venerdì 25 febbraio 2011

IL RAPPORTO LUCE-OSCURITÀ NELLA SCIENZA

Il rapporto luce-oscurità, da sempre sinonimo di relazione e contrasto tra bene e male, è una tematica che va a sfociare in variegati modi nel meraviglioso e sublime mondo della scienza.
Prima di entrare nei meandri della scienza, andiamo ad analizzare tale rapporto in linea generale.
Come abbiamo detto, la relazione luce-oscurità è sinonimo di contrasto tra bene e male: basta pensare alla Divina Commedia di Dante Alighieri e abbiamo subito chiaro questo confronto:

- l'Inferno dantesco è dominato dal buio pesto, dalla cosiddetta "aere sanza stelle", in cui Dante si ritrova soffocato. Nell'Inferno troviamo collocati i peccatori in 9 cerchi, alcuni suddivisi in gironi o in bolge, che vanno via via restringendosi. Dunque i peccatori sono disposti secondo una sorta di classifica (seguendo l'etica di Aristotele), in base alla tipologia di peccato: nei cerchi in alto riscontriamo i peccati minori, che diventano sempre più gravi fino ad arrivare al culmine, ossia al luogo dove risiede Lucifero, un gigantesco mostro dalle ali di pipistrello e dotato di 3 teste. Nelle sue 3 bocche egli strazia Bruto e Cassio (i cesaricidi) più Giuda (traditore di Cristo). Inoltre, uno studio approfondito delle caratteristiche dell'Inferno dantesco è stato compiuto dal padre della scienza moderna, non altri che Galileo Galilei. Egli, nel 1588, a 24 anni, tiene 2 lezioni sulla configurazione, la collocazione e le dimensioni dell'Inferno. Galileo arriva a stabilire persino la grandezza di Lucifero: sarebbe di 2000 braccia, nell'ipotesi che l'altezza di Dante sia di 3 braccia, secondo quanto si può supporre da quello che scrivono i suoi biografi;
- il Paradiso, al contrario, risplende di luce ed è costituito principalmente dai cieli dei vari pianeti (disposti naturalmente secondo i precetti del sistema aristotelico-tolemaico, d'altronde Copernico non era ancora nato quando Dante scrisse la Divina Commedia!). Tale descrizione dell'ambiente celeste è stata poi ripresa anche dal Somnium Scipionis, ossia il finale del VI libro del De republica di Cicerone. In esso, Scipione Emiliano vi racconta un sogno in cui gli era apparso l'avo adottivo, Scipione l'Africano, il quale, dopo avergli predetto le future imprese gloriose e la morte prematura, gli aveva mostrato lo spettacolo magnifico delle sfere celesti. Ritornando a Dante, nel Paradiso sono sistemate tutte le anime delle buone persone, fino ad arrivare, spingendosi verso l'alto, all'Empireo, nel quale risiede Dio.

Pertanto riscontriamo pure questo rapporto che sussiste tra l'alto e il basso, non solo in senso prettamente fisico, ma anche di linguaggio.
Infatti Dante, nel Paradiso, adotta un linguaggio curato, raffinato, aulico, pieno di latinismi, mentre nell'Inferno, domina un linguaggio volgare: tutto questo in linea di massima, sempre con le dovute eccezioni.
Riassumendo il tutto, sussistono dunque le seguenti complesse relazioni:
  • Paradiso-luce-bene-alto-linguaggio elevato;
  • Inferno-oscurità-male-basso-linguaggio volgare.
Bando alle ciance, adesso cominciamo l'esplorazione del rapporto luce-oscurità nel campo scientifico!

QUANDO L'UNIVERSO DIVENTÒ VISIBILE

Prima del Big Bang non c'era nulla, nè spazio nè tempo; dopo questo evento si è formato tutto il cosmo che conosciamo: in questo contesto, però, ci interessa sapere quando l'Universo è diventato veramente visibile.
Una magnifica descrizione di questo avvenimento è presente in "Origini. Quattordici miliardi di anni di evoluzione cosmica" di Neil deGrasse Tyson e Donald Goldsmith:

"All'inizio di tutto, quando l'Universo esisteva solo da una frazione di secondo, alla temperatura mostruosa di 1000 miliardi di gradi, e risplendeva di una luce inimmaginabile, l'unica attività nel suo ordine del giorno era l'espansione. A ogni istante che passava, mano a mano che lo spazio appariva dal nulla, l'Universo diventava più grande. Espandendosi, l'Universo si raffreddava e diventava meno luminoso. Per centinaia di migliaia di anni la materia e l'energia coabitarono in una specie di densa zuppa piena di elettroni veloci che collidevano continuamente con i fotoni, diffondendoli in ogni direzione. Se la vostra missione fosse stata quella di scrutare attraverso il cosmo di quell'epoca, avreste fallito. Tutti i fotoni diretti verso di voi sarebbero stati deviati da qualche elettrone proprio di fronte al vostro naso, pochi nanosecondi o picosecondi prima di entrare nei vostri occhi. Avreste visto solamente una sorta di nebbia luminosa in ogni direzione, e ogni cosa intorno a voi sarebbe stata altrettanto luminosa, traslucida, con sfumature bianche e rossastre, brillante quasi quanto la superficie del Sole. Con l'espansione ulteriore dell'Universo l'energia trasportata da ogni fotone diminuì. Quando, infine, il giovane cosmo raggiunse il suo trecentottantamillesimo compleanno, la sua temperatura era scesa al di sotto di 3000 gradi, con il risultato che i protoni e i nuclei di elio furono in grado di catturare permanentemente gli elettroni, facendo così apparire gli atomi. Se in precedenza ogni fotone aveva abbastanza energia per liberare gli elettroni dagli atomi appena formati, con l'espansione cosmica tale capacità era venuta meno. Così, essendo diminuiti gli elettroni liberi in grado di mettere i bastoni tra le ruote, i fotoni potevano finalmente sfrecciare nello spazio senza sbattere in continuazione contro qualcosa. È a questo punto che l'Universo divenne trasparente, la nebbia si sollevò e un fondo cosmico di luce visibile ottenne la libertà. Questo fondo cosmico, residuo della luce di un Universo primordiale abbacinante e sfrigolante, esiste tuttora, onnipresente".

MATERIA ORDINARIA-MATERIA OSCURA-ENERGIA OSCURA

Dopo il magnifico sviluppo della scienza e, dunque, dell'astronomia nel corso degli ultimi 400 anni, si potrebbe pensare che ormai conosciamo quasi perfettamente il nostro Universo.
In realtà non è così: è vero che l'Universo è stato osservato da telescopi (terrestri o spaziali), anche molto potenti, come l'Hubble, che ci ha mostrato la serie "infinita" delle galassie che contiene; tuttavia tutta questa materia visibile è circondata da qualcosa di ancora oscuro, misterioso: stiamo parlando di 2 componenti, ossia materia oscura ed energia oscura.
La presenza della materia oscura è stata ipotizzata in quanto la massa della materia ordinaria (pianeti, stelle, galassie, ecc.) non poteva spiegare in maniera soddisfacente il valore della gravità.
Infatti, nel 1933 l'astronomo Fritz Zwicky, studiando gli ammassi di galassie (insiemi, gruppi costituiti da diverse galassie, legate insieme dall'attrazione gravitazionale), notò che il valore di gravità negli ammassi era decisamente superiore al valore di gravità previsto considerando la materia visibile.
Nasceva così la questione della "massa mancante", che venne poi denominata appunto materia oscura.
L'appellativo "oscura" è stato dato poiché questo singolare tipo di materia non emette alcun tipo di radiazione elettromagnetica, mostrando soltanto i suoi effetti gravitazionali.
Il nome materia oscura è più preciso rispetto a "massa mancante", perché non è la massa che non c'è, bensì la luce di questa specifica massa.
La materia oscura va ad occupare il 23% circa dell'Universo: il ciò significa che è oltre 4 volte più abbondante rispetto alla materia ordinaria, che ne occupa solo il 5%.
E il restante 72%?
Beh, questo 72% è ancora più oscuro della materia oscura: è una forma di misteriosa energia che causerebbe il progressivo aumentare della velocità di espansione dell'Universo (ricordiamo che era stato Edwin Hubble nel 1929 a scoprire che le galassie si allontanavano tra di loro e aveva enunciato una legge, nota come Legge di Hubble: v = H0d, dove v = velocità di allontamento, H0 = costante di Hubble, che vale 74 km/s per Megaparsec, d = distanza tra 2 galassie): trattasi di energia oscura.
A questo punto, la domanda che un tempo gli scienziati e gli astronomi si ponevano, cioè "da che cosa è costituito l'Universo?" si è trasformata essenzialmente in:

- che cos'è la materia oscura?
- che cos'è l'energia oscura?

La materia ordinaria, ormai, è conosciuta molto profondamente: comprendiamo la struttura atomica, un mondo variegato di particelle e subparticelle, pianeti, stelle, galassie, ammassi di galassie, superammassi di galassie, forse persino buchi neri, ma la risoluzione definitiva a queste 2 domande rimane, per il momento, ignota.
Esistono solamente ipotesi su cosa siano materia oscura ed energia oscura, non certezze.
Ma d'altronde, difficilmente si arriverà a una spiegazione onnicomprensiva e completa di tutti i fenomeni dell'Universo.
Ricordiamoci che un certo Kurt Gödel, uno dei più grandi logici di sempre, se non il più grande, nel 1931, aveva enunciato 2 teoremi, i cosiddetti teoremi di incompletezza o indecidibilità, che pongono dei limiti alla matematica, e dunque, a tutta la scienza che si basa su di essa.
Possiamo affermare che si può tendere soltanto asintoticamente alla verità assoluta, magari avvicinandosi moltissimo a essa, ma non toccandola in nessun modo, allo stesso modo della velocità della luce.
Un po' di oscurità rimane, ed è proprio questa oscurità che spinge gli scienziati a ricercare e scavare sempre più nel profondo per comprendere al meglio il nostro Universo.
Questa è la scienza: continua ricerca e meraviglia!

CHE COS'È LA LUCE E COME È COMPOSTA?

La base del rapporto luce-oscurità non è altro che la luce (il termine deriva dal latino lux-lucis, ossia "luce", "brillantezza").
Ma cos'è la luce?
Sembra una domanda banale, ma non lo è.
I filosofi greci del V-VI secolo si posero il problema della visione e non della natura della luce.
Essi cercavano di rispondere alla domanda: come si fa a vedere?
Ebbene, alcuni pensavano che i nostri occhi emettessero raggi in grado di farci vedere o che gli oggetti rilasciassero questi raggi verso i nostri occhi, o entrambe le soluzioni contemporaneamente.
La natura della luce fu ricercata per la prima volta, solo nel XVII secolo da Newton, mediante il famoso esperimento in cui ha sottoposto un prisma trasparente a un raggio di Sole.
Egli osservò che la luce del Sole si scomponeva nei colori dell'arcobaleno, scoprendo in questo modo lo spettro elettromagnetico.
Infatti la luce visibile rappresenta la porzione di spettro elettromagnetico visibile dall'occhio umano.
Stiamo parlando di una lunghezza d'onda compresa tra circa 400 e 700 nanometri, che corrisponde a una frequenza tra 750 e 430 THz (terahertz).
L'occhio umano può percepire soltanto la radiazione che ha parametri di frequenza e lunghezza d'onda di questo ordine: le restanti porzioni dello spettro non sono visibili a occhio umano:

- onde radio;
- microonde;
- infrarosso;
- ultravioletto;
- raggi X;
- raggi gamma.

I nostri occhi, quindi, ci fanno rimanere all'oscuro su gran parte della radiazione elettromagnetica.



Dettò ciò, c'è un'ulteriore domanda a cui è necessario rispondere: la natura della luce è ondulatoria o corpuscolare?
Alcuni scienziati, tra cui lo stesso Newton, pensavano che la luce fosse composta da particelle o corpuscoli, mentre altri, come Christian Huygens, sostenevano che la luce, in realtà, è un'onda che si propoga in un mezzo, che veniva detto etere.
Chi aveva ragione? Newton o Huygens?
La risposta: tutti e 2.
Sembra assurdo ma è così: la luce è un dualismo onda-corpuscolo, così come lo sono tutte le particelle, come stabilito da Louis de Broglie nel 1924.
Pertanto, in alcuni esperimenti la luce si comporta come se fosse composta da particelle, altre volte, assume la conformazione ondulatoria.
La fusione di questi 2 elementi (onda e particella), che a prima vista sembrano antitetici, è opera della stramba e pazza Meccanica Quantistica.

BUCHI NERI

Forse nessun altro fenomeno può riassumere meglio il concetto di "oscurità" dei buchi neri: essi sono denominati "neri" proprio perchè risucchiano tutta la luce, lasciando intorno ad essi soltanto oscurità.
Perchè i buchi neri risucchiano la luce? essa non dovrebbe essere così veloce da sfuggire all'attrazione gravitazionale di un buco nero, visto che la massima velocità raggiungibile è proprio quella della luce nel vuoto (circa 300.000 km/s)?
La risposta, ovviamente, è no: i buchi neri possiedono una velocità di fuga pari a quella della luce!
La velocità di fuga è infatti quella velocità che è necessario raggiungere affinché si voglia sfuggire all'attrazione gravitazionale di un dato corpo.
Se un buco nero ha velocità di fuga pari a quella della luce, e la luce è la cosa più veloce che esista, ne consegue che nulla può sfuggire ad un buco nero!
Possiamo concludere che dunque la luce è un elemento fondamentale per la scienza, in quanto ci permette di osservare i fenomeni e gli oggetti, ed è indissolubilmente legata all'oscurità, in quanto quest'ultima è assenza di luce, in senso fisico, ma, a volte, anche metaforico.
I concetti di luce e oscurità sono allo stesso tempo quotidiani, come il giorno e la notte, e complessi, come abbiamo avuto modo di capire.
Se abbiamo approfondito le nostre conoscenze sull'Universo, su cui gli antichi erano quasi totalmente all'oscuro, è merito degli scienziati che, con i loro studi, il loro impegno e la loro passione, ci hanno fatto vedere il mondo sotto una prospettiva più completa e stupefacente.

P.S: adesso una carrellata di brani musicali inerenti luce, oscurità, notte, giorno:

- Artie Shaw: Dancing in the Dark



- Ella Fitzgerald with Duke Ellington & his orchestra: I'm beginning to see the light



- Glenn Miller: Moonlight Serenade



- Randy Brooks: Harlem Nocturne:



- Frank Sinatra & Tommy Dorsey: Night and Day:



- Beegie Adair: The way you look tonight



- Chopin (Janusz Olejniczak): Notturno No.20



- Frank Sinatra: Strangers in the Night



- Celine Dion: A new day has come

mercoledì 16 febbraio 2011

I MINERALI: GLI ELEMENTI NATIVI

I minerali sono sostanze cristalline che si rinvengono allo stato naturale.
Infatti, essi compongono le rocce, le montagne, la sabbia marina, il terreno dei giardini, ma anche molti dei prodotti che vengono quotidianamente utilizzati: basti pensare alle paste dentifricie, che, ad esempio, contengono microcristalli di:

- mica;
- calcite;
- fluorite.

I minerali rappresentano pure i componenti di meteoriti e pianeti e le preziose gemme non sono altro che frammenti grezzi di cristalli, particolarmente colorati e/o trasparenti, tagliati in maniera tale da esaltarne la brillantezza e la trasparenza.
Dunque i minerali hanno sempre rivestito un importante ruolo nell'evoluzione culturale dell'uomo, dalla preistoria sino ai tempi odierni; tuttavia la mineralogia è una scienza abbastanza recente, che si serve di molte altre discipline, tra cui:

- chimica;
- cristallografia;
- fisica;
- matematica, ecc.

Il primo utilizzo dei minerali nella storia è connesso all'arte: non a caso pigmenti naturali, costituiti dal colore rosso dell'ematite e dal nero dell'ossido di manganese, venivano utilizzati dagli uomini primitivi per dipingere le pareti delle grotte dove vivevano.
Circa 5000 anni fa gli Egizi realizzarono oggetti in metalli preziosi, sfruttando minerali colorati come:

- malachite;
- lazurite;
- berillio (nella varietà smeraldo).

I testi più antichi inerenti argomenti mineralogici sono:

- il De Mineralibus del greco Teofrasto;
- la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, il quale, osservando nei cristalli forme geometriche perfette, gettò le prime basi della mineralogia.

Ma l'opera che decreta la nascita vera e propria della minerologia è sicuramente il De Re Metallica (1556), opera postuma del tedesco Georgius Agricola.
In questo trattato c'è un'approfondita descrizione delle pratiche minerarie del tempo, specialmente le tecniche di ricerca e di scavo dei minerali e i procedimenti relativi alla fusione per estrarre i metalli.
Tra la seconda metà del 1600 e la fine del 1700, grazie ai contributi di Nicola Stenone, Carangeot e Romè de l'Isle, nasce la moderna cristallografia, ossia lo studio delle forme che compongono i cristalli.
Successivamente, nel 1801, l'abate Réné Haüy scopre che i minerali sono formati da innumerevoli "molecole" che riproducono esattamente la forma del cristallo, anticipando in questo modo le importantissime scoperte che verranno confermate soltanto un secolo più tardi.
Nel XIX secolo sono molti gli scienziati che si dedicano allo studio della chimica dei minerali, tra cui il più importante è Berzelius, il quale sviluppa i principi della moderna classificazione.
All'inizio del XX secolo troviamo una scoperta fondamentale nella storia della mineralogia, cioè quella della struttura dei minerali, avvenuta nel 1912 ad opera di Max von Laue.
Gli esperimenti compiuti con tecniche a raggi X mostrarono, per la prima volta, che i minerali erano costituiti da atomi ordinati secondo regole ben precise e rigorose.
I minerali presentano svariate proprietà, come la luminosità, la trasparenza, il colore, la sfaldatura, il peso specifico, ecc.
Quella su cui è necessario focalizzare l'attenzione è la durezza: infatti, quest'ultima proprietà è descritta da una particolare scala, introdotta dal mineralogista tedesco Friedrich Mohs nel 1824.
Innanzitutto, la durezza è definita come la resistenza che la superficie piana di un minerale offre alla scalfitura e dunque indica la difficoltà o la facilità con cui un minerale può scalfire o essere scalfito.
La scala di Mohs presenta 10 posizioni, ognuna occupata da uno specifico minerale, in ordine di durezza crescente:

Minerali teneri (si scalfiscono con l'unghia):

- Talco: valore 1;
- Gesso: valore 2;

Minerali semi duri (si rigano con una punta d'accaio):

- Calcite: valore 3;
- Fluorite: valore 4;
- Apatite: valore 5;

Minerali duri (non si scalfiscono nemmeno con una punta d'acciaio):

- Ortoclasio: valore 6;
- Quarzo: valore 7;
- Topazio: valore 8;
- Corindone: valore 9;
- Diamante: valore 10.

La scala ci indica anche il fatto che ogni minerale con valore di durezza più alto può scalfire tutti gli altri sottostanti.
Inoltre, esistono minerali che presentano durezze intermedie tra i valori interi della scala, come 2,5; 3,5 e così via.
Detto ciò, i minerali si suddividono in 9 classi fondamentali:

1) elementi nativi;
2) solfuri e solfosali;
3) alogenuri;
4) ossidi e idrossidi;
5) nitrati, carbonati, borati;
6) solfati, cromati, molibdati e wolframati;
7) fosfati, arseniati e vanadati;
8) silicati;
9) minerali organici.

In questo specifico contesto, andremo ad analizzare alcuni tra i principali elementi nativi.

ELEMENTI NATIVI:

Alcuni minerali si rinvengono alla stato naturale sotto forma di elementi nativi.
Tra questi vi sono:

- elementi metallici (ad esempio oro, argento, platino, ecc.): possiedono grande malleabilità e conducibilità termica;
- semimetalli (ad esempio antimonio, bismuto, ecc.): possiedono proprietà intermedie, ovvero buona conducibilità termica ma sono piuttosto fragili;
- non metallici (per esempio diamante, zolfo, ecc.): non mostrano un aspetto metallico e hanno densità assai bassa.

ANTIMONIO



Formula: Sb
Aspetto: si presenta in forma massiva e in aggregati di aspetto granulare. Molto raro in cristalli, di forma pseudocubica e con spigoli piuttosto arrontodati. Ha colore bianco argenteo, lucentezza metallica molto viva.
Dove si forma: ha di solito genesi idrotermale.
Proprietà fondamentali: ha durezza abbastanza bassa (3-3,5) e può pertanto essere scalfito da un temperino. Insolubile negli acidi, brucia all'aria con fumi bianchi.
Origine del nome: termine che deriva dal latino antimonium, usato da Costantino l'Africano attorno al 1050 d.C. per indicare il minerale antimonite, causa di numerosi avvelenamenti, anche mortali, provocati ai monaci che utilizzavano per mangiare posate costruite con tale metallo.

ARSENICO



Formula: As
Aspetto: generalmente forma aggregati massivi e mammellonari concentrici e stalattitici, di colore grigio e lucentezza metallica, a condizione che il minerale non sia superficialmente alterato. I cristalli, estremamente rari, si presentano in romboedri di dimensioni millimetriche.
Dove si forma: si trova nei filoni idrotermali e in giacimenti contenenti minerali di argento e di cobalto.
Proprietà fondamentali: presenta pressappoco la stessa durezza (3,5) dell'antimonio.
Origine del nome: Minerale già noto nel 400 a.C.; il nome deriva dal termine greco arrenikos o arsenikon, che si riferisce alle sue potenti proprietà, tra cui quella di causare gravi avvelenamenti.

BISMUTO



Formula: Bi
Aspetto: forma ammassi granulari, reticolati o arborescenti di colore argento e lucentezza metallica. Sono stati rinvenuti cristalli prismatici isolati, o raggruppati, lunghi diversi centimetri. Questi ultimi sono solitamente inclusi nella roccia, anche se non mancano eccezionali cristalli distinti.
Dove si forma: Ha di solito genesi idrotermale. Tuttavia si può trovare anche in rocce pegmatitiche e nei filoni di quarzo contenenti topazio, minerali di stagno e di wolframio.
Proprietà fondamentali: ha una durezza (2-2,5) inferiore rispetto ad antimonio e arsenico.
Origine del nome: il termine si riferisce alla parola wisimut, derivata dal tedesco antico wis mat, che significa massa bianca, in riferimento al riflesso bianco argenteo del minerale.

RAME



Formula: Cu
Aspetto: Si presenta spesso in masse compatte, anche di notevoli dimensioni, fino a svariate tonnelate di peso. Sono molto rari i cristalli, di abito cubico o ottaedrico o più complessi. Ha un aspetto opaco; sulla superficie fresca ha un aspetto metallico e un caratteristico color rosso ramato. Inoltre si altera facilmente.
Dove si forma: è comunemente associato a rocce magmatiche ultrabasiche, costituite da minerali ricchi di ferro e magnesio. Si rinviene pure nelle zone superficiali di giacimenti metallici, dove si forma per processi di ossidazione di minerali contenenti rame.
Proprietà fondamentali: è tenero, malleabile, duttile, pesante e solubile in acidi.
Origine del nome: metallo sfruttato sin dall'età del bronzo; il nome deriva dal latino cuprum o cyprium poiché, anticamente, si riteneva provenisse dall'isola di Cipro.

DIAMANTE



Formula: C
Aspetto: costituito da carbonio puro, forma interessanti cristalli ottaedrici, rombododecaedrici, cubici e anche più complessi, perfettamente incolori oppure gialli, bruni, neri: qualche rara volta, possono essere di colore rosa, verde, blu, arancio o rosso.
Dove si forma: i diamanti si sono formati a qualche centinaia di chilometri di profondità, nel mantello terrestre. I cristalli sono stati poi trascinati in superficie tramite condotti vulcanici esplosivi da una roccia ricca di olivina, denominata kimberlite, dalla località sudafricana di Kimberley.
Proprietà fondamentali: è il minerale più duro che si conosca (ha pertanto valore 10 sulla scala di Mohs), ma è molto fragile. Possiede una lucentezza molto viva, quasi metallica, che viene appunto definita "adamantina".
Origine del nome: termine verosimilmente derivata dal greco adamas, l'invicibile, in allusione alla sua estrema durezza.
Curiosità: I diamanti sono le pietre preziose per eccellenza. Scoperti per la prima volta dagli Indù nel 500 a.C., divennero famosi agli inizi del XX secolo, quando vennero publicizzati negli Stati Uniti come dono tradizionale dei mariti alle mogli. Alcuni diamanti, tuttavia, sono noti non solo per il loro valore economico, ma anche per le leggende e i miti che li riguardano:
  • Il grande diamante Koh-i-noor: questo esemplare, originario dell'India, appartiene oggi alla famiglia reale britannica. Appartenne al Rajah di Malwa per secoli, fino al 1304, quando fu rubato dai Mongoli. Nel 1739 i Persiani se ne impossessarono. Fu testimone di sanguinose battaglie fin quando non ritrovò la strada dell'India nel 1813, e da qui, poi, arrivò agli scrigni della regina. Infatti, nel 1856, fu offerto alla Regina Vittoria come ricompensa per la guerra Sikh. In origine tale diamante pesava ben 186 carati ed era dotato di 30 sfaccettature, unite in 6 che, a loro volta, ne formavano una. Questo spiega il suo nome: "Montagna di luce". La Regina Vittoria lo fece tagliare e quindi si ridusse a 109 carati. Poiché si riteneva che questo diamante portasse sfortuna agli uomini, la superstiziosa Regina Vittoria aggiunse al suo testamento una clausola secondo la quale il diamante poteva essere ereditato solo dalle mogli dei futuri re!
  • Il diamante Taylor-Burton: questo diamante, dal peso di 69,42 carati, fu messo all'asta nel 1969. Il giorno successivo all'acquisto, Cartier lo vendette all'attore Richard Burton per 1,1 milioni di dollari. Sua moglie, Elizabeth Taylor, ne triplicò il valore quando lo vendette dopo il divorzio!
  • Il diamante Hope: tale diamante è famoso per le sventure che ha provocato ai suoi possessori dopo esser stato rubato dal tempio della dea Sita in India. Secondo la leggenda, la sua maledizione causò morti e dilapidò fortune. Evalyn Walsh McLean, l'ultima privata a possederlo, non lo volle vendere nonostante le diverse tragedie che colpirono la sua famiglia. Nel 1949 fu acquistato dall'esperto di diamanti Harry Winston, che lo donò alla Smithsonian Institution, a Washington D.C, dove può essere osservato dal pubblico;
  • Il diamante Cullinan: scoperto nel 1905 in Sud Africa, è il diamante più grande mai rinvenuto. Fu venduto al governo di Transvaal 2 anni dopo la sua scoperta per 300.000 dollari. Venne poi donato ad Edoardo VII per il suo 66° compleanno. Il re ne affidò il taglio all'olandese Joseph Asscher, che lo suddivise in 105 pezzi. Asscher studiò la gigantesca pietra per ben 6 mesi prima di decidere la modalità di taglio da effettuare. La pietra più grande ottenuta dal Cullinan originale è il Cullinan I, dal peso di 530 carati. Il Cullinan II, il cui peso è pari a 317 carati, è incastonato nella corona imperiale britannica.
ORO



Formula: Au
Aspetto: I suoi cristalli sono sempre molto rari e piccoli, di forma cubica, ottaedrica o rombododecaedrica, talvolta insolitamente allungati, dal caratteristico colore giallo oro. Normalmente si presenta sotto forma di lamine, masse irregolari compatte e aggregati granulari. Allo stato nativo non è quasi mai puro, ma genera leghe con altri metalli. Può presentarsi in pepite anche di svariate decine di chilogrammi di peso.
Dove si forma: Si trova sia in giacimenti primari costituiti costituiti da filoni idrotermali quarzosi di alta temperatura, accompagnato in particolare da pirite e arsenopirite, sia soprattutto, in giacimenti secondari, dove si forma per disgregazione dei giacimenti primari o alterazione di minerali auriferi.
Proprietà fondamentali: è molto malleabile. Dunque si schiaccia e si piega con facilità e non si frantuma pestandolo. Risulta insolubile negli acidi, tranne che in acqua regia (miscela di acidi nitrico e cloridrico).
Origine del nome: Probabilmente il nome deriva dal sanscrito jyal e dal tedesco geld.

ARGENTO



Formula: Ag
Aspetto: Raramente si presenta in cristalli cubici, ottaedrici o rombododecaedrici generalmente piccoli e deformati. L'aspetto più comune è quello di lamine, nastri e filamenti tipicamente arricciati. Può anche presentarsi in masse di dimensioni variabili. Di aspetto metallico, con caratteristico colore bianco argenteo, il minerale si offusca all'aria in presenza di quantità anche minime di ozono e di idrogeno solforato.
Dove si forma: Si rinviene in filoni idrotermali contenenti quarzo; si origina anche per secondari processi di ossidazione in depositi contenenti minerali ricchi d'argento.
Proprietà fondamentali: è solubile in acido nitrico. Rappresenta il miglior conduttore di elettricità e di calore.
Origine del nome: l'etimologia proviene dalla lingua anglosassone siolfor, il cui significato, purtroppo, si è perso nel tempo.

MERCURIO



Formula: Hg
Aspetto: Liquido alle condizioni normali di temperatura (solidifica a -39 °C), non presenta dunque forma cristallina. In natura contiene spesso un po' d'argento e d'oro, con i quali forma leghe particolari dette amalgame. Il mercurio ha un caratteristico colore bianco stagno metallico, brillante ma opaco. Si presenta frequentemente in piccole goccioline associato a cinabro.
Dove si forma: si forma normalmente per naturale ossidazione o per forte riscaldamento del cinabro.
Proprietà fondamentali: l'inconfondibile suo aspetto liquido.
Origine del nome: metallo conosciuto almeno dal 1500 a.C.; deriva dal latino mercurius, termine usato dagli alchimisti per indicarlo e anche dal latino hydrargyrum che significa argento liquido.

PLATINO



Formula: Pt
Aspetto: Il platino è raramente puro in quanto può contenere ferro (fino al 18%), rame, oro e altri elementi. Estremamente rari risultano i cristalli ben formati. Di norma si rinviene in piccoli granuli, scagliette o pepite, che possono raggiungere il peso eccezionale di 8-9 kg.
Dove si forma: Quasi sempre si rinviene nei depositi alluvionali, sebbene abbia origine in particolari rocce magmatiche intrusive basiche, ricche di olivina.
Proprietà fondamentali: inattaccabile da tutti gli acidi, tranne che dall'acqua regia, nella quale è solubile, specialmente a caldo.
Origine del nome: il termine deriva dallo spagnolo platina del Pinto, essendo stato scoperto per la prima volta presso il fiume Pinto, in Colombia.

ZOLFO



Formula: S
Aspetto: forma stupendi cristalli di abito bipiramidale di colore giallo, bruno-giallognolo o giallo-rossastro. Comune anche in forma massiva mammellonare e stalattitica.
Dove si forma: è un prodotto caratteristico di sublimazione vulcanica in rocce sedimentarie, grazie all'attività biologica di microrganismi; si forma dalla decomposizione di solfuri, per effetto di reazioni chimiche prodotte dalla circolazione di acque molto acide, in depositi ricchi di solfuri.
Proprietà fondamentali: leggero e fragile, è un cattivo conduttore di calore, al punto che basta quello di una mano a provocare fratture interne al cristallo. Si carica di elettricità per sfregamento, fonde a bassa temperatura e brucia all'aria, emettendo vapori tossici di anidride solforosa.
Origine del nome: minerale conosciuto almeno dal 2000 a.C.; il nome si riferisce all'elemento chimico e deriva dal latino sulphurum.

Dunque, abbiamo analizzato alcuni tra i più importanti minerali appartenenti alla classe degli elementi nativi: adesso una carrellata di musiche inerenti oro, argento, diamanti e tesori:

- Gold and Silver di Franz Lehar, eseguito da Andre Rieu:



- Diamonds are a girl's best friend cantata da Marilyn Monroe:



- Diamonds are forever cantata da Shirley Bassey:



- Goldfinger eseguito sempre da Shirley Bassey:



- Treasure Waltz (Schatz-Walzer) di Johann Strauss suonato da Andre Rieu: