista Le scienze:

"Nel 1835, all'età di 30 anni, il matematico e fisico William Rowan Hamilton scoprì che è possibile considerare i numeri complessi come coppie di numeri reali. All'epoca i matematici scrivevano solitamente i numeri complessi nella forma a + ib ideata da Argand, ma Hamilton osservò che siamo liberissimi di pensare al numero a + ib come a un modo peculiare di scrivere 2 numeri reali: per esempio, (a,b). Questa notazione rende molto facile sommare e sottrarre i numeri complessi: basta sommare (o sottrarre) ogni numero della seconda coppia al corrispondente della prima coppia....Dopo che Hamilton ebbe inventato questo sistema algebrico per i numeri complessi, che avevano un significato geometrico, cercò per molti anni di inventare un'algebra più grande, fatta di terne di numeri che svolgessero un ruolo simile per la geometria tridimensionale: questi tentativi gli diedero frustazioni senza fine. Una volta scrisse al figlio: "Ogni mattina...quando scendevo per la colazione, il tuo (allora) fratellino William Edwin e tu mi chiedevate: "Allora, papà, sei riuscito a moltiplicare le terne?" Al che ero sempre obbligato a rispondere: "No, le so solo sommare e sottrarre". Anche se all'epoca non poteva saperlo, il compito che si era proposto era matematicamente IMPOSSIBILE. Hamilton cercava un sistema numerico tridimensionale in cui fosse possibile sommare, sottrarre, moltiplicare e dividere. La parte difficile è la divisione: un sistema numerico in cui è possibile dividere è detto ALGEBRA DI DIVISIONE. Solo nel 1958 3 matematici dimostrarono un fatto sbalorditivo che si sospettava da decenni: qualsiasi algebra di divisione deve avere dimensione 1 (il che vale solo per i numeri reali), 2 (numeri complessi), 4 o 8. Hamilton doveva cambiare le regole del gioco. Hamilton stesso arrivò a una soluzione il 16 ottobre 1843. Stava camminando con la moglie lungo il Royal Canal per andare a una riunione della Royal Irish Academy a Dublino, quando ebbe una rivelazione improvvisa. Le rotazioni in 3 dimensioni non si possono descrivere con 3 soli numeri. Aveva bisogno di un quarto numero, generando così un insieme quadrimensionale detto dei QUATERNIONI, che hanno la forma a + ib + jc + kd. Qui i numeri i, j e k sono 3 distinte radici quadrate di -1. In seguito Hamilton avrebbe scritto: "In quel momento sentii chiudersi il circuito galvanico del pensiero; e le scintille che ne sprizzarono erano le equazioni fondamentali che collegano i, j e k; esattamente nella forma in cui le ho sempre usate da allora". E, con un famoso atto di vandalismo matematico, incise queste equazioni nella pietra del ponte Brougham. Ora sono sepolte dai graffiti, ma c'è una lapide che ricorda la scoperta. Può sembrare strano che servano punti di uno spazio quadrimensionale per descrivere trasformazioni di uno spazio tridimensionale, ma è proprio così...Hamilton passò il resto della vita nell'ossessione per i quaternioni, e ne scoprì molti usi pratici. Oggi in molte di queste applicazioni i quaternioni sono stati sostituiti dai loro cugini più semplici, i vettori, che si possono considerare come quaternioni dalla forma speciale ia + jb + kc (il primo numero è semplicemente zero). Eppure i quaternioni forniscono un modo efficiente per rappresentare le rotazioni tridimensionali in un computer e in questo contesto compaiono di continuo, dal sistema di controllo dell'assetto di un veicolo spaziale al motore grafico di un videogioco."

Altre informazioni interessanti su Hamilton le troviamo in Storia della matematica di Carl B. Boyer:

"Il padre di Hamilton, che esercitava la professione di avvocato, e sua madre, che era considerata una donna ricca di doti intellettuali, morirono entrambi quando il figlio era ancora bambino. Ma prima ancora che diventasse orfano, dell'educazione del giovane Hamilton si era preso curo uno zio che era studioso di lingue. Di ingegno eccezionalmente precoce, il giovane William all'età di 5 anni era già in grado di leggere il greco, l'ebraico e il latino; a 10 anni conosceva una mezza dozzina di lingue orientali. L'incontro, pochi anni più tardi, con un calcolatore prodigio fu forse la scintilla che accese il già forte interesse di Hamilton per la matematica...Hamilton fece i suoi studi universitari al Trinity College di Dublino, dove, ancora studente, all'età di 22 anni fu nominato Astronomo reale d'Irlanda, Direttore dell'Osservatorio dio Dunsink e Professore di astronomia. In quello stesso anno presentò all'Accademia irlandese una memoria sui sistemi di raggi, nella quale illustrò una delle sue idee predilette, ossia l'idea che lo spazio e il tempo sono "indissolubilmente connessi l'uno con l'altro". In un certo senso è possibile intravedere in questa teoria un'anticipazione della teoria della relatività...Durante gli ultimi 20 anni della sua vita Hamilton dedicò tutte le sue energie alla sua algebra prediletta, alla quale egli tentava di attribuire un significato cosmico e che alcuni matematici inglesi consideravano come una sorta di arithmetica universalis di tipo leibniziano. Le sue Lectures on Quaternions (Lezione sui quaternioni) furono pubblicate nel 1853, e negli anni successivi egli si dedicò alla preparazione di un ampio trattato intitolato Elements of Quaternions (Elementi di teoria dei quaternioni). Morì però nel 1865 prima di riuscire a condurne a termine la stesura: l'opera incompiuta fu pubblicata l'anno successivo a cura del figlio."

Tirando le fila del discorso, abbiamo intrapreso un viaggio all'interno delle equazioni matematiche che ci ha condotto sulla tematica dell'indeterminato e soprattutto dell'impossibile.
In particolare, quest'ultimo, come abbiamo potuto constatare, è stato inizialmente una sorta di "blocco" per i matematici, che non potevano risolvere alcune equazioni poiché restituivano risultati inaccettabili, come radice di -6.
Tuttavia, se andiamo a guardare la storia dell'impossibile in matematica sotto una differente prospettiva, riscontriamo che esso è stato la fonte di nuovi importantissimi sviluppi in tal ambito.
Prendiamo come esempio i pitagorici: quando essi hanno scoperto che alcune operazioni restituivano dei numeri irrazionali, come la radice di 2, sono rimasti sconvolti.
Anzi, desideravano occultare l'esistenza dei numeri irrazionali.
Poi, però, questi numeri sono stati accettati e oggi fanno parte del più completo insieme dei numeri reali.
Andando avanti, i numeri reali, in certe equazioni, ad esempio di 2° grado, portano a risultati impossibili, come radice di -2.
Tale blocco ha fatto sì che i matematici sviluppassero i numeri immaginari e i numeri complessi, in cui tale risultato non è più inaccettabile ma fa parte dell'ordinario.
Anzi, i numeri reali sono solamente casi particolari dei numeri complessi.
Dopodiché, Hamilton voleva estendere l'algebra ai numeri tridimensionali, ma non riusciva nell'operazione di divisione.
Alla fine, capì che solo in 4 dimensioni ci può essere un algebra di divisione e si era arrivati alla scoperta dei quaternioni.
I vettori, studiati comunemente in matematica e fisica, in realtà non sono che delle semplificazioni dei quaternioni.
Dai quaternioni si arrivò agli ottetti, numeri in 8 dimensioni e dagli ottetti scaturirono fuori i sedenioni, in 16 dimensioni.
Tuttavia, questi ultimi, non costituiscono un'algebra di divisione, considerato che alcuni di essi sono addirittura divisori dello zero!
Pertanto, un'algebra "completa" si può costruire solo su numeri che hanno dimensione 1,2,4 o 8!
In conclusione, riporto 2 video musicali, il primo (il violinista David Garrett in Mission Impossible) inerente il tema dell'impossibile, il secondo (la violinista Sarah Chang nel presto dell'Estate dalle 4 Stagioni di Vivaldi) concernente invece il numero 4, visto che abbiamo parlato di quaternioni.
Buon Ascolto!