mercoledì 30 dicembre 2009

Carmen Cavallaro - To Love Again; Fascination; An Affair to Remember; In Acapulco

E per rilassarsi un po' dopo i walzer di Andrè Rieu, ecco Carmen Cavallaro, grande pianista italoamericano denominato "il poeta del piano" per le sue esecuzioni dall'interpretazione fantastica.
E' stato un musicista versatile, infatti, nonostante fosse principalmente un pianista di musica jazz, si dilettava anche su altri generi musicali, tra cui la musica da film e anche quella classica.
Infatti, il primo dei video pubblicati riguarda quella che, secondo me, è la miglior esecuzione di sempre del notturno op.9 n.2 di Frederic Chopin, detta anche To Love Again.
Il secondo video riguarda uno stupendo pezzo, cioè Fascination.
Il terzo video riguarda il brano "An Affair To Remember", tratto dall'omonimo film.
Il quarto e ultimo video riguarda un pezzo dai ritmi latino-americani "In Acapulco" e qui si può vedere proprio in azione il genio di Cavallaro mentre suona il suo strumento: il pianoforte!!







Andre Rieu - Strauss & Co.

Avviciniamoci all'anno 2010 con Andrè Rieu!!!.
Il brano in questione si chiama Strauss & Co. ed è un medley, che trasmette moltissima "gioia" e "felicità", ideato proprio dallo stesso maestro, contenente:

1) Valzer del Tesoro dallo Zingaro Barone di Johann Strauss;
2) Sul Bel Danubio Blu di Johann Strauss;
3) Tema principale di Rose del Sud di Johann Strauss;
4) Sangue Viennese di Johann Strauss;
5) "Tace il labbro" dalla Vedova Allegra di Franz Lehar;
6) The Gipsy Princess di Emmerich Kalman;
7) Parte finale di Rose del Sud di Johann Strauss.

sabato 26 dicembre 2009

LE SCIENZE: SONO TUTTE COLLEGATE TRA DI LORO

Voglio tentare un esperimento mentale, che dimostri che quando parliamo di scienze, stiamo parlando delle varie sfumature che si studiano dell'Universo, che però sono tutte collegate da un linguaggio universale, come diceva Galileo Galilei, cioè quello della matematica: "la Natura è un libro scritto in caratteri matematici".





Infatti, qualunque termine scientifico si potrebbe ricollegare con una serie di collegamenti
alle varie "scienze" fino ad arrivare al concetto di Universo, che li contiene tutti.
Inoltre, basta pensare che la parola fisica deriva dal greco "physis" che significa "natura", ossia Universo.

Proviamo allora a partire da un concetto che riguarda la geologia, cioè i vulcani.



I vulcani possono essere definiti, in generale, strutture rocciose che eruttano magma, roccia fusa che si trova all'interno del Mantello terrestre, in superficie, sotto forma di lava.
Anche se bisogna specificare che esistono 2 tipi diversi di eruzione:

1) effusiva: il vulcano espelle soltanto lava;
2) esplosiva: l'eruzione avviene con scoppio, rilasciando cenere vulcanica, lapilli, bombe e in alcuni casi le cosiddette colate piroclastiche o flussi piroclastici, nubi ardenti molto veloci e caldissime che scendono dal vulcano; dunque queste ultime rappresentano le "armi" più pericolose di un'eruzione vulcanica esplosiva.

Comunque, alcune eruzioni vulcaniche possono influire anche sul clima: pensiamo alla famosa eruzione del Tambora, stratovulcano dell'isola di Sumbawa in Indonesia, del 1815.
Questa eruzione rilasciò nell'atmosfera circa 150 milia
rdi di metri cubi di roccia, cenere e altri materiali piroclastici, che resero le radiazioni solari che arrivano sulla Terra, tra cui il calore, molto più deboli.


Bisogna precisare che generalmente l'intensità della radiazione solare è pari a circa 1350 W/m² ed è detta costante solare.



Addirittura, l'anno successivo, il 1816, è stato denominato "l'anno senza estate" o "l'anno della povertà" per gli sconvolgimenti climatici che provocò l'esplosione di questo vulcano, il cui valore VEI ( Indice di Esplosività Vulcanica ) è stato stimato a 7 su un mas
simo di 8.
Gli alti livelli di cenere nell'atmosfera resero spettacolari i tramonti di quell'a
nno, celebrati nei dipinti di Turner e Friedrich.
Con questo abbiamo collegato un evento geologico a uno meteorolog
ico, anche se potremmo anche considerare che le eruzioni vulcaniche esplosive producono nubi di cenere e materiali piroclastici vari che possono originare anche fulmini, che presentano una temperatura pari a circa 5 volte quella della superficie del Sole.



Quindi i collegamenti possono essere molteplici.
Ma i vulcani non sono situati soltanto sulla superficie terre
stre, anzi il più grande vulcano del Sistema Solare si trova su Marte ed è il Monte Olimpo.
Alto circa 24 km, avente un diametro di oltre 500 km, esso supera, per quanto riguarda il volume, di circa 50 volte qualsiasi vulcano a scudo della Terra.



Sulla superficie del "pianeta rosso", denominato in questo modo a causa della presenza di ossido di ferro nell'atmosfera, sono presenti altri grandi edifici vulcanici, apparentemente inattivi, assai più alti dei maggiori vulcani terrestri.
Ma i vulcani non sono presenti solo su Marte,
anche sulla superficie del pianeta Venere sono state rinvenute tracce di vulcanismo estinto.
Soltanto con il potente radar della sonda Magellano è stato possibile eseguire studi dettagliati del suolo, resi difficili dalla coltre nuvol
osa opaca che circonda completamente il pianeta.
Venere, infatti, è nascosto da un'atmosfera composta per il 96% da anidride carbonica.
La spessa nebulosità, per l'effetto serra, innalza la temperatura della superficie del pianeta addirittura fino ad oltre 460 °C, rendendola paradossalmente più calda di quella di Mercurio, il pianeta più vicino al Sole.
Un magnifico esempio di vulcano su Venere è dato dal Monte Sif, di 300 km di diametro, sulla cui sommità è stata rilevata una formazione tipo caldera del diametro di 40-50 km.



Dunque abbiamo collegato un evento geologico con un riferimento astronomico.
Bisogna constatare che le eruzioni vulcaniche hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo dell'acqua sulla Terra, che ha determinato la vita sul nostro piane
ta.
Oltre all'acqua, sotto forma di vapor acqueo, alcuni grandi vu
lcani possono rilasciare un'imponente quantità di acido solforico nell'atmosfera terrestre.
La formula bruta o grezza dell'acido solforico è H2SO4, cioè una molecola di questa sostanza è formata da 2 atomi di idrogeno (H), 1 di zolfo (S) e 4 di ossigeno (O).
Il concetto di atomo è stato enunciato per la prima volta nell'antichità da alcuni filosofi greci del IV secolo a.C.:
  • Leucippo;
  • Democrito;
  • Epicuro.
Essi ipotizzarono che la materia non fosse continua, ma costituita da particelle minuscole ed indivisibili, fondando così la corrente filosofica dell'atomismo.
In particolare, per Democrito di Abdera, gli atomi ( dal greco atomos, che significa "non divisibile" o "privo di parti"), sono identici dal punto di vista qualitativo, cioè sono costituiti tutti dallo stesso tipo di "materia", ma differiscono per quanto riguarda gli aspetti quantitativi ( forma, dimensione e posizione ).
Secondo il pensiero del filosofo, aggregandosi e disgregandosi essi determ
inano la nascita e la morte di tutte le cose.
Inoltre, dalla posizione e dall'ordine che essi assumono nell'aggregato dipendono la mutevolezza e la diversità dei fenomeni osservabili in natura.



Invece, l'atomo moderno, non è più considerato la parte indivisibile della materia, visto che è formato da altri 3 tipi di particelle:

1) protoni: possiedono carica elettrica positiva;
2) neutroni: non hanno carica elettrica;
3) elettroni: possiedono carica elettrica negativa.




Quindi, un atomo è detto elettricamente neutro quando contiene lo stesso numero di protoni ed elettroni.

Dunque, viene definito numero atomico (Z) il numero di protoni, e quindi di elettroni, presenti in un qualsiasi atomo.
Invece, viene definito numero di massa (A) il numero totale di protoni
(Z) e di neutroni (N) presenti nel nucleo di un atomo: A = Z + N.
Un nucleo di cui si conoscano sia Z che A viene detto nuclide.
Pertanto, i protoni e i neutroni costituiscono il nucleo dell'atomo e per questo motivo vengono anche detti nucleoni.

In particolari, i neutroni sono quegli elementi che forniscono una massa aggiuntiva, a seconda di quanti ne siano presenti nel nucleo di un atomo.
Infatti, vengono definiti isotopi gli elementi chimici che hanno lo stesso n
umero atomico Z dell'elemento considerato, ma numero di massa A maggiore.
Gli esempi più noti di isotopi sono quelli dell'idrogeno (H) e sono 3:

1) idrogeno o protio: costituito da solo un protone nel nucleo e quindi avente Z = 1 e A = 1; inoltre rappresenta circa il 99% dell'idrogeno presente in natura;
2) deuterio o idrogeno pesante: ha nel nucleo un protone e un neutrone e dunque, pur conservando il numero atomico Z = 1, presenta un numero di massa A = 2; inoltre rappresenta circa lo 0,015% dell'idrogeno presente in natura;
3) trizio: il suo nucleo è costituito da un protone e da 2 neutroni, avente quindi A = 3; inoltre rappresenta circa lo 0,0001% dell'idrogeno presente in natura.


Gli elettroni ruotano intorno al nucleo non lungo orbite precise, ma attraverso i cosiddetti orbitali.
Viene definito orbitale la regione di spazio intorno al nucleo, nella quale si ha oltre il 90% di probabilità di trovare un elettrone.

Ciò significa che un elettrone può trovarsi anche in una regione di spazio fuori del proprio orbitale, ma questa probabilità è minima, inferiore al 10%.



A descrivere le caratteristiche degli orbitali concorrono 3 tipi principali di numeri quantici:

1) numero quantico principale n: può assumere solo valori interi, che in teoria potrebbero andare da 1 a ∞, ma nella realtà sono sufficienti i primi 7 numeri interi per descrivere qualunque atomo attualmente conosciuto. Esso definisce l'energia dell'elettrone che si trova in quell'orbitale, che dipende dalla sua distanza dal nucleo positivo che lo attira. Pertanto è legato alle dimensioni degli orbitali. Infatti, al crescere di n, aumentano le dimensioni dell'orbitale stesso;
2) numero quantico secondario o numero quantico angolare l: definisce quanti orbitali di forma diversa possano esistere nello stesso livello energetico (n). Infatti, per ogni
valore di n, l può assumere tutti i valori compresi tra 0 e n-1. Se, per esempio, l = 0, l'orbitale è sferico ed è detto s; se l ≠ 0, l'orbitale assume altre forme. Inoltre, la spettroscopia ha dimostrato che in realtà ogni livello energetico è costituito da più "stati" energetici, detti sottolivelli. Il numero di sottolivelli che costituiscono un livello è pari al numero n. Così avremo: per n = 1, un solo sottolivello; per n = 2, 2 sottolivelli, e così via fino al IV livello; poi il numero di sottolivelli diventa inferiore ad n. Dunque, per l = 1 si hanno orbitali p, la cui forma presenta 2 lobi uniti al centro, dove si trova il nucleo; per l = 2 avremo orbitali con 4 lobi, detti d; per l = 3 avremo orbitali con 8 lobi, detti f; per l = 4 si hanno orbitali con 16 lobi, chiamati g. Come si può notare all'aumentare di l, la forma degli orbitali si fa sempre più complessa;
3) numero quantico magnetico m: indica il numero di orientamenti di un dato orbitale nell spazio. Dipende da l e può assumere tutti i valori interi da -l a +l ( compreso lo 0 ). Dunque per l = 0, m = 0 e c'è un solo tipo di orbitale s; per l = 1, m può assumere i valori -1, 0, +1 e questo significa che i corrispondenti orbitali p possono essere orientati in 3 modi diversi; per l = 2, m può assumere i valori -2, -1, 0, +1, +2 e quindi i corrispondenti orbitali d, possono essere orientati in 5 modi diversi; per l = 3, m può assumere i valori -3, -2, -1, 0, +1, +2, +3 e pertanto i corrispondenti orbitali f possono esistere in 7 orientamenti diversi. Inoltre, l'insieme di orbitali dello stesso tipo ma con diversi orientamenti forma una famiglia di orbitali degeneri.

A questi numeri quantici, ne va aggiunto un ulteriore, il numero quantico di spin m
s, che indica il verso del moto rotatorio dell'elettrone intorno al proprio asse, che può essere orario o antiorario.
Il numero quantico di spin assume, per gli elettroni, solo i valori + 1/2 e - 1/2
.
Inoltre, a proposito dei numeri quantici sussiste il principio di escl
usione di Pauli, che afferma: in un atomo non possono coesistere 2 elettroni con gli stessi numeri quantici.
Da questo deriva il fatto che in uno stesso orbitale possono trovarsi solo 2 elettroni, aventi però spin opposto (antiparallelo).



Pertanto, possiamo affermare che:

- al livello dell'orbitale s: possono trovarsi al massimo 2 elettroni (con spin opposto);
- al livello degli orbitali p, presenti in 3 orientamenti diversi, possono trovarsi 6 elettroni;
- al livello degli orbitali d, presenti in 5 orientamenti diversi,
possono trovarsi 10 elettroni;
- al livello degli orbitali f, presenti in 7 orientamenti diversi, possono trovarsi 14 elettroni.

Abbiamo dunque osservato che il mondo microscopico è governato da leggi probabilistiche, cioè dalla Meccanica Quantistica.
In particolare, a proposito di questa importante teoria nata nel XX secolo, dobbiamo citare l'importante principio di indeterminazi
one di Heisenberg, che afferma: non è possibile misurare contemporaneamente e con precisione assoluta sia la posizione, sia la velocità e quindi l'energia di una particella; anzi, più conosciamo un valore più l'altro diventa oscuro alle nostre misurazioni.



Tutte le particelle della materia che oggi conosciamo si sono formate, secondo la maggior parte degli scienziati, tramite il fenomeno del Big Bang.
La teoria del Big Bang ci dice che l'Universo si è formato 13-15 miliardi di anni fa, in seguito alla creazione dal nulla di spazio e tempo.



Possiamo aggiungere che la teoria di Einstein della Relatività Generale prevede che l'Universo abbia avuto inizio con una singolarità gravitazionale, caratterizzata da valori infiniti di temperatura e densità: un punto adimensionale.



Nonostante le nostre attuali tecnologie, non sappiamo descriver
e cosa è accaduto nel primo istante dopo il Big Bang, denominato "Era di Planck", dal nome del fisico tedesco Max Planck, considerato il padre della Meccanica Quantistica.



Sappiamo però che pochi istanti dopo l'Era di Planck, l'Universo era diventato una sorta di "brodo di particelle e antiparticelle" ( hanno la stessa massa delle particelle ordinarie ma carica elettrica opposta: quindi lo scontro particella-antiparticella, la cosiddetta "annichilazione", comportava la formazione di energia ).
Bisogna affermare che le particelle erano più numerose delle antiparticelle: que
sto fatto è fondamentale perchè quel residuo di particelle ordinarie rimaste in più, dopo le numerose annichilazioni, ha dato vita a tutta la materia dell'Universo attuale.
Infatti, si sono formati i primi atomi, soprattutto idrogeno ed elio, che formarono le prime stelle, circa 200 milioni di anni dopo il Big Bang
.



Dopodichè altri elementi chimici ( carbonio, ossigeno, silicio ) si sono formati per le reazioni di fusione nucleare che avvenivano nei nuclei roventi delle stelle.
Le stelle più massicce ( grandi almeno 10 masse solari ) possono creare elementi pesanti come il ferro.
Tuttavia, quando tentano di fondere il ferro, esplodono come supernovae, che con la loro potenza, disperdono gli elementi più pesanti nello spazio circostante, i quali for
meranno altre stelle, ma anche pianeti e forme di vita.
Quindi sono state le supernovae a creare la maggior parte dei 92 elementi chimici presenti in natura.



Bisogna dire che l'elemento fondamentale per la vita sulla Terra è rappresentato, oltre che dall'acqua, dal carbonio, quarto elemento più abbodante nell'Universo.
Infatti, a differenza degli altri elementi chimici che sono tutti accomunati da una chimica inorganica, il carbonio ha una propria chimica, detta proprio organica e possiede proprietà molto particolari.
L'atomo di carbonio ( il cui raggio atomico è di 77 pm ), elemento numero 6 della tavola periodica ( appartiene al gruppo IV A ), ha numero atomico Z = 6 e quindi in totale 6 elettroni.

- 2 nello strato 1s;
- 2 nello strato 2s;
- 2 nello strato 2p.

Quindi, la sua configurazione elettronica è: 1s
²2s²2p².
Teoricamente, avendo 2 elettroni nello strato più esterno 2p, dovrebbe avere valenza ( numero di elettroni che si impegna per formare legami ) 2, come quella che presenta nel suo composto più semplice con l'ossigeno, il monossido di carbonio (CO).
Tuttavia, questo composto è poco diffuso in natura, in quanto il composto con l'ossigeno presente in maggior quantità è il diossido di carbonio o anidride carbonica (CO2), nel quale il carbonio ha valenza 4, che poi è la valenza prevalente dello stesso carbonio, come mostrano quasi tutti i suoi composti inorganici ( ad esempio i carbonati derivati da H2CO3 ( acido carbonico ) ) e quelli organici, come il metano ( CH4 ) e il tetracloruro di carbonio ( CCl4 ).
Inoltre, analizzando la struttura della molecola di metano, si trova che i 4 legami sono identici per lunghezza ( 1,095
Å = 110 pm ) e per energia ( 435 kJ/mol = 99 kcal/mol ): i 4 atomi di idrogeno sono disposti ai vertici di un tetraedro regolare il cui centro è occupato dall'atomo di carbonio e i 4 angoli di legame misurano 109,5°.
A differenza di altri elementi, che forniscono per lo più legami covalenti polari ( cioè con una differenza di elettronegatività ( capacità che un atomo possiede di attrarre verso di sè la coppia di elettroni di legame )
Δe compresa tra 0,4 e 1,9 ), il carbonio mostra una spiccata capacità di legarsi a sè stesso, cioè ad altri atomi di carbonio, mediante legami covalenti omopolari ( Δe = 0 ).
In tal modo, il carbonio riesce a formare molecole costituite da
catene ( che possono essere lineari, ramificate, aperte o chiuse ad anello ) anche molto complesse che assumono forme tridimensionali estremamente diverse tra loro.
Infatti, esistono molecole le quali, a parità di composizione chimica, quindi di massa, differiscono totalmente per struttura, proprietà chimiche e fisiche, dette
isomeri.
Inoltre, molte molecole organiche (
monomeri ) possono polimerizzare, cioè associarsi tra loro in vario modo, formando macromolecole sia naturali, sia di sintesi, dette polimeri.
Si può spiegare questa straordinaria capacità del carbonio di legarsi a sè stesso con legami semplici, doppi o tripli, facendo riferimento agli
orbitali ibridi, che concorrono alla formazione delle molecole.
Infatti, la disponibilità di un orbitale vacante nel livello energetico di valenza permette al carbonio 3 tipi di ibridazione:

1) sp
³;
2) sp²;
3) sp.

Tu
ttavia il carbonio forma legami anche con altri elementi, tra i quali l'idrogeno ricopre il ruolo di protagonista.
Se un atomo di carbonio passa allo stato eccitato, si ha la promozione di uno dei 2 elettroni 2s
² che viene spostato con energia leggermente superiore nell'orbitale libero 2p e l'atomo si ritrova ora con 4 elettroni spaiati: 1 in 2s e 3 in 2p.
Tuttavia, l'orbitale 2s risulterebbe incompleto e quindi per spiegare questo fatto, bisogna ammettere che gli orbitali del carbonio siano degli orbitali ibridi aventi caratteristiche intermedie tra s e p.
Possiamo dunque notare che il carbonio ha delle proprietà particolarissime che lo rendono differente dagli altri elementi.
Bisogna però dire che fino all'inizio del XIX secolo i chimici erano convinti che le molecole si dividessero in 2 categorie fondamentali:

1) inorganiche: appartenenti alle sostanze minerali;
2) organiche: potevano essere prodotte solo dagli esseri viventi.

La convinzione che solo gli organismi viventi ( dotati di forza vitale ( vis vitalis ) ) potessero produrre sostanze organiche, cadde nel 1828, quando Friedrich Wohler riuscì ad ottenere l'urea ( sostanza nota perchè prodotta nel metabolismo animale ), riscaldando un reagente puramente inorganico, il cianato di ammonio, secondo la seguente reazione:
\mathrm{NH_4(NCO) \rightarrow  NH_3 + HNCO \leftrightarrow (NH_2)_2CO}
Dunque, la sintesi dell'urea segnò la nascita della chimica organica.



Concludendo, siamo riusciti collegare un argomento di
geologia ( i vulcani ), con la meteorologia ( cambiamenti climatici, fulmini ), con l'astronomia ( vulcani su altri pianeti, Big Bang, supernovae ), con la fisica ( Meccanica Quantistica ), con la chimica ( struttura dell'atomo e chimica organica ), con la biologia ( chimica del carbonio, cioè la chimica che studia quelle sostanze estratte da organismi viventi ) attraverso i concetti fondamentali di Universo, che contiene tutti i fenomeni e gli elementi spiegati e di matematica, che è il linguaggio che accomuna tutte le scienze o ancor meglio, la scienza.
Dunque:

Le scienze = la Scienza ⊆ Universo ( Matematica ).

venerdì 25 dicembre 2009

André Rieu - White Christmas

Merry Christmas to everyone with André Rieu!!!
André Rieu è uno strepitoso violinista e direttore d'orchestra, che suona un violino Stradivari datato 1667 e propone, nei suoi meravigliosi concerti, assieme alla sua Johann Strauss Orchestra, musica di tutti i tipi: dalla classica al jazz, dalla musica da film a quella popolare.
Nel video in questione, il maestro esegue il classico pezzo natalizio White Christmas, scritto dal grande compositore statunitense Irving Berlin.


Buchi Neri

Sotto il profilo fisico, un buco nero è una singolarità gravitazionale, cioè un punto dello spazio in cui una massa finita raggiunge una densità infinita.
La massa è concentrata in un volume tanto piccolo che nulla può sfuggire alla sua forza di gravità, nemmeno un raggio di luce, che viaggia a circa 300.000 km/s ( precisamente 299 792 458 m/s ).
Un buco nero è delimitato da una superficie ideale detta “orizzonte degli eventi” dove la velocità di fuga, cioè quella velocità che bisogna raggiungere per sfuggire all’attrazione gravitazionale di un dato corpo celeste, è pari a quella della luce.
Oltre questo confine non possiamo vedere niente, poiché ogni immagine è fatta di luce e per raggiungerci dovrebbe viaggiare più veloce della luce, cosa finora ritenuta impossibile.
Proprio da questo concetto è nato il termine “buco nero”.
Quindi l’orizzonte degli eventi rappresenta una zona dello spazio-tempo inaccessibile all’osservazione.
Secondo la Relatività Generale, ideata da Albert Einstein, una volta oltrepassato questo limite, nulla ne può uscire e tornare indietro e tutto viene risucchiato verso il centro, detto proprio singolarità.
Ma bisogna anche ricordare che la Meccanica Quantistica, che descrive lo spazio e la materia su scale microscopiche, contraddice questa visione.
Infatti la teoria quantistica afferma che un’informazione, anche se risucchiata in un buco nero, non possa mai andare completamente perduta.
Poi, nel 2004 il fisico teorico Stephen Hawking cercò di riconciliare la teoria quantistica con la Relatività Generale affermando che un buco nero possa rilasciare, sia pure in forma diversa, l’informazione che vi è caduta dentro, grazie a continue “perdite” dall’orizzonte degli eventi.
Un osservatore esterno, dotato di tecnologie avanzate, potrebbe quindi decodificare questi messaggi e risalire alle informazioni sulla materia risucchiata.
Generalmente nell’Universo, un buco nero si forma tramite una supernova, che avviene quando una stella di almeno 10 masse solari, bruciando l’idrogeno, arriva a produrre un nucleo di ferro e non essendo più in grado di liberare ulteriore energia, essa collassa, la temperatura si innalza ad alcuni miliardi di gradi in brevissimo tempo e la magnitudine assoluta ( luminosità che avrebbe un oggetto se si trovasse ad una distanza standard di 10 parsec che corrispondo a circa 32 anni luce ) può arrivare anche a circa -20.
Infatti, se il residuo di una supernova è maggiore di 3 masse solari, avviene la formazione di un buco nero, nel caso in cui il residuo fosse minore di 3 masse solari, si forma una stella di neutroni, corpo estremamente denso e compatto ( un cucchiaino di questo corpo celeste peserebbe 1 miliardo di tonnellate!), costituito prevalentemente da neutroni, che ha una massa tra 0,1 e 3 masse solari.
Inoltre, esistono buchi neri supermassicci o supermassivi, con masse milioni o miliardi di volte superiori a quella del Sole, che sono il risultato dell’accumulo di masse stellari collassate al centro delle galassie o della fusione di più buchi neri.
Quindi al centro di molte galassie, se non addirittura di tutte quante, ci sarebbe un buco nero.
Infatti, anche nel centro della Via Lattea ne è presente uno con una massa pari a circa 3 milioni di volte quella del Sole.
Bisogna anche dire che negli Anni 70 Shephen Hawking e Bernard Carr ipotizzarono l’esistenza di mini buchi neri che si sarebbero formati circa un secondo dopo il Big Bang ed avrebbero avuto origine dal collasso di piccole zone ad alta densità, in condizioni di temperatura e pressione elevatissime.
I mini buchi neri non sono mai stati osservati, ma molti studiosi li vorrebbero “rintracciare”, perché potrebbero svelare i misteri della materia oscura, dimostrare l’esistenza della quinta dimensione e conciliare la relatività con la meccanica quantistica in una nuova teoria della gravità quantistica (campo della fisica teorica che tenta di unificare la teoria dei campi (meccanica quantistica relativistica), che descrive 3 delle forze fondamentali della natura (elettromagnetica, debole e forte), con la teoria della relatività generale, riguardante la quarta interazione fondamentale: la gravità.
C’è un particolare teorema che riguarda proprio i buchi neri: il “teorema no hair” o “teorema dell’assenza di capelli”, formulato a partire dal 1967 da Werner Israel, Brandon Carter, David Robinson e Stephen Hawking.
Fondamentalmente dice che per descrivere un buco nero sono sufficienti 3 soli dati:

1) massa;
2) rotazione ( cioè momento angolare );
3) carica elettrica.

L’espressione “ buco nero senza capelli” fu coniata da John Archibald Wheeler e significa che tutte le informazioni sulla stella collassante che dà origine a un buco nero vanno perdute per sempre, ad eccezione di quei 3 fattori, che gli restano attaccati come 3 peli superstiti sulla testa di un calvo.
Il primo scienziato che descrisse le proprietà di un buco nero è stato l’astronomo Karl Schwarzschild che constatò la formula del raggio caratteristico associato ad ogni massa, denominato proprio “raggio di Schwarzschild” o “raggio gravitazionale”.
La formula esprime la velocità di fuga che deve possedere un corpo che si trova a distanza rs dalla massa M, per sfuggire all'attrazione gravitazionale di quest'ultima: rs = 2GM/c² dove

• rs è il raggio di Schwarzschild;
• G è la costante di gravitazione universale;
• M è la massa dell'oggetto;
• c² è il quadrato della velocità della luce nel vuoto.

Bisogna anche dire che i buchi neri sono l'essenza massima dell'entropia, cioè del disordine dell'Universo.
L'entropia di un buco nero è data dalla formula: S = Akc³/4hG dove:

- S è l'entropia;
- A è l'area dell'orizzonte degli eventi del buco nero;
- k è la costante di Boltzmann;
- c³ è il cubo della velocità della luce;
- h è la costante di Planck;
- G è la costante di gravitazione universale.

Possiamo dunque affermare che i buchi neri sono fenomeni misteriosi e molto affascinanti, che nascondono segreti ancora da scoprire e costituiscono la più potente forza attrattiva dell'Universo.