lunedì 28 marzo 2011

IL NUCLEO: LA SFILATA DELLE SUE ACCEZIONI SCIENTIFICHE

Il termine "nucleo", dal latino nucleus, indica generalmente la parte centrale di qualcosa, che sia un oggetto, un argomento, un problema e così via.
Infatti, per esempio, il verbo "enucleare", che deriva proprio da nucleo, significa mettere in rilievo la parte essenziale (il nucleo, appunto) di un argomento, di un problema, ecc.
Il termine nucleo, però, assume una connotazione ancor più importante nel campo della scienza.
Addentriamoci allora nelle principali accezioni di nucleo che riscontriamo nel mondo della fisica, della chimica, della geologia, dell'astronomia e della biologia.

1) NUCLEO ATOMICO

In principio era l'atomo (deriva dall'aggettivo greco á-tomos, ossia "non divisibile", "privo di parti" (dalla radice tom- di témno, "taglio", preceduta dall'álpha privativo)), l'elemento indivisibile, mattone fondamentale della materia, postulato per la prima volta da Leucippo di Mileto e Democrito di Abdera.
Per quest'ultimo, gli atomi sono identici fra loro dal punto di vista qualitativo (sono fatti della medesima materia) ma differiscono per quanto riguarda gli aspetti quantitativi (forma, dimensione, posizione).
Aggregandosi e disgregandosi essi determinano la nascita e la morte di tutte le cose e dalla posizione e dall'ordine che assumono nell'aggregato dipendono la mutevolezza e la diversità dei fenomeni osservabili.
Prima del concetto di atomo, tuttavia, diversi filosofi hanno introdotto alcuni principi originari (in greco arché) alla base della natura.
Il primo di essi fu Talete di Mileto (che ricordiamo anche in geometria per il noto Teorema di Talete).
Egli identificava come principio primordiale l'acqua, basandosi sulle osservazioni e sul buon senso che mostravano come ogni cosa vivente sia intrisa di questa sostanza, che evapora nel momento in cui sopraggiunge la morte.
Talete, probabilmente, fa riferimento anche al ruolo che l'acqua ha nella nascita dei bambini: infatti, il neonato, viene alla luce "rompendo le acque" che lo hanno custodito per 9 mesi.
La visione dell'universo di Talete doveva essere pressapoco così: all'inizio esisteva il grande Oceano, da cui è nata la vita; poi si sono originati la terra e i corpi celesti.
Tutto l'universo, alla stregua di una grande nave, fluttua sulle acque del mare.
L'acqua rappresenta pertanto il principio fondamentale, l'arché, di tutte le cose.
Ed infine, tutte le cose vi faranno ritorno quando periranno, tornando a confondersi con l'Oceano indistinto e indefinito.
Un altro filosofo, sempre di Mileto, Anassimandro, invece, individuava l'arché in una sostanza indeterminata e indefinita: l'ápeiron, che vuol dire appunto "senza confini", "sconfinato".
Anassimandro sosteneva che da tale sostanza originaria derivassero tutte le cose secondo un processo di separazione e differenziazione governato da una legge necessaria, denominata Dike (la Giustizia).
Tale separazione, nonostante sia, a detta del filosofo, la base della vita, è allo stesso tempo fonte di infelicità, poiché gli individui provano nostalgia per il "tutto originario" da cui derivano.
La separazione, infatti, rappresenta la causa della molteplicità e della differenza tra gli esseri, del loro contrasto e delle guerre.
Per sconfiggere questo male (il male della differenza che è all'origine della nascita) ogni essere vivente (non solo gli uomini) devono perire e ritornare così all'unità perduta.
Sempre di Mileto, Anassimene, identificava il principio originario con l'aria o "respiro", paragonando la vita dell'universo alla vita dell'uomo:

"Come l'anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il soffio e l'aria circondano il mondo intero".

Dunque, secondo questa visione filosofica, tutte le cose (gli esseri viventi e persino le divinità) si generano per condensazione o rarefazione dell'aria.
Infatti, quando l'aria viene a rarefarsi diviene fuoco; quando si condensa diventa progressivamente vento, nuvola, acqua, terra, e anche pietra dura.
Nel mezzo di queste concezioni filosofiche sui principi originari della natura, si inserisce la figura emblematica di Pitagora di Samo (famosissimo per il Teorema riguardo i triangoli rettangoli che prende il suo nome).
Pitagora e i suoi discepoli, i pitagorici (che costituivano una sorta di setta segreta, dove erano ammesse anche le donne, nella quale si venerava Pitagora come una divinità) ritenevano che la vera sostanza delle cose non risiedesse nell'acqua, nell'aria o in qualsiasi altro elemento fisico come avevano congetturato i filosofi sopracitati, bensì nel numero.
Riporto la magnifica descrizione presente nel libro "La musica di Pitagora" di Kitty Ferguson a riguardo dell'importanza del concetto di numero in Pitagora e della sua strettissima relazione con la musica:

"La scoperta pitagorica che "tutte le cose che si conoscono hanno numero", poiché "senza il numero non sarebbe possibile pensare né conoscere alcunché", fu fatta in musica. È ben stabilito, come poche cose di Pitagora lo sono, che la prima legge matematica che sia mai stata formulata matematicamente fu la relazione fra l'altezza dei suoni e la lunghezza di una corda d'arpa vibrante, e che essa fu espressa dai primissimi pitagorici. Antichi studiosi, come il discepolo di Platone Senocrate, pensavano che la scoperta fosse stata fatta dallo stesso Pitagora. Al tempo di Pitagora, i musicisti accordavano da secoli strumenti a corde. Quasi tutti erano consapevoli che a volte una lira o un'arpa producevano suoni gradevoli e altre volte no. Quelli abili sapevano come produrre e accordare uno strumento così che il risultato fosse gradevole....Che cosa significa "gradevoli"? Quando gli antichi greci pensavano all'armonia, la pensavano allo stesso modo in cui l'avrebbero pensata i posteriori musicisti e amanti della musica? Le corde delle lire...non venivano pizzicate come in una chitarra moderna o suonate con un archetto come un violino. Più difficile è dire se le note venissero suonate insieme nello stesso tempo, ma gli storici di musica pensano di no. Erano le combinazioni di intervalli in melodie e scale - come suonavano le note quando si susseguivano l'una all'altra - a essere gradevoli o sgradevoli. Chiunque abbia però suonato uno strumento in cui le corde sono pizzicate, o colpite con un martelletto, sa che una corda continua a suonare a meno che non venga premuta. Anche se le corde di una lira non erano state suonate insieme in un accordo, si udiva nello stesso tempo più di un tono, e spesso vari toni, tanto più se c'era anche un'eco. Anche quando le note sono suonate in successione e poi smorzate, l'orecchio e il cervello umano hanno una memoria tonale che fa loro riconoscere armonia o dissonanza. In verità gli antichi greci, compreso lo stesso Pitagora, udivano l'armonia in entrambi i modi, fra toni suonati nello stesso tempo e toni suonati in successione. Lo strumento suonato da Pitagora era probabilmente la lira a 7 corde. La suonava con 4 delle 7 corde a intervalli fissi. Non c'era scelta su come dovessero essere quegli intervalli. I suoni più bassi e più alti delle corde a intervalli fissi erano accordati in modo che fossero separati da un'ottava. La corda di mezzo sulla lira (la quarta delle sette corde) era accordata in modo che suonasse una quarta sopra la corda più bassa, e quella successiva era accordata in modo che suonasse una quinta sopra la corda più bassa. Gli intervalli dell'ottava, della quarta e della quinta furono considerati concordanti e armonici. Sulla lira a 7 corde il musicista greco poteva regolare le altre 3 corde (la seconda, la terza e la sesta), a seconda del tipo di scala desiderata. Premendo una corda esattamente a metà fra i 2 estremi si produce un tono più alto di un'ottava rispetto a quello prodotto dalla corda libera, non premuta. Il rapporto fra queste 2 lunghezze della corda è di 2:1 e produce sempre un'ottava. L'ottava non è però una cosa che il musicista possa creare premendo la corda. Pizzicando una corda libera non premuta, la si fa vibrare nella sua interezza, cosicché essa suona la "nota fondamentale", ma varie parti della corda stanno anche vibrando indipendentemente producendo suoni "armonici". Anche senza che la corda venga premuta nel punto di mezzo per suonare un'ottava, questa è presente nel suono della corda libera. Premendo la corda si liberano toni provenienti dall'ottava, dalla quinta, dalla quarta e così via - a seconda di dove si preme - che erano stati sempre presenti nella nota fondamentale, ma più difficili da udire. La tradizione attribuisce a Pitagora l'invenzione del kanon, uno strumento con una sola corda, e il suo uso per fare esperimenti sul suono. Pitagora avrebbe trovato che le note che erano in armonia con la nota fondamentale erano quelle prodotte dividendo la corda in parti uguali. Dividendola in 2 parti uguali si produceva una nota più alta di un'ottava rispetto alla corda non premuta. Se si premeva in modo da dividerla in 3 parti uguali, la corda suonava una nota di una quinta sopra l'ottava; se la si divideva in 4 parti uguali suonava una quarta sopra l'ottava....Quando Pitagora e i suoi discepoli videro che certi rapporti di lunghezza di corde producevano sempre l'ottava, la quinta e la quarta, balenò nella loro mente l'idea che dietro la bellezza che essi udivano nella musica doveva esserci una regolarità nascosta....Regolarità aritmetiche e geometriche simili dovevano celarsi dietro tutta la quotidiana confusione e complessità della natura. Nell'universo c'era ordine, e quest'ordine era fatto di numeri."

Ad illustrare tali concetti in maniera divertente e simpatica ci pensa anche la Disney con l'eccezionale episodio animato "Paperino nel mondo della matemagica":



Prima di ritornare al nucleo centrale della nostra trattazione, ossia l'atomo e in particolare, il suo nucleo, dobbiamo citare altre 2 concezioni filosofiche fondamentali sui principi originari della natura.
In primis, c'è Eraclito di Efeso: della sua unica opera, probabilmente intitolata Intorno alla natura, ci restano solo frammenti.
Da essi si desume una visione dell'universo basata sull'idea che nel mondo non ci sia nulla di immobile: tutto muta incessantemente.
A detta di Eraclito, ad esempio, non è possibile bagnarsi 2 volte nello stesso fiume, dal momento che le sue acque si rinnovano costantemente.
Il tutto si può ricondurre al celebre aforisma pánta rei, cioè "tutto scorre".
L'antitesi di Eraclito è rappresentata da Parmenide di Elea, con la sua concezione dell'essere: l'essere è, e non può non essere, mentre il non essere non è, e non può essere.
Tutto ciò significa che solamente l'essere esiste e che il non essere, non solo non esiste, ma non può essere nemmeno pensato.
L'essere, poi, possiede diverse caratteristiche: esso è:

- ingenerato e imperituro: infatti, se nascesse, dovrebbe derivare da ciò che non è; ma nulla può derivare da ciò che non esiste: pertanto l'essere non può nascere;
- eterno;
- immutabile e immobile;
- finito: secondo la mentalità greca la perfezione non è data dall'infinità, bensì dal finito. Da questo punto di vista Parmenide ci fornisce ulteriori informazioni: infatti afferma che l'essere è una sfera, perfettamente omogenea e identica a se stessa in ogni parte.

Abbiamo analizzato, dunque, diverse concezioni filosofiche sulla natura delle cose, ideate dai filosofi greci.
Ebbene, in questa variegata lista di arché arriva il già citato atomo, portato alla notorietà, in particolare, da Democrito.
Con il concetto di atomo, Democrito è riuscito a conciliare le antitetiche posizioni di Parmenide ed Eraclito, ammettendo che un elemento dotato di assoluta immobilità (l'atomo) ma allo stesso tempo concependo la molteplicità e il divenire.
La teoria atomistica viene successivamente seguita e implementata da Epicuro e da Lucrezio, che nel libro I del De rerum natura presenta proprio la dottrina degli atomi.
Nel libro II, inoltre, Lucrezio riprende la trattazione del movimento e delle combinazioni degli atomi, rese possibili dal clināmen, ossia dalla deviazione o inclinazione che interviene a modificare le traiettorie verticali secondo cui gli atomi si muovono nel vuoto.
Questo concetto di atomo, che ha le sue radici nell'antichità classica, si sviluppa e diventa uno dei pilastri della scienza moderna.
Oggi sappiamo che l'atomo è un qualcosa di reale, che esistono differenti atomi (gli elementi chimici della tavola periodica) che vanno poi a costituire molecole, e queste vanno a loro volta a determinare strutture più complesse, come DNA, cellule, fino ad arrivare a pianeti, stelle, galassie e così via.
L'atomo, come noto, è formato da:

- protoni;
- neutroni;
- elettroni.

Quindi, esso è costituito da un nucleo (comprendente protoni e neutroni, tenuti assieme dal collante fornito dall'interazione nucleare forte, attraverso i gluoni), circondato dagli elettroni che orbitano nelle regioni, nuvole di spazio, chiamate orbitali.
Ma chi scoprì i costituenti del nucleo atomico?
Alla scoperta del protone giunse Eugene Goldstein nel 1886, usando un tubo a raggi catodici, con catodo forato.
Alla pressione di 0,000001 atm, oltre ai normali raggi catodici, si generavano dietro al catodo radiazioni con movimento opposto rispetto a quello dei raggi catodici, che vennero denominate raggi positivi o raggi canale.
Esse rendevano fluorescente il vetro al fondo del tubo ed erano deflesse verso il polo negativo di un secondo campo elettrico perpendicolare a quello presente nel tubo.
Tali radiazioni erano pertanto costituite da particelle di carica positiva e possedevano massa diversa a seconda del gas presente nel tubo.
La particella con massa minima venne riscontrata nel caso specifico dell'idrogeno.
Quest'ultima fu allora considerata costituente fondamentale di tutti gli atomi.
Ernest Rutherford, successivamente, la chiamò protone.
La scoperta del neutrone avvenne, invece, nel 1932, per merito di James Chadwick.
Con la scoperta del neutrone il quadro dell'atomo era stato completato.
La storia non finisce qui: abbiamo visto che l'atomo, al contrario di quanto ritenuto dagli antichi, è strutturato internamente da protoni, neutroni ed elettroni; ma poi protoni e neutroni, a loro volta, sono suddivisibili in particelle ancora più elementari: i quark.
Ed inoltre, i quark non sono le uniche particelle elementari: ne esistono di innumerevoli, come neutrini, muoni, bosoni e così via.
Dunque la concezione comune che un non addetto ai lavori ha dell' atomo, con il suo nucleo e i suoi elettroni che gli orbitano attorno, come i pianeti che girano intorno al Sole, non è sufficiente a spiegare precisamente la natura microscopica della materia.
Pertanto, possiamo affermare che in realtà il nucleo atomico, alla fine, non è l'unità fondamentale della natura, l'arché degli antichi, in quanto, oramai, la prospettiva della fisica atomica e subatomica si è allargata in maniera considerevole.
Se poi in questo quadro ci inseriamo anche la stravagante, ma non verificata Teoria delle Stringhe, allora queste ultime potrebbero concorrere al ruolo di unità fondamentali dell'Universo.

2) NOCCIOLO DI UN REATTORE NUCLEARE A FISSIONE

La parte fondamentale di un reattore a fissione nucleare è il nucleo o nocciolo.
Per una descrizione delle sue caratteristiche e delle reazioni nucleari in generale, vi rimando all'articolo Reazioni Nucleari.
Comunque, la questione delle centrali nucleari a fissione è di stretta attualità: il Giappone è stato colpito l'11 marzo 2011 da un devastante terremoto di magnitudo 9, con conseguente tsunami.
L'unione di questi 2 fenomeni estremi ha provocato migliaia di vittime e danni ingentissimi: purtroppo, però, le catastrofi naturali hanno causato gravi problemi ai reattori nucleari della centrale di Fukushima.
Come si suol dire: piove sul bagnato!
Ebbene, c'è stata la fuga di sostanze altamente radioattive e forse anche la fusione del nocciolo del reattore.
Da sottolineare il fatto che si parla di fusione del nocciolo di un reattore a fissione nucleare e non di fusione nucleare, che indica invece il processo, completamente diverso, che avviene nel nucleo delle stelle, e anche del nostro Sole.
Le centrali nucleari a fusione sono ancora in fase di sperimentazione.
Comunque, l'incidente di Fukushima è stato classificato sulla scala degli incidenti nucleari alla posizione 5 su un massimo di 7 (che corrisponde all'evento di Chernobyl), anche se la valutazione dell'evento potrebbe essere modificata a seconda di come procede la suddetta situazione.
Tale scala è denominata scala INES (International Nuclear Event Scale): ecco la pagina wikipedia dove vi sono informazioni approfondite su tale scala.

3) NUCLEO CELLULARE

Come noto, le cellule si dividono principalmente in:

- procarioti: prive di un nucleo distinto;
- eucarioti: presentano, al contrario, un nucleo.

Anzi, negli eucarioti riscontriamo il nucleo e il nucleolo:
  • nucleo: organello delimitato da una doppia membrana interrotta da pori, i quali consentono sia il passaggio di ioni e macromolecole, sia l'interazione tra il nucleo e il citoplasma cellulare che lo circonda;
  • nucleolo: rappresenta la parte più attiva del nucleo che, nelle preparazioni istologiche, si colora in modo evidente. In esso si trovano ingenti quantità di proteine enzimatiche e acidi nucleici necessari alla lettura e trascrizione della doppia elica: infatti, qui, a partire dal DNA, si sintetizzano i vari tipi di RNA, ossia gli acidi nucleici che mediano e promuovono la sintesi delle proteine:
- RNA messaggeri (mRNA);
- RNA ribosomiali (rRNA);
- RNA transfer (tRNA).

Nel nucleo si trova:
  • tutta la storia biologica della cellula e dell'organismo a cui essa appartiene;
  • l'informazione genetica che guida lo svilupppo embrionale e che stabilisce il tipo di specializzazione, la durata della vita e la capacità riproduttiva di ciascuna cellula.
Ogni informazione viene codificata nel DNA: come nell'alfabeto Morse la successione di punti e linee trasmette un messaggio completo ed articolato, allo stesso modo la successione delle basi azotate costituenti il DNA determina ogni caratteristica cellulare e dunque dell'intero organismo.

4) NUCLEO TERRESTRE

La Terra è suddivisa internamente in:

- Crosta;
- Mantello;
- Nucleo.

Poi, la crosta si può suddividere ancora in:

- Crosta continentale;
- Crosta oceanica.

Il mantello si può suddividere in:

- Mantello superiore;
- Mantello inferiore.

Il nucleo (costituito principalmente di ferro) si può dividere in:

- nucleo esterno (liquido): ha una temperatura che può arrivare a 3500 °C. Risulta composto principalmente di ferro, silicio e nichel;
- nucleo interno (solido): la sua temperatura può raggiungere i 5000 °C. È costituito prevalentemente da ferro e nichel.

Tutti questi strati sono separati da specifiche discontinuità:

- discontinuità di Conrad: separa la crosta continentale da quella oceanica;
- discontinuità di Mohorovičić o Moho: separa la crosta dal mantello;
- discontinuità di Dahn: separa il mantello superiore e da quello inferiore;
- discontinuità di Gutemberg: separa il mantello dal nucleo;
- discontinuità di Lehmann: separa il nucleo esterno e da quello interno.

Inoltre, il nucleo esterno liquido, con i suoi intensi moti convettivi, genera l'importante campo magnetico terrestre o magnetosfera, che ci protegge dal vento solare.
Il campo magnetico terrestre è simile a quello che sarebbe prodotto da una gigantesca barra magnetica leggermente inclinata rispetto all'asse di rotazione della Terra.

5) NUCLEO DEL SOLE

Il Sole è strutturato in questo modo:

- Corona: è considerata l'alta atmosfera solare ed è caratterizzata da una temperatura in rapida crescita, che può raggiungere i 5 milioni di gradi kelvin. Si può osservare da terra, anche ad occhio nudo, solo durante le eclisssi solari;
- Cromosfera ("sfera di colore"): è considerata la bassa atmosfera solare. È uno strato di plasma che raggiunge temperature fino a mezzo milione di gradi kelvin. La cromosfera appare rosata durante le eclissi;
- Fotosfera ("sfera della luce"): Ha uno spessore di appena 400 km e una temperatura di circa 6000. K. Rappresenta la "superficie solare" a cui ci si riferisce quando si parla di "diametro solare". Inoltre, è anche il luogo nel quale si manifestano i fenomeni solari più conosciuti e studiati, cioè le macchie e la granulazione;
- regione convettiva: si estende per 250.000 km circa. La temperatura è dell'ordine di 600.000 gradi kelvin. In questa zona l'energia si trasmette nel plasma attraverso correnti convettive ad alta velocità che "rimescolano" ininterrotamente la materia solare;
- zona radiativa: estesa fino a 450.000 km dal centro del Sole, ha uno spessore di circa 300.000 km. La temperatura è dell'ordine di 4 milioni di gradi. Qui l'energia si trasmette attraverso il plasma soltanto per radiazione, in una catena di assorbimenti e riemissioni;
- nucleo o core: ha un raggio di circa 150.000 km. In tale zona è concentrato circa il 40% dell'intera massa solare. La densità è massima (mediamente si aggira intorno a 160 g/cm³). La pressione raggiunge i 30 bilioni di kPa e la temperatura i 15 milioni di gradi kelvin! Date le estreme condizioni di temperatura e pressione, in questo luogo possono innescarsi spontaneamente le reazioni nucleari di fusione dell'idrogeno in elio.

P.S: Visto che abbiamo trattato le relazioni importanti tra musica e matematica scoperte dai pitagorici, è venuto il momento di fornire una bella carrellata di buona musica:

  • Ennio Morricone - Giù la testa theme:

  • Chopin - Polonaise op. 53 n.6 Heroic (Vladimir Ashkenazy):

  • Pink Martini - Bolero:

  • George Davison - A time for us (da Romeo & Giulietta):

  • Richard Hayman - Holiday for strings:

  • Louis Armstrong - When you're smiling:

  • Felix Mendelssohn - Spring Song:

  • Andre Rieu - The third man:

  • Percy Faith - Yesterday:


venerdì 18 marzo 2011

FARADAY E L'ELETTROLISI

INTRODUZIONE:

Se immergiamo in acqua distillata 2 elettrodi (2 conduttori metallici collegati uno al polo positivo e l'altro al polo negativo di un generatore di corrente), e inseriamo nel circuito una lampadina, quest'ultima non si accende.
Ma se sciogliamo nell'acqua una piccola quantità di sale (ad esempio sale da cucina, ossia cloruro di sodio, NaCl), o di un acido (per esempio acido solforico, H2SO4), oppure di una base (ad esempio idrossido di sodio, NaOH) allora la lampadina "magicamente" si accenderà.
Perché?
Risposta: perché, come constatato da Michael Faraday, l'acqua pura è una sostanza isolante, mentre unita con le sostanze sopracitate si trasforma in un buon conduttore di elettricità.
Ricordiamo che:

- i conduttori: lasciano passare liberamente le cariche elettriche;
- gli isolanti o dielettrici: non permettono il passaggio di cariche elettriche.

Tutte le sostanze che, mescolate all'acqua, fanno sì che essa diventi un buon conduttore, vengono dette elettroliti.
Le loro soluzioni in acqua sono denominate soluzioni elettrolitiche.
Inoltre, per le soluzioni elettrolitiche vale la prima legge di Ohm (a patto che la temperatura della soluzione non diventi troppo alta):

i = ΔV/R

dove:

- i = intensità di corrente elettrica: si misura in ampere (A);
- ΔV = differenza di potenziale: si misura in volt (V);
- R = resistenza: si misura in ohm (Ω).

Ritornando alle soluzioni elettrolitiche, un cristallo di NaCl è costituito da ioni positivi Na+ e ioni negativi Cl-, che si alternano in una struttura regolare.
Poiché, come stabilito dalla legge di Coulomb, la forza elettrica è inversamente proporzionale alla costante dielettrica relativa del mezzo in cui sono immerse le cariche, nell'acqua, la cui costante dielettrica relativa è εr = 80, l'attrazione tra gli ioni positivi e quelli negativi di NaCl è 80 volte più debole che nell'aria (che ha εr = 1).
A causa del moto di agitazione termica, dunque, gli ioni si staccano dal cristallo e si separano l'uno dall'altro.
Tale processo, che avviene non solo nelle soluzioni di NaCl, ma in tutte le soluzioni elettrolitiche, viene chiamato dissociazione elettrolitica.

L'ELETTROLISI:

In una soluzione elettrolitica nella quale siano immersi 2 elettrodi carichi, gli ioni positivi sono attratti dall'elettrodo negativo, detto catodo, e quelli negativi dall'elettrodo positivo, chiamato anodo.
La corrente elettrica che attraversa la soluzione è pertanto dovuta al moto di cariche di entrambi i segni.
Il movimento ordinato degli ioni disciolti, provocato dal campo elettrico sussistente esternamente agli elettrodi, è denominato elettrolisi.
Il recipiente che contiene la soluzione elettrolitica, la soluzione stessa e gli elettrodi collegati al generatore, nel loro insieme, rappresentano la cella elettrolitica (o elettrolizzatore).
Una cosa importante: il generatore della cella elettrolitica DEVE erogare corrente continua, in quanto, se la corrente fosse alternata, gli elettrodi cambierebbero continuamente polarità.
Gli ioni che giungono sugli elettrodi di una cella elettrolitica neutralizzano la loro carica:
  • quelli positivi sottraggono elettroni al catodo;
  • quelli negativi cedono elettroni all'anodo.
Nel caso specifico del NaCl abbiamo tale reazione di ossido-riduzione (redox):

Na+ + 1e- → Na REAZIONE CATODICA (-)
Cl- → (1/2)Cl2 + 1e- REAZIONE ANODICA (+)

La somma delle reazioni catodica e anodica corrisponde alla trasformazione complessiva che si verifica durante l'elettrolisi:

Na+Cl- → Na + (1/2)Cl2

Gli atomi neutri o le molecole risultanti da questo processo, a seconda della natura della soluzione e del materiale di cui sono fatti gli elettrodi possono:
  • fuoriuscire allo stato gassoso dalla soluzione;
  • depositarsi sugli elettrodi;
  • subire reazioni chimiche.
Fra le svariate applicazioni dell'elettrolisi spicca la galvanoplastica, processo che consiste nel ricoprire uno stampo di materiale conduttore con un metallo pregiato (argento, nichel, cromo, cadmio, ecc.).
Per far depositare il metallo sulla superficie dello stampo, si usa lo stampo alla stregua di un elettrodo e un sale del metallo come elettrolito.
Sussistono 2 importanti leggi, formulate da Michael Faraday, inerenti l'elettrolisi.
Prima di spingerci nei meandri di tali leggi, andiamo a scoprire un po' meglio la figura di Michael Faraday.

MICHAEL FARADAY:

Michael Faraday nasce il 22 settembre 1791 a Newington Butts (villaggio che ora fa parte di Londra), da una famiglia di lavoratori manuali, privi di cultura e piuttosto poveri.
Michael riceve un'istruzione rudimentale e all'età di 13 anni viene messo a far pratica presso un libraio, cartolaio e rilegatore di libri.
Tuttavia, oltre a rilegare libri, il giovane li legge anche!
Un giorno, uno dei clienti lo nota e gli fornisce i biglietti d'ingresso alla Royal Institution, per assistere alle lezioni del chimico Humphry Davy.
Così, in pochissimo tempo, Faraday entra a far parte del personale della Royal Institution.
Nel 1813 Sir Humphry e Lady Davy decidono di organizzare un viaggio nel continente, facendosi accompagnare proprio da Faraday in veste di segretario, ma affidandogli anche gli incarichi più umili.
Il viaggio si protrae per 18 mesi, estendendosi dalla Francia all'Italia, alla Svizzera, alla Germania e al Belgio, ed è di fondamentale importanza per l'educazione del giovane.
In primis, egli incontra molti scienziati illustri, tra cui:

- Volta;
- Ampère;
- Gay-Lussac;
- Arago, ecc.

Alcune di queste eminenti personalità riconoscono il valore del modesto giovane.
Infatti, l'attività scientifica di Faraday è magnifica.
Per qualche anno dopo il ritorno dal viaggio europeo si occupa dell'analisi chimica pratica e delle mansioni di dipendente della Royal Institution, fra cui è compresa l'assistenza alle ricerche svolte dallo stesso Davy.
È incredibile pensare che alla fine della sua carriera, ossia intorno al 1860, gli appunti di laboratorio di Faraday contenevano più di 16.000 annotazioni di osservazioni, rigorosamente numerate in successione e raccolte in volumi in cui l'autore si dilettava a porre in evidenza la sua originaria abilità di rilegatore.
Tali annotazioni, assieme ad altre centinaia, sia precedenti che successive ai tomi che egli stesso rilegò, sono state raccolte e costituiscono la base delle celeberrime Experimental researches in electricity (Ricerche sperimentali sull'elettricità).
Questa è una lista di alcuni degli innumerevoli argomenti su cui Faraday ha compiuto minuziose ricerche:

- leghe dell'acciaio;
- composti del cloro e del carbonio;
- rotazioni elettromagnetiche;
- liquefazione dei gas;
- vetri ottici;
- scoperta del benzene (1825);
- induzione elettromagnetica;
- identità dell'elettricità proveniente da varie fonti;
- decomposizione elettrochimica;
- elettrostatica e dielettrici, ecc.

Tra queste "infinite" ricerche spicca, oltre alla notissima induzione elettromagnetica, una scoperta molto importante nel campo della chimica organica, cioè quella del benzene.
Quando lo scoprì, Faraday non si rese conto della sua futura importanza né, naturalmente, della sua singolare architettura molecolare.
Un'interessante descrizione relativa al benzene e alla leggendaria scoperta della sua struttura si riscontra nell'articolo Il sogno di Kekulé del blog Popinga.
Ritornando a Faraday, il suo periodo più fecondo è quello che va dal 1830 al 1839: infatti, in tali anni, egli fu il principale creatore della moderna elettricità.
I suoi studi approfonditi lo portarono alla scoperta di quelle che oggi chiamiamo, appunto, leggi di Faraday per l'elettrolisi:

1° LEGGE DI FARADAY

La prima legge riguarda la relazione tra la quantità di carica elettrica trasportata attraverso una cella elettrolitica e la quantità della sostanza che si libera allo stato gassoso in prossimità di un elettrodo o che su di esso forma un deposito solido.
Ecco la prima legge:

La massa della sostanza che si libera presso un elettrodo in un certo intervallo di tempo è direttamente proporzionale alla carica elettrica che nello stesso tempo, attraverso la soluzione, è giunta allo stesso elettrodo.

La relazione tra quantità di materiale depositato sugli elettrodi e quantità di cariche passate nella cella elettrolitica permette una taratura di precisione di tutti gli strumenti di misura della carica e della corrente elettrica.
Si va a definire così anche un'unità di misura particolare, detta Coulomb internazionale (Cint), che rappresenta la quantità di carica elettrica il cui passaggio in una cella elettrolitica a nitrato d'argento, con anodo d'argento e catodo di platino, fissa sul catodo una quantità di materiale pari a 1,118 mg di argento.

2° LEGGE DI FARADAY

In 2 o più celle elettrolitiche contenenti soluzioni elettrolitiche differenti e collegate in serie tra loro, le masse delle sostanze che si raccolgono presso gli elettrodi sono direttamente proporzionali ai rispettivi equivalenti chimici.

Specifichiamo che l'equivalente chimico di una sostanza è il rapporto tra il suo peso atomico (o molecolare) espresso in grammi e la sua valenza (numero di elettroni che concorrono alla formazione di legami chimici, che rappresentano i più lontani dal nucleo atomico).
Per avere una formula complessiva che riassuma entrambe le leggi, supponiamo che, nell'intervallo di tempo in cui una cella elettrolitica è attraversata da una carica q, su uno dei suoi elettrodi pervengano N ioni di un elemento avente numero di valenza z.
Sapendo che la massa in grammi di un singolo atomo è data dal rapporto fra la massa M di una mole della sostanza e il numero di Avogadro NA (= 6,022 x 10²³ particelle), allora possiamo esprimere la massa complessiva m che si libera o si deposita presso l'elettrodo nella forma:



Inoltre, poiché ogni ione scambia con l'elettrodo, in valore assoluto, una carica z e (carica elementare), si può scrivere:

q = N z e

Combinando le 2 formule precedenti otteniamo l'equazione che compendia le 2 leggi di Faraday:



Per un dato elemento chimico, ossia per z ed M fissati, tale equazione indica, in accordo con la prima legge, che m è direttamente proporzionale a q.
Se, al contrario, si considera costante la carica q, allora essa mostra, in accordo con la seconda legge, che m è direttamente proporzionale al rapporto M/z, cioè all'equivalente chimico.